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Autore: leti_0907    08/09/2023    0 recensioni
[86: Eighty Six]
[86: Eighty Six][86: Eighty Six][86: Eighty Six]Periodo Tokugawa, 1651 d.c. Il Giappone ha raggiunto un nuovo periodo di pace dopo centocinquant'anni di guerra, ed ogni signore feudale deve sottostare ad un rigido sistema di controllo. Insieme alla sua famiglia, Vladilena si reca ad Edo, la nuova capitale del Paese, e non sa ancora quello che la città le riserva per il futuro.
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Minilong su Eighty-Six.
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa generale: la one shot è ispirata a questo post di Insta https://www.instagram.com/p/CwsaRKmSK-a/?igshid=MzRlODBiNWFlZA==

 

Premessa storica: questa one shot è stata impostata nel periodo Tokugawa (1603-1867), in cui il Giappone si riprende dopo la guerra intestina cominciata nel 1457, conosciuta sotto il nome Sengoku jidai (“periodo degli stati combattenti”, guerra durata per circa centocinquant’anni coinvolgendo sia signori potenti sia civili). È in questo periodo che lo shogun, Tokugawa Ieyasu, pone la sua dimora in un villaggio di pescatori, Edo, che diventerà l’attuale Tokyo nel 1868, con l’abolizione dello Shogunato. All’epoca, ci si sposava presto, quando le ragazze avevano il primo ciclo mestruale ed i ragazzi i primi cambiamenti a livello ormonale.

In questa one shot Shin è il figlio illegittimo della sorella dello Shogun, riconosciuto come erede Tokugawa, e fa parte dell’esercito insieme a Shiden, Theo e Raiden. Ernst è consigliere dello shogun, mentre Frederica è sua figlia. Infine, Lena ed Annette sono figlie di due daimyo fedeli a Tokugawa, e le cameriere personali di Lena sono Kurena ed Anju. 

Termini:  

Shogun= signore supremo, colui che esercitava il potere sul Giappone 

Daimyo= signore feudale

Han= possesso territoriale di ogni daimyo 

Jidai= periodo 

Danna(-sama)= signore, padrone

 

 

La principessa ed il guerriero

I. L’incontro

Tokugawa jidai, 1651 d.c.

 

Lena guardò fuori dalla portafinestra delle sue stanze, ed osservò la tranquillità della natura che circondava l’abitazione. Non le sembrava vero che, fino a quasi cinquant’anni prima, ci fosse stata una guerra così violenta da sfregiare il volto del Giappone per oltre un secolo, e che suo padre fosse sopravvissuto per raccontarglielo. 

Vaclav Milizé era particolarmente fiero di aver partecipato a tale scontro. Lei sapeva quanto ammirasse lo Shogun, ed aveva sempre creduto nella sua causa- quella di salvare il loro Paese dai conflitti interni che lo appestavano, di liberarlo dalle menti maligne di coloro che volevano sfruttarlo e guadagnare sullo scontento generale- tanto da seguirlo in guerra, rischiando la vita. Ed era stato anche grazie allo Shogun che i suoi genitori si erano incontrati ed innamorati, e tante volte sua madre Margarita le aveva raccontato di quanto Vaclav fosse affascinante con indosso la divisa militare. 

Lena sorrise, posando il libro di storia accanto a lei e godendo della leggera brezza prima di alzarsi e partire insieme ai genitori per incontrare, per lei la prima volta, il famigerato Tokugawa Ieyasu. Non era una visita di cortesia, anche se suo padre e lo shogun erano senz’altro più che amici, bensì un piano strategico a cui ogni daimyo doveva sottostare per mantenere la pace. Era il cosiddetto San Ki Kotai, il sistema degli ostaggi: ogni signore doveva recarsi una volta ogni due anni ad Edo e soggiornare per un po' nella propria residenza, insieme alla sua famiglia e sottoposti, e tutto il processo debilitava economicamente i grandi signori, in maniera tale che nessuno di loro potesse crearsi un’armata personale. 

In seguito, il signore deve presentarsi allo Shogun e fornirgli una relazione sulla gestione del territorio e le questioni politiche. Finito ciò, il signore feudale poteva tornare presso il suo Han, lasciando però la moglie ed il primogenito ad Edo, questo perché fungevano da ostaggi qualora il daimyo decidesse di rivoltarsi. 

«Lena, possiamo entrare?» una voce dolce come il miele catturò la sua attenzione, e lei riconobbe immediatamente la presenza delle sue cameriere personali al di là della porta.

«Kurena, Anju. Entrate pure.»

Le due fecero come lei aveva detto. Al di là del loro ruolo all’interno della tenuta, Lena considerava Anju e Kurena come sue amiche intime e confidenti, le più vicine che aveva insieme ad Annette, la figlia di un altro daimyo. Sua madre gliele aveva presentate circa tre anni prima, e da quel giorno erano inseparabili. Adorava il carattere mite di Anju e l’allegria di Kurena, e passare anche solo le serate con loro, tra risate e cibo a volontà, riusciva a sollevarle dalle spalle tutte le sue responsabilità, le sue incertezze e le sue insicurezza. Si sentiva una ragazza come loro, una qualunque, ed apprezzava i loro sforzi nel farlo.

«Siamo qui per rimetterti in sesto.» Kurena le si mise alle spalle, sollevandole la lunga chioma argentea, simbolo dei Milizé. «Tua madre mi ha consigliato di raccogliere due ciocche laterali e fissartele dietro la testa, così i capelli non ti finiranno davanti agli occhi.»

«O perché così lo Shogun potrà valutare la mia bellezza e decidere con chi dovrei maritarmi.» la giovane scherzò, anche se un fondo di verità c’era.

Era questo l’altro scopo per cui la moglie ed il primogenito -in questo caso, primogenita- dovevano rimanere ad Edo. Per creare un’alleanza tramite un’unione tra gli eredi di due casate, soprattutto se essi avevano raggiunto l’età adulta per congiungersi. 

E Lena, con i suoi sedici anni, l’aveva ben raggiunta.

Questo temeva la giovane ed unica erede dei Milizé. Nonostante suo padre le raccontasse della bontà d’animo del suo superiore, Lena aveva timore della sua intransigenza e risolutezza. Erano queste due doti che lo avevano portato a sedere sul trono più influente del Giappone, a diventarne il signore supremo, e lo pensava capace di organizzare un matrimonio di convenienza, se questo giocava a suo vantaggio. Lei non voleva unirsi a qualcuno che non amava, aveva sempre avuto come esempio il matrimonio d’amore dei suoi genitori e non ne desiderava uno da meno. 

Voleva passare il resto della sua vita con l’uomo che amava, non con uno che gli avevano messo affianco per alleanza. 

«Non penso che tuo padre ti venda al miglior offerente solo per far contento lo Shogun.» affermò Anju, intenta a scegliere il fermacapelli con cui chiudere la pettinatura. «Certo, Danna-sama è senz’altro fedele a Tokugawa-sama, ma tu sei sua figlia e sicuramente desidera che tu sia felice del tuo matrimonio.»

«E se non fosse così?» sul volto di Lena cadde una maschera buia. «Se per lui una remota possibilità di diventare parente dello shogun fosse più importante del futuro della sua unica erede?»

Sapeva che molte prime nate come lei spesso erano disprezzate dal proprio padre. In una società strettamente patriarcale come quella in cui era nata, un primogenito maschio era considerato un dono dal cielo, la benedizione di una prospera continuazione della casata. Ma con lei, in quanto donna, la casata dei Milizé si sarebbe conclusa, e non sarebbe mai stata annoverata nei rotoli della storia. Vaclav non le aveva mai fatto pesare niente di questo, eppure in cuor suo temeva che suo padre fosse deluso da lei.

Solo perché era nata donna.

«Non dire assurdità, Lena!» i volti di Kurena ed Anju le balenarono davanti, spaventandola. «Abbiamo visto come Danna-sama si comporta con te, come ti guarda, e ti posso assicurare che è tanto fiero di te. Ti ama tanto, e mai vorrebbe qualcosa per se stesso che vada a tuo discapito.» lo sguardo blu di Anju sembrava così convinta delle sue parole, che nella stretta calda in cui avvolse le loro mani, assieme a quelle della rossa dagli occhi ambrati, Lena trovò la forza di credere che avevano ragione, che erano le sue insicurezze ad instillarle il dubbio.

«Grazie, ragazze. Non so come farei senza il vostro sostegno.» si buttò in avanti per stringerle a sé, per ricambiare quanto poteva l’affetto che le dimostravano.

Un insistente bussare le fece staccare dopo qualche minuto. «Lena, tesoro, sei pronta? Tuo padre ha detto che è tutto pronto per la partenza.» la voce di sua madre era attutita dalla porta che le sue amiche avevano chiuso dietro di sé.

«Sì, madre, ho quasi fatto.» le rispose. Fece cenno ad Anju di metterle il fermaglio a forma di lillà, in tinta con lo yukata bianco e lilla decorato con disegni dello stesso fiore, e si alzò, seguita dalle due che avrebbero affrontato il viaggio come lei, sebbene su un altro mezzo dedicato alla servitù.

E così, nel giro di due decina di minuti, partirono alla volta di Edo.

 

† † † †

 

Il viaggio non durò molto, solo qualche ora, il tempo di fermarsi presso la loro residenza per lasciare i domestici a sistemare i bagagli e ripartire per andare a visitare lo shogun.

Il tempo necessario perché nel cuore di Lena montassero le paure al solo scorgere i tetti scintillanti del palazzo dello Shogun. Era stata cresciuta per essere una dama dalle maniere raffinate e dal comportamento impeccabile soprattutto in pubblico, eppure temeva che davanti allo shogun avrebbe fatto una figura tutt’altro che dignitosa nei confronti della propria famiglia. Non bastava essere educati per piacere allo shogun, anzi: dai racconti che le sue orecchie avevano udito, Tokugawa dava molta importanza anche alle doti e al carattere degli ospiti. Apprezzava il coraggio e la sfacciataggine quanto disprezzava la maleducazione e la superbia.

Almeno, questo è quello che sapeva di lui da suo padre.

«Non essere cosi agitata figlia mia.» Vaclav mise una mano su quelle della figlia, intrecciate così tanto da sbiancare. «Lo shogun apprezzerà senz’altro il tuo acume e la tua intelligenza, perciò non hai nulla da temere.»

Il massimo che Lena poté offrirgli fu un sorriso nervoso. Non era solo lo shogun e la sua approvazione a metterli i brividi, bensì il fatto che ogni suo minimo spostamento sarebbe stato sotto gli occhi di un'intera corte, di quelli che sarebbero potuti diventare gli eredi di quel grande vasto impero. Il suo dubbio più grande, la sua paura più forte, era quella di non essere all'altezza delle aspettative della sua famiglia, di disonorare in qualche modo. Anche un solo gesto avrebbe potuto essere un cataclismico disastro.

 

Il loro mezzo di trasporto si fermò nel bel mezzo del vastissimo cortile piastrellato, nella corte del palazzo. Non appena smontò, aiutata da suo padre, gli occhi chiari della giovane fecero fatica ad abituarsi alla luce del sole che si infrangeva senza pietà contro le rifiniture dorate dei tetti e dei corrimano. Di una vastità enorme e il castello di Edo rispecchiava appieno la potenza e la grandezza di chi lo aveva voluto: circondato dall'acqua, la struttura sembrava perdersi a vista d'occhio, e l'enorme entrata principale era adornata da disegni. Era davvero stupendo, e tutto d'un tratto Lena si sentì omaggiata di tale vista. Non aveva visitato castelli come quello prima di quel momento perciò rimase senza fiato, soprattutto quando ad accoglierli vi era lo shogun in persona

Accompagnato da una donna dallo yukata regale, Tokugawa Ieyasu era l'emblema della regalità fatta persona. Schiena dritta e petto in fuori, quell'uomo emanava sicurezza da ogni poro, e, nonostante il passo militare guardingo e pesante, possedeva un'infinita eleganza nei movimenti, che la giovane Milizé notò quando li accolse con un leggero inchino.

«Vaclav-san, Margarita-san, è un piacere finalmente avervi qui nella capitale. Com'è andato il viaggio?» li accolse con generosità lo shogun, gentile ma composto. Mise una mano sulla spalla di suo padre egli sorrise leggermente.

«Tokugawa-sama, il viaggio si è dimostrato calmo e senza intoppi. Suo padre gli sorrise riconoscente e le fece cenno di avvicinarsi. «Vi posso presentare Vladilena, la mia unica figlia e primogenita?»

Lo sguardo scuro e severo del grande signore virò su di lei, e nel sentirsi addosso quegli occhi scrutatori Lena si sentì pervadere da tantissimi brividi lungo la schiena. Si prostrò in un inchino ed osannò lo shogun. «Tokugawa-sama, è un onore fare la vostra conoscenza. Mio padre mi ha tanto parlato di voi e non vedevo l'ora di conoscervi.»

«Vladilena, senz'altro l'onore è mio. A quanto pare il vostro padre non mentiva sulla vostra educazione, niente meno sulla vostra bellezza. Una giovane come voi sarà piena di corteggiatori.» si complimentò  Tokugawa, sorridendole leggermente.

«Tutto il contrario Tokugawa sama.» Lena si rimise in posizione eretta. «Potrei affermare con certezza che per ora nessuno sguardo mi è stato rivolto né nessuna proposta di matrimonio. Benché io abbia sedici anni, preferisco fare bene la mia scelta piuttosto che correre e trovarmi legata a un uomo che non desidero.»

«Giovane, eppure così saggia.» Il signore supremo del Giappone si rivolse ai due genitori ridacchiando. «Mi domando da chi abbia preso tale logica.»

Vaclav fece per rispondere con una battuta ironica, quando uno squillo di trombe annunciò l'entrata dell'esercito imperiale nella Corte del palazzo. Diversi soldati entrarono seguendo il ritmo della marcia militare, fermandosi davanti allo shogun e protraendosi in un inchino.

«Vi porgo le mie più sincere scuse, miei ospiti. Mi ero completamente dimenticato che oggi avrei dovuto salutare l'armata che è rientrata dall' addestramento. Sapete, sono diversi anni che non li accolgo e tra di loro ci sono dei soldati che mi sono molto a cuore.» lo shogun mentre parlava sembrava cercare una persona in particolare tra quella marmaglia di scudi armi ed armature, sorridendo apertamente tanto da lasciare Lena senza parole. «Shin, mio caro nipote. Avvicinati. »

L'armata si divise tanto da creare un corridoio per far passare il ragazzo, anzi, l'uomo più bello che Lena avesse mai visto.

Armato dalla testa ai piedi, con l'elmo da samurai appoggiato al fianco destro, un giovane dagli occhi rossi come il sangue si stava dirigendo verso lo shogun con passo felpato ma sicuro. Le gambe coperte dalle schiere e le ginocchiere d'argento, che facevano pendant con gli spallacci ed i vambrace, non indossava un'armatura completa, poiché sopra i calzoni indossava un corto yukata scuro dalle rifiniture bianche e blu. Al fianco, una katana dall'impugnatura finemente decorata, che riposava nella sua fodera.

Nonostante i capelli legati in una piccola coda a metà nuca, alcune ciocche tra le più corte gli ricadevano sullo sguardo profondo.

In piedi a fianco ai suoi genitori, l'erede della casata Milizé si ritrovò a sperare che se proprio lo shogun avesse dovuto darla in sposa a qualcuno, che quel qualcuno potesse essere il giovane che in quel momento si stava inchinando davanti a Tokugawa. Aveva sempre pensato al matrimonio come la fase finale di una profonda conoscenza in cui le due persone che si stavano unendo conoscevano tutto l'uno dell'altra; lei quel giovane guerriero non lo conosceva affatto, non l'aveva mai visto prima di quel momento. Eppure, c'era come una sorta di filo invisibile, un'attrazione fatale che la spingeva a non staccare gli occhi dalla sua figura per niente al mondo.  Era come se attorno a lei le voci i rumori si fossero mischiati in un nulla cosmico, come se al centro dell'universo ci fosse soltanto quello sconosciuto tanto affascinante quanto misterioso.

«Zio, permettetemi di salutarvi come meglio si addice al nostro più potente governatore.» la voce del giovane era bella un po’ roca, e quando si tirò di nuovo su in piedi, il movimento dell'ampio colletto rivelò una profonda cicatrice che sembrava fungere da collana  intorno al collo. Era una cicatrice strana, così inusuale, che però sembrava essere un ulteriore incentivo per la curiosità di Lena. Si chiese come aveva fatto a procurarsela, e quindi la sua voglia di conoscerlo schizzò alle stelle.

«Ti ringrazio nipote. Ma ora vorrei presentarti la prima famiglia che è venuta a farmi visita.» lo shogun indicò tutti e tre. «Questi sono Vaclav e Margarita Milizé, accompagnati dalla loro unica figlia Vladilena. Questo invece è Shinei Nouzen, figlio di mia sorella, capo della prima divisione d’avanguardia dell'armata imperiale e futuro shogun della dinastia Tokugawa. »

Lena e i suoi genitori si prostrarono, ma, quando lei alzò lo sguardo, incontrò quegli occhi che tanto aveva elogiato nella sua testa. La stava guardando con un tale interesse, da chiedersi che cosa stesse pensando in quel momento di lei. Si domandò se fosse incuriosito tanto quanto lo era lei nei suoi confronti, e si costrinse a far entrare aria nei polmoni quando notò lo sguardo del ragazzo scendere leggermente. «È un piacere fare la vostra conoscenza.» affermò, con un tono di voce leggermente più basso.

Poi si rivolse a Tokugawa. «Perdonatemi, zio, ma Raiden e Theo hanno bisogno di recarsi all'infermeria. Ci siamo scontrati con un esiguo esercito di unni, e sebbene non ne siano usciti vincenti, alcuni dei nostri commilitoni sono stati toccati dal filo delle loro katane.» rivolse un'occhiataccia a due ragazzi in prima fila, uno dai capelli verdi e dalla profonda cicatrice sul mento, l'altro dagli occhi verde acqua e i capelli biondi, i quali fecero finta di non notare lo sguardo al vetriolo del loro comandante. «Niente di grave, ma meglio farli medicare in previsione degli allenamenti di domani.»

«Ma certo, andate pure. Avrete bisogno di rifocillarvi e di riposare.» lo shogun fece cenno verso il palazzo, e l'armata si dileguò. Anche Shin se ne andò, non prima di averle fatto un cenno di saluto che aveva riservato solo a lei.

Lo shogun se ne accorse e si voltò verso di lei, facendola arrossire. «A quanto pare, forse c'è un ammiratore.»

 

 

 

 

[To be continued…]

   
 
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