Premessa generale: la one shot
è ispirata a questo post di
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Premessa storica: questa one shot
è stata impostata nel
periodo Tokugawa (1603-1867), in cui il Giappone si riprende dopo la
guerra
intestina cominciata nel 1457, conosciuta sotto il nome Sengoku jidai
(“periodo
degli stati combattenti”, guerra durata per circa
centocinquant’anni
coinvolgendo sia signori potenti sia civili). È in questo
periodo che lo
shogun, Tokugawa Ieyasu, pone la sua dimora in un villaggio di
pescatori, Edo,
che diventerà l’attuale Tokyo nel 1868, con
l’abolizione dello
Shogunato. All’epoca, ci si sposava presto, quando
le ragazze avevano il
primo ciclo mestruale ed i ragazzi i primi cambiamenti a livello
ormonale.
In questa one shot Shin è
il figlio illegittimo della
sorella dello Shogun, riconosciuto come erede Tokugawa, e fa parte
dell’esercito insieme a Shiden, Theo e Raiden. Ernst
è consigliere dello
shogun, mentre Frederica è sua figlia. Infine, Lena ed
Annette sono figlie di
due daimyo fedeli a Tokugawa, e le cameriere personali di Lena sono
Kurena ed
Anju.
Termini:
Shogun= signore supremo, colui che
esercitava il potere sul
Giappone
Daimyo= signore feudale
Han= possesso territoriale di ogni
daimyo
Jidai= periodo
Danna(-sama)= signore, padrone
La principessa
ed il guerriero
I.
L’incontro
Tokugawa jidai, 1651 d.c.
Lena guardò fuori dalla
portafinestra delle sue stanze, ed
osservò la tranquillità della natura che
circondava l’abitazione. Non le
sembrava vero che, fino a quasi cinquant’anni prima, ci fosse
stata una guerra
così violenta da sfregiare il volto del Giappone per oltre
un secolo, e che suo
padre fosse sopravvissuto per raccontarglielo.
Vaclav Milizé era
particolarmente fiero di aver partecipato
a tale scontro. Lei sapeva quanto ammirasse lo Shogun, ed aveva sempre
creduto
nella sua causa- quella di salvare il loro Paese dai conflitti interni
che lo
appestavano, di liberarlo dalle menti maligne di coloro che volevano
sfruttarlo
e guadagnare sullo scontento generale- tanto da seguirlo in guerra,
rischiando
la vita. Ed era stato anche grazie allo Shogun che i suoi genitori si
erano
incontrati ed innamorati, e tante volte sua madre Margarita le aveva
raccontato
di quanto Vaclav fosse affascinante con indosso la divisa
militare.
Lena sorrise, posando il libro di
storia accanto a lei e
godendo della leggera brezza prima di alzarsi e partire insieme ai
genitori per
incontrare, per lei la prima volta, il famigerato Tokugawa Ieyasu. Non
era una
visita di cortesia, anche se suo padre e lo shogun erano
senz’altro più che
amici, bensì un piano strategico a cui ogni daimyo doveva
sottostare per
mantenere la pace. Era il cosiddetto San Ki Kotai, il sistema degli
ostaggi:
ogni signore doveva recarsi una volta ogni due anni ad Edo e
soggiornare per un
po' nella propria residenza, insieme alla sua famiglia e sottoposti, e
tutto il
processo debilitava economicamente i grandi signori, in maniera tale
che
nessuno di loro potesse crearsi un’armata personale.
In seguito, il signore deve
presentarsi allo Shogun e
fornirgli una relazione sulla gestione del territorio e le questioni
politiche.
Finito ciò, il signore feudale poteva tornare presso il suo
Han, lasciando però
la moglie ed il primogenito ad Edo, questo perché fungevano
da ostaggi qualora
il daimyo decidesse di rivoltarsi.
«Lena, possiamo
entrare?» una voce dolce come il miele
catturò la sua attenzione, e lei riconobbe immediatamente la
presenza delle sue
cameriere personali al di là della porta.
«Kurena, Anju. Entrate
pure.»
Le due fecero come lei aveva detto.
Al di là del loro ruolo
all’interno della tenuta, Lena considerava Anju e Kurena come
sue amiche intime
e confidenti, le più vicine che aveva insieme ad Annette, la
figlia di un altro
daimyo. Sua madre gliele aveva presentate circa tre anni prima, e da
quel
giorno erano inseparabili. Adorava il carattere mite di Anju e
l’allegria di
Kurena, e passare anche solo le serate con loro, tra risate e cibo a
volontà,
riusciva a sollevarle dalle spalle tutte le sue
responsabilità, le sue
incertezze e le sue insicurezza. Si sentiva una ragazza come loro, una
qualunque, ed apprezzava i loro sforzi nel farlo.
«Siamo qui per rimetterti
in sesto.» Kurena le si mise alle
spalle, sollevandole la lunga chioma argentea, simbolo dei
Milizé. «Tua madre
mi ha consigliato di raccogliere due ciocche laterali e fissartele
dietro la
testa, così i capelli non ti finiranno davanti agli
occhi.»
«O perché
così lo Shogun potrà valutare la mia bellezza e
decidere con chi dovrei maritarmi.» la giovane
scherzò, anche se un fondo di
verità c’era.
Era questo l’altro scopo
per cui la moglie ed il primogenito
-in questo caso, primogenita- dovevano rimanere ad Edo. Per creare
un’alleanza
tramite un’unione tra gli eredi di due casate, soprattutto se
essi avevano
raggiunto l’età adulta per congiungersi.
E Lena, con i suoi sedici anni,
l’aveva ben raggiunta.
Questo temeva la giovane ed unica
erede dei Milizé.
Nonostante suo padre le raccontasse della bontà
d’animo del suo superiore, Lena
aveva timore della sua intransigenza e risolutezza. Erano queste due
doti che
lo avevano portato a sedere sul trono più influente del
Giappone, a diventarne
il signore supremo, e lo pensava capace di organizzare un matrimonio di
convenienza, se questo giocava a suo vantaggio. Lei non voleva unirsi a
qualcuno che non amava, aveva sempre avuto come esempio il matrimonio
d’amore
dei suoi genitori e non ne desiderava uno da meno.
Voleva passare il resto della sua
vita con l’uomo che amava,
non con uno che gli avevano messo affianco per alleanza.
«Non penso che tuo padre ti
venda al miglior offerente solo
per far contento lo Shogun.» affermò Anju, intenta
a scegliere il fermacapelli
con cui chiudere la pettinatura. «Certo, Danna-sama
è senz’altro fedele a
Tokugawa-sama, ma tu sei sua figlia e sicuramente desidera che tu sia
felice
del tuo matrimonio.»
«E se non fosse
così?» sul volto di Lena cadde una maschera
buia. «Se per lui una remota possibilità di
diventare parente dello shogun
fosse più importante del futuro della sua unica
erede?»
Sapeva che molte prime nate come lei
spesso erano
disprezzate dal proprio padre. In una società strettamente
patriarcale come
quella in cui era nata, un primogenito maschio era considerato un dono
dal
cielo, la benedizione di una prospera continuazione della casata. Ma
con lei,
in quanto donna, la casata dei Milizé si sarebbe conclusa, e
non sarebbe mai
stata annoverata nei rotoli della storia. Vaclav non le aveva mai fatto
pesare
niente di questo, eppure in cuor suo temeva che suo padre fosse deluso
da lei.
Solo perché era nata donna.
«Non dire
assurdità, Lena!» i volti di Kurena ed Anju le
balenarono davanti, spaventandola. «Abbiamo visto come
Danna-sama si comporta
con te, come ti guarda, e ti posso assicurare che è tanto
fiero di te. Ti ama
tanto, e mai vorrebbe qualcosa per se stesso che vada a tuo
discapito.» lo
sguardo blu di Anju sembrava così convinta delle sue parole,
che nella stretta
calda in cui avvolse le loro mani, assieme a quelle della rossa dagli
occhi
ambrati, Lena trovò la forza di credere che avevano ragione,
che erano le sue
insicurezze ad instillarle il dubbio.
«Grazie, ragazze. Non so
come farei senza il vostro
sostegno.» si buttò in avanti per stringerle a
sé, per ricambiare quanto poteva
l’affetto che le dimostravano.
Un insistente bussare le fece
staccare dopo qualche minuto.
«Lena, tesoro, sei pronta? Tuo padre ha detto che
è tutto pronto per la
partenza.» la voce di sua madre era attutita dalla porta che
le sue amiche
avevano chiuso dietro di sé.
«Sì, madre, ho
quasi fatto.» le rispose. Fece cenno ad Anju
di metterle il fermaglio a forma di lillà, in tinta con lo
yukata bianco e
lilla decorato con disegni dello stesso fiore, e si alzò,
seguita dalle due che
avrebbero affrontato il viaggio come lei, sebbene su un altro mezzo
dedicato
alla servitù.
E così, nel giro di due
decina di minuti, partirono alla
volta di Edo.
† † †
†
Il viaggio non durò molto,
solo qualche ora, il tempo di
fermarsi presso la loro residenza per lasciare i domestici a sistemare
i
bagagli e ripartire per andare a visitare lo shogun.
Il tempo necessario perché
nel cuore di Lena montassero le
paure al solo scorgere i tetti scintillanti del palazzo dello Shogun.
Era stata
cresciuta per essere una dama dalle maniere raffinate e dal
comportamento
impeccabile soprattutto in pubblico, eppure temeva che davanti allo
shogun
avrebbe fatto una figura tutt’altro che dignitosa nei
confronti della propria
famiglia. Non bastava essere educati per piacere allo shogun, anzi: dai
racconti che le sue orecchie avevano udito, Tokugawa dava molta
importanza
anche alle doti e al carattere degli ospiti. Apprezzava il coraggio e
la
sfacciataggine quanto disprezzava la maleducazione e la superbia.
Almeno, questo è quello
che sapeva di lui da suo padre.
«Non essere cosi agitata
figlia mia.» Vaclav mise una mano
su quelle della figlia, intrecciate così tanto da sbiancare.
«Lo shogun
apprezzerà senz’altro il tuo acume e la tua
intelligenza, perciò non hai nulla
da temere.»
Il massimo che Lena poté
offrirgli fu un sorriso nervoso.
Non era solo lo shogun e la sua approvazione a metterli i brividi,
bensì il
fatto che ogni suo minimo spostamento sarebbe stato sotto gli occhi di
un'intera corte, di quelli che sarebbero potuti diventare gli eredi di
quel
grande vasto impero. Il suo dubbio più grande, la sua paura
più forte, era
quella di non essere all'altezza delle aspettative della sua famiglia,
di
disonorare in qualche modo. Anche un solo gesto avrebbe potuto essere
un cataclismico
disastro.
Il loro mezzo di trasporto si
fermò nel bel mezzo del
vastissimo cortile piastrellato, nella corte del palazzo. Non appena
smontò,
aiutata da suo padre, gli occhi chiari della giovane fecero fatica ad
abituarsi
alla luce del sole che si infrangeva senza pietà contro le
rifiniture dorate
dei tetti e dei corrimano. Di una vastità enorme e il
castello di Edo
rispecchiava appieno la potenza e la grandezza di chi lo aveva voluto:
circondato dall'acqua, la struttura sembrava perdersi a vista d'occhio,
e l'enorme
entrata principale era adornata da disegni. Era davvero stupendo, e
tutto d'un
tratto Lena si sentì omaggiata di tale vista. Non aveva
visitato castelli come
quello prima di quel momento perciò rimase senza fiato,
soprattutto quando ad
accoglierli vi era lo shogun in persona
Accompagnato da una donna dallo
yukata regale, Tokugawa
Ieyasu era l'emblema della regalità fatta persona. Schiena
dritta e petto in
fuori, quell'uomo emanava sicurezza da ogni poro, e, nonostante il
passo
militare guardingo e pesante, possedeva un'infinita eleganza nei
movimenti, che
la giovane Milizé notò quando li accolse con un
leggero inchino.
«Vaclav-san, Margarita-san,
è un piacere finalmente avervi
qui nella capitale. Com'è andato il viaggio?» li
accolse con generosità lo
shogun, gentile ma composto. Mise una mano sulla spalla di suo padre
egli
sorrise leggermente.
«Tokugawa-sama, il viaggio
si è dimostrato calmo e senza
intoppi. Suo padre gli sorrise riconoscente e le fece cenno di
avvicinarsi. «Vi
posso presentare Vladilena, la mia unica figlia e
primogenita?»
Lo sguardo scuro e severo del grande
signore virò su di lei,
e nel sentirsi addosso quegli occhi scrutatori Lena si sentì
pervadere da
tantissimi brividi lungo la schiena. Si prostrò in un
inchino ed osannò lo
shogun. «Tokugawa-sama, è un onore fare la vostra
conoscenza. Mio padre mi ha
tanto parlato di voi e non vedevo l'ora di conoscervi.»
«Vladilena, senz'altro
l'onore è mio. A quanto pare il
vostro padre non mentiva sulla vostra educazione, niente meno sulla
vostra
bellezza. Una giovane come voi sarà piena di
corteggiatori.» si
complimentò Tokugawa, sorridendole
leggermente.
«Tutto il contrario
Tokugawa sama.» Lena si rimise in
posizione eretta. «Potrei affermare con certezza che per ora
nessuno sguardo mi
è stato rivolto né nessuna proposta di
matrimonio. Benché io abbia sedici anni,
preferisco fare bene la mia scelta piuttosto che correre e trovarmi
legata a un
uomo che non desidero.»
«Giovane, eppure
così saggia.» Il signore supremo del
Giappone si rivolse ai due genitori ridacchiando. «Mi domando
da chi abbia
preso tale logica.»
Vaclav fece per rispondere con una
battuta ironica, quando
uno squillo di trombe annunciò l'entrata dell'esercito
imperiale nella Corte
del palazzo. Diversi soldati entrarono seguendo il ritmo della marcia
militare,
fermandosi davanti allo shogun e protraendosi in un inchino.
«Vi porgo le mie
più sincere scuse, miei ospiti. Mi ero
completamente dimenticato che oggi avrei dovuto salutare l'armata che
è
rientrata dall' addestramento. Sapete, sono diversi anni che non li
accolgo e
tra di loro ci sono dei soldati che mi sono molto a
cuore.» lo shogun
mentre parlava sembrava cercare una persona in particolare tra quella
marmaglia
di scudi armi ed armature, sorridendo apertamente tanto da lasciare
Lena senza
parole. «Shin, mio caro nipote. Avvicinati. »
L'armata si divise tanto da creare un
corridoio per far
passare il ragazzo, anzi, l'uomo più bello che Lena avesse
mai visto.
Armato dalla testa ai piedi, con
l'elmo da samurai
appoggiato al fianco destro, un giovane dagli occhi rossi come il
sangue si
stava dirigendo verso lo shogun con passo felpato ma sicuro. Le gambe
coperte
dalle schiere e le ginocchiere d'argento, che facevano pendant con gli
spallacci ed i vambrace, non indossava un'armatura completa,
poiché sopra i
calzoni indossava un corto yukata scuro dalle rifiniture bianche e blu.
Al
fianco, una katana dall'impugnatura finemente decorata, che riposava
nella sua
fodera.
Nonostante i capelli legati in una
piccola coda a metà nuca,
alcune ciocche tra le più corte gli ricadevano sullo sguardo
profondo.
In piedi a fianco ai suoi genitori,
l'erede della casata
Milizé si ritrovò a sperare che se proprio lo
shogun avesse dovuto darla in
sposa a qualcuno, che quel qualcuno potesse essere il giovane che in
quel
momento si stava inchinando davanti a Tokugawa. Aveva sempre pensato al
matrimonio come la fase finale di una profonda conoscenza in cui le due
persone
che si stavano unendo conoscevano tutto l'uno dell'altra; lei quel
giovane
guerriero non lo conosceva affatto, non l'aveva mai visto prima di quel
momento.
Eppure, c'era come una sorta di filo invisibile, un'attrazione fatale
che la
spingeva a non staccare gli occhi dalla sua figura per niente al
mondo. Era come se attorno a lei le voci i rumori si
fossero
mischiati in un nulla cosmico, come se al centro dell'universo ci fosse
soltanto quello sconosciuto tanto affascinante quanto misterioso.
«Zio, permettetemi di
salutarvi come meglio si addice al
nostro più potente governatore.» la voce del
giovane era bella un po’ roca, e
quando si tirò di nuovo su in piedi, il movimento dell'ampio
colletto rivelò
una profonda cicatrice che sembrava fungere da
collana intorno al
collo. Era una cicatrice strana, così inusuale, che
però sembrava essere un
ulteriore incentivo per la curiosità di Lena. Si chiese come
aveva fatto a
procurarsela, e quindi la sua voglia di conoscerlo schizzò
alle stelle.
«Ti ringrazio nipote. Ma
ora vorrei presentarti la prima
famiglia che è venuta a farmi visita.» lo shogun
indicò tutti e tre. «Questi
sono Vaclav e Margarita Milizé, accompagnati dalla loro
unica figlia Vladilena.
Questo invece è Shinei Nouzen, figlio di mia sorella, capo
della prima
divisione d’avanguardia dell'armata imperiale e futuro shogun
della dinastia
Tokugawa. »
Lena e i suoi genitori si
prostrarono, ma, quando lei alzò
lo sguardo, incontrò quegli occhi che tanto aveva elogiato
nella sua testa. La
stava guardando con un tale interesse, da chiedersi che cosa stesse
pensando in
quel momento di lei. Si domandò se fosse incuriosito tanto
quanto lo era lei
nei suoi confronti, e si costrinse a far entrare aria nei polmoni
quando notò
lo sguardo del ragazzo scendere leggermente. «È un
piacere fare la vostra
conoscenza.» affermò, con un tono di voce
leggermente più basso.
Poi si rivolse a Tokugawa.
«Perdonatemi, zio, ma Raiden e
Theo hanno bisogno di recarsi all'infermeria. Ci siamo scontrati con un
esiguo
esercito di unni, e sebbene non ne siano usciti vincenti, alcuni dei
nostri
commilitoni sono stati toccati dal filo delle loro katane.»
rivolse
un'occhiataccia a due ragazzi in prima fila, uno dai capelli verdi e
dalla
profonda cicatrice sul mento, l'altro dagli occhi verde acqua e i
capelli
biondi, i quali fecero finta di non notare lo sguardo al vetriolo del
loro comandante.
«Niente di grave, ma meglio farli medicare in previsione
degli allenamenti di
domani.»
«Ma certo, andate pure.
Avrete bisogno di rifocillarvi e di
riposare.» lo shogun fece cenno verso il palazzo, e l'armata
si dileguò. Anche
Shin se ne andò, non prima di averle fatto un cenno di
saluto che aveva
riservato solo a lei.
Lo shogun se ne accorse e si
voltò verso di lei, facendola
arrossire. «A quanto pare, forse c'è un
ammiratore.»
[To be continued…]