Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: Ainely    12/09/2023    1 recensioni
"Hong Kong, piena di luci, traffico e gente di tutto il mondo. Una città che non dorme mai, non ché il posto ideale per chiunque abbia abbastanza soldi nel proprio conto in banca da non dover chiedere mai nulla. Il posto ideale per chi deve andare il più lontano possibile."
Intrighi, sensualità, mistero e sangue si celano in questa città ma l'arrivo di un vampiro e della sua valigetta potranno cambiare le sorti del mondo di Tenebra tanto è prezioso il suo contenuto.
Genere: Dark, Erotico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Bondage, Gender Bender, Incompiuta
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*Disclaimer*
Questo capitolo ha un contenuto che riporta a BDSM e Slash, seguendo le linee guida del sito questo episodio non contiene scene esplicite di violenza e di sesso, ma potrebbe urtare la sensibilità di alcuni lettori. Ricordo inoltre di non possedere alcun diritto commerciale o intellettuale sui nomi di Clan, discipline o poteri appartenenti a Vampire: The Masquerade. (Ogni tanto devo ricordarlo, non si sa mai!)

Buona lettura!


 


Tabacco e vaniglia
 
 

Alle volte ci si chiede quale sarebbe stato il nostro destino se alcune cose si fossero rivelate semplicemente diverse, se le condizioni o l’allineamento dei pianeti fossero stati differenti. E’ un dubbio che talvolta lascia fantasticare a scenari completamente opposti o inverosimili, tragici o anche idilliaci.

Sean era fermo a fissare il panorama di Hong Kong seguendone le linee geometriche della imponente skyline che aveva proprio davanti a sé, guardava le migliaia di piccole luci lungo le strade trafficate, un elicottero che in lontananza passava come una zanzara in mezzo a due altissimi grattacieli, il riflesso delle delle imbarcazioni sull’acqua. Sembrava qualcosa di così dannatamente artificiale da far sentire quel senso di derealizzazione nella testa.

Viveva in quella lussuosa città da non più di cinque anni ma ancora si sentiva quasi un ospite, se non addirittura -in certi casi- un turista troppo affezionato. Gli unici veri legami che aveva erano Cho Yun e Lin Guo, pochissime altre persone riuscivano a destare il suo interesse che inevitabilmente era andato a farsi fottere nell’esatto momento in cui aveva scoperto il mondo di tenebra che lo Tsimisce gli aveva mostrato.

L’idea di poter essere in un certo modo speciale o diverso dalla massa nutriva il suo ego già decisamente troppo grande e aveva contribuito a porre un’ulteriore muro, l’ennesima barriera, tra lui e il resto del mondo. Ormai parlava pochissimo con suo padre, il ricchissimo padre per essere precisi, nemmeno aveva idea di come stesse, se fosse o meno arrabbiato con lui per questa sua ostinazione ad andare dall’altra parte del mondo a giocare con i soldi che lui gli aveva così generosamente dato.
Si trovava spesso a pensare se anche suo padre ricambiasse il suo odio o quanto meno se lo detestava tanto quanto lui sentiva nei suoi confronti. Sapeva però che era arrivato ad Hong Kong: una visita che era solito fare per festeggiare il compleanno del suo unico e preziosissimo figliolo.

Si specchiò nella grande vetrata, studiò con particolare attenzione il suo stesso riflesso e finì col soffermarsi a lungo sugl’occhi azzurro ghiaccio, sui capelli ben tagliati e pettinati di un colore castano cenere, la pelle chiara, le labbra ben modellate e leggermente carnose.


Chi era? Cosa stava guardando? Adesso vedeva solo uno sconosciuto, un uomo annoiato ma con gli occhi che bruciavano di una smania che nemmeno lui riusciva ad evocare col giusto nome. Chi sarebbe stato se non fosse mai esistito Sean Buffett? Un uomo qualsiasi, talmente ordinario da non lasciare mai i binari della vita? Un criminale? Un genio della medicina? Oppure nulla, non sarebbe mai esistito?
Mentre alzava entrambe le braccia fin sopra la testa per sgranchirsi le spalle, si chinò per recuperare un pacchetto di sigarette americane che aveva lasciato sul tavolino in vetro proprio dietro di sé. Si accese la paglietta e tirò a pieni polmoni fino a sentire il sapore acre del tabacco in fondo alla gola, poi trattenne qualche istante il respiro e sbuffò una nube di fumo che si propagò sul vetro allargandosi in un vortice grigio.
Non era più solo: nel riflesso poté vedere una donna elegante, vestita con un completo dal taglio maschile color grigio scuro.

Sean rimase immobile, in preda alla sorpresa. 

 

-Com’è arrivata qui?- chiese dopo essersi ripreso da quel momento di torpore, la mano si mosse in un gesto di invito ad accomodarsi mentre il fumo della sigaretta tracciava un disegno impreciso che svaniva immediatamente. -Prego, si accomodi. Purtroppo ci sono solo io questa sera.-

 

Elisabeth Lewis, o per meglio dire Aalim. Aveva nuovamente adottato la tattica del mascherare il suo aspetto con una semplice illusione, un trucchetto mentale piuttosto utile per nascondersi agli occhi dei mortali. Si tolse la giacca e la posò sul bracciolo di uno dei divani di quell’elegante salotto e poi si lasciò cadere sulla morbida e confortante seduta.
Accavallando le gambe sorrise in direzione del giovane e fece spallucce mentre si sistemava i polsini della camicia, un gesto molto pratico sebbene sembrasse studiato per avere quella parvenza di umanità o di vita che sostanzialmente mancava a quella creatura.

 

-Ho i miei metodi.- rispose brevemente con un sorriso, -Credevo di trovare il padrone di casa, ma mi compiaccio di capire che siamo soli per questa notte. Spero di non aver interrotto pensieri troppo torbidi.-

 

Sean scosse il capo infilando una mano nella tasca dei pantaloni firmati e lentamente si mise davanti all’ospite avvicinando la sigaretta alla bocca. Aveva fatto le sue ricerche, come gli era stato chiesto dal suo Domitor e qualcosa non gli tornava, così non riuscì a tenere a freno la lingua. Restando comunque ed ostinatamente in piedi osservò il vampiro con aria curiosa ed anche un po’ corrucciata.

 

-Chi è lei? Intendo veramente. Questo…- e indicando da capo a piedi proseguì -Non è vero, dico bene?-

 

Aalim fece schioccare la lingua contro il palato mentre inclinava leggermente la testa a sinistra, sembrava scocciato sebbene avesse sempre le sembianze di una donna giovane ed affascinante e quell’espressione sembrò un po’ stonare su quel viso.
-Devo supporre che qui qualcuno abbia fatto i compiti. Bene. Questo, come lo definisce lei, è un aspetto quanto più innocuo possibile. Inoltre, mi pare di percepire un velo di diffidenza nella sua voce e non posso che darle ragione, tuttavia credo che meriti di soddisfare la sua curiosità, Sean.- quell’illusione svanì lentamente liberando gli occhi mortali da quell’incanto per poter mostrare il suo vero aspetto. Aalim fu divertito nel vedere l’espressione di Sean cambiare. Non avrebbe saputo descriverla a parole, ne sembrava affascinato o interessato nel trovare che alla fin fine sotto quel trucchetto non c’era alcuna creatura strana o deforme, ma semplicemente un uomo dai lineamente eleganti come il suo alter ego femminile. Lo avrebbe definito come un bambino che aveva realizzato che quel trucco di prestidigitazione non era poi così complesso o difficile come pareva.

-Nulla di così impossibile, giusto?- rise ancora una volta senza mai distogliere lo sguardo dal Ghoul, né tanto meno sbattere le palpebre come per voler giocare a metterlo a disagio evitando volutamente gesti e azioni inconsce della natura umana, tuttavia Sean non sembrò rendersene nemmeno conto mentre si metteva a sedere avvicinando a sé un posacenere che ospitava già qualche cicca precedentemente spenta ed abbandonata lì dentro.

-Sì. Se devo essere sincero abbiamo fatto qualche ricerca sul vostro conto, su tutti e quattro.- ne sembrò quasi imbarazzato nel dirglielo, come se avesse dovuto confessare qualcosa di cui vergognarsi in un certo qual modo, -Vogliamo solamente essere sicuri di non ritrovarci nel nostro territorio qualcuno di cui liberarci, dopotutto anche noi abbiamo qualcosa per cui molta gente ucciderebbe pur di averla. Semplici precauzioni. Però…- lasciò cadere silenziosamente la cenere nella ceneriera posando poi con confidenza il gomito al bracciolo della poltrona, -Qualcosa non mi torna sul suo conto, come dovrei chiamarla quindi? Alan? Oppure Andrej?-

 

-Aalim andrà benissimo. E’ questo il mio nome.-

Sean prese fiato e aprì la bocca per potergli chiedere ancora qualcos’altro, ma venne anticipato.

-Sicuramente avrai trovato quello che abbiamo voluto che tu trovassi, nulla di sconvolgente o di eccessivamente fuori dall’ordinario. Ci siamo preparati in modo adeguato per questa evenienza. Sei un ragazzo giovane, ancora all’oscuro di tante cose su questo “mondo di tenebra”, come piace chiamarlo da noi vecchi nostalgici. Ciclicamente, ogni venti o trent’anni cambiamo nome, sotterriamo i nostri vecchi noi stessi e ritorniamo con identità completamente nuove, con storie diverse. Una volta le cose erano decisamente più semplici, adesso però… tutt’altro affare. Peter, ad esempio, una testa dura. Per decenni si ostinò a voler semplicemente aggiungere un Senior o un Junior al proprio nome, senza minimamente preoccuparsi di adeguarsi ai tempi o di cambiare qualcosa e, infatti, non ha mai perso il vizio di andare in giro a combinare casini. Ho sempre avuto un debole per il mio Peter. Dimenticavo, dammi del tu, non ti dispiace vero se lo faccio anche io, no?-

L’altro scosse la testa, completamente rapito da quelle poche parole. Quanti anni aveva la persona che stava osservando? Sembrava giovane eppure parlava di cose che profumavano di tempi ormai appartenenti al passato. Se ne sentì immediatamente attratto, come una calamita e avrebbe voluto sapere tutto, chiedergli il più piccolo particolare della sua esistenza, delle circostanze che lo avevano spinto ad arrivare fin lì, a fuggire, a cambiare nome e storia ogni volta che voleva e ritrovarsi a vivere una vita dannata, sì, ma comunque completamente sua.

 

-Voglio sapere di te. Chi sei tu? Dubito che tu sia solo un tizio che ha diverse proprietà a Londra o che è proprietario di un locale notturno nella City.-

 

-E se non ci fosse davvero nulla oltre a quello? Ne rimarresti deluso? Ti ispiro così tanto mistero da avermi già cucito addosso tutta la trama di un bel romanzo?- Aalim sembrava divertito da quella conversazione, aveva colto l’occasione per tastare il terreno con quell’uomo, sicuramente l’anello debole dei tre che li avevano accolti ad Hong Kong e, forse, con la leva giusta sarebbe anche riuscito a trarne un giusto profitto. -Sono uno dei tanti mostri che si nascondono nella notte, abbastanza vecchio da dirti che il mondo è semplicemente una piaga purulenta da cui esseri come me si nutrono. Mi sono costruito il mio destino sebbene io sia stato strappato al mio nel momento esatto in cui mi è stato donato il Sangue. Non mi sono mai fermato, mai arreso e ho sempre ottenuto ciò che volevo. Un perfetto esemplare per la mia razza, se devo essere sincero. Un perfetto esperimento, secondo il mio Sire, perché altro non ero per lui. In realtà sarei dovuto morire a vent’anni, in mezzo alla neve, con un proiettile nel petto.- abbassò lo sguardo sulla propria mano sinistra e fissò per qualche attimo l’anello che portava all’anulare. Una semplice fedina in metallo, anzi meglio dire di piombo. Lo stesso piombo del proiettile che lo aveva quasi ucciso. Inconsciamente cominciò a giocherellare con l’anello facendolo girare e girare attorno al dito, sfilandolo e indossandolo di nuovo quasi come un tic maniacale a cui non poteva assolutamente sottrarsi. -Ma questa è un’altra storia, tu vuoi sapere di quello che sono adesso, dico bene? E invece ti dirò ciò che io so. Io vedo un giovane uomo che è profondamente insoddisfatto della propria vita perché il velo dell’illusione è finalmente caduto e comincia a comprendere che quello che la mortalità offre è semplicemente una menzogna, un’idea piuttosto scadente di un mondo che si pensa di possedere ma che in realtà non vuol dire nulla. Vedo un uomo che ha grandi potenzialità ma che nessuno ha lasciato veramente crescere o sbocciare, troppo insicuro per riuscire a fare quello che chiunque, abbastanza sano di mente, avrebbe fatto non appena ne avesse avuto l’occasione. Ti guardo negli occhi e rivedo me da ragazzo:  dimmi con tutta sincerità, quanto odi tuo padre?- Gli occhi di Sean si spalancarono e distolse immediatamente lo sguardo da Aalim, come era riuscito a leggerlo così apertamente? Si chiese se non fosse addirittura in grado di leggergli nel pensiero o di scavare nel suo cervello, ma era davvero possibile una cosa simile per un vampiro?! Aalim si accorse di quel turbamento, compiaciuto si passò la mano sinistra sul ginocchio che era posato sull’altra gamba e dunque si decise a mettersi in piedi accorciando le distanze tra loro. -Abbiamo abbastanza in comune, non trovi anche tu?-

 

Come intrappolato in una ragnatela, Sean si sentì impossibilitato a fare null’altro se non alzare lo sguardo sul vampiro che ora gli era proprio davanti e poté perdersi nel cercare altri dettagli su di lui. La gola si seccò e sembrò boccheggiare come alla ricerca di qualcosa da bere, ma si sentiva paralizzato. Avrebbe voluto allungare una mano per poterlo sfiorare, per sentire se la sua pelle e la sua carne erano più fredde o più dure di quella degli unici due vampiri che conosceva, voleva sentire se odorava di dopobarba o se invece semplicemente non aveva alcun odore per poter passare inosservato come un qualsiasi predatore. Avrebbe voluto assaggiare il suo sangue che, come una elisir lo stava chiamando. Senza rendersene conto si morse il labbro inferiore con bramosia. Quasi gli sfuggì un gemito quando Aalim gli si avvicinò pericolosamente, viso a viso. Poteva quasi sentire il delicato solletico dei suoi capelli fulvi sfiorargli la fronte, riusciva a sentire l’odore degli abiti che indossava ed un lieve profumo speziato misto all’odore di un ottimo tabacco.

 

-Io posso darti l’opportunità che nessuno ha mai voluto offrirti, per morale o per decenza. Devi solamente dirmi di sì.- mormorò avvicinandosi ancora in modo pericoloso al Ghoul, che ormai non sembrava più ragionare lucidamente, troppo sconvolto e travolto da tutte quelle sensazioni e da quei pensieri ed immagini che saettavano irrequieti nella sua testa.

Irrigidendosi si premette maggiormente con la schiena contro l’imbottitura della poltrona mentre le dita stringevano con forza sovrannaturale l’estremità dei braccioli fino a sentirli scricchiolare.

 

-Cosa vorresti dire…?- domandò con un filo di voce, rauca e incerta. Credeva di aver capito, ma non voleva. Avrebbe significato solamente una cosa e riusciva a dirsela mentalmente ma a voce alta, con parole vere, era tutt’altra questione. Un turbinio di sensazioni lo trascinarono in un viscido desiderio, in una contorta spirale di sadica soddisfazione, di godimento quasi.

-Vorresti dire che uccideresti mio padre?-

 

Qualche attimo di silenzio poi Aalim inclinò la testa con aria triste e preoccupata, il ritratto dell’innocenza mentre non accennava a distogliersi da Sean. Il suo linguaggio del corpo stava esprimendo dominanza, potere e sicurezza e Sean ne era completamente succube. Aalim dovette riconoscere a se stesso che non credeva di riuscire a trovare così presto un nuovo giocattolo con cui divertirsi.

 

-Tuo padre è piuttosto conosciuto e sì, so che è appena arrivato a Hong Kong. Non credi anche tu che il vecchio abbia vissuto abbastanza? Sono sicuro che uno come lui ha diversi scheletri nell’armadio, finisce sempre così quando si gioca col denaro e con il potere che ne consegue, sbaglio? E tu, invece, stai qui, ben lontano da lui per potergli dimostrare che non sei l’inetto che lui crede, ma continui a vivere delle sue misere briciole, del suo amore centellinato come acqua nel deserto. Ti senti in obbligo ad essere come lui, ma  sei molto più di questo e già hai cominciato a capire certe cose. Liberati da quelle catene che ti sei messo da solo ai tuoi stessi polsi.- Lo afferrò all’improvvisò per le spalle e l’altro quasi si dimenticò di respirare. Quegli occhi azzurri stavano saettando dai suoi occhi ambrati alle sue labbra, -Sean. Diventeresti uno degli uomini più ricchi di questo fottuto pianeta. E saresti libero.-

 

Quella situazione era una dannata tortura. Sean sentì gli occhi bruciare e quasi riempirsi di lacrime. Capiva quello che il vampiro gli stava dicendo, anzi aveva finalmente detto ad alta voce tutto quello che avrebbe voluto da diverso tempo sentire, quelle labbra avevano pronunciato un veleno dolce e diabolicamente tentatore, ma si sentiva impazzire come mai gli era successo prima di quel momento. Tutto gli sembrava ridicolmente assurdo, quale strano effetto gli aveva fatto quell’essere?

Non riusciva a rispondergli, non riusciva proprio a dire una sola sillaba e quando Aalim lasciò la presa sulle sue spalle si sentì come smarrito. Spinto da un impeto improvviso si piegò in avanti, capo chino col mento premuto contro il petto e gli occhi stretti con forza.

 

-Io voglio solamente toccarti.-

 

Una supplica che però nascondeva un “sì” alla sua domanda. Aveva capito che voleva solamente giocare con lui, che voleva modellarlo a suo piacimento, che voleva distruggerlo e annientarlo. Ma se per essere come creta nelle sue mani doveva dire sì al suo regalo di uccidere suo padre, ne avrebbe pagato il prezzo. Avrebbe risposto sì a qualsiasi cosa il vampiro gli avesse chiesto, domandava solamente di potersi sentire travolto da quella morbosa autodistruzione.

 

-Va bene.-

 

Rispose brevemente il Malkavian mentre gli sollevava il volto con la punta di indice e medio, per poi spingerlo con gentilezza in una posizione più comoda.

Con fare sicuro e misurato gli passò una mano dalla spalla fino al gomito saltando poi alla cintura che portava ai pantaloni.

Sean sapeva che quello era un gioco pericoloso quando lo vide avvicinarsi con le labbra che si tingevano mano a mano di un rosso cupo, si sentì fremere di paura e di piacere negli istanti che avrebbero preceduto quel bacio irrorato di sangue.

 

——

 

Era già calato il tramonto da diverse ore, per essere precisi Sean Buffett aveva controllato l’orologio almeno quattro volte nell’ultima mezz'ora e pareva che il tempo non passasse mai. Erano quasi le 23.00 e davvero non riusciva a stare fermo, stava facendo avanti e indietro contando i passi. Uno, due, tre. Uno, due e tre. Ma ancora non era passato nemmeno un minuto. Quasi con urgenza si passò una mano tra i capelli mentre si umettava le labbra con la lingua serrando poi la mascella sentendo i muscoli del viso irrigidirsi.

Quel giorno aveva pranzato con suo padre per festeggiare il suo compleanno e, come di consuetudine, il suo vecchio non aveva perso assolutamente l’occasione per umiliarlo o quanto meno per metterlo a disagio.

“Quando ti deciderai a tornare a casa? Questa tua ribellione deve avere fine prima o poi, non ha senso che tu stia qui a bighellonare con miseri affari quando potresti renderti più utile negli Stati Uniti. Di cosa hai detto che ti occupi, Sean? Immobiliare? Sì, non è male come investimento ma ci sono compravendite ben più grandi di qualche grattacielo in una isoletta del cazzo in Asia. L’unica mia consolazione è che so che sei abbastanza indolente da non metterti nei guai, a te è sempre piaciuta la comodità, il lusso.”
Era stato un boccone piuttosto amaro da buttare giù e lo riportò dolorosamente all’incontro della sera prima quando Aalim gli aveva detto che avrebbe ucciso suo padre per potergli fare dono del suo intero patrimonio, sempre se quel bastardo non avesse già cambiato le sue ultime volontà. Non sarebbe stato strano venire a scoprire di essere stato scalzato per una troietta di quarant’anni più giovane del padre, solamente perchè così gli avrebbe tirato un’ultima umiliazione anche dalla tomba.

Si domandava se davvero il Malkavian sarebbe stato in grado di avvicinarlo e di ucciderlo, poi in che modo? Era decisamente troppo agitato, in fondo si sentiva complice e forse era decisamente così.

Con la mano malferma prese dal bar una bottiglia di whisky e si versò da bere, il sapore forte dell’alcol lo avrebbe distratto almeno quel che bastava per distendere un poco i nervi e si ritrovò a ricordare i particolari della notte passata.

 

Era stata la prima volta per lui. O meglio, la prima volta in cui era semplicemente una bambolina nelle mani di qualcun altro e in una piccola parte della sua testa c’era la convinzione che il vampiro avesse usato qualche trucchetto mentale per plasmare e piegare la sua volontà, per assecondare quel gioco.

Forse Aalim aveva compreso la sua natura più nascosta, quel desiderio autolesionista che voleva farlo sentire ancora più umiliato.

Infatti, dopo aver ricevuto quelle poche gocce del suo sangue, Sean aveva perso la testa. Quel sangue era già da tempo una droga, un qualcosa di necessario per la sua sopravvivenza, tuttavia quello di Cho Yun non aveva lo stesso sapore, forse perché era molto più giovane del Malkavian, non lo sapeva. Fatto stava che inebriato da quella droga aveva acconsentito ad ogni suo ordine: lo aveva fatto alzare e lo aveva spogliato. Aveva sentito gli occhi dell’immortale addosso, su ogni centimetro della propria pelle, ne aveva saggiato la tonicità dei muscoli e l’elasticità della pelle chiara. Scherzosamente gli aveva anche tirato la peluria appena sotto l’ombelico e per quanto fosse umiliante sentirsi un oggetto, lo aveva trovato oltremodo eccitante.

Si aspettava che anche Aalim si spogliasse ma non accadde mai, non gli lasciò vedere nemmeno un centimetro del suo corpo e ciò lo faceva struggere in quella bramosia, mai prima di quella sera aveva così voluto possedere o farsi possedere da un uomo.

Il vero gioco, però, iniziò in quel momento. Senza alcun preavviso, il vampiro prese il bicchiere che Sean aveva lasciato con noncuranza in giro e lo gettò a terra con forza per mandarlo in frantumi. Lo scoppio del cristallo fece sussultare il Ghoul mentre istintivamente si copriva il sesso turgido.

Lo vide chinarsi per raccogliere un frammento di vetro piuttosto grande e sempre rimanendo in silenzio gli fece cenno di seguirlo, dunque si accomodò in poltrona e come se Sean fosse diventato un ubbidiente cagnolino lo seguì per potersi inginocchiare davanti a lui implorando con lo sguardo di dirgli qualcosa.

Semplicemente Aalim passò il filo tagliente del vetro sulla spalla dell’altro e quando vide il taglio imperlarsi di sangue posò le labbra per leccarlo guarendolo al passaggio della propria saliva. Sean ne rimase sorpreso, non immaginava che potessero fare una cosa simile e comprese immediatamente che cosa gli sarebbe spettato per quella notte.
Proseguì sempre con lo stesso gesto su diverse parti del suo corpo, non saltò né evitò alcuna parte, combinando dolore e piacere affinché Sean non riuscisse più a distinguere l’uno dall’altro, affinchè scivolasse lentamente in un dolce delirio che sarebbe culminato in una deliziosa ed appagante supplica di dargli altro piacere.
Ad ogni taglio seguiva un bacio che mano a mano diventava sempre più languido, coinvolgente e soprattutto estatico, almeno fino a quando arrivò al suo sesso. Sean dovette ammettere a se stesso che ne era un po’ preoccupato, era sicuramente una zona a cui teneva in particolr modo e non riuscì a non deglutire rumorosamente mentre sentiva il cuore pulsare nella gola ed il respiro appena ansante sfuggirgli dalla labbra socchiuse.

Aalim passò delicatamente il frammento di vetro su tutta la lunghezza del suo membro senza però causargli alcun taglio: un gesto preciso come quello di un chirurgo. Sean aveva chiuso gli occhi e non aveva la minima idea di quando sarebbe arrivato il bruciore della ferita e preferiva non guardare, ma spalancò gli occhi quando la sensazione divenne più che piacevole e senza abbassare il capo si lasciò andare in un sospiro di puro godimento mentre con la mano tremante sfiorava timidamente i capelli rossi del vampiro per poi serrarsi con veemenza e forza.

 

Bruscamente il piacevole campanellino dell’ascensore lo riportò al presente e si voltò quando sentì le porte scorrevoli aprirsi per dare accesso all’appartamento di quel grattacielo.
Stava per esclamare “Aalim!” ma quel nome gli morì in gola quando vide che era arrivato Cho Yun nel loro rifugio per gli affari. Lo Tsimisce sembrava sovrappensiero, talmente preso dai suoi ragionamenti da non essersi immediatamente accorto di lui nella stanza, poi gli si avvicinò posandogli una mano sulla spalla. Stava per dirgli qualcosa ma vennero interrotti dalla suoneria del cellulare di Sean.
Lo stava chiamando un numero sconosciuto, nonostante un po’ di titubanza accettò la chiamata e accostò il cellulare all’orecchio.

 

-Pronto? Sì, sono io. -qualche attimo di pausa, si irrigidì abbassando lo sguardo sui bottoni della giacca del Domitor, -Cosa? Non è possibile… Sì, capisco. La ringrazio, arrivo appena possibile.-

 

Riagganciò la telefonata e lentamente abbassò il braccio, lo sguardo interrogativo di Cho Yun comprendeva silenziosamente “cosa è successo?”.

 

-Mio padre è morto.-


Continua...

 
   
 
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