Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Airborne    13/09/2023    1 recensioni
Tenzō ha nove anni quando viene salvato dalle grinfie di Orochimaru ed entra nella Radice perdendo ogni cosa. Kakashi ha tredici anni, è il capitano più giovane nella storia degli ANBU ed è cresciuto bruscamente e brutalmente. Sono giovani, sono diversi, sono ben lontani dall’essere il prototipo del ninja eroico e sanno già che faranno i conti con il passato per sempre; ma sono anche determinati a mettere la propria vita in campo per Konoha, per un futuro migliore, e l’uno per l’altro.
Kakashi/Yamato
***
«Credo che diventerà un ninja interessante» dice solo.
«Se esce indenne dalla Radice».
Kakashi rabbrividisce. Menomale che lui non ci è finito, nella Radice. Spera, come fa per tutti i ragazzini dell’organizzazione, che quel Tenzō sia abbastanza forte da sopravvivere. E spera che non debba mai, mai fare i conti con qualcosa come Obito e Rin.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Yamato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Niente di cui scusarsi

 

And up until now I have sworn to myself that I'm content
With loneliness
Because none of it was ever worth the risk, well
You
Are
The only exception

Paramore – The Only Exception

 

 

8

Kakashi

 

 

 

Sono passate settimane dalla fine della guerra. Probabilmente, in futuro nemmeno la definiranno così. Sembrerà più un’enorme battaglia campale di tre giorni, ai loro occhi; ma chi c’è stato dentro la ricorderà sempre come la Quarta Grande Guerra Ninja. La più significativa. Con un po’ di fortuna, l’ultima.

Affrontare Obito e lasciarlo andare di nuovo è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto, ed è tutto dire. Quella storia non è finita, e non lo sarà mai: la consapevolezza di avere una colpa ben più che marginale in quella guerra e nel dolore di così tante persone è il più grande dei fantasmi che si porterà dentro fino alla morte. Anche in questo caso, con un po’ di fortuna sarà l’ultimo.

Non la considera una grande consolazione.

Nonostante tutto, il suo infinito dolore personale è solo una goccia nell’oceano. Sono passate settimane, troppo poco perché le persone di un intero continente possano guarire dai traumi che quella guerra ha causato. Ha fatto un elenco di nomi e lo ripete a mente ogni giorno, appena esce di casa, quando il cielo non è ancora nemmeno colorato del grigio che precede l’alba. È per loro che lavora, ed è loro che deve ringraziare se riesce a non crollare sotto il peso dei suoi pensieri. È il sesto Hokage, in carica almeno fino a quando Tsunade non si sarà ripresa, ed è responsabile di tutti loro.

Ci sono anche altri nomi: i caduti, di Konoha e altri villaggi. Il primo è Obito, ovviamente, e avere il suo corpo ed essere riuscito a seppellirlo sul suolo di Konoha è una magrissima consolazione. Ha dovuto litigare con i consiglieri per riuscirci, e in tutta onestà ne capisce le motivazioni. Un Hokage che vuole seppellire all’interno del villaggio uno dei responsabili della Quarta Grande Guerra Ninja? Davvero si considera degno di essere Hokage?

Sì, Kakashi si considera degno. Ed è talmente presuntuoso da considerarsi anche la persona più adatta in assoluto a essere Hokage in quel momento. Perché forse, quando Konoha e il resto del continente si saranno rimessi in sesto, potrà cambiare le cose. E se Obito non può essere sepolto sul suolo di Konoha, neanche lui, in tutta coscienza, lo merita.

Sono passate settimane, e il continente è attraversato da un’immensa ferita ben lungi dal cicatrizzarsi. Konoha, ancora segnata dall’attacco dell’Akatsuki, è l'area messa peggio. Non è semplice curare le ferite della guerra in un villaggio che è già ferito di suo, ma Kakashi fa del suo meglio. La mattina si sveglia prestissimo ed esce prima dell’alba, quando nessun altro è in giro, e attraversa il villaggio a piedi, prendendo nota dei progressi che sono stati fatti il giorno precedente, riflettendo se sia il caso di tralasciare momentaneamente un’area per concentrarsi su un’altra e su come gestire le squadre di ricostruzione. Poi raggiunge il palazzo degli Hokage, e anche lì è la primissima persona ad arrivare. Entra nel suo ufficio (l’ufficio di Tsunade, in realtà) e si mette al lavoro. Le scartoffie sono poche, non c’è tempo. Studia mappe e rapporti, cercando di capire quale sia il modo migliore per gestire persone e approvvigionamenti, i rapporti con gli altri villaggi, con i civili e con i daimyo, se l’ospedale o l’Accademia o altro abbia bisogno di qualcosa, altre mille questioni, se ci sia qualcosa che possa essere fatto meglio. È difficile, gli hanno praticamente dato in mano un regno allo sfascio ordinandogli di riportarlo agli antichi fasti con centinaia di aspetti che hanno tutti la massima priorità. Ma si tratta di Konoha, ed è la cosa più importante che farà nella vita.

Eppure, non sempre è così facile andare avanti e arrivare alla fine della giornata. L’elenco dei caduti è lungo, e dopo Obito vengono Shikaku e Inoichi, e Neji, pezzi di Konoha che l’hanno resa un posto migliore e che avrebbero continuato a farlo, se le cose fossero andate diversamente. Hiashi Hyūga ha voluto che il nipote fosse sepolto all’interno del loro quartiere, e il suo sguardo è pieno di rabbia quando fa notare che per colpa dell’Akatsuki non ha potuto seppellirlo accanto a suo padre. La ricostruzione della zona destinata agli Hyūga è tra le più lontane dall’essere completate, ma c’è un piccolo tempio di pietra in corrispondenza della tomba di Neji, e i ragazzi ci vanno spesso.

Sono rimasti in undici, ora, e nessuno di loro sembra pensare che, invece, sono in dieci. Sasuke è stato rinchiuso nel vecchio carcere di Konoha, unico prigioniero della montagna degli Hokage. Durante gli interrogatori è stato collaborativo fin da subito, e Naruto e Sakura vanno a trovarlo ogni giorno; ma Kakashi è irrequieto a riguardo. Le persone che lo disprezzano e si augurano che venga condannato non sono poche, e lui non può certo biasimarle, con tutto quello che ha fatto.

Ma tutto intorno a lui, il villaggio inizia a guarire, le persone si rialzano come tante foglie che tornano a popolare un albero dopo l’inverno. Il palazzo degli Hokage non è ancora agibile quando Ibiki e Shikamaru si presentano da lui dicendo di essere ufficialmente primo consigliere e consigliere apprendista, come ordinato da Tsunade. È così che scopre che nemmeno quella volta il quinto Hokage si farà fermare da quisquilie come l’essere relegata in un letto d’ospedale. Qualche giorno dopo si imbatte in Naruto e Rock Lee che si allenano nella lotta con un braccio solo, supervisionati da Gai che cammina sulle mani, correggendoli e dispensando consigli. Viene poi a sapere che tutte le mattine Iruka, Ebisu e Shino fanno lezione ai bambini dell’Accademia in cima alla montagna degli Hokage, e che Kurenai si è temporaneamente trasferita dai Nara e fa i turni con Yoshino per badare alla figlia e dare il suo contributo nella ricostruzione di Konoha, e cento altre cose che lo convincono sempre di più che quella maledetta guerra, dopotutto, è anche il migliore dei nuovi inizi.

 

 

 

L’elenco delle persone per cui sta lavorando ne comprende un’altra, una che non gli piace includere nei pensieri delle sue passeggiate mattutine. Di solito lo ricorda quando entra nel palazzo degli Hokage, durante la cena, o quando il suo sguardo si sofferma per un attimo fuori dalla finestra. Lo pensa in ogni momento, in realtà.

Tenzō è ancora in coma. I medici sono convinti che prima o poi si sveglierà, che sia solo questione di tempo. «È già qualcosa» gli ha detto Sakura un giorno, sorridendo. «Lo sai di quante persone in coma non siamo sicuri se si risveglieranno o no? E quante non si risvegliano mai? Diamogli solo un po’ di tempo per riprendersi. Nemmeno lui ha avuto una guerra facile».

Per niente, pensa Kakashi, e teme il momento in cui dovrà spiegargli il ruolo che ha avuto nel conflitto.

Nel vederlo addormentato, sempre più magro e smunto, con tubicini vari che gli spuntano dal corpo, non può non pensare a quello che Orochimaru gli ha fatto quando era solo un bambino. E allora si mette a riflettere sui meccanismi di causa ed effetto che regolano il loro mondo, e non riesce più a decidere cosa sia giusto o sbagliato. Alla fine, Tenzō è Tenzō perché Orochimaru è stato disposto a rischiare di ucciderlo per uno dei suoi folli esperimenti. Tutta la sua forza deriva da quelle terribili torture, e se non ci fossero state, forse Naruto non sarebbe riuscito a sviluppare il Rasenshuriken e Sakura sarebbe morta, ma la guerra non sarebbe stata così difficile da vincere. Quindi, cos’è giusto e cos’è sbagliato, alla fine dei conti? Come si può giudicare un’azione senza conoscerne tutte le implicazioni future? Al processo, dovrà condannare Sasuke per il suo tradimento e tutti i crimini che ha commesso o assolverlo perché il suo percorso dal giorno in cui ha lasciato Konoha lo ha portato a diventare abbastanza forte da permettere all’Alleanza di vincere? E se lo assolverà, cosa gli garantisce che non tenterà davvero di diventare Hokage, magari trasformando Konoha in una dittatura, accecato dall’ambizione che lo ha sempre caratterizzato?

È diventato molto filosofo, dalla fine della guerra.

Non parla con Naruto e Sakura di quell’argomento. Sono irremovibili nelle loro pretese che Sasuke venga completamente reintegrato, e anche una parte di lui lo è. Ne discute invece con Ibiki e Shikamaru. Il primo propende per la condanna, il secondo no.

«Secondo le nostre leggi, non puoi assolverlo» gli fa notare un giorno Ibiki.

«Io penso che dopo una crisi del genere, le leggi vadano quantomeno riconsiderate, se non riscritte» ribatte Shikamaru. Kakashi non potrebbe essere più d’accordo.

E mentre il soggiorno di Sasuke in carcere si allunga, Tenzō è sempre addormentato. Kakashi ringrazia gli dèi di avere la responsabilità dell’intero villaggio, perché stare al suo capezzale senza sapere quanto ancora dovrà aspettare lo manderebbe fuori di testa. Va spesso a trovarlo, in realtà. Gli porta dei fiori, qualche volta. Soprattutto gli parla, gli racconta quello che fa e cosa sta succedendo nel villaggio. Gli racconta di Naruto e Sakura, di Sasuke, di Tsunade, di Shikamaru e Ibiki, di Sai che vuole lasciare gli ANBU, di Gai che lo ha sfidato a una gara di corsa sulle mani, di Mirai Sarutobi, di Hiashi Hyūga che ha invitato Naruto per il tè, del Kazekage che ha proposto un’alleanza tra Paesi e villaggi ninja anche in tempi di pace. Gli racconta tutto questo, e spera che non debba passare ancora tanto tempo prima che Tenzō possa vederlo con i suoi occhi.

 

 

 

Tenzō si sveglia il giorno dopo che il quinto Hokage, disubbidendo a ogni parere medico, riprende possesso del proprio ufficio.

La stanza è leggermente affollata quando arriva. Ci sono Sakura, Naruto e Sai, e un mazzo di fiori gigantesco sul comodino.

Tenzō lo vede quasi subito, ancora prima dei ragazzi, e spalanca all’inverosimile i suoi enormi occhi da ragazzino. Ed è pallido e magro e stanco e scombussolato, ma dèi, è sveglio.

«Senpai» dice solo, e allora anche gli altri si accorgono della sua presenza.

«Ciao, Tenzō» lo saluta. Potrebbe quasi mettersi a piangere dal sollievo. «Spero che tu ci stia andando piano con i resoconti, Naruto» lo rimprovera, giusto per spezzare un po’ la tensione.

«Non c’è pericolo, maestro, lo sto tenendo sotto controllo» dice Sakura. E di lei ci si può fidare.

Si avvicina a Tenzō, che sorride e non ha smesso un secondo di guardarlo. «Sto come avendo un déjà-vu» dice. Vorrebbe posargli un bacio sulla fronte, ma è un gesto troppo intimo per essere fatto alla presenza dei loro allievi. Non gli importa che vedano che si amano, probabilmente lo hanno già intuito, ma è troppo intimo.

«Già. Solo che questa volta la missione è andata bene, da quello che mi dice Naruto».

«Come ti senti?» gli chiede sedendosi sul letto.

«Frastornato. Non molto padrone del mio corpo».

«È normale» interviene Sakura. «Fa schifo, ma è normale. Dovrai stare a riposo assoluto per un po’, capitano».

«E tu, senpai?»

Gli sorride da dietro la maschera. «Aiuto a rimettere il mondo in sesto per quando sarai uscito da qui». Come ho detto che avrei fatto.

«Sta facendo un ottimo lavoro» dice Sai.

«Sì. Non riconoscerai più Konoha» sorride Naruto.

Vorrebbe dirgli tante di quelle cose che non sa da dove cominciare, e forse è meglio così, visto che Tenzō non sembra nella condizione di conversare o anche solo ascoltare per molto.

Anche Sakura se ne accorge. «Basta così, Naruto» ordina. «Deve riposare».

«Ma dobbiamo raccontargli ancora un sacco di cose!»

«Non dovete raccontargli proprio niente» dice Kakashi, e spera che non sia troppo tardi. Non si può dire a un ninja fedele a Konoha fino al midollo e appena uscito dal coma che il nemico lo ha usato per potenziare i soldati da mandare contro i suoi concittadini. Poco importa che lui non fosse né d’accordo, né cosciente. Sarebbe stato lui a dirglielo, con le dovute maniere.

«Andiamo, Naruto» lo esorta Sakura. Kakashi incrocia il suo sguardo e per un attimo pensa che lo stia facendo per dare loro un po’ di tempo da soli, ma poi si accorge che Tenzō non riesce nemmeno a tenere gli occhi aperti.

«Riposati, Tenzō» sussurra. «Pensa solo a riposarti. Tornerò appena posso» gli dice, ma Tenzō gli cerca la mano e gliela stringe. Una stretta molto debole, per la verità.

«Stai altri cinque minuti».

«Se vuoi ti canto la ninna nanna» lo prende in giro, ma gli accarezza la fronte.

«Non dico che non mi piacerebbe» biascica, e Kakashi prende nota. Gli rinfaccerà quella frase per il resto della vita.

«Sono così contento che tu ti sia svegliato» gli sussurra, avvicinandosi al volto. «Ero preoccupato da matti». Tenzō si addormenta prima che Kakashi gli baci la fronte.

 

 

 

Molte cose cambiano nelle settimane seguenti. Il quinto Hokage riprende i suoi vecchi compiti, e lui è ben felice di ammettere che Tsunade è molto più ferrata di lui in parecchie cose. D’altra parte, ha quattro anni di esperienza in più. Lui viene incaricato quasi esclusivamente di rimettere in carreggiata la struttura militare di Konoha.

Il villaggio si rimette in piedi, diverso da com’era prima, più forte. Una squadra di scultori si mette al lavoro sul suo volto di pietra, e a lui non importa niente. Naruto invece è estasiato e corre subito a informare Sasuke. Si reca a Suna con Shikamaru e Ibiki per il summit dei villaggi ninja, in cui il Raikage chiede che a Sasuke sia dato almeno l’ergastolo e viene proposto un trattato di alleanza, che ogni Paese dovrà esaminare prima del summit successivo.

E nel frattempo Tenzō si riprende, piano piano.

Kakashi va a trovarlo tutti i giorni. È insieme a lui quando riesce a mandare giù il primo boccone di cibo solido, quando attraversa la stanza sulle sue gambe per la prima volta e quando riesce a creare un clone di chakra. Tenzō si sente inutile a volte, a constatare quanta fatica gli costano queste semplici azioni, e Kakashi fa di tutto per tenerlo su di morale. Dopo avergli raccontato come ha perso lo Sharingan, cerca di evitare l’argomento guerra. Gli racconta invece cosa succede fuori da lì, gli descrive le stagioni che cambiano e gli edifici di Konoha mano a mano che vengono completati, gli elenca tutti i posti nuovi dove andranno a cena e le attività con cui potranno riempire il tempo libero. Gli parla del quartiere dove vorrebbe andare ad abitare con lui e delle case che ha già adocchiato; gli chiede dei posti che ha sempre voluto vedere e dove non ha ancora mai avuto occasione di andare e gli promette che ce lo porterà. Lo manda a cagare, molte volte.

Rimanda il momento in cui gli racconterà dov’è stato nei giorni della guerra, ma non ci riesce per molto. Tenzō non è stupido, e anche se lo fosse, non può ingannare la persona che ama.

«Di quante morti sono responsabile?» gli chiede solo, alla fine.

«Direttamente, nessuna» dice Kakashi, ed è la verità. «Non ti hanno usato per nulla di più che per rafforzare i loro soldati con le cellule del primo Hokage».

«Lo fai sembrare un’inezia» commenta senza alzare lo sguardo.

«Tra tutte le cose che ci hanno fatto in quei tre giorni, Tenzō, questa è la meno significativa».

«Ma è anche a causa mia se i nostri alleati sono morti!» sbotta.

«Ascoltami bene, Tenzō» gli dice, costringendolo a guardarlo in faccia. «Non è colpa tua. Niente di tutto questo lo è. Se proprio dobbiamo trovare un colpevole, è Orochimaru, per quello che ti ha fatto da bambino. Tu non c’entri niente».

«Non è vero».

«È vero».

«Non è vero».

Kakashi sospira. «Lo è, ma se proprio ritieni di dover espiare una colpa, sono certo che lo farai. E che il risultato varrà di più di aver rafforzato i corpi dei nostri nemici».

A questo, Tenzō non replica. I suoi occhi sono enormi, il suo broncio sarebbe quasi simpatico se non sapesse che sta soffrendo.

«Non è il momento di rivangare il passato, Tenzō. È un nuovo inizio».

«Lo è davvero?»

«Lo è. Te lo assicuro». Vorrebbe così tanto che non fosse confinato in quell’ospedale, che vedesse i cambiamenti che stanno avvenendo a Konoha e nei Paesi vicini.

Tenzō sembra rilassarsi. Si raddrizza sulla panchina, guarda verso il sole con gli occhi chiusi, assorbendone la luce. «Allora voglio un mondo in cui i bambini non vengano rapiti e usati come cavie».

«Sto già studiando modi per rendere questa eventualità più improbabile».

«Davvero? E quali?» lo provoca Tenzō in tono scettico.

«Maggiore controllo sulle strumentazioni scientifiche. Più ninja di pattuglia all’interno e nei pressi del villaggio. Maggiore sensibilizzazione dei minori di 12 anni» snocciola.

«Te lo sei inventato sul momento. Non ci credo che ci stai pensando davvero».

Kakashi lo fissa negli occhi, estremamente serio. «Certo che ci sto pensando. Sto ripensando a tutte le cose brutte che sono successe da quando sono nato, e sto cercando un modo di renderle evitabili».

Tenzō scoppia in una risata priva di gioia. «È impossibile».

«Sono o non sono l’Hokage?»

«Ci sono cose che nemmeno i Kage possono cambiare».

«Ma sono gli unici che ci possono provare. E poi, guarda com’è cambiata Suna da quando Gaara è Kazekage». A questo non può controbattere. «La tua negatività mi preoccupa, Tenzō».

«Vorrei vederti io, rinchiuso per mesi in un ospedale» ribatte, e Kakashi pensa che se fosse stato qualcun altro a fare quell’osservazione, la reazione sarebbe stata molto più rabbiosa. «Voglio un mondo in cui le ferite guariscano in massimo due giorni».

«Per questo dovrai chiedere a Tsunade o a Sakura».

Finalmente, Tenzō sorride. «Voglio un mondo in cui i bambini non rimangano orfani».

«Anche qui, maggiore sensibilizzazione, sicurezza e formazione medica. E trattati di cooperazione internazionale».

«Voglio un mondo in cui i ragazzi… anzi, nessuno possa diventare carne da cannone».

«Questo è un po’ più difficile, ma prima o poi ci arriverò» risponde Kakashi in tono quasi sarcastico.

Tenzō lo guarda dritto negli occhi. «E poi voglio un mondo in cui non rischiamo di essere separati da ordini esterni».

«Questo è molto più semplice, in realtà».

«Sì, come no».

È bellissimo e non ha idea di cosa gli sta per rivelare. «Te l’ho detto, no? Ripenso alle cose brutte e cerco il modo di migliorarle. E si dà il caso che Tsunade abbia incaricato me di risistemare la struttura militare di Konoha». Sa di avere catturato la sua attenzione, anche senza guardarlo. «Un lavoraccio ingrato, se proprio devo dirla tutta».

«È tutto qui?» lo esorta Tenzō dopo qualche secondo di silenzio.

«Potrei avere in mente di rivoluzionare completamente gli ANBU» dice trattenendosi dal sorridere, perché sarebbe un sorriso enorme e rovinerebbe la sorpresa. «Potrei aver pensato a un modo per permettere agli ANBU di andarsene volontariamente dall’organizzazione, ovviamente rispettando una serie di criteri accuratamente studiati».

«E me lo dici ora

«Sai com’è» sorride infine, «non vorrei che pensassi che non sono più irritante come una volta».

Tenzō lo abbraccia, lo stritola nella sua presa. «Pensavo che non me ne sarei mai liberato» dice Tenzō, e Kakashi sa che se lo guardasse negli occhi li vedrebbe lucidi. Gli ha appena cambiato la vita.

«Chi ti dice che te ne sei liberato? Mica ti ho detto quali sono i criteri» lo prende in giro.

«La sai una cosa? Sei un irritantissimo stronzo».

E Tenzō forse non se ne è ancora reso conto, ma la nuova Konoha sarà un immenso omaggio a lui.

 

 

 

È primavera inoltrata quando Tenzō esce dall’ospedale, la sontuosa primavera di Konoha piena di fiori. Il villaggio è un unico, immenso cantiere, ma qua e là alcuni edifici e quartieri sono già terminati. Kakashi sorride nel vedere la sorpresa di Tenzō a ogni angolo, e si diverte nell’ascoltare le sue ingenue preoccupazioni da ragazzo. «Ma dove siamo?», «L’arena non è di là?», «Mi stai dicendo che questa è l’Accademia?» e via di seguito. È sinceramente preoccupato che si perderà nel suo stesso villaggio, non avendo avuto il tempo di abituarsi alla nuova disposizione di strade ed edifici.

Rimane a bocca aperta anche quando entra nell’appartamento di Kakashi. Che sarà anche suo, almeno finché non ne troveranno un altro insieme. Ma questo deve ancora dirglielo. «Quanto guadagni ora che sei Hokage, senpai?»

Kakashi ride. Come dargli torto? È l’appartamento più lussuoso in cui sia mai entrato in vita sua. «Visto che comunque andava ricostruito tutto da zero, ho pensato di concedermi qualche comodità in più» dice, riempiendo d’acqua un bollitore che poi posa sul piano a induzione. «In tanti hanno avuto la stessa idea».

«Mi mancherà la vecchia Konoha».

«Manca a tutti» sospira Kakashi, ed è sincero. «Ma la nostra nuova casa potrà essere più… tradizionale, se vorrai» aggiunge, e si sorprende a rabbrividire.

Tenzō spalanca ancora di più gli occhi, e un enorme sorriso si apre sul suo volto. «Mi stai chiedendo quello che penso io?»

«Bè… sì. Se ti va, voglio dire». Quella precisazione è superflua. Certo che gli va. Lo sanno entrambi. Probabilmente sono la coppia più in sintonia nella storia delle coppie.

«Sì, mi va».

Kakashi gli si avvicina e lo bacia. Un bacio vero, come non gliene dava da prima che lui partisse per Kumo. E finalmente, l’ultimo pezzettino ancora fuori posto si incastra nel puzzle ormai completo che è la sua vita dopo la guerra.

«Ti amo, senpai» gli sussurra tenendogli il volto fra le mani.

E Kakashi pensa alle parti ancora grigie di quel puzzle: suo padre, Obito e Rin, Itachi, Jin, Sasuke e tutti gli altri fallimenti della sua vita, e al fatto che Tenzō è sempre stato in grado, unico al mondo, di portarvi un po’ di luce. E forse lui non potrà mai ambire alla completa, spensierata felicità che ha visto sul volto di Naruto quando Sasuke è stato assolto, ma sa che con Tenzō accanto potrà attraversare le lande desolate dei suoi rimpianti con una luce che gliene mostrerà la fine. E sarà quella la sua felicità. «Ti amo anch’io».

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Airborne