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Autore: Kimando714    20/09/2023    1 recensioni
La vita a quasi trent’anni è fatta di tante cose: eventi felici ed eventi che ti mandano in crisi, successi ed insuccessi, traguardi personali e lavorativi, vecchi legami che cambiano e nuovi che nascono … Giulia è convinta di saper navigare il mare di contraddizioni che la vita le sta per mettere di fronte, e così lei anche il gruppo storico di amici. Ma la vita ti sorprende quando meno te l’aspetti, e non sempre sei pronto a ciò che ti pone davanti. E forse, il bello dell’avventura, sta proprio in questo.
“Se è una storia che sto raccontando, posso scegliere il finale. Ci sarà un finale, alla storia, e poi seguirà la vita vera” - Margaret Atwood, The Handmaid’s Tale
[Terza e conclusiva parte della trilogia “Walf of Life”]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 11 - BALLAD OF THE LONELY HEARTS

 




“Va tutto bene”.
Aveva perso il conto delle volte in cui se l’era ripetuto nelle ultime settimane, un tentativo di autoconvincimento che forse non stava funzionando come dovuto.
Giulia lanciò occhiate guardinghe verso la camera da letto, dove Filippo si era rinchiuso già da una decina di minuti, in silenzio.
Si sforzò di lasciar perdere, puntando invece gli occhi in basso, sul tappeto colorato che copriva gran parte del pavimento del salotto, e dove se ne stavano Caterina e Beatrice, distratte dagli innumerevoli giochi sparsi attorno a loro. Osservò i loro sorrisi e ascoltò le loro risate allegre, i loro movimenti ancora un po’ impacciati: si ritrovò quasi ad invidiare la loro non consapevolezza derivata dal loro essere ancora troppo piccole per capire appieno.
Rialzò gli occhi pochi attimi dopo, portandosi una mano davanti alla bocca e cercando almeno un motivo per trattenersi dall’alzarsi e andare a controllare cosa stesse facendo Filippo ancora in camera.
“Va tutto bene” pensò ancora una volta, sempre meno convinta.
Aveva davvero pensato che le cose fossero decisamente migliorate negli ultimi mesi: Settembre ed Ottobre erano stati un po’ come essere tornati ai giorni d’oro, quelli in cui non si stancavano mai di stare in compagnia l’uno dell’altra, quelli in cui i litigi erano una rarità e non la regola.
Era bastato poco per spezzare quella sorta di tranquillità di vetro, e tornare all’assetto precedente – quello a cui Giulia faticava ancora ad abituarsi.
Le balenò per la mente il ricordo di una mattina qualsiasi di una settimana prima, la mattina in cui tutte le sue speranze si era frantumate sotto le grida trattenute sia da lei che da Filippo. Non ricordava nemmeno più il motivo per cui avevano litigato, tanto doveva essere stato banale.
Ricordava però la porta che Filippo aveva sbattuto dietro di sé quando poco dopo era uscito per andare al lavoro, e l’aria tesa che era rimasta anche la sera, quando entrambi erano rincasati.
Anche se in un paio di giorni il clima si era ridisteso, Giulia avvertiva ancora la sensazione di precarietà nell’aria: era come se qualcosa non stesse andando ancora, qualcosa che le sfuggiva e che non avrebbe saputo dire.
Sapeva solo che Filippo era tornato ad essere tranquillo, ma in maniera diversa. Continuare a ripetersi che, invece, stava andando tutto normalmente, non la stava affatto aiutando a convincersene per davvero.
Proprio quando si decise a riabbassare gli occhi e badare un po’ di più alle sue figlie – il senso di colpa sempre più forte a chiuderle la bocca dello stomaco-, Filippo uscì finalmente dalla stanza da letto.
Giulia tornò subito con lo sguardo su di lui: si era cambiato con una tuta pulita, e teneva in mano il borsone da palestra che usava sempre per andarci. Erano un paio di mesi che aveva iniziato a frequentarla con Alessio, e Giulia trovava che avesse avuto un buon effetto: Filippo tornava a casa decisamente più disteso, dopo aver lasciato andare lo stress allenandosi un paio d’ore.
Nonostante l’evidenza sulle intenzioni di Filippo, lo guardò comunque con fare confuso:
-Dove vai?- gli chiese, a mezza voce.
Sperò di non sentire la risposta che già si aspettava.
-In palestra- Filippo alzò gli occhi su di lei, poco prima di lasciare il borsone in un angolo della sala ed andare verso l’ingresso. Se ne tornò indietro poco dopo, un paio di scarpe in mano; andò a sedersi su una delle poltrone del salotto, chinandosi per poterle infilare.
-Ma sei andato anche l’altra sera- obiettò Giulia, cercando di non far trasparire troppo il proprio dissenso per non far scoppiare un’altra lite.
Beatrice si avvicinò ad una scarpa, iniziando a giocherellare con uno dei lacci ancora sciolti: Filippo le allontanò delicatamente la mano, sorridendole – un sorriso che Giulia trovò quasi forzato.
-Sì, ma penso mi farà bene sfogare un po’ di stress- mormorò infine, dopo aver allacciato anche la seconda scarpa.
Giulia trattenne a stento uno sbuffo: erano appena le cinque del pomeriggio, nell’unico giorno della settimana in cui Filippo doveva rimanere in ufficio solo la mattina. Aveva sperato, almeno per quella volta, di non vederlo fuggire lontano da quella casa e da lei.
-Viene anche Alessio?- gli chiese con tono vago.
Filippo si alzò dalla poltrona, guardandola fisso per qualche secondo, prima di annuire debolmente:
-Sì, gli ho chiesto un’ora fa se era libero-.
Parve quasi esitante nel risponderle, ma Giulia ci fece caso solo per pochi attimi. Preferì rannicchiarsi sul divano, il groppo in gola che le stava impedendo di rispondere a voce. Si limitò ad annuire a sua volta, lo sguardo diretto altrove.
Anche se non poteva vederlo dritto in faccia, riusciva a percepire su di sé tutto il peso dello sguardo che Filippo le stava rivolgendo. Lo sentì schiarirsi la gola pochi attimi dopo, con vaga incertezza.
-Che c’è?-.
Giulia sospirò a fondo, un leggero senso di sconfitta a renderle il petto pesante. Si costrinse a voltarsi verso Filippo, cercando di trattenere la rabbia che cominciava a montarle dentro:
-No, niente- mormorò, mordendosi il labbro nervosamente – È che stasera avevamo deciso di prenderci una serata tranquilla e magari guardare un film dopo aver messo le gemelle a letto-.
Forse Filippo se ne era scordato, ma lei no. Continuavano a tornarle in mente le parole che le aveva rivolto due giorni prima, quando a cena le aveva sorriso e le aveva assicurato che, nonostante il periodo stressante, per quel giovedì sera avrebbero potuto cenare con calma, e prendersi un’intera serata di relax.
Giulia ci aveva creduto così tanto che ora, alla realizzazione che ancora una volta Filippo sembrava essersene fregato, non riusciva nemmeno ad immaginare come sarebbe stato passare quella serata – quella stessa serata che doveva essere loro- da sola con le gemelle.
Non provava nemmeno più la voglia di piangere.
-Lo faremo domani- Filippo le si avvicinò, posandole una mano sul capo, accarezzandole i capelli. Il sorriso colpevole che le stava rivolgendo non alleviò la rabbia e la delusione di Giulia, nemmeno per un secondo.
Non si aspettava di vederlo cambiare idea all’ultimo: quello era un gesto che apparteneva al vecchio Filippo – quello con cui aveva condiviso anni di vita, quello che aveva sposato, quello con cui aveva deciso di dare vita ad altri due esseri umani-, ma non a quello che le stava di fronte ora, schivo e stanco e distante come non era mai stato.
Lo vide allontanarsi verso il borsone, controllare qualcosa all’interno e richiudere la cerniera subito dopo, dandole le spalle.
-Lunedì prossimo è il mio compleanno- Giulia lo disse con nonchalance, ma dentro di sé cominciava già a temere di essersi avventurata su quel terreno – Lo ricordi, vero?-.
Filippo tornò verso il centro del salotto, abbassandosi per poter salutare Caterina e Beatrice; prima di allungarsi verso una di loro, si girò ancora una volta verso Giulia, stavolta con un sorriso più convinto:
-Certo che me lo ricordo, Giulia- la rassicurò.
Giulia annuì di nuovo, privata di ogni parola che avrebbe voluto invece dire. Osservò ancora Filippo mentre si allungava prima sulla testa castana di Caterina, per poi spostarsi a quella più chiara di Beatrice, lasciando ad entrambe un bacio sui capelli ed un saluto sussurrato.
Si rialzò un po’ a fatica, gli occhi stavolta puntati su Giulia:
-E prima che tu me lo domandi: no, non ho preso impegni per quella sera- le disse, con un tono che probabilmente voleva essere confortante, ma che per Giulia lo fu solo in parte. Le risuonò più come essere obbligato a non prendere impegni per non far scoppiare un altro litigio, più che un vero desiderio di essere insieme.
Si trattenne anche stavolta, seguendo con sguardo sconfitto Filippo che raccoglieva da terra il borsone e si avviava verso l’ingresso per infilarsi una giacca pesante ed uscire. Giusto pochi secondi prima che sparisse dal suo campo visivo si voltò ancora una volta verso di lei:
-Senti, ci vediamo dopo- le disse, con lo stesso sorriso di muta colpevolezza sulle labbra – Non cucinare nulla, mi arrangio io quando torno. Se sei stanca non aspettarmi-.
Giulia mormorò un ok a malapena udibile, ma sufficiente per far sì che Filippo se ne andasse una volta per tutte.
Abbassò lo sguardo sulle figlie, ancora intente a giocare con il sorriso sulle labbra: non riuscì nemmeno a godersi fino in fondo quella scena tenera, né a sentirsi coinvolta appieno.
“Non va tutto bene”.
 
*
 
Si sedette con movimenti lenti, cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliare Federica, appena caduta addormentata dopo lunghi minuti di pianto. Alessio se la sistemò meglio contro il petto, sorreggendole la nuca e aiutandola a trovare una posizione confortevole: tirò un sospiro di sollievo solo quando si rese conto di essere riuscito a sistemarsi comodamente sul divano del salotto e aver sistemato anche Federica, il tutto senza nemmeno rischiare di vanificare tutto il lavoro fatto per farla addormentare.
Tenne gli occhi bassi, sulla testa di capelli biondi di sua figlia, appoggiata contro di lui. Si rese conto di star sorridendo in pace, mentre le accarezzava delicatamente il capo, facendo attenzione e muovendo la mano in gesti regolari.
Sperò che Christian non si svegliasse proprio in quel momento: capitava spesso, nelle ultime settimane, che le sue nottate fossero disturbate da brutti sogni. Forse era solo il risultato di un periodo in cui, nonostante il bene che dimostrava di volerle, Christian soffriva particolarmente di gelosia per tutte le attenzioni rivolte alla sorella. Era un periodo che sarebbe passato, Alessio ne era perfettamente consapevole, ma rimaneva sempre difficile riuscire a bilanciare le attenzioni verso entrambi quando uno dei due bambini era una neonata di nemmeno sei mesi.
Cercò di non pensare al rischio che Christian si svegliasse e venisse a cercarlo proprio in salotto, ritrovandolo lì con Federica; tirò fuori a fatica il cellulare dalla tasca dei pantaloni della tuta, l’unico modo che aveva per poter passare un po’ di tempo senza morire di noia.
C’era un messaggio che Caterina gli aveva mandato mezz’ora prima e che ancora non aveva letto; lo aprì in un secondo, ritrovandosi a sorridere tra sé e sé quando si rese conto che non era un messaggio scritto, ma una foto: Caterina girata di fianco, il pancione ancora non troppo sporgente ma già visibile quando non c’erano strati di vestiti a nasconderlo.
Ripensò brevemente al momento in cui lei e Nicola gli avevano dato la notizia, rossi in viso per le risate di gioia trattenute, qualche settimana prima: Alessio ricordava solo di averli guardati in silenzio per un lungo minuto, chiedendosi se fosse tutto uno scherzo o se fossero davvero seri.
Lasciò il cellulare da parte, prendendo nota mentalmente di risponderle più tardi, dopo aver rimesso Federica nella sua culla. Era contento che Caterina che Nicola sembrassero più sereni, al contrario della prima gravidanza: anche se non l’avevano detto esplicitamente, riusciva a vedere la loro gioia in ogni parola spesa nel parlare del piccolo che aspettavano, e nei gesti che compivano – come il mandare foto della pancia sempre più visibile.
In fin dei conti, si ritrovò a pensare, più o meno era andata così anche per lui: forse per le circostanze in cui era nata, forse perché la seconda volta sai già a cosa vai incontro, con Federica era stato decisamente più facile che con Christian. In un certo senso si era ritrovato ad essere già abituato ad un ruolo che, prima dei suoi figli, aveva persino dubitato potesse mai appartenergli.
Lasciò da parte quei pensieri quando, qualche secondo dopo, udì dei passi felpati lungo il corridoio. Era troppo buio per riuscire a capire se fosse davvero Christian come stava temendo, ma in qualche attimo i timori di Alessio si dissolsero.
Alice comparve sulla soglia del salotto, vestita di una semplice camicia da notte sotto la vestaglia. Alla tenue luce della lampadina accesa in un angolo della stanza, ad Alessio parve di scorgere un’ombra di stanchezza sulla faccia dell’altra.
-Si è addormentata?- Alice parlò sottovoce, le mani che stringevano la vestaglia per tenerla chiusa il più possibile per non prendere troppo freddo.
-Sì, poco fa- le rispose Alessio, a voce talmente bassa che si chiese se Alice l’avrebbe udito.
Per un po’ nessuno dei due disse nulla; Alessio non riuscì a decifrare l’espressione che Alice doveva avere in viso, nascosta dalla penombra del salotto.
Passarono pochi minuti, prima che Alice spezzasse di nuovo il silenzio:
-Ti disturbo se mi metto qui per un po’?- disse, camminando lentamente verso il divano prima ancora di avere una risposta, come se si aspettasse già che Alessio non glielo avrebbe negato.
-No, ovvio- fece lui, con naturalezza e di nuovo a voce bassissima – Ma parla piano, che se si risveglia potrei anche prendermi male-.
Alice rise appena, ed era esattamente l’effetto in cui Alessio aveva sperato: non era stato sicuro di aver trasmesso l’ironia nella sua voce fino a quando non aveva avuto la reazione divertita dell’altra.
-Bisbiglierò a malapena- sussurrò Alice, faticando a smorzare la propria risata, l’accento inglese particolarmente accentuato dalla stanchezza che doveva provare.
Alessio la seguì nel ridere, sperando che il movimento del suo petto non svegliasse Federica. Lasciò cadere il capo all’indietro, fino a quando non trovò lo schienale morbido del divano. Ci si appoggiò chiudendo gli occhi, sognando il momento in cui sarebbe potuto andare finalmente a stendersi a letto per il meritato riposo.
-Ricordo male o domani esci con Sergio?- buttò lì la domanda con nonchalance, sapendo però che Alice sarebbe arrossita inevitabilmente. Succedeva ogni volta – ogni rara volta- che uno di loro nominava l’uomo: era una reazione che faceva ridere Alessio ogni volta, a tratti sorpreso per l’imbarazzo che investiva Alice quando veniva nominata la persona di cui era innamorata.
La sentì sospirare pesantemente, schioccando le labbra:
-Me l’aveva proposto, ma non ho ancora deciso … - iniziò a dire, esitante – Probabilmente non andrò-.
Alessio riaprì gli occhi di scatto, spalancandoli nella sua direzione:
-Perché no?-.
Era stupito dall’affermazione di Alice, e non aveva alcuna intenzione di nasconderlo. Si voltò verso di lei, e nonostante l’oscurità della stanza, riuscì a distinguere i contorni delle labbra dell’altra piegati un sorriso più malinconico di quel che si sarebbe aspettato.
-Vorresti rimanere da solo a casa con due bambini piccoli?- gli chiese esitante, il capo poggiato a sua volta sullo schienale del divano.
Alessio sapeva perfettamente da dove provenisse quel dubbio: in fin dei conti Alice doveva ricordare ancora bene quanto difficili erano stati i mesi prima e dopo la nascita di Christian. Forse, almeno in parte, temeva che lo stesso potesse ripetersi anche con Federica, nonostante le cose stessero andando in maniera completamente diversa. Non riusciva a incolparla per quell’insicurezza.
-È solo per una sera- mormorò a mezza voce – Credo sopravvivrò-.
Aveva cercato di dirlo nel modo più leggero che gli era stato possibile, sperando di far capire ad Alice che, se uscire era ciò che voleva, non sarebbe stato un problema.
Quando la sentì sospirare a fondo, però, Alessio ebbe l’impressione che non fosse ancora convinta.
-Sì, ma … - Alice lasciò cadere la frase, senza continuarla. Si strinse le gambe contro il busto, raggomitolandosi sul divano in una posizione che la faceva sembrare minuscola. Alessio la guardò più preoccupato di quel che avrebbe immaginato:
-Ma?- cercò di incalzarla. Quando dopo alcuni secondi Alice non aveva ancora aperto bocca, proseguì di nuovo:
-Ascolta, te l’ho già detto: non c’è niente di male a rifarsi una vita-.
Sospirò a sua volta a fondo, sperando di aver trovato le parole più giuste per esprimere ciò che voleva trasmetterle.
Sapeva cosa ronzava per la mente di Alice da sei mesi – ne avevano parlato a lungo, dopo la nascita di Federica, quando un po’ alla volta avevano ritrovato un equilibrio tra di loro che era mancato per mesi-, e sapeva anche quanto le potesse bastare anche solo un’ultima spinta per uscire dal guscio in cui si era barricata.
-Non stiamo più insieme da un anno, e dovresti davvero almeno provare ad uscire con lui- sussurrò ancora, puntando gli occhi sulla figura di Alice.
Sperò di farle capire che non si sarebbe risentito dal vederla uscire con qualcun altro. Sapeva perfettamente, esattamente come lei, che tra loro le cose erano finite da fin troppo tempo: non sarebbe servito a nulla lasciarsi andare ad una qualche gelosia che non aveva ragione d’esistere.
-Ho paura che sia un errore-.
Alice abbassò il capo subito dopo aver sussurrato con incertezza quelle parole. Le aveva dette con la voce tremante, quasi sembrasse le fosse costato molto dirle ad alta voce.
-A me sembra che ci tenga- mormorò Alessio.
“Dovresti ricordare che Sergio non è me”.
Si morse il labbro inferiore, tenendo per sé quell’ultima considerazione. Prima o poi l’avrebbe realizzato anche Alice, o forse l’aveva anche già fatto e doveva solo avere il coraggio di ammetterlo a se stessa.
-Non ti darebbe fastidio pensare che preferisca uscire con un altro uomo, lasciando te da solo a casa con i bambini?- gli chiese ancora con la stessa esitazione nella voce.
L’Alice che ora aveva di fronte gli ricordava la stessa tornata a casa dopo essersi ripresa dal parto tragico di sei mesi prima: esitante sul come porsi nei suoi confronti, vulnerabile, ed ancora incerta su come sarebbero state le cose da quel momento in poi.
Alessio pensò che comportarsi come all’epoca – con garbo, una delicatezza che aveva ritrovato in sé sepolta chissà dove e riscoperta dopo troppo tempo- fosse l’unico modo per renderla meno spaventata.
-No, sul serio. Dovresti accettare-.
Tenendo il capo di Federica con una mano, cercò di raggiungere Alice con quella libera: riuscì ad appoggiarla sul suo ginocchio, ed anche se poteva apparire un gesto improvviso ed insolito, non la scostò.
-Non ha senso pensare di dover rimanere single a vita solo perché sei già una madre, o perché con me è andata male- sussurrò ancora, sorridendo nonostante sapesse che Alice l’avrebbe potuto a malapena notare – Meriti che qualcuno ti sappia apprezzare meglio di quanto abbia fatto io finora-.
Quasi si sorprese di sentirsi dire quelle parole a voce alta. Era passato poco più di anno da quando si erano lasciati, da quando Alice gli aveva detto di essersi innamorata di un altro, ed era sempre strano pensare che la persona di un anno prima – piena di astio e timori- sembrava così lontana dal se stesso di quel momento.
Alessio sorrise ancora, stavolta anche per sé.
-Quindi fatti un favore, ed accetta di uscire con lui- concluse con tono perentorio. Ebbe l’effetto voluto: sentì Alice ridere piano, con sincerità.
-Ci penserò- mormorò lei di rimando. Anche se era solo una sua sensazione, Alessio credette di sentirla più rincuorata.
-Non devi pensare, devi accettare- la corresse prontamente, trattenendo a stento una risata.
Passò qualche secondo di silenzio, prima di avvertire il calore delle dita di Alice stringersi intorno al suo palmo, ancora appoggiato sul suo ginocchio.
-Grazie per il supporto- Alice sospirò a fondo, ed anche se non poteva vederla bene, Alessio sapeva che stava sorridendo a sua volta – Mi mancavano queste chiacchierate-.
Alessio annuì piano, conscio di quanto fosse lo stesso per lui.
Forse non erano mai funzionati davvero come amanti, e tantomeno sarebbero potuti funzionare in futuro in quel ruolo – ma essere amico di Alice, una spalla su cui potersi appoggiare nelle difficoltà, era uno scenario che da un po’ di tempo gli riusciva facile immaginare.
-Anche a me-.
 
*
 
Things get damaged, things get broken
I thought we'd manage
But words left unspoken left us so brittle
There was so little left to give

 
Quasi non si accorse di essere rimasto a ticchettare nervosamente con il piede a terra per diversi minuti, la sottile sensazione d’ansia che cominciava a scorrergli nelle vene.
Pietro lasciò vagare per un po’ il proprio sguardo sulla gente che, in continuazione, entrava ed usciva dalla stazione di Santa Lucia. Per essere martedì pomeriggio il movimento di persone era frenetico, quasi caotico.
Gli venne l’improvvisa voglia di fumare una sigaretta, l’ultima che avrebbe potuto fumare prima di quasi quattro ore di viaggio fino a Roma, ma si trattenne: ormai dovevano mancare pochi minuti all’arrivo di Giada con i bambini.
Si guardò intorno ancora una volta, in attesa, sperando di dover attendere ancora poco. Anche se il buio non era ancora calato, cominciava a fare freddo.
Gli ci vollero solo pochi altri attimi prima di individuare coloro che stava aspettando: vide Giada dalla distanza, quando ancora mancavano diversi metri per raggiungerlo. Pietro non perse tempo, decidendo di andarle incontro: trascinò con sé il piccolo trolley con cui sarebbe dovuto partire, scendendo le gradinate davanti alla stazione.
Giada sembrava non essersi ancora accorta della sua presenza sempre più vicina, troppo intenta a dire qualcosa all’indirizzo di Giacomo – aggrappato saldamente al manubrio del passeggino di Giorgio-, il viso abbassato sul figlio primogenito e il passo lento.
A Pietro bastarono pochi lunghi passi per arrivare di fronte a lei, ma prima che potesse anche solo accennare a dire qualcosa, fu Giacomo a precederlo: gli rivolse un sorriso ancora perlopiù sdentato, ignorando quel che gli stava dicendo sua madre per esclamare un “Ciao, papà!” nella direzione di Pietro.
Giada alzò a sua volta il viso un attimo dopo, lanciandogli un cenno di saluto dopo essersi accorta di lui a pochi metri di distanza.
Quando Pietro annullò del tutto lo spazio, non attese oltre prima di chinarsi di fronte al passeggino, per essere alla stessa altezza dei figli. Giacomo si sfilò velocemente da Giada, correndo con passi ancora vagamente incerti verso Pietro, finendo dritto tra le sue braccia.
-Ciao, piccoli- Pietro allungò una mano verso il viso addormentato di Giorgio, avvolto nel cappottino e ben coperto da un’ulteriore coperta di lana – Come state?-.
Giacomo alzò il viso verso di lui, ancora sorridente:
-Bene!- disse, con una pronuncia piuttosto precisa. Stava facendo progressi incredibili nell’imparare a parlare, Pietro se ne stava rendendo conto sempre di più: nonostante non avesse ancora tre anni, riusciva ad esprimersi molto meglio e con molte più parole imparate rispetto a molti suoi coetanei.
Pietro si ritrovò a pensare, con una certa soddisfazione, che se Giacomo avesse continuato a mostrare quella sorta di talento un giorno avrebbe anche potuto seguire le sue orme.
-Bene? Sì?- replicò in risposta al figlio, scompigliandoli i capelli castani e facendolo ridere. Pietro sollevò il viso verso Giada: era rimasta in silenzio fino a quel momento, forse tenendosi un po’ in disparte per non rovinare quel momento di saluto tra lui e i bambini. Sembrava stanca, a giudicare dalle occhiaie violacee, ma mostrava sempre la stessa attenzione nell’aspetto, con i capelli biondi sempre curati e gli occhi truccati leggermente.
-Tu come stai?- le chiese, risollevandosi e tenendo una mano di Giacomo.
Giada gli rivolse un sorriso scettico:
-Non c’è male, direi- rispose, forse minimizzando – Almeno essere in maternità vuol dire avere il tempo di sistemare la casa mentre loro dormono-.
Pietro annuì, comprensivo: Giada si era trasferita da pochi mesi, nella stessa zona in cui viveva prima della loro convivenza, ma faticava ancora a trovare il tempo per assemblare mobili e arredare come avrebbe voluto. D’altra parte, non dubitava fosse piuttosto difficile organizzare il proprio tempo con due bambini piccoli a cui badare.
-Hai bisogno di aiuto per qualcosa?- le chiese, gentilmente. Anche se ogni weekend era lui a tenere Giacomo e Giorgio, il dubbio che a Giada servisse comunque una mano non si era mai del tutto dissipato.
Lei ricambiò lo sguardo per qualche secondo rimanendo in silenzio, prima di scuotere debolmente il capo:
-No, credo di potercela fare-.
C’era forse un po’ di orgoglio nella sua voce, come a voler sottintendere che fosse in grado di cavarsela benissimo da sola. Pietro era sicuro che Giada sarebbe sempre riuscita a badare a se stessa e ai bambini nel modo migliore, ma non poté fare a meno di chiedersi se il suo diniego fosse in qualche modo dovuto più al non voler apparire debole, che non alla mancanza di bisogno di aiuto effettivo.
Decise che non valeva la pena insistere oltre.
-Nel caso ti servisse lo sai che puoi chiamarmi- le ricordò, cercando di sorriderle.
Anche se a volte avvertiva tensione tra loro, Pietro era sicuro che le cose tra lui e Giada si stessero davvero risollevando. Non sarebbero mai tornate come prima – e non riusciva a non pensare che fosse un bene per entrambi-, ma perlomeno riuscivano a parlare quasi amichevolmente. Erano sforzi che stavano facendo principalmente per Giacomo e Giorgio, per dar loro una sorta di quotidiana serenità che non facesse troppo pesare il grande cambiamento che c’era già stato.
C’erano volte in cui vedeva qualcosa di diverso in Giacomo, da quando non vivevano più insieme. Era forse un velo di malinconia a cui nemmeno lui riusciva a dare ancora un significato profondo, per l’età ancora troppo giovane e la mancanza di situazioni con cui confrontare quel dolore. Eppure c’era, e Pietro non aveva fatto altro che ripromettersi di fare in modo di ridurlo al minimo, restando presente il più possibile.
 
Angels with silver wings
Shouldn't know suffering
I wish I could take the pain for you
 
-Grazie. Lo terrò a mente- la voce calma di Giada interruppe quel flusso di pensieri che avevano cominciato a riempirgli la mente – Sei agitato?-.
Doveva aver scambiato la sua espressione seria per ansia riguardo l’esame di Stato. Pietro scrollò le spalle:
-Ancora no- cercò di tranquillizzarla, anche se in realtà un po’ di agitazione l’aveva eccome – Spero solo di non perdermi per Roma-.
Lo disse quasi ridendo, forse conscio fino in fondo solo in quel momento del viaggio che era in procinto di intraprendere. Non aveva mai messo piede a Roma, anche se era sempre stato curioso di visitarla, prima o poi; di certo non avrebbe mai pensato di andarci per la prima volta per qualcosa legato ad un possibile futuro lavoro. Si era ripromesso, nei giorni precedenti, di andarsene in giro per la città il più possibile, nel poco tempo libero che avrebbe avuto nei giorni in cui si sarebbe fermato.
Giada gli lanciò un sorriso appena accennato, vagamente imbarazzato:
-Ce la puoi fare. Cerca di non perdere la concentrazione-.
-Spero di no- mormorò Pietro in risposta.
Ripensò, per un attimo, a tutti i pomeriggi e le sere passate a studiare, a volte da solo ed altre con Alessio. C’erano stati momenti in cui si era chiesto se davvero potesse valer la pena fare quel salto nel vuoto, se cambiare lavoro a ventisette anni non fosse troppo rischioso.
Non aveva mai espresso a voce alta quei timori, troppo impaurito dal renderli troppo reali, ma in alcuni momenti era come se persino Alessio riuscisse a leggerglieli in faccia. Non era mai rimasto stupito dai suoi incoraggiamenti nel seguire quello che era il lavoro che avrebbe voluto fare per il resto della vita.
-Torni a fine settimana, vero?-.
Pietro sussultò appena, riscosso dalla voce di Giada che lo aveva appena riportato alla realtà. Sentì Giacomo aggrapparsi ancor più saldamente alla sua gamba, quasi avesse intuito la sua imminente partenza per qualche giorno.
-Sì, sabato mattina- confermò Pietro, con voce incerta – Se tutto va bene-.
Pietro si morse il labbro inferiore, un po’ in imbarazzo: non era sua intenzione far trasparire la sua agitazione in quel momento, non con Giada e i bambini lì con lui, ma non ci era riuscito.
Quei pochi giorni che avrebbe passato a Roma potevano cambiargli la vita, in modo fin troppo letterale: era fin troppo certo che nulla sarebbe potuto andar bene fino in fondo, nonostante tutti gli sforzi compiuti.
Alzò gli occhi quando avvertì la mano di Giada essersi posata sulla sua spalla. Per un attimo rimase immobile, sorpreso: non ricordava nemmeno quando era stata l’ultima volta che c’era stato un contatto fisico tra di loro, anche casuale. Giada gli si era avvicinata giusto quel che bastava per allungare il braccio; gli rivolse un altro sorriso leggero, prima di allontanarsi di nuovo.
-Andrà tutto bene- mormorò, incoraggiante.
Pietro annuì, già meno imbarazzato rispetto a qualche secondo prima: forse, in fondo, le cose stavano pian piano tornando ad andare per il verso giusto.
Prima di poter dire qualsiasi cosa, fu di nuovo Giada a parlare:
-In effetti se non hai nulla da fare nel prossimo weekend, potresti venire a darmi una mano per montare un armadio. Così puoi vedere anche i bambini- gli propose, con semplicità.
Stavolta anche Pietro si ritrovò a sorridere, senza pensarci oltre:
-Va bene-.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca del cappotto, sospirando pesantemente: non mancava molto alla partenza. Doveva cominciare ad avviarsi alla stazione e al binario, prima di rischiare di fare troppo tardi.
-Ora devo andare, il treno parte tra poco- annunciò con la voce carica di agitazione, riponendo il cellulare e sentendo già il proprio cuore stringersi all’idea di salutare Giacomo e Giorgio.
-Meglio che tu non lo perda- convenne Giada, annuendo.
Pietro non perse altro tempo: piegò ancora le gambe, tornando all’altezza di Giacomo, in piedi ora di fronte a lui, e a quella di Giorgio, ancora piuttosto assonnato nel passeggino. Allungò un braccio verso il suo figlio più piccolo, arrivando a stringergli una mano tra le sue dita; Giacomo, invece, agì di sua volontà, fiondandosi ad abbracciarlo di nuovo, intuendo che il momento dei saluti era giunto.
-Fate i bravi con la mamma, ok?- Pietro lo mormorò a bassa voce, stringendo il corpo delicato e ancora minuscolo di suo figlio – Ci vediamo presto-.
Era una promessa alla quale teneva più di qualsiasi altra cosa: per un attimo non pensò nemmeno più a Roma, all’esame per diventare giornalista, a nient’altro se non al giorno in cui, in quella stessa settimana, avrebbe potuto rivederli e abbracciarli ancora.
 
I pray you learn to trust
Have faith in both of us
And keep room in your hearts for two*







 
*il copyright della canzone (Depeche Mode - "Precious") appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori.
 
NOTE DELLE AUTRICI
Con un salto temporale di qualche settimana arriviamo al capitolo 11, con un inizio tutto incentrata su Giulia e Filippo: l'atmosfera in casa Pagano-Barbieri non sembra essere del tutto rilassata... Giulia, infatti, sebbene cerchi di convincersi del contrario, ha una sensazione d'inquietudine. Che sia solo una sua impressione o Filippo sta davvero nascondendo qualcosa?
Nel focus successivo, invece,  indaghiamo più da vicino le dinamiche di Alessio e Alice. I due, con toni civili e amichevoli, parlano della possibilità di Alice di approfondire la conoscenza di Sergio. Alessio, a tal proposito, non pone alcun ostacolo, ostacolo che nasce invece da Alice stessa, che un po'si sente in colpa verso l'amico e padre dei suoi figli. Alla fine Alice si farà convincere ed accetterà questo appuntamento, o Sergio si beccherà un bel due di picche?
L'ultima scena del capitolo vede poi protagonisti Pietro e la sua famiglia: Giada, infatti, lo ha raggiunto con i loro figli per salutarlo in vista della partenza per Roma. Insomma, sembra che nonostante momenti parecchio tesi e momenti di certo non facili, sia Pietro che Giada sono disposti a cercare di andare il più d'accordo possibile per il bene dei loro bambini. Non possiamo far altro che sperare per loro che le cose continuino a funzionare, perchè ovviamente il bene dei più piccoli viene al primo posto!
Concludiamo così anche questo capitolo di passaggio, che ci ha dato alcuni scorci sulla vita dei nostri protagonisti ... Rimarrà tutto ancora così calmo anche nei prossimi aggiornamenti? Chissà!
Ci rivediamo mercoledì 4 ottobre con un nuovo appuntamento :)
Kiara & Greyjoy
 
 
   
 
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