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Autore: Cladzky    09/10/2023    1 recensioni
Ai margini dell'universo, sul piccolo planetoide del Linaker's Diner, fanno sosta degli stranieri che portano con loro il letterale seme della distruzione, turbando la pace della contea, fra la rabbia dello sceriffo, il disinteresse della signora Linaker e la fascinazione del benzinaio locale. Prima che i personaggi possano rendersi conto di quanto stia accadendo, persi nelle proprie piccole faide, il seme germoglia e così inizia il massacro ad opera di una creatura indefinibile. Bisogna ora distruggerla, prima che la sua assimilazione della materia vivente continui.
Tributo alla letteratura apocalittica della guerra fredda, il cinema horror degli anni 80, i film exploitation, ma soprattutto a un autore molto importante che ho incontrato qui su EFP. Si sto parlando proprio di te. Non sarei a questo punto se non mi avessi dato la spinta. Grazie.
Genere: Avventura, Commedia, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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―Evitiamo complicazioni― Propose lo sceriffo, caricando un’altra batteria nel folgoratore ―Continueremo a irrorarlo con l’estintore finché non arriveranno Craven e i suoi.

―L’estintore è scarico― Kay sollevò la capsula, premette il grilletto e non ne uscì che un sibilo.

―Prendine un altro, li avrai superati i controlli di sicurezza in questo locale, cristo!― Sbottò di rimando l’omone, sempre camminando attorno alla massa violacea incollata a terra, fumante di candido bianco.

―Ne ho solo due― Si grattò la guancia lei ―Il locale non ha una grande metratura.

―Si muove!― Gridò Dave, indicando un punto preciso. La massa sotto zero pulsava e ad ogni battito si allungava più verso l’esterno fino a formare uno pseudopodo dalla superficie rigida e tastare il terreno. Vincent fece quasi per sparare un’altra salva, ma si rese conto che il calore generato nel distruggere quella piccola parte avrebbe risvegliato il resto. Decise dunque di sollevare il piede e prendere a pestoni quel protendimento, appiattendolo tanto da lasciarci impresso il disegno della suola, ma sapeva che non avrebbe funzionato molto. Il tentacolo si contorceva, si accorciava ma non dava segni di morire ―Portatemi l’altro, accidenti!

―Dov’è?― Gridarono quasi all’unisono il pilota e il vice. Kay indicò uno sportello sotto il lavabo e quei due vi fecero a gara per raggiungerlo. Lei, intanto, recuperò nuovamente la candeggina e procedette a versarne un’altra dose massiccia sull’ospite. Quello ebbe la solita teatrale reazione di seccarsi, spezzarsi, rivleare l’interno liquido e rilasciare un’altra nuvole venefica. I due coetanei tossirono quasi i loro polmoni da quanto la stanza stava diventando pregna di quell’orribile presenza, ma dietro gli occhi umidi riconobbero che un’altra sezione dell’animale era morta stecchita come un ramo d’inverno, prima di essere ricoperta da un’altra spruzzata, stavolta solfato d’ammonio.

―L’abbiamo fermato?― Chiese Dave.

―Non a lungo― Replicò Cladzky ―Ho un altro estintore nel mio disco, posso andare a prenderlo.

―Tu non esci di qui se non in manette― Replicò secco lo sceriffo.

―Ehi, fuori è notte!― Osservò Dave, eccitato ―Portiamolo fuori dal locale e lasciamolo congelare a temperatura zero.

―Certo e fra cinque minuti arriva l’alba e lo scioglie― Scosse la testa il suo superiore. Si lustrò i baffi sperando gli venisse qualche idea.

―Il sole di Dryriver è quasi una gigante rossa― Insistette il rosso, stringendo i pugni ―La luce solare potrebbe anche carbonizzarlo e se la temperatura non è sufficiente le radiazioni lo ucciderebbero.

―Ti ricordo che quest’affare è sopravvissuto a un bombardamento atomico― Gli mise una mano sulla spalla Cladzky ―Ken lo ha già detto: è in grado di sostituire le cellule danneggiate.

―Lo hai detto, cellule danneggiate― S’intromise Kay, pigliandolo per un braccio. Aveva un’espressione stanca da quanto stava elucubrando ―Quindi le radiazioni lo danneggiano e lo hanno rimpicciolito di molto: Vuol dire che se lo esponessimo ancora potrebbe non essere in grado di riprendersi una seconda volta.

―Vi ricordo che quelle erano testate nucleari― Volle alzare gli occhi al cielo Vincent, ma non potè distrarsi un secondo che dovette nuovamente raffreddare la materia pulsante ―Mentre il vostro sole è lontano milioni di chilometri e dubito che la temperatura lo possa cuocere se è abituato a spostarsi nello spazio aperto. Se lo portiamo fuori e questo sta meglio di prima non credo avremo il tempo di provare un’altra splendida idea, specie a gravità ridotta.

―E allora che facciamo?― Chiese Dave, prima di farsi lanciare le chiavi per l’astropattuglia del suo capo.

―Tu, corri a prendere gli estintori dai kit d’emergenza dei nostri velivoli. Nel frattempo ci faremo venire in mente un’idea.

―Prendi anche il mio― Dave si vide lanciare le chiavi dal contrabbandiere ―Si trova sotto il sedile.

―Volo, signore― E così fece, a grandi falcate, infilandosi così in fretta nell’uscita sul retro da schiacciarsi fra le paratie ancora in apertura. Lo sceriffo squadrò il pilota in bianco per bene. Quello ricambiò lo sguardo, sperando in uno d’intesa e sotto sotto sperava di averlo visto. Dawn si passò una mano sulla faccia, mentre la stanza cadeva in dieci secondi di silenzio e i muscoli cominciavano a dolergli da quanto stava in tensione da più di un’ora.

―Qualcuno ha qualche idea?― Chiese infine, schioccando le labbra.

―La cella frigorifera!― S’illuminò Kay ―Possiamo chiuderlo lì dentro!

―Buona idea, spostiamolo!― I tre si chinarono sul sangue nero, ma lo sceriffo fermò la Linaker, porgendole la manichetta ―Tu resta a vedere che non si muova. Se dovesse provare qualcosa congelalo.

Lei annuì e i due uomini si misero a spingere quel grumo dal metro di diametro.

―Dio, o pesa un quintale o s’è attaccato per bene― Si lamentò Cladzky, puntellando i piedi a terra e abbassando la testa fra le braccia, curvando la schiena. Vincent, che invece spingeva buttandosi in avanti con tutto il corpo come un Sisifo moderno, lo redarguì.

―Risparmia il fiato, con Dave sarei già riuscito a smuoverlo.

Ci fu uno schiocco e il blocco di ghiaccio si ribaltò come un macigno, esponendo una parte diversa dell’animale, quella che era stata fino ad allora in contatto con il pavimento, ben più lucida e colorata rispetto al resto della scorza, attraverso cui si poteva dare uno sguardo all’interno dell’ameba. Allora, contemporaneamente, i tre si resero conto che non solo il guscio era ghiacciato, lasciando l’interno ancora sveglio, ma il cosiddetto ventre, non esposto, era ancora caldo. Provarono a ritrarsi, ma subito uno pseudopoda afferrò Cladzky per la mano, stritolandogliela. Il ragazzo urlò, mentre la Linaker, con la stessa rapidità, diede un spolverata di bianco fino a che l’apertura non fu coperta da uno strato solido, tagliando la radice della protuberanza che si staccò arrotolandosi al braccio del pilota che nel panico indietreggiò fino a inciampare nella penisola e cadere a terra, reggendosi la mano che si sentiva scomporre nella morsa.

―Fammi vedere― Gridò lo sceriffo, pistola in pugno. Il ragazzo fece di no con la testa, nascondendo la mano. Spazientito, lo atterrò con un calcio, costringendolo e esporre la mano, che immobilizzò piantandogli a terra il braccio con un piede. Allora nella sua sinistra, comparve il contenitore dell’ipoclorito di sodio e presto ne riversò quanto ne rimaneva sul filamento, ferendolo in crepitio tossico. Osò strisciar via, ma troppo lento per il folgoratore di Dawn. In un ultimo spettacolo pirotecnico fu cancellato come gli altri che avevano tentato di scappare. Vincent dovette farsi i complimenti da solo, perché non ne aveva mancato neanche uno. Il ragazzo corse a sciacquarsi il guanto nel lavandino freneticamente, sia per togliersi di dosso la candeggina e i brandelli sfrigolanti di mostro ma anche per togliersi la sgradevole sensazione di morte che gli aveva intorpidito il braccio. Non riusciva a chiudere le dita da quanto gli faceva male.

―Presto― Gridò la donna, mentre, abbandonato l’estintore a terra, spingeva con sforzo il blocco informe ―Datemi una mano!

―L’estintore…― Obiettò lo sceriffo, ma non servì che Kay gli dimostrasse che fosse ormai scarico. Forse restava ancora della candeggina o qualche altro composto chimico nella dispensa, ma sperava che arrivasse prima il suo vice a dare manforte. I due, essendo spezzata la crosta che delimitava la base, spinsero il blocco fin davanti la cella frigorifera. Qui Kay si alzò verso il pesante portone ermetico, tolse il chiavistello, sbloccò la porta con uno strattone e Dawn ce lo spinse dentro che stava già pulsando. Scapparono dietro la porta, richiudendola con una spallata e bloccandola subito mentre l’ammasso già sbriciolava lo strato solido che lo imprigionava. I due si allontanarono per prevenzione dalla porta blindata, mentre rumori di scoppio già si sentivano dentro la camera isolata. Si accasciarono al suolo, contro la parete opposta. Cladzky li raggiunse, massaggiandosi il braccio.

―Fa abbastanza fresco là dentro?

―Ci conservo i gelati di Lee là dentro. Meno quindici gradi centigradi― La donna si alzò e raggiunse il termostato, testandone i limiti ―Ora meno venti.

―Ce l’abbiamo fatta, perdio!― Sorrise Dawn, come non si era visto fare da quando aveva messo piede nel locale, mettendo un braccio sulle spalle della Linaker. Per combinazione Dave tornò dentro in quell’istante. Il suo superiore corse ad abbracciarlo e questi non capì bene il contesto, restandosene immobile con i due estintori lungo i fianchi e il casco ancora indosso.

―Ce l’abbiamo fatta?― Chiese e la donna accennò, dando un colpo ai cardini inamovibili.

―Hai visto Craven?― Chiese lo sceriffo, mollando la presa.

―Ho intravisto delle luci di posizione verso l’interno.

―Non possono essere altri che loro!― Rise Dawn ―Accendere le luci in un sistema così spopolato!

―Che storia, non riesco a credere che sia successo qualcosa del genere― Mormorò la Linaker guardandosi spaesata attorno, sentendosi la testa leggera e il fiato corto.

―È tutto finito― Chinò la testa Cladzky. Lo sceriffo gli diede una grossa pacca sulla schiena.

―Grazie per l’aiuto ragazzo― Chiuse gli occhi con solennità ―Come ricompensa ti porto fuori e ti sbatto dentro.

―Speravo in un minimo di riconoscenza.

―Non sarai un tipo cattivo, ma la tua dabbenaggine stava per dare quella macchina di morte nelle mani di un pazzo e dio solo sa cosa sarebbe successo se quella roba non l’avessimo fermata qui. Guarda cosa diavolo è successo― E lo costrinse a voltarsi verso la cucina messa a soqquadro, le macchie sbiancate lasciate dal muco, la polvere salina dell’acido a contatto con la candeggina, la polvere di tallio argentato e così via ―Tutti danni che qualcuno dovrà ripagare. E che ne dici del poveretto là fuori? Era il minimo che ci dessi una mano.

―D’accordo, ho capito l’antifona― Alzò le mani ―Buttami in gattabuia, non ho più voglia di sentirmi dire quanto ho sbagliato.

La donna gli fece cenno di non urlare.

―È strano― Continuò la Linaker, passando un dito sull’isola della cucina ―Forse è perché abbiamo sconfitto il mostro, ma non riesco a essere triste per il locale. Scocciata, certo, per tutte le riparazioni che dovrò fare, ma non mi sembra di esserci attaccata più di tanto.

―Dev’essere la stanchezza, cara― Sospirò Dawn ―Devi riposarti. Domani tornerai coi piedi per terra.

―Mah― Bofonchiò lei, calciando via una lattina ―Mi sembra così assurdo essermi impegnata tanto per queste quattro pietre.

―Non posso credere che sia io a dovertelo ricordare― Si passò una mano fra i capelli l’uomo ―Ci hai speso tutta la vita per queste quattro pietre! Hai il diritto di arrabbiarti, essere triste.

―Un po’ triste lo sono― Afferrò una delle molotov che aveva preparato ―Forse per tutto il tempo che ci passato dietro. Non mi sembra un buon investimento.

―Kay, non dire queste cose, ora non ragioni!― S’innervosì Dawn, quasi ci tenesse più lui all’attività ―Questo locale ha fatto la storia per noi. Sei un simbolo di Dryriver, una certezza dove venire ogni sera. Non puoi non rendertene conto.

―Lo so Vincent, lo so― Chinò la testa lei ―Ma è come se avessi visto qualcosa di diverso oggi. Come guardare dentro l’eternità, capisci? Per tutta la vita ho vissuto in questo piccolo sistema, convinta di valere qualcosa e ora questa goccia nera arriva e mi dimostra che c’è qualcosa di molto più grande là fuori. Mi sento un po’ persa.

―Siamo tutti dei piccoli sistemi― Cercò di buttarla sul ridere Cladzky ―D’accordo, là fuori c’è dio e allora? Si può passare tutta la vita a ignorarlo e coltivare il nostro orticello. Le cose sono importanti solo se gli diamo importanza no? Per me Dryriver non ha alcun valore.

―Per me invece sì!― S’indispettì lo sceriffo.

―Ecco, appunto― Allargò le braccia e si appoggiò allo stipite che dava sul salone, braccia conserte ―Ognuno si preoccupa di qualcosa nello specifico pur sapendo che c'è dell'altro. I nostri cervelli sono limitati, ognuno si preoccupa di un problema per volta. È inutile che si preoccupi tanto per tutto l'universo, la mente umana è troppo limitata e le verrà un gran mal di testa. Si limiti a ciò che preferisce.

―Ma come posso tornare indietro?― Lamentò la Linaker, passandosi un mano sulla guancia come ad assicurarsi che fosse ancora tutto vero.

―Devi smetterla di preoccuparti― Insistette con vice melliflua Vincent, parlando con un tono raramente mostrato in pubblico ―Domani sarà tutto uguale a prima. Niente più mostri, gente strana, distruzione. Solo la tranquilla Dryriver e il tuo bel locale di periferia.

Kay alzò la testa prima per abbozzare un sorriso, poi per un rumore che sembrava provenire da una presa d'aria sopra di lei. Ma certo, ragionò di scatto: l'infestazione di ferioni tigrati nelle condutture. Avevano rovinato il filtro della cella frigorifera, impedendogli di chiudersi del tutto. Quando la massa nera si riversò con l'impeto di una cascata su di lei fece appena in tempo ad accendere la sua molotov.

   
 
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