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Autore: Milly_Sunshine    27/10/2023    3 recensioni
Kay è una giornalista radiofonica affermata e conduce un programma di cronaca, accerchiata da un entourage di fedelissimi, il marito Anthony, a sua volta giornalista, il loro collega Samuel e l'assistente Theresa. Fissata con i crimini irrisolti, matura un'ossessione insolita nei confronti dell'omicidio di un'anziana locandiera che le costa a sua volta la vita. Kay si ritrova a sua volta vittima di un delitto, lasciando le persone che le stavano intorno, oltre che la collega Rebecca, con la quale aveva una feroce rivalità appianata soltanto nelle sue ultime settimane di vita, a interrogarsi su chi l'abbia eliminata e perché, su chi fosse la femme fatale che si aggirava presso la sede della radio il giorno prima del delitto, oltre che sulle ragioni per cui fosse così in fissa con lo specifico caso della locandiera assassinata. // Long fiction scritta nel 2015 sulla base di un'idea già in parte sviluppata cinque anni prima, unisce elementi del giallo classico e del thriller.
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Quando Michelle vide Veronica Freeman che si dirigeva a passo spedito verso di lei, capì al volo: non era un buon segnale, perché generalmente la segretaria del direttore aveva un’andatura molto più elegante e controllata.
Qualunque cosa fosse accaduta, cercò di mostrarsi radiosa e sorridente come sempre.
Per quanto non si sentisse a proprio agio a Radio Scarlet, sapeva perfettamente di non essere lei, tra le due ragazze della reception, quella di cui tutti parlavano male alle spalle.
Continuò a sorridere e accolse la nuova arrivata.
«Buongiorno, signora Freeman. Ha visto che bel sole che c’è stamattina? Nemmeno un po’ di nebbia, e siamo quasi alla fine di settembre.»
Per nulla interessata al sole o alla nebbia, e in realtà nemmeno al ricambiare il saluto, la Freeman sbraitò: «Lei è una vera incompetente, Michelle!»
Era la prima volta che Veronica Freeman perdeva il controllo in sua presenza e Michelle spalancò gli occhi più per quell’atteggiamento che per l’insulto appena rivolto nei suoi confronti.
Superò comunque la meraviglia in gran fretta, dal momento che sapeva che non era opportuno perdere tempo, in quelle circostanze, né tantomeno scusarsi per un errore che non sapeva nemmeno di avere commesso.
«Non so cosa sia successo» si affrettò a puntualizzare, «Ma penso di poterle dimostrare che si sbaglia. Mi dica qual è il problema e vedrò di risolverlo.»
«Il problema è che lei ha appena passato una telefonata extraurbana al direttore in persona.»
Michelle annuì.
«Ho soltanto seguito un ordine del signor Carpenter. Mi ha pregata espressamente di passare a lui ogni telefonata.»
«Era sconvolto» puntualizzò la Freeman, «E lei non deve permettersi di passare al signor Carpenter telefonate che possano sconvolgerlo.»
«Non potevo saperlo in anticipo» obiettò Michelle. «Sono desolata per quanto sia capitato, ma la signora che mi ha chiesto di parlare con il signor Carpenter sembrava così gentile... mi ha informata che aveva bisogno di lui per una vicenda di cui il direttore desidera occuparsi personalmente. Ovviamente, se dovesse richiamare, mi informerò meglio sull’identità di...»
La segretaria di Carpenter la interruppe: «Ha già parlato abbastanza, per il momento, quindi mi faccia il piacere di stare zitta! Non so chi fosse quella donna, né cosa volesse, ma non ho mai visto il signor Carpenter impallidire così in tutti questi anni... e le assicuro che, negli ultimi dodici anni, sono sempre stata al suo fianco giorno e notte...» Veronica arrossì violentemente. «Intendevo dire, di giorno e a volte anche dopo il tramonto. Prima che vada a pensare male, le assicuro che non frequento il signor Carpenter al di fuori di questo edificio.»
«Non deve giustificarsi con me per quello che fa nella sua vita privata» le ricordò Michelle. «Per quanto riguarda quella telefonata, le chiedo scusa per l’incidente, ancora una volta. Se c’è altro che posso fare per lei...»
«L’unica cosa sensata che avrebbe potuto fare sarebbe stata non presentare mai domanda di lavoro a Radio Scarlet, ma purtroppo è troppo tardi. Le assicuro che farò il possibile per farla rimuovere da questo incarico. Non si preoccupi: so che ha bisogno di lavorare, e non la farò buttare in mezzo a una strada, ma mi sembra la persona meno adatta a lavorare a contatto con il pubblico. Magari potrei proporre al direttore di...»
Michelle non seppe mai che cosa Veronica Freeman intendesse proporgli, dal momento che il signor Carpenter in persona fece la propria comparsa alle spalle della segretaria.
«Che cosa sta succedendo, Veronica?»
«Stavo precisando alla signorina Harrison che non deve mai più permettersi di passarle telefonate minatorie.» La Freeman sembrava indignata. «Ancora non riesco a capacitarmi di come...»
«Non era una telefonata minatoria» puntualizzò Carpenter. «Si calmi, Veronica. Mi sembra che abbia travisato.»
«Forse avrò travisato sulla telefonata» ammise la segretaria, «Ma non ho travisato sul comportamento di questa incompetente! Credo che dovrebbe fare qualcosa, signor Carpenter! La metta al posto di quel Raymond-come-si-chiama, quel tizio che se n’è andato, ma la tolga dalla reception!»
«Veronica», il tono di Carpenter si fece particolarmente secco, «Questi non sono affari che la riguardano. Va tutto bene. Conosco la persona che mi ha contattato e anche quella con cui ho...» Si interruppe, dopo avere lasciato intendere che gli era stato passato qualcun altro. «Questi non sono problemi suoi, Veronica.»
Michelle trovò un attimo per riflettere su quanto la cosa fosse curiosa: a pensarci bene la donna che aveva telefonato chiedendo urgentemente di parlare con il direttore aveva una voce molto simile a quella della donna che lavorava con sua madre e sua sorella alla locanda.
Veronica Freeman mantenne la propria posizione.
«Non capisco, signor Carpenter» obiettò, aggrottando le sopracciglia. «Non dovrebbe essere tutto permesso, qui a Radio Scarlet. La signorina Harrison...»
«La signorina Harrison ha l’incarico di passare le telefonate agli effettivi destinatari ed è esattamente quello che ha fatto» tagliò corto il direttore. Si rivolse a Michelle. «Chiedo scusa per l’equivoco.»
Michelle spalancò gli occhi.
«Oh... non fa niente.» Non si sarebbe mai aspettata che il signor Carpenter prendesse le sue difese, soprattutto con una sua collaboratrice fidata. «La ringrazio.»
Il direttore addirittura le sorrise, prima di rivolgersi alla Freeman: «Venga con me, Veronica. Ci sono alcune questioni piuttosto urgenti a cui dovrei dedicarmi, ma ho bisogno del suo aiuto. Lo sa, senza di lei sono perduto.»
Michelle li guardò allontanarsi nel corridoio.
Erano appena le nove e quaranta del mattino ed era già successo qualcosa di molto sorprendente.
Guardò il calendario.
“Martedì 24 Settembre. Chissà che non sia un giorno da ricordare.”

Rebecca batteva fastidiosamente una penna sul bordo della scrivania.
«Mi sembri un po’ irrequieta» osservò Anthony. «Cosa succede?»
Lei alzò lo sguardo.
«Oh, niente» ribatté, sarcastica. «Siamo solo convinti che la nostra collaboratrice sia scomparsa e che si sia macchiata dell’omicidio di tua moglie. Mi sembra una situazione completamente normale... non trovi?»
«So benissimo che cos’è successo e so benissimo che Theresa sembra essersi volatilizzata» puntualizzò Anthony. «Ieri sera Samuel è andato a cercarla a casa sua. Ha parlato con i vicini di casa, che sostengono di non averla vista né nel tardo pomeriggio né in serata. Nessuno aveva la più pallida idea di dove trovarla. Come se non bastasse, invece, è proprio una vicina di casa di Samuel ad averla vista. Sarebbe andata da lui dopo essere venuta via da qua. Ha aspettato per un po’ davanti alla porta, poi evidentemente deve avere pensato che fosse meglio darsi alla macchia. Sono sicuro che Samuel non sarebbe stato molto soddisfatto di vederla. Anche lei deve averlo capito prima che fosse troppo tardi.»
«Parenti non ne ha, da queste parti?»
«Pare di no.»
«Eppure ho sentito parlare di una sorella...»
«È morta, o almeno così mi ha detto Samuel.»
«Secondo Michelle è viva e vegeta... o quantomeno lo era fino a poche settimane fa.»
Anthony rifletté un attimo.
«Michelle?»
«Sì, Michelle. Deve avere telefonato qua, cercando Theresa. Ovviamente Michelle non ha perso l’occasione per farsi un po’ di fatti altrui... A proposito di Michelle, è successa una cosa piuttosto curiosa.»
«Quando?»
Non che ad Anthony interessasse molto scoprire che cosa fosse accaduto alla ragazza della reception, ma non doveva dimenticarsi che quella ragazza sembrava essere la figlia minore di Harriet Harrison, la titolare della locanda presso la quale Marissa Flint aveva lavorato e in cui Albert Wilkerson aveva soggiornato poco prima della propria morte; sempre ammesso che fosse deceduto davvero lui e non quel Phil di cui nessuno sembrava avere saputo più nulla.
Rebecca guardò l’orologio.
«Più o meno mezz’ora fa Veronica Freeman è andata a lamentarsi da lei, alla reception. Pare che Michelle avesse passato a Carpenter una chiamata che alla Freeman è parsa fuori luogo. L’ha definita una telefonata minatoria, o qualcosa del genere.»
Anthony sussultò.
«Carpenter riceve telefonate minatorie qui alla radio?»
«Secondo Veronica Freeman sì, ma sappiamo entrambi che, quando tutti noi vediamo una pozzanghera, la Freeman pensa di avere visto un’inondazione.»
«Allora» obiettò Anthony, «Non c’è niente di strano in tutto quello che è successo.»
«Invece sì» replicò Rebecca. «È arrivato anche Carpenter che, mentre la Freeman sbraitava, ha preso le difese di Michelle.»
«Non vedo che cosa ci sia di strano. La Freeman ha spesso la tendenza a travisare e...»
Rebecca lo interruppe: «E va bene, la Freeman ha la tendenza a travisare, ma non credo che a Carpenter, di solito, interessino le polemiche tra la sua segretaria e le ragazze della reception. Mi sarei sorpresa molto di meno se, invece di andare dietro a Veronica come se fosse stata un cagnolino sfuggito dal guinzaglio, se ne fosse rimasto nel proprio ufficio a fare il proprio lavoro. È quello che avviene di solito. Che bisogno c’era di andare a controllare che Veronica non dicesse nulla di inopportuno a Michelle?»
«Non capisco dove vuoi arrivare.»
Rebecca fece un sospiro.
«Forse ti può consolare, ma non lo so nemmeno io.»
Anthony scosse la testa.
«No, non mi consola affatto. Tra l’altro stavamo parlando di Theresa.»
«Già» confermò Rebecca, «Di Theresa e di Samuel. A proposito, è sempre fuori per la questione dell’associazione dei consumatori?»
«Sì.»
«Quella di cui, almeno tecnicamente, dovrei occuparmi nella trasmissione di stasera.»
«Non preoccuparti» la rassicurò Anthony, «Dovrebbe rientrare nella tarda mattinata. Anche se siamo rimasti solo in tre, dovremmo farcela a preparare tutto, entro il tardo pomeriggio.»
Rebecca abbassò lo sguardo.
«Non è questo il problema.»
«Quale, allora? Ti stai chiedendo se anche Samuel c’entri qualcosa, con la morte di Kay? Se ti può consolare, me lo sono chiesto anch’io, e anche tante volte.»
«E a che conclusione sei arrivato?»
«Ho pensato che, se lui e Theresa fossero stati complici, lei sarebbe rimasta ad attenderlo, ieri sera. Non l’ha fatto, quindi ho ripreso a sperare che Samuel sia innocente.»
«Capisco. Quindi, se non ti preoccupa la prospettiva che anche Samuel, come Theresa, possa sparire nel nulla...» Rebecca cambiò discorso. «Veniamo a noi. Non voglio parlare dell’associazione dei consumatori, questa sera. In un momento come questo non me ne importa un accidente se, quando andiamo a comprare biscotti confezionati, li paghiamo il doppio a causa di un accordo di cartello tra i produttori.»
«È il nostro lavoro» le ricordò Anthony. «Carpenter ha insistito tanto. Occuparsi del prezzo dei biscotti confezionati, dopotutto, è più sensato che preoccuparsi di chi si portino a letto i membri della nostra classe politica.»
«Sì, certo» confermò Rebecca, «Ma credo che ci sia qualcosa che ci preme di più, in questo momento: un uomo è morto in circostanze misteriose venerdì scorso.»
Anthony strabuzzò gli occhi.
«Non mi dire che vuoi occuparti di John Brooks in trasmissione!»

Samuel ascoltò con la massima attenzione il discorso che Rebecca tenne sulle proprie intenzioni per il programma di quella sera.
In un primo momento gli era sembrato di essere all’interno di un sogno assurdo, ma si era gradualmente reso conto che ormai, dopo i sospetti nei confronti di Theresa, che sembravano corrispondere a realtà, non c’era più nulla che potesse davvero turbarlo.
«Come pensi di cavartela con Carpenter?» si limitò a chiederle. «Ti aveva assegnato certi precisi argomenti, per cui...»
Rebecca lo interruppe, alzandosi in piedi.
«Kay come faceva?» Si avvicinò alla sua scrivania. «Si limitava a non ascoltare i suggerimenti del direttore.»
«Quelli erano suggerimenti» obiettò Samuel, «E non imposizioni. Nonostante la tua grande esperienza, Carpenter sembra non fidarsi al punto tale da lasciarti carta bianca.»
«Se permetti, ne ho abbastanza di questa situazione.»
«Hai mai pensato» azzardò Samuel, «Che il direttore voglia semplicemente tutelare te e la radio? Kay si occupava di tematiche troppo pesanti e sappiamo tutti com’è andata a finire.»
«Ci stai dicendo» intervenne Anthony, «Che dovremmo assumere un atteggiamento omertoso per evitare di dovere affrontare delle grane?»
«Niente affatto.»
«Mi pare che tu abbia espresso proprio quel concetto, anche se hai usato altre parole. Questo significa che, negli anni passati al fianco di Kay, hai soltanto finto di condividere il suo punto di vista.»
Samuel alzò gli occhi al soffitto.
«Le tue accuse sono giorno dopo giorno più insensate.»
«Forse è il tuo punto di vista ad essere insensato» replicò Anthony. «Kay si impegnava per quello che faceva. Era pronta ad andarci di mezzo in prima persona, quando non poteva tirarsi indietro. Aveva deciso di dedicare tutta se stessa al caso Flint...»
Samuel lo interruppe: «Ti ricordo che Marissa era sua madre e che, con tutta probabilità, quel Phil che sembra essere stato ucciso quindici anni fa era suo padre. Ho sempre ammirato Kay, ho sempre apprezzato il suo lavoro, questo lo sai anche tu, ma adesso sto iniziando a pensare che, se non si fosse trattato di quella famiglia che sosteneva di non avere più, non si sarebbe impegnata al punto tale da farsi ammazzare!»
«Non sarebbe stata ammazzata comunque, se tu avessi tenuto sotto controllo la tua ragazza» puntualizzò Anthony. «Magari, inavvertitamente, hai informato Theresa di qualcosa di cui era meglio non metterla al corrente...»
«Adesso sarebbe colpa mia?» sbottò Samuel. «Prima di tutto Theresa non era la mia ragazza... e poi, se lei si è lasciata comprare, non vedo perché la colpa dovrebbe essere mia. Ciascuno di noi è responsabile delle proprie azioni, non certo di quelle degli altri. Vogliamo parlare di te, che hai seguito la prima sconosciuta che ti ha fatto credere di avere un legame di parentela con Marissa Flint e che hai lasciato tua moglie da sola proprio la sera in cui è stata uccisa?»
«Kay non mi avrebbe permesso di venire qui con lei» precisò Anthony, «Quindi non avrei potuto fare niente per lei nemmeno se fossi rimasto a Scarlet Bay. Non puoi dare la colpa a me, per quello che le è successo!»
«Allo stesso modo tu non puoi accusare me!»
«Avete intenzione di continuare a discutere ancora per molto?» intervenne Rebecca, sedendosi sul bordo della scrivania di Anthony. «Se volete continuare a litigare per stabilire di chi sia la colpa, potete farlo in un altro momento. Adesso dobbiamo decidere come impostare la trasmissione di oggi.»
«Mi pare che tu abbia già deciso tutto da sola» le ricordò Samuel. «Io non ne ho saputo niente fino a cinque minuti fa. Pensavo che fossimo d’accordo sull’argomento di cui...»
Rebecca non lo lasciò finire.
«Credo che, per i prossimi giorni, tu abbia abbastanza soldi per comprare una confezione di biscotti.»
«Io non compro mai i biscotti.»
«Le tue abitudini di consumatore non mi interessano. Il prezzo dei biscotti non mi interessa. La denuncia dell’associazione dei consumatori non mi interessa. John Brooks è venuto qui a Scarlet Bay per incontrare te, nel caso tu te ne sia dimenticato. Dovresti essere il primo a volere che sia fatta luce sul caso.»
«Parlarne alla radio alle diciotto e trenta di questo pomeriggio stravolge la situazione, per caso?» obiettò Samuel. «Presumo che ci sia qualcuno che si occupa delle indagini. Non è nostro compito correre dei rischi solo perché vogliamo sbattere in piazza i nostri sospetti.»
«A proposito di sospetti, che cosa ci faceva Theresa là proprio quando l’hai incontrato?»
«Mi cercava.»
«E, guarda caso, non appena lei ti ha raggiunto, lui se n’è andato. Mi viene da pensare che insieme a Theresa ci fosse qualcuno e che sia stato proprio questo qualcuno a spingere John Brooks ad andarsene, con una scusa.»
Samuel puntualizzò: «Non ti permetterò di pronunciare una simile atrocità in trasmissione! Ti ricordo che non abbiamo niente contro Theresa, se non sospetti, e che nessuno ne è al corrente, a parte noi tre e la stessa Theresa.»
«Theresa che ha pensato bene di sparire nel nulla...»
«Potrebbe esserci un’altra spiegazione» azzardò Samuel. «Mi è molto difficile credere che...»
Anthony lo interruppe: «Non me ne importa niente di che cosa ti sia difficile credere. Quella che definisci un’atrocità, non può essere che la verità. A meno che Theresa non avesse l’abitudine di seguirti ovunque tu andassi, mi sembra molto improbabile che, per puro caso, abbia deciso di avere bisogno di parlare con te proprio mentre tu eri insieme a John Brooks.»
«Sì, lo ammetto, è molto improbabile che si tratti di un caso.» Samuel se ne rendeva conto, seppure cercasse ancora di aggrapparsi alla speranza che Theresa non fosse la mela marcia che Rebecca e Anthony stavano cercando di farla apparire. «Anche l’improvvisa scomparsa di Theresa lascia molto riflettere...»
«Finalmente hai visto la luce!» ribatté Anthony. «Era ora che ti degnassi di accettare la realtà, è un passo avanti piuttosto notevole.»
«Spero che il prossimo passo avanti sia quello di accettare il mio cambio di programma per stasera» aggiunse Rebecca, «Perché non ho intenzione di tirarmi dietro e tu non puoi fare niente per farmi tornare sui miei passi.»
Samuel la guardò negli occhi.
«So accettare una sconfitta, Rebecca. Fai quello che vuoi. Il mio suggerimento è, ancora una volta, quello di andarci cauta.» Si alzò in piedi. «Spero che mi perdonerai, ma sento la necessità di andare a fumare una sigaretta. Tra cinque minuti sono qui.»
Rebecca lo guardò con aria di approvazione, come se non vedesse l’ora di rimanere a tu per tu con Anthony.
«Vai pure.»
Samuel si diresse verso la porta.

Rebecca attese qualche istante.
«Dovrebbe essersene andato» mormorò, a bassa voce, a quel punto. «Che cosa ne pensi?»
«Rimango dello stesso parere: parlare di John Brooks potrebbe essere rischioso, ma tutto dipende dal modo in cui pensi di farlo.»
«Te l’ho già spiegato: non inizierò mettendo in dubbio che si tratti di un suicidio. Quell’ipotesi sarà formulata soltanto in un secondo momento. Comunque non era a questo che mi riferivo.» Fissò Anthony rimanendo in silenzio per qualche istante, prima di domandargli: «Che cosa ne pensi di Samuel?»
«Penso che, pur di non correre rischi in prima persona, sarebbe disposto a negare che Kay sia stata ammazzata!»
«Non essere così drastico» gli suggerì Rebecca. «Sono sicura che, nonostante facesse di tutto per starle lontano, in fondo tenesse a Theresa molto di più di quanto abbia mai dato a vedere.»
«Non c’è niente a cui Samuel tenga, se non alla propria sicurezza.»
Rebecca sorrise.
«Teneva anche a tua moglie.»
Anthony sbuffò.
«Non capisco dove tu voglia arrivare.»
«Da nessuna parte.»
«E allora smettila di fare allusioni» la pregò Anthony. «È vero, non ho mai conosciuto Kay fino in fondo, ma sono sicuro che, se avesse voluto stare insieme a Samuel, non avrebbe sposato me. Sai, non era nel suo stile.»
«Non parlavo di Kay, ma soltanto di Samuel» puntualizzò Rebecca. «Mi sembravi del parere che Samuel si fosse reso conto di non avere speranze con lei.»
«Infatti Samuel non aveva speranze, con Kay, e l’ha sempre saputo, fin dal giorno in cui l’ha conosciuta.»
Rebecca obiettò: «Non puoi dirlo per certo.»
«Sì che posso dirlo» ribatté Anthony. «Sapevo che Samuel era interessato a Kay e ho fatto in modo che facesse una figura di merda davanti a lei, a suo tempo. Se mai Kay avesse ricambiato il proprio interesse, l’ha perso in quel momento stesso. Di conseguenza, devo fare un passo indietro: il fatto di essere senza speranze con lei, difficilmente sarebbe stato sufficiente, dopo dodici anni, per convincere Samuel a prendere parte a un piano attuato al fine di sbarazzarsi di lei.»
«Giusta osservazione» approvò Rebecca. «Quindi i casi sono due: o Samuel è totalmente estraneo ai fatti, o ha collaborato all’omicidio di Kay per qualche altra ragione. Spetta a noi due scoprire quale.»
Anthony aggrottò la fronte.
«Dai per scontato che sia colpevole?»
«Stava insieme a Theresa. Se lei è un’assassina, lui non deve essere tanto diverso.»
«Tu stavi insieme a Raymond, invece» le ricordò Amthony. «Per caso anche tu sei una scassinatrice?»
Rebecca scosse la testa.
«Stavo con Raymond solo perché ho un debole per gli uomini sexy.»
«Quindi Raymond sarebbe sexy?»
«Per certi versi...»
Rebecca non era felice di parlare di Raymond, ma era meglio focalizzare l’attenzione di Anthony su un argomento che non fosse l’ipotetica colpevolezza di Samuel.
Rebecca non lo riteneva capace di uccidere, ma dentro di sé aveva avvertito il bisogno di depistare Anthony.
Era convinta di avere avuto un’intuizione e non intendeva permettergli di venire a conoscenza dei propri sospetti.
Sarebbe stata lei stessa a risolvere il mistero che si nascondeva dietro la morte di Marissa Flint e dietro a quella di Kay.
“La Brooks sarebbe fiera di me, se ci riuscissi... e non sarebbe la sola.”

   
 
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