Libri > Grishaverse
Ricorda la storia  |      
Autore: Legar    01/11/2023    3 recensioni
Inej ha fatto della caccia agli schiavisti la sua missione, ma quando uno di loro le rivela che a vendergli gli schiavi è stato proprio Manisporche il suo rapporto con Kaz potrebbe incrinarsi.
Kaz attende ogni ritorno di Inej a Ketterdam, ma inizia a preoccuparsi quando il molo resta vuoto oltre la data che lei gli ha annunciato in una lettera.
[Fanfiction partecipante alla challenge GrishaVersi – Tenebre e Titoli indetta da Ciuscream sul forum Ferisce la penna.]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Kaz Brekker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I marinai tornano tardi

 

I marinai tornano tardi, e le onde li accompagnano verso il prossimo pericolo.

 

*

 

Solo il sangue poteva purificare certi orrori, Inej l’aveva imparato. Portò il pugnale alle labbra e vi soffiò una muta preghiera, la concessione elargita a una coscienza che la vita aveva scalfito e plasmato a nuova forma. Si preparò a usarlo sull’uomo immobilizzato di fronte a lei.

«Non vai più a caccia di informazioni, Spettro?»

Forse la sua coscienza era mutata già allora, quando Kaz Brekker le aveva proposto di raccogliere le confidenze e i sussurri negli spigoli di una città mai dormiente.

«Niente di quello che dirai potrà cambiare la tua sorte.»

«Oh, lo so. Ma non vuoi sapere chi mi ha procurato i miei lavoratori?»

«I tuoi schiavi, intendi.»

Di sicuro quella di De Vries, proprietario di due locali notturni nel Barile, era ispirata a una moralità deviata: solo con una buona dose di malata creatività si potevano considerare “lavoro” contratti stipulati per essere rescissi sempre nelle peggiori condizioni, o mai.

«Non vuoi saperlo, Spettro?»

«Parla.»

«Manisporche.»

Il Bastardo del Barile, la coscienza del crimine di Ketterdam.

Tu, Kaz, non venderesti mai nessuno. Sai meglio di chiunque altro che non sei solo l’ennesimo capobanda che gratta a destra e a manca per ottenere il margine migliore.

Inej lanciò l’arma.

 

*

 

I marinai tornano tardi, e la città non dorme nella loro attesa.

 

*

 

Inej non si vedeva ancora.

Kaz osservò la lettera con cui gli aveva anticipato il prossimo approdo al porto di Ketterdam, lasciata sempre bene in vista sulla sua scrivania dal momento in cui era arrivata. Il giorno annunciato era passato e l’attracco ventidue al molo era rimasto vuoto, e così anche nei successivi, stando alle informazioni che gli erano giunte dal Quinto Porto. A pagare le conseguenze della sua agitazione erano stati i nuovi acquisti fra gli Scarti, verso i quali aveva mostrato meno pazienza del solito.

Passò le dita nude sulla firma in fondo al foglio. Lo faceva sempre senza guanti, illudendosi che fosse un modo per tenerla vicina, sfiorare ciò che lei aveva toccato, pensare a lei sulle parole che gli aveva dedicato. L’attimo dopo si rimproverava per la propria codardia, perché se l’avesse avuta davanti a sé, in carne – pulsante, non gelida – e ossa – solide, non marce –, tanta vicinanza non avrebbe saputo osarla.

Dov’era finita?

Si spogliò del cappotto della giornata, che appese a un gancio al muro della sua stanza alla Stecca. Si tolse il gilet, tirò su le maniche della camicia e si avvicinò al catino.

Era soltanto la razionalità del leader a frenare gli istinti più bassi che l’assenza di lei era in grado di generare – lanciare tutta la Ketterdam su cui poteva vantare un credito alla sua ricerca, affollare i mari, setacciare le onde, indagare le coste. Il cuore, quello su cui la mente e la morale non avevano presa, gli suggeriva ordini dolcissimi che non poteva permettersi, perché un’intera organizzazione dipendeva da lui, dai suoi comandi. Inej era stata un investimento vincente, non poteva diventare uno spreco di risorse.

In che pericolo si era cacciata?

Riempì la bacinella accanto alla porta di acqua pulita, dando le spalle al cielo scuro e nuvoloso fuori. I rumori sguaiati di risse e bevute giunsero soffocati dai piani inferiori.

La avvertì prima di vederla, come sempre sul davanzale della sua finestra aperta: il profumo dei suoi capelli, l’appoggio appena udibile del piede destro, il respiro rilasciato solo nel momento in cui si sistemava in posizione. La avvertì come nessuno sapeva fare.

«Sei tornata.»

«Buonasera, Kaz.»

«Sei in ritardo.» Senza risparmiarle una nota dura nella voce, si voltò a guardarla.

«Sono stata trattenuta.»

Inej non gli sorrideva, ma la sua posa era rilassata. I capelli erano raccolti in una treccia più lunga dell’ultima volta, lievi segni sotto gli occhi le adombravano lo sguardo, dalla manica sinistra si intravedeva un angolo del tessuto bianco di una benda. Kaz odiò e ringraziò chiunque le avesse deterso le ferite.

«Sei stanca, Inej?»

Lei non rispose, ma si mise in piedi e avanzò nella piccola stanza. Kaz si irrigidì appena, maledicendosi l’attimo successivo, rendendosi conto che lei l’aveva notato: Inej non gli si avvicinò e deviò per sedersi sulla sua scrivania. «Sono comoda così, in caso ti stessi preoccupando per me.» Kaz dedicò una veloce occhiata a controllare che nessun documento importante fosse finito sotto il suo corpo leggero.

«Mi porti notizie?»

«De Vries è fuori dai giochi.» Non lo disse con soddisfazione, Inej avrebbe evitato ognuna di quelle missioni se la sua sete di giustizia non fosse stata più forte.

Molte ipotesi di investimento si aprirono davanti a lui a quella rivelazione, e avrebbe dedicato a ognuna la giusta attenzione – quando sarebbe stato solo, non nel momento in cui Inej era tornata da lui. «Bene.»

«Grazie per avermelo detto» lo corresse.

Sospirò. «Grazie per avermelo detto.»

Qualcuno bussò alla sua porta.

«Sì?» rispose senza preoccuparsi di aprire.

«Capo, ho notizie dal Quinto Porto! Una nave ha occupato l’attracco ventidue!»

Inej alzò gli occhi al cielo, ma non trattenne un leggero sorriso. Kaz sbuffò. «Siete sempre tremendamente lenti. Lo so già.»

«Scusa, capo.»

«Puoi andare.»

Inej si mise in piedi in un movimento morbido, le gambe sottili avvolte dal tessuto ruvido e resistente dei pantaloni che portava andando per mare. «Potresti trattarli meglio.»

«Mia cara Inej, io non ti dico come trattare il tuo equipaggio.»

«Per fortuna.»

Lo raggiunse e si poggiò allo stipite della porta. Kaz iniziò a strofinare le mani nell’acqua per tenerle impegnate nell’unico modo che poteva permettersi – non quello che avrebbe desiderato.

«Ha fatto il nome di chi gli ha procurato quegli schiavi» raccontò Inej. «Era piuttosto loquace.»

«Chi è stato?» domandò, senza preoccuparsi di celare l’ira tra le sillabe.

«Ti ha dato la colpa. Ha fatto il tuo nome.»

Kaz non sollevò lo sguardo dalle proprie mani, ma smise di muoverle nella bacinella. L’acqua si era fatta gelida come un incubo. La ragione che l’aveva trattenuta dal tornare prima sarebbe stata infine la menzogna che l’avrebbe allontanata per sempre?

«Non gli ho creduto.»

Si voltò di scatto verso di lei, che aveva per lui solo un’espressione tranquilla. «Perché no?»

Inej lo guardò come se avesse fatto una domanda molto stupida. Qualcosa nei suoi occhi dovette però convincerla a rispondere: «Non è il tempo di dubitare l’uno dell’altra.»

Gli porse un panno appeso a un chiodo lì accanto.

Kaz nascose i palmi pallidi tra le pieghe del tessuto, prima che potessero mostrare il tremore che sentiva dentro. «Non lo è mai stato» mormorò con un filo di voce.

Con le mani libere ricordò che un paio di guanti pulito era troppo lontano, nel cassetto in fondo al piccolo armadio che custodiva tutti gli abiti di Manisporche – e troppo crudele era il pensiero di allontanarsi da Inej ora.

«Non ho fatto affari con De Vries per degli schiavi.»

Inej annuì.

«E con nessun altro.»

«Lo so. Sono solo chiacchiere per cercare di indebolirti, non dobbiamo perdere tempo a parlarne.»

Lui rilasciò il respiro trattenuto e rilassò le spalle. «E cosa vuoi fare allora, mia cara Inej?» chiese, la voce finalmente libera da ogni ansia.

Inej gli regalò un sorriso furbo. «Mi devi ancora una cena dall’ultima volta in cui siamo stati costretti a scappare dai tuoi nemici dopo la prima portata. E mi serve un nuovo cappotto, l’aria di mare non è clemente con la lana. E poi voglio andare a teatro come una signora perbene.»

Kaz contemplò con scarso entusiasmo ognuna di quelle attività, eppure domandò: «Quanto tempo abbiamo?», non osando sperare che fosse sufficiente a esaudire ogni sua proposta e molte di più. Negli ultimi mesi le sue missioni non l’avevano lasciata abbastanza a terra, non quanto lui avrebbe voluto.

«È abbastanza.»

Non lo era mai. Allungò la mano a sfiorarle le nocche, poi indicò la porta dietro di lei. Se avesse potuto, l’avrebbe presa per mano e portata ovunque senza lasciarla mai.

«Andiamo, allora.»

A quel punto sorridevano entrambi, lui nel modo accennato che gli apparteneva e lei con tutto il suo calore.

«Kaz, si è fatta notte» protestò.

«Questa città non dorme mai, troveremo da fare.»

Inej scosse la testa, ridacchiando. «Inizieremo domani mattina.»

Poteva accettarlo, ma solo se lei aveva in programma di trascorrere abbastanza tempo lontana dall’acqua. Lui avrebbe spostato tutti gli impegni già presi.

Voglio che resti. Voglio che… Io voglio te.

«Stavolta fermati qualche giorno in più prima di ripartire» disse, in un tono più simile a un ordine che a una preghiera.

«Mi fermerò a Ketterdam per una settimana.»

«E poi torna, torna quando lo annunci.» Alzò la mano nuda a sfiorare l’aria sulla sua guancia. «Torna da me.»

Inej voltò la testa, piano, attenta, perché la sua bocca fosse rivolta alle dita pallide di Kaz pur senza toccarle mai. «Io tornerò sempre da te.»

 

*

 

I marinai tornano tardi – ma tornano sempre.

 

 

 

 

 

Note:

Questa one-shot partecipa alla challenge GrishaVersi – Tenebre e Titoli indetta da Ciuscream sul forum Ferisce la penna, nella quale ho scelto il titolo di un brano di Murubutu come titolo della storia.

La fanfiction è ambientata dopo la fine della duologia. De Vries è il cognome di un ipotetico schiavista, non è un personaggio tratto dal canon.

“Tu, Kaz […] il margine migliore” e “Voglio che […] voglio te” sono citazioni dai libri.

Sono felice di questo ritorno nel fandom su EFP, amo molto Kaz e Inej e vorrei aver scritto di più su di loro. Spero che questo racconto vi piaccia, grazie per aver letto!

Se volete mi trovate anche su Facebook e Instagram.

Alla prossima!

Legar

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Grishaverse / Vai alla pagina dell'autore: Legar