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Autore: Ghost Writer TNCS    18/11/2023    1 recensioni
Il racconto conclusivo del primo arco narrativo. Questa storia prosegue gli eventi di Eresia, La frontiera perduta e La progenie infernale.
È giunto il momento della resa dei conti. Ma quello che si prospetta all’orizzonte è un conflitto ben più grande di Tenko, di D’Jagger, e degli dei stessi.
Lasciato Raémia, le due fazioni si riuniranno con i rispettivi alleati, ma per tutti loro molte cose sono cambiate, e i loro obiettivi potrebbero non coincidere più.
Per qualcuno sarà la fine, per altri un nuovo inizio, una cosa è certa: nessuna fazione può dirsi davvero unita. Tra interessi personali e ideali opposti, le divergenze interne potrebbero determinare l’esito degli scontri più ancora della forza dei nemici.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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9. Un ottimo lavoro

Tlahuelpuchi camminava spedita per l’ampio e lussuoso corridoio. Anche lei aveva avvertito l’ordine di Lilith, ma al contrario della maggior parte dei vampiri, lei non aveva un ruolo da combattente.

Trovando la porta già aperta, entrò nelle sfarzose stanze del suo capo, dove nel frattempo si erano già radunate diverse persone. Le bastò una rapida occhiata per riconoscere fori di proiettili, segni di tagli, resti bruciati, ma anche schizzi di sangue e pezzi di cadavere.

«Cos’è successo?» chiese la sauriana.

«Qualcuno ha provato a uccidere Lilith» le rispose un umano di mezza età con voce vuota.

«Sappiamo chi erano?»

«È quello che dovete scoprire» intervenne l’Eletta. Nonostante l’attacco subito, sembrava incolume.

«Va tutto bene?» le chiese Tlahuelpuchi.

«Qualcuno ha fatto irruzione sulla mia nave, quindi no.» La sua voce era fredda e autorevole. «Voglio che scopriate il più possibile su di loro. Chi erano, le loro famiglie, i loro amici. Tutti quanti devono capire cosa vuol dire mancarmi di rispetto.»

Ognuno dei presenti era in grado di riconoscere la sua rabbia, ciononostante la vampira non aveva perso la calma: la sua sete di vendetta era una mossa lucida e calcolata.

Tutti quanti annuirono.

Lilith lasciò la stanza e gli altri si misero al lavoro.

«Abbiamo qualcosa?» chiese Tlahuelpuchi.

«Non molto» ammise l’umano in tono inespressivo. «I loro corpi sono quasi completamente andati, e le loro anime sembra siano già state prese da un regno infernale. Probabilmente avevano stretto in anticipo un patto con un dio.»

«Sapevano che con ogni probabilità sarebbero morti.»

La risposta dell’uomo non tradì alcuna emozione: «Come dargli torto?»

Lasciata l’indagine ai suoi specialisti, Lilith raggiunse la sala di sorveglianza principale, da cui era possibile monitorare l’intera Luna Nera. Date le dimensioni dell’astronave, si trattava di una stanza molto grande, con decine di vampiri superiori collegati ai sofisticati sistemi di sicurezza del velivolo.

«Upiór, aggiornamento.»

«Per il momento abbiamo individuato quattro squadre, più quella a difesa del portale e quella che ha cercato di ucciderti» riferì l’uomo. Sedeva su un’ampia poltrona posta su una spaziosa piattaforma sopraelevata, da cui era possibile osservare l’intera stanza. «Ho già mandato qualcuno a occuparsi di loro, ma non possiamo escludere che ci siano altri intrusi.»

«A cosa stanno mirando?» volle sapere l’Eletta.

«Abbiamo riscontrato numerosi tentativi di accesso alla nostra rete interna, quindi è probabile che vogliano raccogliere informazioni. E considerato che quelli nel deposito indossano uniformi antisommossa, direi che sono tutti poliziotti.»

«Hanno cercato di uccidermi, non di arrestarmi» gli fece notare Lilith.

«L’avrei fatto anche io. Non sappiamo ancora con certezza quanti siano, ma mi sembra chiaro che non hanno abbastanza uomini per arrestarci, e la Luna Nera è troppo grande per distruggerla dall’interno, quindi staranno cercando di raccogliere più informazioni possibile su di noi, sulle nostre operazioni e sui nostri complici. Tutto considerato, direi che stanno facendo un ottimo lavoro.»

L’Eletta lo guardò di traverso. «I miei o i loro?»

«Emh… entrambi.»

«Abbiamo individuato un altro gruppo di nemici» riferì un vampiro. «Si stanno avvicinando al laboratorio 18. Mando una squadra a intercettarli.»

Lilith poggiò una mano sulla spalla di Upiór. «Assicurati che i miei uomini facciano un lavoro migliore dei loro.»

«Sissignora. Proveremo a catturarne qualcuno, o almeno a identificarli.»

«Bene. Quando la situazione sarà risolta, voglio una lista di bersagli. Agiremo con discrezione, ma voglio che sia chiaro a tutti quelli coinvolti nell’attacco perché ci definiscono “Intoccabili”.»

***

Spartakan aveva il sentore che qualcosa non andasse: all’improvviso aveva notato una grande agitazione tra gli abitanti di quello strano posto, e ora non vedeva più nessuno in giro. Probabilmente tutti quanti erano stati convocati e si erano radunati altrove, il che gli faceva pensare che ci fosse qualche tipo di emergenza in corso.

Forse gli eretici avevano trovato un modo per inseguirli fin lì? Se le cose stavano così, doveva andare a proteggere gli dei. Ma qualcosa gli diceva che non era quello il caso. Forse ciò che stava accadendo non aveva nulla a che fare con gli dei, ma solo con le persone che vivevano in quello strano luogo.

Camminando assorto nei suoi pensieri, arrivò in un grande e lussureggiante giardino. Finalmente poteva ammirare nuovamente il cielo, anche se avrebbe preferito un po’ di luce a quella – per quanto incantevole – volta stellata: erano giorni che non vedeva il sole, e cominciava a chiedersi che fine avesse fatto.

Sentì un rumore di acqua, forse una fontana, e decise di andare a vedere. L’udito non l’aveva tradito: c’era proprio una grande fontana in quel giardino, ed era scolpita con una maestria che non aveva mai visto. Nemmeno i più talentuosi artigiani stranieri sarebbero mai riusciti a ricreare quelle forme dinamiche e aggraziate, perfettamente in sintonia con gli eleganti spruzzi d’acqua.

Solo dopo un po’ si accorse che su una delle panchine intorno alla fontana era seduto qualcuno. All’inizio pensò a uno dei locali, poi però si accorse che era la madre del Pilastro bambino.

«Ehi» la salutò. «Hai trovato tuo figlio?»

Lei si voltò. «Oh, sei tu. No, non l’ho trovato.» La sua espressione era stranamente rilassata. «Carmilla mi ha detto che sta bene e che non devo preoccuparmi. Per caso l’hai vista?»

«Chi?»

«Carmilla. C’eri anche tu quando ci siamo incontrati. Ricordi?»

L’orco ripensò all’elfa pallida e annuì. «Sì, mi ricordo. Ma non l’ho vista.»

I quattro occhi della demone tradirono il suo dispiacere. «Oh, va bene. Mi ha detto che doveva andare nella… stanza della sorveglianza o qualcosa del genere, ed è corsa via. Spero che torni presto, è una notte così bella…»

Spartakan la guardò stranito. «Non dovresti cercare tuo figlio invece di pensare a quella donna?»

La madre del Pilastro si alzò infastidita. «Con chi sto e come passo il mio tempo non sono affari tuoi!»

L’orco la seguì con lo sguardo mentre si allontanava, stupito da quella reazione. L’elfa pallida non gli aveva fatto una buona impressione, e il comportamento della demone non faceva che acuire la sua diffidenza: com’era possibile che quella donna fosse la stessa madre preoccupata che aveva incontrato solo qualche giorno prima?

Senza che se ne rendesse conto, dei ricordi riaffiorarono nella sua mente.

“Tua madre ti ha lasciato qui perché questo è il tuo posto. Tu sei il Campione degli dei e la tua sola famiglia è il Clero.”

Sua madre lo aveva portato in un tempio e si era dimenticata di lui – i chierici erano stati molto chiari a riguardo – quindi per Spartakan il comportamento della demone non era qualcosa di nuovo.

Eppure dopo aver parlato con lei, aveva la netta sensazione che forse la donna non aveva davvero accettato la separazione dal figlio, ma aveva subito qualche incantesimo che l’aveva indotta a dimenticarsi di lui.

Un simile pensiero però lo portava a un altro dubbio. Uno molto più personale.

Sua madre lo aveva davvero abbandonato in un tempio?

***

Shamiram era stata molto chiara. Anche prima di attraversare il portale che li avrebbe condotti sulla Luna Nera, aveva ribadito a Tenko il suo ammonimento: “Mentre cerchiamo l’Ascia potremmo incontrare gli dei, ma non dovrai attaccarli per nessun motivo. L’intera nave sarà sorvegliata e noi dobbiamo essere invisibili.” L’aveva fissata con intensità. “Non ti dirò di rinunciare alla tua vendetta, ma questo non è il momento. Forse tu sei pronta a morire pur di vendicarti, ma non trascinare a fondo anche me, Sigurd e il bombarolo.” Aveva allungato la mano. “Voglio la tua parola.”

Tenko aveva soppesato con attenzione la sua risposta. Poi aveva stretto con convinzione l’avambraccio dell’umana. “Ti do la mia parola.”

Trovarsi davanti gli dei, e per giunta proprio Horus e Maahes, era stato… intenso. Erano lì, a portata di frusta, e del tutto inconsapevoli della sua presenza. Un tempo li avrebbe attaccati senza pensarci due volte, non si sarebbe nemmeno preoccupata di farlo con l’Ascia.

Alzò le mani verso Shamiram per farle capire che non intendeva fare nulla di stupido. L’umana la studiò per qualche momento, forse diffidente, poi si decise a concentrarsi sull’Ascia di Parashurama. Doveva farla sparire e rimpiazzarla con un falso senza attivare nessun allarme: non sarebbe stato facile, ma aveva i jinn giusti per riuscirci.

Nel frattempo gli altri rimasero in silenzio, concentrati sul tenere d’occhio la situazione.

Tenko voleva davvero fare la sua parte e ignorare gli dei, ma non riuscì a non ascoltare il loro discorso.

«A livello strategico, la mossa più efficace è puntare direttamente al bastardo di Hel» stava dicendo Maahes. «È lui la minaccia principale, anche più della bastarda di Demetra: uccidendolo, spezzeremo completamente la forza militare del nemico.»

Horus non era d’accordo. «Certo, ma solo a livello strategico. Militare. E noi non possiamo limitarci a sconfiggerli militarmente. Dobbiamo usare gli esoscheletri giganti per dare una prova del nostro potere indiscusso. Per questo dico che per prima cosa dovremmo riprenderci le città-simbolo come Theopolis. Non appena il popolo tornerà a temerci, avremo la strada spianata per sbarazzarci di tutti gli eretici.»

«Mmh, anche questo è vero. Entrambe le strategie hanno dei pro e dei contro, ma alla fine tutto dipenderà da quanti esoscheletri arriveranno con la prima fornitura. Se non ne avremo abbastanza, il rischio principale è di disperdere le nostre forze per mantenere il controllo di più città, col risultato che potremmo nuovamente trovarci in svantaggio.»

Tenko serrò i pugni. Come temeva, gli dei stavano tramando qualcosa per riprendere il controllo del suo mondo. E questo non fece che acuire il suo desiderio di ucciderli subito, così da stroncare le loro macchinazioni prima che fosse troppo tardi.

Qualcosa le toccò il braccio. Sigurd. L’elfo le fece segno che dovevano andare. La demone si sforzò di ricacciare indietro la rabbia e annuì.

Shamiram usò di nuovo il potere di uno dei suoi jinn per attraversare la porta chiusa, e subito Tenko si sentì più leggera: non avere più gli dei a portata di frusta era un sollievo.

«Abbiamo l’Ascia, torniamo al portale» ordinò l’umana.

Mentre si avviavano, D’Jagger si avvicinò alla demone.

«Ehi, Tenko. Se Lunaria chiede, puoi dirgli che hai provato ad attaccare gli dei?»

«Perché?»

«Beh, sai… potremmo aver fatto una piccola scommessa innocente…»

«Hai scommesso contro di me!» La demone si stava sforzando di tenere la voce bassa, e il casco che indossava rendeva impossibile capire la sua espressione.

«Non proprio contro di te… Più contro gli dei… Anzi, facciamo così: di’ che non li abbiamo proprio incontrati, così-»

«Fermi!» L’ordine di Shamiram zittì il goblin.

Tutti e quattro si immobilizzarono e si misero in allerta.

Sigurd scattò. Si udì un colpo acuto: metallo contro metallo. Tenko vide il nemico bloccato dall’elfo e mosse una frusta. Il Nervo Tagliente guizzò ma venne respinto a sua volta. Il vampiro balzò indietro e ruotò le sue armi: due coltellacci da macellaio più che delle spade.

Dall’altra parte, Shamiram respinse un incantesimo. Lanciò dei proiettili di bitume, ma il suo bersaglio li schivò tramutandosi in una palla di fuoco.

«Non rovinare la strega» affermò la vampira dopo essersi ritrasformata in una donna dal volto rugoso. «Potrei usare il suo corpo come ricambio».

Il suo pallido alleato incrociò i coltelli e si leccò le labbra con aria famelica. «Come vuoi, allora mi divertirò con gli altri.»


Note dell’autore

Ben ritrovati :)

In questo capitolo abbiamo tre punti di vista diversi.

Prima di tutto abbiamo Lilith e i suoi vampiri. L’Eletta sta già pianificando la sua rappresaglia contro la polizia, ma non è certo una che si lascia accecare dalla vendetta, così come Upiór.

Nel pezzo centrale rivediamo Spartakan e la madre del Pilastro bambino, che però sembra aver perso i suoi istinti materni per rivolgere tutte le sue attenzioni verso Carmilla. Coincidenze? Una cosa è certa: dopo averla vista così cambiata, l’orco ha cominciato a riflettere sul suo passato. Vedremo con quali conseguenze ;)

E per concludere in bellezza, anche Tenko ha dimostrato di non essere (più) accecata dalla vendetta, ma al contrario è riuscita a mantenere la calma e a rispettare il piano nonostante la presenza degli dei. Peccato per loro che la fuga (e il discorso di D’Jagger sulla scommessa :P) siano stati interrotti dall’arrivo di due vampiri superiori.

La battaglia, anzi le battaglie continuano nel prossimo capitolo, quindi non mancate ;)

A presto ^.^


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