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Autore: Selene123    26/11/2023    2 recensioni
Una serie di oneshot che servono da prequel, brevi racconti sull'infanzia e sulla prima adolescenza di Oscar e André
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La carrozza percorreva gli ultimi metri che la separavano dalla grande casa in riva al mare a grande velocità. Come ogni estate, anche quell’anno Monsieur aveva fatto trasferire la famiglia (insieme a parte della servitù) ad Arras e, come ogni fine agosto, le raggiungeva per qualche giorno. Da un anno, però, non tornava da solo. Accolto dalle polemiche delle figlie più grandi che lamentavano la lontananza per tre mesi dalla loro solita compagnia, l’uomo si presentava da loro con il piccolo aspirante attendente al seguito.
Era stata Oscar a insistere tanto. Benché le avessero spiegato che André non poteva (ancora) seguirla ovunque e in tutto perché le loro vite dovevano svolgersi fianco a fianco ma con le dovute differenze, lei non sopportava l’idea di saperlo lontano a festeggiare il suo compleanno. A nulla era servito cercare di farle capire che compiere un anno in più per il suo amico non avrebbe comportato una giornata pressoché dedicata a lui e che non era mai stato così, semplicemente perché la bambina si era rifiutata di ascoltare. Non le importava: si era impuntata che non avrebbero potuto divertirsi insieme anche in quell’occasione così speciale. Il Generale, commosso dalla determinazione con cui il piccolo erede aveva difeso una richiesta tutto sommato non inconcepibile, aveva dato il suo permesso e adesso, per il secondo anno di seguito, si trovava sulla carrozza di famiglia con il festeggiato seduto davanti a lui.
Lo osservava guardare fuori dalla finestra rettangolare scostando appena la tendina e nei suoi occhi verdi scorgeva un groviglio di emozioni. Era felice di rivedere la sua compagna di avventure, otto settimane lontani pesavano come un secolo intero nonostante le lettere frequenti, ma lui tra quelle strade era nato, aveva imparato a parlare e camminare e le persone che glielo avevano insegnato gli mancavano molto. Quando c’era Oscar, però, André si sentiva sollevato da un dolore così più grande quanto lui stesso non fosse. Per rivederla sarebbe valsa la pena anche affrontare un viaggio perlopiù in silenzio con un uomo che gli piaceva sì, ma che lo imbarazzava terribilmente. Di tanto in tanto Monsieur lo faceva parlare chiedendogli qualcosa sulle sue giornate, come le trascorresse senza l’unica altra bambina della sua età in casa, ma poi inesorabile tornava il silenzio. Tutto il contrario di Madame, che lo trattava come un altro figlio, lo abbracciava e consolava quando lo vedeva in difficoltà.
- André, sei contento di tornare ad Arras? – gli domandò il Generale per distrarlo dai pensieri che lo riportavano al ricordo dei genitori.
Il piccolo tornò seduto composto e annuì allegro, dondolando con i piedi che, dopo dodici mesi, toccavano bene il fondo della carrozza. Si era stupito anche lui di essere finalmente in grado di appoggiare le suole delle scarpe per intero e non solo più le punte, ma d’altronde stava crescendo in fretta e sua nonna non mancava di ricordarglielo per la velocità con cui doveva sistemargli o cambiargli gli abiti.
- Hai otto anni, sei grande ormai. – proseguì l’uomo in un tono ironico che non gli aveva quasi mai sentito usare. – Voglio che tu sappia molto contento dell’esempio che stai dando a mio figlio…
Mio figlio? Perché riferirsi a lei al maschile anche quando non c’era, si interrogava il bambino mentre l’altro continuava il suo discorso molto sensato di cui però non riusciva del tutto ad afferrare il punto. Era lusingato dai suoi complimenti, a quanto pareva le innumerevoli volte in cui i due amici erano finiti nei guai – separati o insieme – non gli avevano impedito di farsi una cattiva opinione.
Con un leggero nitrito i cavalli rallentarono fino a fermarsi e il cocchiere aprì loro la porta. Monsieur fece un cenno ad André, che uscì dalla carrozza e saltò giù dall’ultimo gradino gettando lo sguardo qua e là per il grande giardino e poi oltre, verso il mare. Ma come? Lo aveva voluto tanto e poi non si presentava neanche al suo arrivo? Si era già dimenticata di lui? Un’espressione delusa apparve sul suo volto, mentre con una mano la cameriera lo accompagnava dentro casa.
Nel tragitto tra l’ingresso e le cucine avevano incontrato almeno quattro persone che gli avevano fatto gli auguri, compresa una delle figlie maggiori dei signori Jarjayes, contrariata nel constatare che ancora una volta l’aveva avuta vinta la più piccola della famiglia. O il più piccolo, insomma… Non si curava troppo di pensarne al maschile quando si trattava dell’ennesima preferenza da parte del padre, voleva solo dimostrarsi contrariata e proseguire con la propria giornata.
Arrivato a destinazione, trovò la stanza come al solito immersa nell’attività dei preparativi per il pranzo. C’erano delle pesanti pentole di rame sul fuoco che fumavano e di sicuro qualcuno se ne sarebbe dovuto occupare più di quanto avrebbe dovuto fare con lui. La donna che lo aveva accompagnato si raccomandò di aspettare lì mentre lo spettinò in modo affettuoso e tornò al proprio lavoro al piano di sopra.
André si sedette su uno sgabello accanto al muro e sbuffò, facendo volare un ciuffo di capelli che gli cadeva sulla fronte davanti agli occhi. Nessuno lo degnava di uno sguardo, sembravano disinteressati alla sua presenza. Studiava i movimenti esperti delle cuoche che tagliavano e mescolavano senza fermarsi, impartendo ordini alle cameriere più giovani. Un rumore inaspettato proveniente dalla piccola stanza adiacente, però, catturò la sua attenzione da quella scena che conosceva ormai a memoria. Il festeggiato scese dalla sua postazione e si avvicinò cauto, come se non dovesse svegliare qualcuno nel cuore della notte. Si sporse con la testa oltre lo stipite, ma oltre alle persiane chiuse e qualche cesto non vide altro. Perplesso, si voltò, venendo superato da una ragazza in abito azzurro e grembiule bianco e tornò sui propri passi. Si sarebbero potuti risparmiare il viaggio, rifletté lui con lo sguardo deluso mentre davanti ai suoi occhi la cucina procedeva come se non ci fosse.
Distratto dal pensiero che la sua amica probabilmente si fosse dimenticata, André non si accorse che sulla credenza al lato opposto della cucina fosse stata lasciato un piccolo cesto di vimini coperto da un panno bianco. Non si era neanche reso conto che nella stanza fosse entrato qualcuno, tanto più che guardandosi intorno gli sembrò che nulla fosse cambiato.
Si sentiva un po’ deluso e, se non gli fosse stato raccomandato di non allontanarsi da lì, sarebbe di sicuro andato fuori in giardino a trovarsi qualcosa da fare. Di tanto in tanto provava a chiedere cosa, quanto e perché dovesse aspettare, ma tutto ciò che riceveva erano delle risposte vaghe vagamente divertite e spazientite.
Sapientemente nascosti all’esterno della casa, dietro il muro che sorreggeva la grande finestra aperta della cucina, un paio di occhi azzurri facevano capolino con l’accortezza di non essere notati. Oscar spiava in punta di piedi il festeggiato del giorno con ingiustificato divertimento nel saperlo ignaro della sorpresa che aveva preparato. Si era premurata che qualcuno lo accompagnasse nella stanza senza dirgli nulla e che lì lo tenessero un po’ di tempo, il necessario per dargli l’impressione che tutti si fossero dimenticati e rendere il suo augurio più bello e speciale. Le veniva da ridere, cercava da trattenersi il più possibile e, con sua stessa sorpresa, ci stava riuscendo. Avrebbe dovuto imparare ad appostarsi con maggior discrezione, ma di occasioni ne avrebbe avute in futuro e quello non era di certo il caso. Anzi, era un piano talmente astuto, il suo, che, nonostante la debolezza momentanea, aveva perfino intimato al padre che passava dal giardino di non farla scoprire avvicinando l’indice alle labbra per non lasciargli dire niente. L’uomo, comprensivo quando la vedeva mettere in pratica nella vita di tutti i giorni ciò che le veniva insegnato durante le lezioni, accolse la sua richiesta e la lasciò proseguire con la sua missione.
Come da accordi – o, meglio, da istruzioni impartite con fermezza – la cuoca domandò al bambino di prendere il cesto di vimini sulla credenza e portarlo fuori. André annuì e si avvicinò al mobile. Quando vide il panno bianco, un’irrefrenabile curiosità di sapere cosa ci fosse sotto lo attanagliò. Era più forte di lui: doveva sempre sapere tutto, a maggior ragione se si trattava di qualcosa tenuto nascosto o chiuso. Le pentole perdevano regolarmente i coperchi quando ci passava accanto, i cassetti venivano e i bauli venivano aperti e lasciati così, alla mercé di tutti. A nulla erano valsi i rimproveri della nonna, non gli interessava altro che scoprire cosa gli tenessero nascosto.
Alzò lo strofinaccio, ma se di solito in un cestino del genere avrebbe potuto trovare il pane per il pranzo, questa volta i suoi occhi verdi caddero su una scatola rettangolare. La prese tra le mani liberandosi contenitore intrecciato, ma non riuscì subito ad aprirla. Quando finalmente tolse il coperchio e levò la velina, un paio di guanti di cotone bianchi lo lasciò senza parole. Erano della sua misura ed erano i più belli che avesse mai visto. Si guardò intorno sorpreso: era la prima volta che riceveva un regalo del genere, fino a quel momento si era sempre accontentato degli auguri delle persone a lui più care, ma ora… Qualcuno aveva pensato concretamente a cosa potesse fargli piacere ricevere e, in effetti, aveva bisogno di un paio di guanti nuovi ché i suoi cominciavano a stargli piccoli e, di sicuro, con l’arrivo del freddo non li avrebbe potuti più indossare.
- Grazie! – disse André alle donne che assistevano all’apertura del regalo con un sorriso colmo di tenerezza sulle labbra.
Una delle cameriere indicò col dito in direzione delle sue spalle e, nel momento in cui tornò voltato verso la finestra, Oscar saltò fuori dal nascondiglio dietro il muro.
- Buon compleanno! – esclamò la bambina saltando sul posto. Avrebbe voluto scavalcare il davanzale per corrergli incontro, ma preferì evitare di rischiare un rimprovero proprio quel giorno così importante e rientrò in cucina dalla porta di servizio. Quando lo raggiunse gli saltò sulle spalle, come faceva sempre nei momenti di grande allegria, e si strinsero in un abbraccio.
- Pensavo… - cercò di dire André, ma non fece in tempo a finire che Oscar aveva già cominciato a spiegare tutto nei minimi particolari. Voleva fargli una sorpresa, l’anno precedente non le era venuto in mente e bisognava recuperare in qualche modo. Madame l’aveva ascoltata e aveva deciso di accontentarla perché, secondo lei, era giusto che il suo impegno ogni giorno venisse riconosciuto.
- E comunque io non mi dimentico mai il tuo compleanno! - concluse davanti allo sguardo commosso ma felice dell’amico, poi gli afferrò una mano e la infilò nel guanto. – Ecco qua. Ti piace?
André annuì. – Tantissimo, grazie!
   
 
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