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Autore: Selene123    07/12/2023    2 recensioni
Una serie di oneshot che servono da prequel, brevi racconti sull'infanzia e sulla prima adolescenza di Oscar e André
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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André da un paio di giorni aveva la febbre e Oscar non aveva fatto altro che inventarsi le scuse più fantasiose pur di intrufolarsi in camera sua e stare con lui, nonostante gli ordini fossero stati perentori: fin tanto che fosse stato malato dovevano rimanere separati per evitare il contagio. Alla bambina, però, non interessava né di poter stare male né tantomeno di passare il tempo libero da sola. Voleva correre, allenarsi con la spada, azzuffarsi con il suo amico fino ad essere ripresi e messi in punizione in cucina, pertanto nell’ordine: aveva tentato di sgattaiolare oltre la porta della sua stanza cercando anche un modo per aprire la finestra da fuori; si era poi appostata in corridoio dietro ad un cesto di vimini alto quanto le sue gambe in attesa che qualcuno passasse per imbucarsi di nascosto, ma il tempo si era dilatato al punto da addormentarsi seduta con la schiena al muro e svegliarsi nel proprio letto al piano di sopra. Poco prima della cena del primo giorno, si era intestardita a sufficienza da non avere nemmeno più intenzione di dare adito alla fantasia: con una raccolta di fiabe sotto il braccio, si era diretta di gran lena verso la sua unica destinazione davanti agli occhi perplessi di tutti coloro che la incontravano; era a un passo dalla vittoria, con un piede già oltre l’uscio e il libro sul comodino, quando una presa l’aveva afferrata e sollevata di peso per portarla via. 

- Quando imparerai a rispettare ciò che ti viene detto?! - aveva tuonato il Generale incurante delle proteste e del suo divincolarsi. 

Nonostante le ripetute minacce di un ennesimo castigo, la bambina aveva deciso di riprovare a compiere la propria missione il giorno successivo. André non poteva stare peggio, aveva considerato fra sé e sé, finalmente nessuno si sarebbe opposto alla sua visita di cortesia. Tanto più che, si era ricordata, le era capitato un’infinità di volte di assistere alla partenza dei genitori per andare a trovare qualcuno indisposto o ferito, perciò sentiva di avere il diritto di fare lo stesso. Aveva atteso fino la fine delle lezioni del pomeriggio, si era diretta verso il piano della servitù ancora con la spada in mano dopo l’esercitazione, ma i suoi buoni propositi non avevano potuto nulla contro il tempismo della nonna, ormai abituata ai suoi piani non troppo segreti.  

- Domani potrai vederlo, forse. - l’aveva bloccata la donna chiudendosi la porta dietro le spalle con un catino pieno d’acqua in mano e un panno bagnato. Né forse domani erano parole che Oscar voleva sentirsi dire e ricominciò a lamentarsi a bassa voce mentre seguiva la governante.  

Le ore erano passate lentissime benché la compagnia delle sorelle a cui era stata affidata fosse piacevole, ma la sua mente non pensava ad altro che al suo amico. Pur di scappare si era perfino fatta venire il singhiozzo, così da essere di disturbo e doversi congedare da loro.  

- Vi saluto, - aveva sentenziato la bambina saltando giù dalla poltrona - André conosce il modo per far passare il singhiozzo... - ma non appena le sue parole avevano raggiunto le orecchie di quelle ragazzine tutte spaventosamente simili l’una all’altra, la maggiore l’aveva trattenuta con una mano e rimessa a sedere.  

- Potresti almeno essere meno bugiar...- ma il rimprovero si era interrotto poco prima della fine, quando il femminile stava per sfuggirle e le altre presenti l’avevano gelata con lo sguardo. - Stai qui e non muoverti. - si era ripresa, mentre mentalmente contava sul fatto che la piccola fuggitiva fosse troppo distratta dalla delusione.  

*** 

Arrivò finalmente il terzo giorno e Oscar era decisa a raggiungere il proprio obiettivo. Per farlo, però, la notte prima aveva cambiato strategia: era necessario agire in modo molto più discreto. Durante le lezioni si comportò in maniera impeccabile, le esercitazioni passarono veloci e nelle pause non diede l’occasione a nessuno di rincorrerla per casa. Seppur difficile, sapeva che fosse necessario. Voleva rivedere André e nulla glielo avrebbe impedito. Certo, un angolo della mente le continuava a gridare di infrangere il divieto perché il suo amico era più importante, ma riuscì a trattenersi e di questo ne andò molto orgogliosa.  

Alle quattro e mezza precise, come ogni venerdì grand-mère giunse in giardino a chiamarla: doveva scendere da cavallo, il tempo per imparare per quel giorno era finito e l’aspettava la merenda in sala da pranzo. Con la consueta educazione del caso, la piccola si congedò dal maestro e, tornata con i piedi ben ancorati al suolo, si diresse verso casa. C’era quasi, lo sentiva, ancora un po’ di pazienza e avrebbe potuto tornare all’unica attività che in quei giorni la stava ossessionando.  

Seduta da sola, Oscar sembrava ancora più minuta rispetto alla grandezza della stanza e dello stesso tavolo su cui mangiava della frutta tagliata con cura quasi maniacale dalla cuoca. Non era bello fare merenda senza sfidarsi a chi avrebbe finito prima per poter tornare a giocare il più in fretta possibile, senza i rimproveri della nonna che tentava di riportarli all’ordine e all’educazione, ma, soprattutto, senza che nessuno la facesse ridere per niente. Si rese conto in quel momento che se anche quel pomeriggio la tattica scelta non fosse andata a buon fine, avrebbe sfondato ogni resistenza e sarebbe entrata in camera di André a costo di svegliarlo, buttarsi a terra e fare i capricci.  

- Non avrei mai pensato di assistere ad una merenda tanto silenziosa... - affermò la governante entrando nella sala da pranzo per togliere il piatto vuoto. Nell’avvicinarsi alla bambina, notò sul suo volto un’espressione concentrata e un po’ malinconia: doveva annoiarsi terribilmente, povera creatura. Non era una casa per bambini, quella, a stento lo era per le ragazzine più grandi che di lì a qualche anno l’avrebbero comunque lasciata per proseguire per le proprie strade. Le passò una mano tra i capelli biondi per pettinarglieli, ma il suo sguardo incupito la dissuase dall’indugiare troppo in quel gesto d’affetto.  

- Marie, io voglio vedere André. - esordì Oscar in un tono perentorio che con lei non aveva mai usato. Una giornata intera contenendo le proprie velleità di salvatrice del prigioniero, di buoni propositi che oscurassero le quarantotto ore precedenti buttati via in un minuto. Tanto più che non aveva mai chiamato la donna per nome, ma le poche scorte di pazienza che scorrevano nel suo corpo erano ormai terminate ed era pronta a protestare contro chiunque.  

La donna, seppur indignata dalle cattive maniere che aveva tirato fuori, ne comprese il motivo. Al nervosismo di una situazione che vedeva la sua piccola in difetti, infatti, si era aggiunta la stanchezza della settimana che stava per concludersi e che la rendeva ancora più irritabile. Il Generale non voleva che si desse retta ai suoi capricci, soprattutto se le rimostranze erano maleducate, ma grand-mère non aveva cuore di punirla come faceva il padre; il cucchiaio di legno, al massimo, era uno spauracchio che conservava per il proprio nipote. Ciò nonostante, non poteva lasciargliela vinta così, doveva imparare a comportarsi bene anche quando non aveva quello che voleva e a controllarsi. 

- Oscar, non si comporta così l’erede di una grande famiglia nobiliare! - le rispose con una mano sul fianco e l’altra a reggere il piatto di ceramica vuoto. Il suo volto accigliato la squadrò dalla testa ai piedi nella pretesa di una scusa che, però, non sembrava voler arrivare.  

Al contrario, infatti, la bambina sbuffò e alzò gli occhi al cielo, dondolando con le gambe sotto al tavolo. Nonostante i ripetuti inviti a riparare all’errore, le sue labbra non si mossero e, anzi, si chiusero in un mutismo impenetrabile. Se non le avessero dato il permesso di andare a tenere compagnia all’amico non avrebbe parlato mai più. O quantomeno finché non fosse stato strettamente necessario. Incrociò le braccia al petto e la sua espressione si fece ancora più offesa ad ogni occhiata furtiva che lanciava alla nonna mentre continuava a sparecchiare, nel tentativo di avere una reazione.  

Nulla. Dopo averla esortata a moderare i toni per l’ennesima volta, la donna smise di darle retta e tornò alle proprie faccende come se nulla fosse. Di tanto in tanto le si rivolgeva per chiederle se volesse ancora qualcosa, ma davanti al suo silenzio non fece altro che riportare il bicchiere e il cestino del pane in cucina.  

Il confronto muto e a distanza tra le due proseguì per oltre mezz’ora, con Oscar ancorata alla sedia che si rifiutava perfino di parlare con le altre cameriere e con la madre, tornata da Versailles prima del tempo e perplessa nella scoperta di quella piccola tragedia che si stava consumando in casa propria. Nel tono più comprensivo che riuscì a trovare, Madame cercò di spiegarle che se il dottore aveva deciso di tenerlo separato da lei era per il bene di entrambi e che più avrebbe riposato ora, più sarebbe stato in forze per giocare una volta ripresosi dalla febbre.  

Le parole della madre sembravano convincenti e in parte lenirono il bruciore dell’indignazione per il divieto che ancora pendeva su di loro, ma non lo furono abbastanza per calmarla del tutto. Rimase zitta, ma quantomeno distese le braccia e alzò lo sguardo su di lei. I suoi grandi occhi azzurri cominciarono a inumidirsi di lacrime, il naso si arrossì così come le guance e in pochi istanti un pianto disperato esplose nella sala da pranzo. Madame tentava di consolarla, facendola sedere in braccio sulla stoffa morbida del suo grande abito azzurro, in un abbraccio che la lasciò libera, per una volta, di sfogare la propria frustrazione. Oscar cercava di spiegarsi davanti alle richieste amorevoli della madre ma tutto ciò che riusciva a dire veniva fuori in modo confuso, poi si strinse alle spalle della donna come se fossero un’ancora di salvezza e accettò il bacio che le diede sulla guancia. 

- Se tu mi prometti di tenere la porta aperta e di non sederti troppo vicino, - disse Madame quando le lacrime cominciarono piano a scemare, - potrai stare una mezz’oretta con André prima di cena. D’accordo? 

La piccola si allontanò dalla sua spalla con gli occhi ancora umidi e una mano ad asciugare la guancia. La fatica di quel pianto a dirotto le aveva quasi fatto dimenticare il motivo di tanta disperazione, ma risentire finalmente il nome del suo amico accompagnato al permesso di poterlo rivedere le rischiarò il volto, dove apparve un bel sorriso dopo tanta tristezza. Annuì con il capo e l’abbracciò di nuovo, felice di non avere più alcun ostacolo davanti a sé.  

- Grazie infinite, madre... - rispose lei per poi correre dalla cameriera che l’aspettava con il braccio scostato per prenderla per mano e accompagnarla dove tanto desiderava andare. 

Madame la osservò saltellare via nel fiume di parole che tornava a scorrere dalle sue labbra, poi, non appena fosse sicura di non essere più sentita dalla diretta interessata, si rivolse alla governante che la guardava con aria leggermente contrariata. - Lo so che cosa volete dirmi, - si giustificò con una risata sommessa, - ma non avrebbe mai smesso di piangere e sarebbe andata a dormire così. 

- Vostro marito non sarà contento. - commentò seria grand-mère. 

- Temo dovrà incassare una sconfitta, questa volta. 

*** 

Tre colpi di nocche sulla porta annunciarono l’arrivo di qualcuno. Probabilmente era già ora di cena, il tempo passava lentamente da quando era confinato in camera e André bramava ogni momento in cui passavano da quelle parti per controllare come stesse.  

Il bambino si sedette meglio sul letto aggiustandosi la coperta in grembo e il cuscino dietro la schiena, mentre l’uscio si apriva e la cameriera entrava nella stanza per avvicinarglisi.  

- Si mangia? – esordì il malato, ormai senza febbre né spossatezza e per questo più affamato di un lupo.  

- Ancora non è pronto. - gli rispose lei, nascondendo un mezzo sorriso nel notare un’espressione di disappunto sul suo volto. – Ma forse ti aspetta qualcosa che ti solleverà l’umore comunque… - e, nel dire ciò, fece cenno a qualcuno di avanzare.  

Dal corridoio prima si sentirono dei passi leggeri avvicinarsi e, subito dopo, sbucò da dietro la cornice di legno una chioma di capelli biondi e un paio di occhi azzurri che lo guardavano impazienti.  

André si illuminò ed esclamò il nome di Oscar incurante del colpo di tosse che lo scosse immediatamente dopo. La bambina si allontanò appena così da rispettare una delle due raccomandazioni fatte da Madame, poi afferrò il libro che aveva lasciato sul suo comodino prima che il Generale la portasse via di peso e corse verso il fondo del letto. Lo scalò e, una volta seduta a gambe incrociate davanti a lui, congedò educatamente la donna che li lasciò ai propri discorsi ricordandole che tra mezz’ora sarebbe tornata. 

- Dov’eri? Io ti aspettavo! – domandò il bambino, contento di avere finalmente la compagnia che desiderava. 

- Ci ho provato, davvero, però continuavano fermarmi. È stato difficile, sai? 

- E come hai fatto oggi? 

Oscar si strinse nelle spalle. Non avrebbe mai potuto rivelargli della discussione con la nonna né tantomeno delle lacrime: cosa sarebbe successo se avesse scoperto del suo momento di debolezza? L’avrebbe sicuramente presa in giro, additata come una femminuccia e non poteva permetterlo a nessuno, men che meno a lui. 

Il tempo insieme riprese a scorrere con la consueta rapidità, fitto di parole, risate e racconti. André voleva sapere tutto quello che la sua amica aveva fatto in quei tre giorni separati. Chiedeva ogni dettaglio, anche i più insignificanti, pur di avere un assaggio di cose che quella brutta influenza gli aveva precluso, benché il racconto delle avventure in solitaria gli trasmettesse una punta di malinconia. Avrebbe voluto viverle anche lui, esercitarsi con la spada e a cavallo insieme alla sua compagna di giochi, invece di rimanere sotto le coperte a dormire. Pensò di aver sprecato un sacco di tempo, delle occasioni memorabili impossibili da recuperare. 

- Non ti preoccupare. – lo rassicurò Oscar non appena si accorse che non stava più ridendo del precettore che aveva rischiato di inciampare sul tappeto leggermente scostato di gradini. – Ci saranno altre volte! 

André scosse la testa e annuì, poi accettò la sua offerta di leggergli la sua favola preferita. Gli piaceva quando la sua amica lo sollevava dall’incombenza di doversi impegnare, ma soprattutto gli piaceva stuzzicarla perché leggeva ancora un po’ lentamente e lui la incalzava a sbrigarsi. Conoscevano quelle storie a memoria, avrebbero potuto recitarle parola per parola, ma lo divertiva troppo sentirla incespicare nelle parole con tanti accenti.  

- E smettila! – lo rimproverò divertita Oscar, che in tutta risposta si vide arrivare a tutta velocità un cuscino.  

Lo scansò all’ultimo e, quando lo riprese, contravvenne alla raccomandazione di rimanere abbastanza lontana dal malato per colpirlo a propria volta, lasciando che il libro cadere a terra.  

Trascorsero gli ultimi cinque minuti insieme prima della cena a darsi cuscinate ridendo, come non succedeva da troppo per i loro gusti, incuranti delle urla che avrebbero potuto far accorrere chiunque per controllare che nessuno dei due stesse finendo l’altro in modo decisivo.  

All’ennesimo colpo i due bambini rimasero distesi sul letto, completamente distrutti ma non abbastanza da non avere più fame. L’inerzia e la stanchezza dava loro l’impressione che fosse tutto divertente, anche le piume che erano scappate dal cuscino e volavano nell’aria per posarsi poi sulle coperte.  

Quando il tempo a loro disposizione finì e grand-mère apparve sulla porta, osservò la scena con rassegnazione. Pensò che fosse inutile raccomandarsi con loro e che insieme sapevano essere impossibili da gestire. Per fortuna si erano scatenati da soli senza farsi male, considerò, almeno nessuno avrebbe dovuto scusarsi per le eventuali ammaccature dell’erede.  

- Forza, è ora di salutarvi! – li avvisò la donna e fece segno alla bambina alzarsi e seguirla.  

Oscar si alzò un po’ ammaccata ma felice e, prima di allontanarsi dal letto, augurò buona cena e buonanotte ad André.  

- Ci vediamo domani… - le rispose lui e ritornò composto sotto le coperte ad aspettare che gli venisse portato il vassoio con il piatto e il bicchiere.  

 

 

   
 
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