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Autore: DarkYuna    07/12/2023    0 recensioni
"Se amarla è una condanna... allora che io sia dannato.".
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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2.









La ventura ha per noi labirinti ciechi e funerali dell’anima da peregrinare lungo tutta una vita, le sue cagioni non sono mai quelle che ci aspettiamo, ma tra le più crudeli.  Una danza fatale tra il lutto e il desiderio, in mezzo al crepuscolo eterno e alla luce sfuggente.
Apriamo gli occhi quando la fine è ad un metro.
Non v’è salvezza.
Mai.
 
 
Ad un certo punto del mattino, quando le ombre della notte sono ancora intrecciate ai sogni di fiele, i destini si scontrarono in un'armonia tragica. Il chiarore pallido del sole, come un pugnale di lutto, squarcia il soffitto, svelando il vuoto che scava abissi e tragedie.
Per la prima volta, in trentadue anni, mi sento sola. Mi consumo, mi dispero, mi spengo. E sono davvero sola.
Sono un carillon rotto in una stanza dimenticata nella polvere di in un cereo e rigido inverno di neve, di cui nessuno udirà mai la nenia, perché non esistono mani abbastanza pazienti in grado di aggiustarmi, assisto allo scorrere del tempo e sono spettatrice passiva della vita.
La verità è che qui ho fatto un altro buco nell’acqua e non voglio ammetterlo.
Sono anni che mia madre mi segue in un silenzio rassegnato nella mia insania in giro per il mondo, sappiamo entrambe che non v’è soluzione per la maledizione, che siamo segnate, lo siamo tutte, costrette all’esilio per un delitto di cui non siamo peccatrici.
Eppure rinunciare è più desolante che seguitare nella follia.
 
 
Affondo il viso nel cuscino, c’è olezzo dolciastro di salsedine e terra, un filo di frescura alita dalla finestra aperta, gli uccellini si svegliano nel giardino, le onde si infrangono giù dalla scogliera. La pace mi trangugia, ma non trovo più conforto in essa, ha smesso di essere un porto sicuro.
Un porto… già.
Rotolo da un lato del capiente letto, fisso l’indefinito del marmo bianco ed iridi al sapore di bosco autunnale splendono nel cervello.
Sorrido tra me e me. Come ho potuto trovare attraente un pescatore? Uno che molto probabilmente odora di pesce dalla mattina alla sera.
Io, poi, che già odiavo il pesce, ancor prima di diventare vegana.
Eppure c’è un alcunché, un sussurro velato al vespro, nell’ultimo lampo di un sole vibrante, che non riesco ad estinguere. Qualcosa che s’agita sul fondo del cuore, una leziosità dolcissima che s’attacca ed imprigiona.
 
 
Un frastuono brusco, che si ripete ritmicamente, invade inaspettato nella pacatezza del mattino.
Innervosita balzo sul pavimento freddo e a passo di carica vado alla finestra, pronta ad incenerire chiunque stia facendo tale fracasso, ma il cagionante non è l’anziano custode che è venuto nelle settimane precedenti. Beh, a meno che non sia divenuto un aitante Antinoo nella più appetibile variante eterosessuale.  
Un giovane uomo sguarnito di maglia, si sta prendendo cura del giardino con un tosaerba vecchio modello, uno di quelli che farebbero invidia ad un treno a carbone.
Spalanco le palpebre sconvolta… è il pescatore del giorno prima! Stavo pensando a lui neppure tre secondi fa. 
 
 
Il giorno mette in risalto la pelle dorata. Il corpo è prestante, con una muscolatura definita ma non eccessivamente sviluppata, segno di una vita attiva e di un lavoro fisicamente impegnativo.
Le gocce di sudore perlacee si formano sulla pelle, scivolano lungo i muscoli tesi e guizzanti. Il viso è concentrato, i capelli neri e ricci disordinati, sudati, morbidi.
Emana una sorta di virilità caratterizzante, una bellezza semplice e genuina, che non lascia per nulla indifferente.
Il cervello s’avvita in un girone infernale di riflessioni oscene, illeciti scenari voluttuosi e peccati carnali, gemiti rotti nella penombra dell’oblio, piacere rovente tra lenzuola nere. Vengo inghiottita in un turbine di roghi e cupidigie, le vampe corrompono, inquinano, avvelenano… posso quasi saggiare quel corpo penetrare incontrollato alla ricerca disperata della perdizione di sé, un godere tenebroso che deflagra, un ossessione vorace, un delirio incessante.  
 
 
L’uomo solleva lo sguardo su di me, spegne in tutta fretta l’aggeggio diabolico e lo poggia a terra, aprendosi nel sorriso più genuino e puro mai incontrato. Un’opera d’arte di rara bellezza, fa dimenticare le preoccupazioni in cui annego regolarmente, pestare più forte il cuore, perdo totalmente il controllo delle riflessioni e delle azioni. Anche la maledizione scapita nerbo, la rilego all’ultimo posto di una top ten, nella quale, le prime nove posizioni, sono sfacciatamente conquistate dall’uomo nel mio giardino.
 
 
Esamina nemmeno fossi l'unica persona al mondo, come se tutto fosse giusto e possibile. Proprio come il giorno prima.
Quell’occhiata, quella della speranza di una possibilità, quella dannata occhiata, è qui presente, palpabile e non c’è modo di frenarla.
<< Buongiorno signorina. >>, saluta gentile, il sorriso onnipresente. La voce è una melodia profonda ed avvolgente, capace di catturare l'attenzione di chiunque lo ascolti. Un baritono caldo e sicuro di sé, con un leggero accento che rivela le radici locali. << Chiedo scusa per il rumore, l’ho svegliata? >>.
 
 
Non mi ha chiamata “signora”: guadagna di diritto dieci punti.
Puntello il gomito sul parapetto, gravo il mento nel palmo della mano. Fingo distacco e disinteresse, in realtà dentro un vulcano s’è risvegliato dopo anni ed anni di inattività. Apprezzare i frutti di Madre Natura non è così grave, un mero interesse non può innescare la maledizione, nessuno corre pericolo oggi se godo un po’ anche io della bellezza di un uomo mezzo nudo che si prodiga ai miei servigi.
<< Chi sei? >>.
 
 
Batte più volte le palpebre, tira indietro i capelli umidi nel gesto più semplice e al contempo più erotico mai visto. Sono quasi abbacinata.
<< Aidan Whitethorn, signorina: il figlio del custode. Mio padre non è potuto venire, quindi lo sostituirò io per le prossime settimane. >>.
 
 
Il destino ha davvero deciso di metterci lo zampino e di rendermi la vita più difficile di quel che già è.
Ho incontrato il vecchio custode un paio di volte, è mia madre ad occuparsi degli umani, io non sono brava con i rapporti, preferisco tenermi lontana da chiunque; percepisco il pericolo alitarmi sul collo, ed è un respiro gelido come la morte. Temo che questo secondo incontro non sia casuale, che le trame della sorte si siano messe in moto e che alla fine piangerò. E molto.
Tuttavia, nonostante tutti i campanelli d’allarme stiano a squillarmi nelle orecchie come le campane della chiesa durante la messa cristiana della domenica, faccio la cosa più stupida che una strega intelligente e sagace come me possa fare.
 
 
Schiocco la lingua al palato, inarco un sopracciglio, la mimica si fa maliziosa.
<< Hai sete Aidan? >>. Non è un semplice invito, lo so io, lo sa lui. È il preludio a qualcosa di più, gli spiano un tappeto rosso sangue per entrare nella mia vita, lo sto punendo ad una fine atroce. È solo un bicchiere d’acqua, mi ripeto, una gentilezza che di norma non elargisco mai, voglio ingannarmi di non essere io la prima a cercare un pretesto per un epilogo diverso.
 
 
Ci pensa su relativamente poco, annuisce un paio di volte: l’occasione diventa concretezza.
 
 
Faccio un cenno.
<< Entra. Ti apro. >>.
Cos’è che sto cercando di fare?
Dimostrare a me stessa che sono più forte di una maledizione secolare? Che verrò risparmiata? Che affrontandola di petto riuscirò a vincerla? Che se non posso spezzarla, posso ingannarla? Che con me sarà diverso?
Cosa?
Cosa spero?
Di vincere mettendo in pericolo un’anima innocente?
È strano. Tutto strano. Troppo strano.
Non è una situazione nella quale sono a mio agio, non invito un umano attraente in casa, sono molto più rigida nelle regole di quanto possa sembrare.
 
 
Lo analizzo, esamino, osservo, studio.
Da vicino ha un’ascendenza letale sul sistema nervoso, non odora di pesce come avevo superficialmente ipotizzato, anzi, profuma di pulito e fresco, perfino il sudore non emana un fetore repellente. Non ho proprio nulla a cui appellarmi per fare un passo indietro, qui sono gli ormoni a capeggiare l’istinto.
 
 
Tracanna assettato l’acqua direttamente dalla bottiglia di vetro, non si accorge subito di essere l’oggetto di analisi taciturne e chimere scarlatte, è più impegnato ad ispezionare l’arredamento della cucina, e della casa in generale.
Se sta cercando una qualche prova che possa smascherarci o una traccia di soprannaturale, si sbaglia di grosso. Siamo streghe, non stupidi umani.
 
 
Resto lontana, ancorata al mobilio, un felino che sorveglia la propria preda, in attesa tra le ombre di un passo falso per divorare.
<< Ti occupi di interni? >>, domando sardonica, dato l’interesse lampante che mostra.
 
 
Deglutisce goffo, sorride imbarazzato per essere stato colto in fallo.
<< No, è che in realtà non ero mai entrato qui dentro. >>, afferma sincero e sbalordito, come se vi fossero grandi dicerie e maldicenze sul maniero e su chi vi abita, e suppongo che debba essere così. Un posto solitario, in cima ad una collina, dove non c’è mai nessuno e che in passato è stato coinvolto in vicende misteriose. Le basi tipiche per tracciare voci e calunnie.  
 
 
<< Immagino tu sia entrato in tutte le case del paese? >>, replico pungente, per spegnere l’espressione sbigottita che m’infastidisce. È palese che per lui questa casa è diversa.
Le prove di coraggio si fanno a quindici anni, non a trenta suonati. Già me lo vedo correre in centro per spifferare chissà quale baggianate inventate, magari domani mi ritrovo sul serio su un rogo in piazza, all’ora di pranzo, giusto in tempo per il dessert.  
 
 
Poggia la bottiglia sul tavolo, si rende conto del tono stizzito.
<< In realtà sì, sono un tuttofare e spesso aggiusto, costruisco, taglio l’erba… >>, indica il giardino con il pollice, per sottolineare che è qui per questo motivo, << … mi adatto. >>.
 
 
Mi soffermo un secondo di troppo sulle mani, grandi, affusolate, che possono afferrare con forza una rete pesante e, allo stesso tempo, sfiorare con dolcezza la pelle di una donna. E la peluria sul torace, non eccessiva, scura e dannatamente sexy.
Annuisco appena, allontano in fretta lo sguardo, quell’uomo è una tentazione vivente e il fatto che sia mezzo nudo nella mia cucina non aiuta affatto. Mantengo decoro, contegno ed impassibilità, la mia imperturbabilità è leggenda.
<< L’acqua puoi tenerla. >>, dico gelida, per chiudere la conversazione e farlo uscire di casa. Non sono brava nei discorsi, mia madre è perfetta in questo, un’encomiabile padrona di casa, ma oggi non è qui, è andata a Gleannach per il fine settimana, la città confinante a dieci minuti di macchina, a trovare il parentame.
Se non posso farne a meno, evito di mescolarmi con le altre streghe, siano esse del mio stesso sangue o meno. Soprattutto le prime.
La maledizione ha gettato il caos nella nostra stirpe, quindi che ognuna si tenga il proprio caos senza infettarci a vicenda, non voglio avere nulla a che fare con loro.
 
 
<< Non dovrebbe far entrare degli sconosciuti in casa. >>, prorompe improvvisamente, come se fosse la prima cosa venuta in mente da dire per impedirmi di andarmene.
 
 
Inarco le sopracciglia, un sogghigno scioglie i lineamenti rigidi.
<< Temi per me o per gli sconosciuti? >>.
 
 
La domanda strampalata lo coglie alla sprovvista.
<< Per… lei… signorina. >>.
 
 
Gli lancio uno sguardo eloquente, sono gli sconosciuti che dovrebbero avere timore di entrare in casa, non il contrario. Se un malintenzionato dovesse decidere di farmi del male, si ritroverebbe in dieci secondi sotto tre metri di terra, morto stecchito.
Tra i due, quello in pericolo è lui.
<< Dormi sogni tranquilli, Aidan. La casa è aperta per te, se vuoi tornare a dissetarti hai libero accesso. >>. Proseguo a camminare, lui ci riprova di nuovo.
 
 
<< Si fida così? Di uno sconosciuto? >>. Pare il cardine base delle sue inquietudini.  
 
 
Mi stringo nelle spalle indifferente, da un lato mi divertono i buffi tentativi di trattenermi. È palese che stia cercando un modo del tutto goffo ed impacciato per conversare: non ci sa proprio fare.
<< Ti chiami Aidan, no? >>.
 
 
<< Sì, signorina. >>.
 
 
<< Vedi? Non sei più uno sconosciuto. >>.
 
 
Fa un passo verso di me.
<< E lei? Signorina? >>.
 
 
Sospiro appena, la mia freddezza ha effetto negativo sulla sua timidezza, è in difficoltà, gli concedo un armistizio, dopotutto neppure io voglio che la chiacchierata si concluda così.
<< Hespera. >>. Gli offro la mano cordiale, non se lo fa ripetere due volte e, prima di ricambiare entusiasta, si pulisce le mani sporche di terra ed erba sui pantaloni. Sceglie dei modi del tutto spontanei ed involontari per essere eccitante, oppure è il mio cervello a vedere cose eccentriche dove non ci sono. La presa è avvolgente, decisa, nondimeno gentile. << Sei quello del porto, vero? >>. Con un’abilità provetta da attrice consumata, fingo di riconoscerlo solo ora.
 
 
<< Sì signor… Hespera. >>. È felice che sia, in qualche modo, rimasto impresso. E non immagina neppure quanto.
 
 
<< Coincidenza, non trovi? Ieri al porto, oggi in casa mia… chissà domani dove ci rincontreremo? >>. Le frasi hanno un significato recondito, come se non fosse del tutto casuale la sua presenza. Dubito che sia la maledizione, non è così che agisce di norma, penso che abbia combinato lui stesso una maniera per venire al posto del padre.
 
 
<< Un caffè? >>, propone, meravigliandomi.
 
 
<< Come? >>.
 
 
<< Io… no niente, volevo invitarti a bere un caffè domani. >>. Si gratta impacciato la nuca. Ci stava rimuginando da quando l’ho fatto entrare in casa. << O un succo di frutta se non ti piace il caffè, o non lo so. Se non ti piace niente, va bene un bicchiere d’acqua. Ti piace l’acqua? >>.
Non posso fare a meno di sorridere, il suo modo impacciato e maldestro di comportarsi stecca di netto con l’apparenza seducente. Non te lo aspetti da un uomo così affascinante di essere una frana nel provarci con una donna.
 
 
<< Mi stai chiedendo davvero se mi piace l’acqua? >>. È così assurdo che non riesco a credere alle mie orecchie.
Se avessi delle migliori amiche, sarebbe l’argomento notturno di gossip vivaci tra ragazze.
 
 
<< Io, beh, credo di sì… sì. >>. È sbalordito da se stesso per la stupidità delle domande.
 
 
<< Sì, penso che l'acqua mi piaccia. È fresca, dissetante... me la farò andare bene. >>. Trattengo l’eccesso di risa. Mi avvio verso il corridoio, scoppierò a ridere quando non potrà più sentirmi. << Una colazione. Domattina alle nove, signor factotum. Dimmi dove e mi farò trovare lì. >>. Come fai a rifiutare un invito del genere, con un tizio così adorabilmente imbranato?
 
 
<< Potrei passare a prenderti io? >>, si offre di getto. << Se per te non è un problema, ovvio. >>.
Ha proprio deciso di interpretare il ruolo del principe scolorito che salva la povera donzella indifesa. Peccato che io non sia una donzella indifesa e questo non è un film della Disney. Io sono la strega cattiva della favola.
È la prima volta che lascio il timone in altre mani, voglio capire fin dove arriverà questa imbarcazione e in che acque m’immergerò.
 
 
<< Sì okay, va bene. >>.
 
 
S’illumina d’arcobaleno e fulgori, il sorriso coinvolge gli occhi grandi.
<< Oh bene! Fantastico! Grazie. >>.
 
 
Addirittura mi sta ringraziando?
<< Chiudi la porta quando esci di casa. Sia mai entrino altri sconosciuti di cui tu debba preoccuparti. >>. Scuoto la testa, ed esco fuori dalla cucina, sghignazzando rallegrata.
 
 
<< Sì giusto. Grazie. Farò un altro po’ di rumore, poi giuro che mi toglierò dalle scatole. A domani! >>, strepita, angustiato che non riesca più ad udirlo.
 
 
Ad ogni passo che getto tra me e quell’uomo, l’umore riprende ad essere tetro e melodrammaticamente decadente, mi rendo conto di aver fatto una sonora cazzata, un’efferata debolezza che non avevo mai permesso accadesse in precedenza, un errore madornale che non doveva neppure capitare per sbaglio.
Non ho buttato una vita intera di eremo ed isolamento per giusta causa, per farmi fregare dalla turbolenza ormonale di un’adolescente instabile e mettere in pericolo la vita di qualcuno che non sa neppure in che calamità si sta cacciando.









Note: 
Ecchiceeeeeeeeeeeeee bella gente con il secondo capitolo di questa storiellina piccina.
OKAY LO SO, la trama è scontatissima, però non giudicate solo da questi primi capitoli, date una possibilità a questa storia, perché vi prometto che il bello deve ancora arrivare.

Da una parte abbiamo Hespera, una strega aristocratica, facente parte di una delle famiglie più prestigiose nel mondo della magia, dall'altra abbiamo Aidan, un uomo semplice, umile, un tuttofare dall'animo gentile e parecchio ma PARECCHIO impacciato.
Riuscirà Aidan a scongelare il cuore della bellissima Hespera? 
E la maledizione colpirà anche lui? Schiatterà o riuscirà a sopravvivere? 

Ringrazio i fantasmini che stanno leggendo, ricordate (se lo desiderate) di lasciarmi qualche piccola recensione, così da aiutarmi a migliorare e sapere cosa ne pensate. 

 

La storia può presentare errori ortografici.

 

Un abbraccio.
DarkYuna. 

 

 
  
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