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Autore: Darty    26/12/2023    11 recensioni
“Tutti gli amori felici si somigliano; ogni amore infelice è invece difficile a modo suo. In casa De Jarjayes tutto era sottosopra” (e spero che L.S. non se ne abbia a male)
Oscar ed Andrè e la loro “storia terrena” appartengono a Riyoko Ikeda ed un po’ anche a Tadao Nagahama e Osamu Dezaki. Questa fanfiction non ha scopo di lucro, ma terapeutico sì...
I versi di David Bowie sono solo suoi: dell’immortale Duca Bianco.
Si incomincia con il Cavaliere Nero. Buona lettura!
Genere: Avventura, Fluff, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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This way or no way
You know, I'll be free
Just like that bluebird
Now, ain't that just like me?
Oh, I'll be free
Just like that bluebird
Oh, I'll be free
 
(David Bowie, Lazarus)
https://www.youtube.com/watch?v=y-JqH1M4Ya8
 
 
 
 
Oh amore mio, mi manchi, mi fai male nella pelle, nella gola, ogni volta che respiro è come se il vuoto mi entrasse nel petto dove tu non ci sei più.
 
Julio Cortàzar, Il gioco del mondo (Rayuela)
 
Alba. Alba aveva infranto il cuore del Re. Ma ne aveva salvato l’onore.
 
L’obiettivo del Grande Ammiraglio dell’Impero Ottomano, Cezayirli Gazi Hasan Pascià era ambizioso. Carpire i segreti del Re, sollevare uno scandalo che minasse l’alleanza fra la Francia e l’Austria. Poi invadere l’Austria, assediare Vienna, tornare ai fasti del 1529, ai tempi di Solimano il Magnifico.
 
Alba aveva copiato corrispondenza, dispacci e rapporti, anche quelli più riservati. Sottrarre la chiave della sua cassaforte personale, mentre il Re russava beato dopo l’amplesso, notte dopo notte, era stato perfino troppo facile. Ma nonostante la fatica sopportata per appropriarsene, farne copia e rimettere tutto a posto senza destare alcun sospetto, nemmeno uno di quei documenti era ancora finito in mani estranee.
 
Dopo Lorenzo, Luigi era stato l’unico uomo a dimostrarle amore. L’aveva reso un marito infedele, come tutti i suoi avi, del resto, ma non voleva che fosse ricordato come un Re inetto che aveva portato la corona alla disfatta.
 
Quelle copie dovevano essere distrutte e ormai solo Oscar e André potevano farlo. Lei voleva sparire. Scomparire. Voleva essere libera, libera da ricatti, false promesse e costrizioni, libera di fare nascere suo figlio e di cercare il suo Lorenzo con le sue sole forze.
 
* * *
 
Le copie delle carte del Re, nella scrittura sorprendentemente chiara ed ordinata di Alba, bruciavano tra le fiamme voraci del caminetto nel casotto di caccia.
 
Alba le aveva nascoste nel suo appartamento nel villaggio di Versailles. André le aveva recuperate quel mattino stesso.
 
Ora un sottile fumo bianco usciva dal camino. Bilanci, rendiconti, regalie, mercimonio di nozze ed incarichi, lettre de cachet, tratte per l’acquisto di armi e preziosi si accartocciavano riducendosi in brace e poi in cenere, mentre la corona rischiava ormai la bancarotta, incapace di porre freno agli sperperi e troppo debole per imporsi e tassare la nobilità ed il clero.
 
Quando anche l’ultimo documento fu consumato dal fuoco, Oscar comprese che non poteva più restare a Versailles, al servizio di una corte corrotta che ormai disprezzava.
 
Era disgustata da se stessa, per non essersi ribellata prima ai soprusi della classe sociale alla quale lei stessa apparteneva. Accogliere Rosalie a palazzo, sfidare Germain a duello per l’assassinio del piccolo Pierre, cavalcare come una furia nella notte per portare all’ospedale il febbricitante Gilbert, ora lo percepiva solo come un tentativo ipocrita di tacitare la sua coscienza. Si ricordò della foga con cui André aveva condiviso le idee di Gaetano Filangieri nel loro breve soggiorno a Napoli.  André, da sempre al suo fianco, seppure un passo indietro, aveva visto più lontano di lei.
 
Si inginocchiò vicino al focolare. Sentiva freddo, nonostante la giornata estiva. Si voltò un attimo. André stava rimboccando le coperte ad Alba che dormiva sul loro giaciglio.
 
Non portava rancore André. Era capace di perdonare tutti. Di perdonare Alba, nonostante le sue bugie, di perdonare Girodelle che sapeva essere geloso di lui, di perdonare Fersen che un tempo le aveva rubato il cuore. Ma era altrettanto capace di odiare, fino a perdere se stesso, chi le avesse fatto del male.
 
Era davvero degna di un uomo tanto generoso?
 
André si avvicinò.
 
Sei preoccupata Oscar?”
 
“Oggi consegnerò al Duca D’Orleans la seconda parte del progetto di Leopoldo e mi sembra un tradimento.”
 
“Non è così. Leopoldo ormai è in salvo, lontano dalla vendetta dei fratelli massoni e credo che il Duca non saprà cosa farsene della sua invenzione.”
 
Oscar accarezzò André sulla guancia. Gli sorrise.
 
Poi andremo a comunicare a mio padre la nostra intenzione di sposarci.
 
Oscar, io …”
 
Credi forse che la differenza di rango possa impedircelo, André?
 
André, incapace di parlare, scosse la testa e prese le mani di Oscar, fra le sue. Temette di averle strette troppo forte, che la mano destra di Oscar era ferita, e stava per lasciarle andare quando lei lo trattenne.
 
E poi ho intenzione di lasciare la Guardia Reale …”
 
“Non è necessario, lo sai …”
 
“Non me la sento di difendere ancora la Corte, dopo tutto quello che ho visto ed ora dopo tutto quello che ho letto!”
 
“… ma io sarò al tuo fianco, qualunque sia la tua decisione.”
 
Un fruscio di coltri stropicciate li distolse. Alba si era svegliata ed ora stava sbadigliando ostentatamente.
 
Devo partire. Prima che Sua Maestà mi trovi. A quest’ora avrà già sguinzagliato l’intera guardia reale per cercarmi e scommetto che sua Vezzosità Maria Antonietta non se la stia passando troppo bene …. Come minimo Luigi l’avrà accusata di avermi fatta sparire”, ridacchiò.
 
Oscar si accigliò. “Avrai bisogno di denaro, visti e lettere di transito. Come pensi di fare?”
 
A questo ci penserete voi, naturalmente. O denuncerò il vostro André di avere rubato carte importanti nel mio appartamento. Sono sicura che qualcuno lo ha visto.
 
Ricattarci non è necessario, Alba”, intervenne André, fermando con un cenno Oscar, che aveva allungato un braccio a cercare la spada.
 
Abbiamo già deciso di aiutarti, se ci convincerai che non sei una assassina spietata che ha fatto perire fra le fiamme dei poveri innocenti.”
 
“L’incommensurabilmente magnanimo André! Sarò al tuo fianco qualunque cosa tu decida”, lo canzonò.
 
Stavi solo fingendo di dormire?” sibilò Oscar.
 
Naturalmente. Fare la buona mi annoia. Essere buoni è noioso. Voi siete noiosi.
 
* * *
 
Madame Marguerite era in ambasce. Troppe emozioni in così pochi mesi. Troppi eventi dolorosi l’avevano afflitta: la prigionia del marito; la scomparsa della figlia e poi l’annuncio di quel matrimonio imposto. E troppe gioie: la liberazione del marito; la ricomparsa di André che comunicava che la figlia era salva e prometteva che da quel matrimonio scellerato lui l’avrebbe salvata; il messaggio della figlia, giunto la notte appena trascorsa: le nozze non erano state celebrate e presto sarebbe tornata a casa.
 
Ora era in attesa di riabbracciare Oscar. Ed anche André, in verità. Ma mezzogiorno era passato ed ancora non si erano visti.
 
Nanny non faceva che camminare avanti e indietro, ordinando a garzoni, stallieri e cameriere di andare a controllare, da ogni torretta e presso ogni cancello, se arrivasse qualcuno.
 
E tanto controllò, che qualcuno arrivò.
 
Il cavaliere aveva il viso sporco di terra.
 
Chi devo annunciare?” chiese Nanny, ma non fece in tempo che Madame Marguerite, pallida in volto, temendo cattive notizie, l’aveva già raggiunta.
 
Johann Wolfgang von Goethe, al vostro servizio”, ed inchinandosi elegantemente sollevò il tricorno.
 
Madame Marguerite sussultò sorpresa, mentre il Generale scendeva dallo scalone.
 
Dopo essersi accomodati in biblioteca, Goethe iniziò a parlare.
 
Ho avuto l’onore di conoscere vostra figlia e André Grandier a Napoli”, esordì lo scrittore, mentre Nanny, sospettosa di fronte a quell’omone dai capelli folti e dalla fronte alta, gli versava il tè. “E mi pregio di avervi fatto recapitare una loro missiva e la vostra risposta tramite il mio buon amico Monsieur Stephane Thibaud”.
 
Il Generale annuì. Nella sua lettera Oscar aveva accennato all’aiuto di Johann Philipp Möller, alias Johann Wolfgang von Goethe, a Napoli, ma sapeva anche che Goethe era un massone e lui diffidava dei massoni. Perciò non commentò. “Ebbene?”, gli chiese freddamente.
 
 “Ebbene?” rispose piccato lo scrittore. “Sono uno stolto. Mi sono illuso che vi interessasse la sorte di vostra figlia. Ma cosa mi aspettavo da un padre che costringe una figlia a condurre una vita da militare, esponendola a rischi inimmaginabili!”
 
“Voi siete in errore”, intervenne Madame Marguerite, con dolcezza, il bel volto segnato dalla stanchezza e dall’ansia, ma risoluto ed allo stesso tempo quieto, come quello di una Madonna assisa in trono.
 
Goethe cercò in lei i tratti della figlia. Ma trovò i tratti di Oscar solo nello sguardo del Generale.
 
Goethe pensò che Margarete avrebbe potuto essere il nome della sua prossima musa.
 
Che una donna così avrebbe potuto ammansire anche il Diavolo. Mentre una donna come Oscar l’avrebbe sfidato a duello, concedendogli con noncuranza il vantaggio di scegliere l’arma.
 
Nostra figlia è tornata a Versailles sana e salva” proseguì Madame Marguerite. “Ed anche il suo attendente è tornato con lei”, aggiunse, sorridendo affettuosamente a Nanny, che con diffidenza continuava a fissare l’ospite, incerta se rovesciargli addosso il tè bollente od offrirgli i pasticcini.
 
Andrè Grandier è il nipote della nostra Nanny”, spiegò il Generale.
 
Ich bin riesig glücklich” tuonò in tedesco. “Sono immensamente felice. Ma i nemici di vostra figlia sono numerosi e potenti ed io penso di potere fare qualcosa per lei”.
 
“Dunque il Grande Oriente di Francia …”  pispigliò il Generale, stringendo gli occhi e sporgendosi verso l’ospite.
 
“Non posso accusare il Duca D’Orleans, ma posso fare in modo che vostra figlia nulla abbia più da temere, ed inoltre ...”
 
Perché?” l’interruppe improvvisamente Marguerite.
 
Perché cosa?” sgranò gli occhi Goethe.
 
Perché volete aiutarla, rischiando la vostra affiliazione alla massoneria?” lo sfidò il Generale.
 
Perché un amore come quello deve vivere al di fuori dei versi di un poeta …”
 
Il Generale temette che il tedesco si fosse innamorato di Oscar.
 
Marguerite invece comprese tutto.
 
“Perché un amore coraggioso, sincero ed immenso come quello per vostra figlia, e ne sono sicuro anche da parte di vostra figlia per …”
 
Il vassoio ricolmo di pasticcini al burro cadde rumorosamente a terra. Nanny si teneva le mani a pugno sulla bocca.
 
“… André deve essere coronato dalla felicità”.
 
* * *
 
Così va meglio?” Le chiese André. “Forse adesso risultiamo meno noiosi e più interessanti?”
 
La furia di André.
 
André che non portava rancore per nessuno. Ma guai a minacciare Oscar. Perché Alba aveva osato afferrare uno stiletto, che teneva celato fra le vesti, e l’aveva lanciato in direzione di Oscar.
 
Oscar l’aveva schivato senza difficoltà. Ma la misura era colma e adesso era André che puntava il filo della spada alla gola della fanciulla.
 
Ed ora prova a convincermi che non sei una folle assassina!”
 
Alba capitolò. Abbassò la spada con un gesto della mano. Si sedette a terra.
 
“Dove eravamo rimasti? Alla notte dell’incendio? La prima notte a Pera. Mio padre mi portò a casa dalla sua moglie turca e tornò giù al porto, per sorvegliare le operazioni di scarico e carico della nave che doveva tornare a Genova. Nessuno badava a me e così scappai. Ma non avendo cibo, né denaro, mi nascosi nelle cantine, per recuperare almeno qualcosa da mangiare. Ero sfinita e mi addormentai. Fui svegliata dal fumo e dalla puzza di pece. La porta esterna della cantina era bloccata. Scappai attraverso la botola per la legna. La casa era in fiamme e le porte erano sprangate dall’esterno. Provai ad aprire una porta di servizio, ma mi ustionai le mani. Però vi giuro che quella notte non urlò nessuno. Nessuno invocò aiuto. Erano già tutti morti oppure lì dentro in realtà non c’era più nessuno? Io mi sarei buttata anche dalla più alta delle finestre, pur di non morire bruciata!
 
Un testimone ti ha visto appiccare il fuoco” la contraddisse Oscar.
 
Un ubriacone, pagato per mentire …
 
Anche tuo padre dichiarò di averti vista” l’incalzò André. “di averti vista ridere, mentre fuggivi!
 
Perché non era forse divertente la situazione?”, ghignò la ragazza “fargli credere che io, Io, avevo sterminato tutta la sua famiglia!”
 
Volevamo aiutarti Alba, davvero. Volevamo crederti, davvero”, mormorò sconsolata Oscar.
 
Alba affondò una mano nell’incavo fra i seni.
 
Bada bene a quello che fai”, la minacciò André, tornando a puntare la spada alla gola di Alba, ma questa trasse solo un foglio ripiegato e malconcio.
 
“Questa è una testimonianza che è stata resa sei mesi fa. Oltre un anno dopo l’incendio.”
 
Oscar prese fra le mani il foglio. Lo spiegò e lo lesse velocemente, aggrottò la fronte e lo porse ad André.
 
Potrebbe essere un falso” suggerì André.
 
I sigilli del dragomanno al servizio dello Shaykh al-Balad del Cairo e del Grand’ammiragliato Cezayirli Gazi Hasan Pascià sembrano autentici” osservò Oscar.
 
Potrebbe essere un falso di Hasan” replicò André, fissando con insistenza Alba.
 
In quelle poche righe, vergate in turco e tradotte in francese e spagnolo dal dragomanno, la matrigna di Alba confessava il suo inganno. Con l’aiuto del suo amante e quella adeguatamente ricompensata della servitù, aveva simulato la tragedia, per poi trovare rifugio in Egitto, con tutto il denaro ricavato dall’ultima commessa del marito.
 
Tuo padre ne è al corrente?” domandò Oscar.
 
“No, non che io sappia. Mio padre ha creduto di avermi generato a sua immagine e somiglianza, se mi ha ritenuto capace di una tale atrocità … non mi interessa essere riabilitata da lui, preferisco che soffra credendo che sua moglie e suo figlio siano bruciati vivi. Per mano mia!”
 
“Se quello che è scritto qui è vero, tuo padre è stato vittima di un piano crudele”, l’incalzò Oscar.
 
“Ha avuto quello che si meritava, anche se la punizione non è ancora sufficiente … tuttavia ripensandoci bene … se adesso gli fosse rivelato che la sua giovane moglie l’ha tradito, ingannato e derubato…quale oltraggio a cotanto orgoglioso mercante!”
 
“E della tua matrigna e del tuo fratellastro, cosa ne è stato?”.
 
Alba scrollò le spalle alla domanda di André. “Non credo che fosse davvero figlio di mio padre, buon per lui. Non mi interessa e non ho voluto saperlo, di sicuro il Grande Ammiraglio ha fatto quello che era meglio …”
 
“Avevi fiducia nel Grande Ammiraglio, eppure ora lo hai appena tradito …” replicò André.
 
“Lui ha tradito me. Ha carpito la mia fiducia. Io gli ho creduto quando mi ha consegnato quel foglio. Era il mio lasciapassare per la libertà, la giusta ricompensa per le ignominie compiute da Alba rossa, Altan, per suo conto. Sei libera, mi aveva detto, ma sapeva che non era così, fintanto che non avessi ritrovato Lorenzo.”
 
“Dobbiamo andare!”
 
Oscar l’aveva quasi urlato. Alzandosi di scatto.
 
“E’ tardi e dobbiamo andare!”
 
“Non volete conoscere il resto della storia?”, chiese sorpresa Alba.
 
“Abbiamo ascoltato abbastanza. Puoi restare qui se vuoi. Se stasera non ti troveremo più, non ti cercheremo.” rispose algida Oscar.
 
Non volete sapere chi è il padre del figlio che porto in grembo?”
 
Noi non vogliamo niente da te, Alba”. Questa volta era stato André a parlare. Scosse la testa, con un ampio gesto accomodò un mantello sulle spalle di Oscar ed insieme lasciarono il casotto.
 
Non si avvidero che il sacchetto di velluto contenente la polvere di radici di aconito cadeva incustodito a terra.
 
* * *
 
Era ormai pomeriggio inoltrato, quando Oscar e André giunsero sul viale che conduceva a Palazzo Jarjayes. Rallentarono l’andatura, conducendo i cavalli al passo.
 
Uno strano silenzio avvolgeva il palazzo, immerso nella luce calda ed abbagliante del sole di luglio.
 
Oscar ricordò un altro giorno.  Un giorno d’inverno, un inverno freddo, umido e spoglio di fine febbraio.
 
Oscar rabbrividì, ricordando quel giorno.
 
André era stato ferito dal cavaliere nero, per colpa sua. Una ferita grave all’occhio sinistro, solo per colpa sua, del suo arrogante orgoglio.
 
Non aveva saputo leggere nei gesti e nei silenzi di André che lui non sarebbe mai stato capace di battersi infierendo su un uomo di cui in cuor suo condivideva gli ideali.
 
Per Oscar era solo un ladro. Per André era un eroe che rubava ai ricchi cortigiani di Versailles per donare ai poveri di Parigi.
 
Quel giorno, sempre a causa del suo egoistico orgoglio, aveva lasciato André ferito e febbricitante e si era lanciata nella sua caccia al Cavaliere Nero, fino a Palais Royal, senza avvisare nessuno.
 
Oscar ricordò i giorni che seguirono. Le cornacchie che volavano basse in cielo. Il loro gracchiare arrivava fino alla sua misera cella.
 
Erano passati poco più di quattro mesi, eppure le sembrava che fosse trascorsa una vita intera.
 
André aveva trovato la sua prigione e l’aveva vegliata ed accudita, mentre delirava. Poi il ricatto ignobile del Duca d’Orleans e la partenza per mare, verso Oriente.
 
Le sembrò di percepirlo, il profumo salmastro del mare, mentre André si sporgeva dalla sella verso di lei. “Siamo tornati a casa”, le disse confondendo sillabe e baci sulle sue labbra.
 
Un colpo di tacchi ed i cavalli al trotto varcarono il cancello.
 
* * *
 
Una settimana dopo, allo scoccare della mezzanotte, il Colonnello Oscar François de Jarjayes varcava la soglia di un altro palazzo: Palazzo Girodelle.
 
Apparve fasciata in una divisa dal taglio impeccabile, blu reale e con bianchi stivali immacolati, la figura slanciata, i riccioli biondi all’altezza delle spalle.
 
Apparve. Perché quello fu per Victor Clément Florian de Girodelle. Un’apparizione.
 
Al suo fianco, solo un passo indietro, camminava André Grandier, con i gradi di capitano in una divisa dello stesso blu, gli stivali neri ed un fucile in spalla.
 
Goerso per un attimo si crucciò. Poi colse lo sguardo affettuoso di André. Il luccichio negli occhi di Oscar.
 
Oscar aveva abbandonato il suo incarico alla Guardia Reale. Ma non poteva abbandonare il suo incarico a servizio della Francia.
 
Dopo avere ceduto al Duca d’Orleans la seconda parte dei progetti del lume perpetuo del Conte di Saint Germain, non poteva cedergli altro campo, non poteva cedere anche le armi.
 
Tutto questo stava spiegando a Girodelle e Goerso, mentre li ringraziava dal profondo del cuore del loro prezioso aiuto.
 
Poi Oscar sfilò con noncuranza i guanti bianchi. Il palmo della mano destra era fasciato, mentre una sottile fede d’oro le ornava l’anulare sinistro.
 
Girodelle non nascose un moto di sorpresa. “Ma voi …” balbettò.
 
Non è nulla, Victor, solo un graffio
 
Goerso sorrise, trattenendo un moto di felicità e pensando che Oscar era davvero priva di qualunque malizia.
 
Lo sguardo di Girodelle corse allora alla mano sinistra di André, ma era nascosta perché reggeva la tracolla del fucile.
 
Proprio oggi”, li informò Oscar “abbiamo preso servizio a Parigi”.
 
Oscar avrebbe preferito un incarico in marina, ma solo il comando di una compagnia della Guardia Francese era vacante”, spiegò André.
 
Vi ringraziamo per avere scortato le casse fino a qui. Domani le dovremo consegnare al Duca d’Orleans.” aggiunse Oscar.
 
“Abbiamo preso servizio. Vi Ringraziamo. Dovremo consegnare”. Oscar parlava di sé al plurale oppure …? notò con disappunto Girodelle.
 
Mi hanno raccontato del vostro quasi matrimonio. Un altro ricatto del Duca, immagino. Volete davvero consegnargli il lume perpetuo?”
 
Consegniamo il lume, perché solo così chi lo ha ceduto a noi potrà riscattare la sua libertà. E non c’è stato nessun matrimonio contro la volontà di Oscar. Non l’avrei mai permesso”, rispose freddamente André.
 
Lei non è Oscar, Lei è la Contessa De Jarjayes!” esclamò indignato Girodelle. “E poi che arrogante modo di parlare, da parte di un servo …‘Consegniamo ... Noi ... Non l’avrei mai permesso’ Addirittura! Quale merito accampi? Chi pensi di essere, André, solo perché qualcuno è stato tanto scellerato da assegnarti i gradi di capitano?”
 
André tacque. Conosceva e comprendeva le ragioni della gelosia di Girodelle, anche se non provava compassione per lui. “Amare è meraviglioso, anche se il proprio amore resta celato e non è ricambiato. Vivere senza amare, quella è una condanna per cui provare compassione”, pensò.
 
Fu Oscar a rispondere. “Lo stesso che vi ha confermato al comando della Guardia reale al posto mio.”
 
Girodelle chinò la testa.
 
“Io vi sono riconoscente, Victor”, continuò Oscar. “Ma non fate finta di ignorare le ragioni per le quali Sua Maestà il Re lo ha promosso al grado di capitano. Sono sicura”, proseguì rivolgendo uno sguardo a Boniface, “che il vostro fido attendente abbia avuto tempo e modo di mettervene a parte”.
 
Oscar non si sbagliava. André era stato arruolato con il grado di capitano perché a rischio della sua stessa vita aveva protetto il colonnello e la famiglia Jarjayes, ingiustamente calunniata, ed un illustre letterato, Johann Wolfgang von Goethe, aveva prodotto le prove della condotta eroica e coraggiosa di entrambi.
 
Ma quello che neppure Boniface poteva sapere, era che quel giorno all’alba, prima di prendere servizio ma già vestiti delle loro nuove uniformi, in una piccola chiesa sulla strada per Parigi, erano stati uniti in matrimonio.
 
Piuttosto”, proseguì Oscar “Devo annunciarvi che André ed io siamo marito e moglie.
 
Immagino che le loro Maestà abbiano benedetto questo matrimonio”, commentò sconfitto Girodelle.
 
 “Il Re ci ha concesso di contrarre matrimonio morganatico” rispose André, mentre calmo e risoluto appoggiava il fucile ed allungava un braccio per cercare la mano di Oscar.
 
Un anno dopo, all’alba del 13 luglio, Oscar e André, ignari di avere concepito, in una notte d’amore fra le lucciole, il figlio tanto desiderato, cavalcavano alla volta di Parigi.
 
 
* * *
 
Edo, anno secondo dell’Imperatore Kansei, kayōbi, jūsan-nichi del mese di Uzuki [martedì, 13 aprile 1790].
 
Shunrō si stava dannando per rendere vivida e vera la straordinaria sfumatura di biondo di quei capelli. Anche se non era la prima volta, non era abituato a dipingere gli occidentali, dai colori e dai lineamenti tanto diversi da quelli della sua gente.
 
Era stato più semplice rendere giustizia alla folta chioma scura dell’altra figura, i cui occhi dolenti e malinconici gli avevano tuttavia straziato il cuore.
 
Dipingere significava compenetrarsi nell’anima del proprio modello. Talvolta significava soffrire altrettanto, ascoltando silenziose confidenze.
 
La coppia dei suoi committenti era felice, ma non quanto avrebbero voluto, giacché ciascuno celava dentro di sé cicatrici invisibili anche agli occhi innamorati dell’altro.
 
Gli occhi. Il bianco degli occhi. Il bianco.
 
Mancava il bianco.
 
Intinse la punta del pennello nel bianco. Ora quel biondo algido era perfetto.
 
Shunrō ripensò ad una diversa sfumatura, più calda. Ad una chioma diversa, più folta. Alla prima volta che aveva dipinto una capigliatura color del sole, un mese prima.
 
Negli ultimi giorni di posa aveva osato chiedere di raccontargli la vita prima di allora. “Giacché per dipingere è necessario comprendere”, così si era giustificato.
 
Shunrō non aveva solo ascoltato. Era stato molto di più. Era come se fosse stato là anche lui, il 13 ed il 14 luglio 1789, fra il clangore delle picche, l’odore intenso della polvere da sparo ed il fumo acre degli incendi.
 
All’alba del 13 luglio avevano deciso di disertare, disobbedendo all’ordine di reprimere la rivolta, per unirsi al popolo. Mentre assieme a buona parte dei soldati della compagnia cercavano di raggiungere Bernard ed i suoi uomini, un cecchino alemanno, nascosto dalle spalle di un ponte, aveva centrato André in pieno petto.
 
Era mancato il fiato, nel momento in cui la pallottola lo aveva colpito.
 
Oscar si era dannata. Riversa sul corpo esanime dell’uomo amato, la divisa blu imbrattata di sangue, come nella sua visione.
 
Voi non mi crederete, Shunro, ma l’avevo sempre saputo, eppure mi ero convinta che non sarebbe mai potuto accadere.”
 
Un soffio di bianco, diluito nell’acqua distillata.
 
Il pittore aveva dipinto il colore degli occhi di lei, macerando bacche di ligustro e pistilli di fiordaliso. E quel soffio di lacrima, che al solo ricordo di quel momento tragico, pareva offuscarne lo sguardo cristallino.
 
Nessuno sa come fu possibile, ma la pallottola mancò il cuore, mancò l’aorta, mancò qualsiasi organo vitale, trapassò la spalla ed uscì in un fiotto di sangue. Il dottore che gli ricucì la ferita si fece il segno della croce e gridò al miracolo.
 
Shunrō il quale se poteva evitava di usare il color carminio, perché gli rammentava il sangue, chiuse gli occhi.
 
Doveva succedere. Doveva accadere”. La voce calma ma profonda di André fece sussultare Shunrō che si fece sfuggire dalle dita il pennello.
 
André lo raccolse e, porgendolo all’artista, proseguì.
 
Il giorno dopo sei cannoni dei disertori della Guardia francese, agli ordini di Oscar, e con il fuoco di copertura di Alain, Lasalle e tutti gli altri, bombardarono la Bastille fino alla capitolazione.”
 
Nonostante fosse costretto a letto dalla febbre ed intontito dal laudano, sfuggì alla sorveglianza di Rosalie” aggiunse Oscar, senza nascondere un certo piglio severo.
 
André le sorrise.
 
Il verde degli occhi di lui, Shunrō lo aveva reso con la polvere di malachite. Decise di mischiarla con una punta di orpimento, per rendere onore al calore di quello sguardo.
 
Mentre raggiungevo la Bastille vidi la testa del governatore de Launay infilzato su una picca. La stessa sorte era capitata ad alcune delle sue guardie. Ma un orrore più grande mi attendeva.”
 
Shunrō abbassò il pennello, in attesa del seguito.
 
“Giunsi alla Bastille attraversando Place de Grève, dalla parte opposta a quella in cui si trovavano Oscar ed i nostri compagni. L’avevo appena intravista e cercavo di farmi strada fra la folla per raggiungerla, quando scorsi il piccolo gruppo di prigionieri che erano stati liberati e che si guardavano intorno confusi. Tutti tranne uno”.
 
Il Duca di Germain. Un anno di prigionia non era bastato a piegarlo. Il compare che aveva vicino strillava e si dimenava, eccitato da tutta quella confusione, un altro fissava smarrito i rivoltosi che volevano portarli in trionfo, mentre altri quattro cercavano un modo per eclissarsi.
 
“Anche lui aveva visto Oscar. Aveva sottratto una picca e si stava lanciando contro di lei, per colpirla a tradimento alla schiena”.
 
André sospirò ed esitò un istante. Poi riprese.
 
“Fu allora che l’ho ucciso.”
 
L’aveva ucciso con un colpo di pistola al cuore. Fissandolo dritto negli occhi, un istante prima di fare fuoco, per assicurarsi che lo riconoscesse e che udisse la sua condanna a morte: “Per Oscar. E per il piccolo Pierre”.
 
“Ed hai rischiato di morire, di nuovo. Per colpa mia”.
 
Oscar si era alzata dallo scranno sul quale stava posando accanto ad André. Ogni tanto il ricordo del dolore di quei giorni la coglieva all’improvviso, togliendole ancora il fiato. Si avvicinò alla finestra, ed inspirò l’aria fresca che proveniva dal giardino del pittore. La primavera era arrivata presto, i ciliegi erano quasi in fiore.
 
Fiori bianchi con una sfumatura di rosa.
 
La ferita si riaprì e si infettò. Rimase fra la vita e la morte per tre giorni.
 
Fiori rosa annegati in bianche lacrime.
 
Ma poi sono tornato da te. E’ tutta una vita che siamo insieme, non potevo certo lasciarti sola, proprio allora.”
 
Lo disse con un filo di voce ed improvvisamente dimentico della presenza del pittore, si alzò, la fece voltare e l’abbracciò stretta al suo petto.
 
“Doveva succedere. Doveva accadere. Se non fossi stato ferito dal cecchino, quel giorno non mi sarei trovato dalla parte opposta rispetto a quella in cui mi sarei trovato se avessi armato i cannoni accanto a te o ai miei compagni. Non avrei notato il duca di Germain e forse…”
 
Shunrō, il quale non credeva al destino, corrugò la fronte.
 
Però credeva alla magia e avrebbe creduto ad André se gli avesse rivelato quello che André aveva confidato a Leopoldo, quando a Edo si erano ritrovati.
 
Durante gli strani risvegli che talora interrompevano il sonno profondo in cui era piombato in quei tre giorni, aveva scorto il libricino di John Dee che Leopoldo gli aveva donato brillare nel buio, accanto al cuscino su cui Oscar posava il capo mentre lo vegliava. Solo che non avrebbe dovuto trovarsi lì.
 
Lo aveva cucito di nascosto nella fodera della giacca dell’uniforme di Oscar, che inconsapevole si era lamentata di quanto fosse diventata insolitamente pesante.
 
Non credeva alla leggenda raccontatagli da Bernard, ma se avesse garantito davvero di vivere cent’anni, André non poteva di certo tenerlo per sé.
 
Non lo aveva con sé quando il cecchino lo aveva ferito, eppure aveva funzionato lo stesso.
 
Lo aveva indosso Oscar, il giorno della presa della Bastille ed in qualche modo l’aveva protetta.
 
Perché se brillava nel buio era perché una pallottola si era conficcata nella carta.
 
Leopoldo aveva annuito, soddisfatto. Non aveva sprecato il suo dono.
 
Proprio a quella conversazione stava ripensando Leopoldo, mentre accanto alla sua Hermione posava per il loro ritratto commissionato a Shunrō, che pensava ai biondi capelli di Oscar.
 
E mentre Leopoldo era perso in quel ricordo ed Hermione ai ricordi cercava di sfuggire, ecco che era arrivato un fanciullo.
 
Un messaggio per Leopoldo -san”, annunciò.
 
Leopoldo aprì il rotolo di carta di riso, sorrise, guardò Hermione e poi Shunrō.
 
Credo che presto vi sarà commissionato un altro ritratto. Oggi è nato il figlio di Oscar e André. Un maschio.”
 
Ecco… quell’altra coppia di europei, amici di Leopoldo ed Hermione, ecco, quella coppia non era semplicemente felice.
 
Vivevano pienamente ogni respiro, solo perché l’altro gli era vicino.
 
L’aveva visto, l’ultimo giorno di posa, lui abbracciare stretta lei e poi sussultare e ridere assieme perché il bimbo nel grembo di Oscar aveva scalciato.
 
Shunrō si mise a vagheggiare sui colori del bimbo.
 
Si immaginò una creatura allo stesso tempo pallida e radiosa, come la luna piena. Bianco d’argento. Giallo oro nel biondo dei capelli. E senza sapere perché, vide le lucciole brillare nel verde degli occhi.
 
 
FIN
 
* * *
 
 
Larga la foglia, stretta la via, dite la vostra che ho detto la mia. Però ... devo aggiungere qualcosa
 
  • Di Fersen, Maria Antonietta e di Luigi XVI, di Robespierre e di Saint Just, e pure di Abdül Hamid I, i libri di storia hanno raccontato il resto.
 
  • Nei libri di storia però non si racconta che prima di salire sul patibolo Luigi Capeto aveva baciato il cameo che racchiudeva il ritratto di Maria Antonietta e dei suoi figli. E riletto con le lacrime agli occhi l’ultima lettera di Alba.
 
Mio caro Amore,
 
mi perdonerete se a Voi non mi rivolgo come ci si rivolge ad un Re. Mi rivolgo a voi come mi rivolgerei all’unico uomo che ho amato, oltre a voi.
 
Perché sì, vi ho amato, ma avrei tradito il re e per non tradire il re ho dovuto farvi il torto di fuggire.
 
L’ultima volta che mi avete amata, con la tenerezza e la passione che solo in un’altra vita ho conosciuto, non ho pensato più al passato ed ho amato voi, solo voi, sinceramente.
 
Ma per me è troppo tardi. Aspetto un figlio e non è il vostro. Il mio grembo era già gravido quando vi conobbi ed a Corte vi avrebbero dileggiato, anche se non dubito che avreste amato quel figlio come se fosse vostro.
 
Perché è nella vostra natura.
 
Perché è nella vostra natura essere clemente, e temo che questo vi perderà.
 
Nella mia natura, invece, brucia un desiderio di libertà e di vendetta che nonostante i miei sforzi non riesco a spegnere.
 
Non so se sia l’alba o il crepuscolo. Ma devo andare. E spero che presto sarò libera come quell’uccellino blu, che sta cantando qua fuori dal mio nascondiglio.
 
Affido queste righe al mio confessore, perché costretto dal sacro vincolo della confessione troverà modo di farvele recapitare senza recarvi nocumento.
 
Ora sapete chi sono. E dato che sapete chi sono, non cercatemi.
 
Addio.  
 
Per sempre vostra, A.
 
 
  • Nell’autunno del 1789, il Generale e famiglia trovarono rifugio in Inghilterra.
 
  • Nanny preferì seguire i suoi bambini in Giappone, dove divennero celebri i suoi anpan farciti con crema pasticcera alle mele.
 
  • Anche Cesar ed Alexander si imbarcarono con loro, ma si mangiarono l’intera scorta di mele di Nanny.
 
  • Goerso se ne tornò nel suo paesino di pescatori, stretto fra il mare e la collina, tra un’isola ed un promontorio in un placido golfo.
 
Appagato a sufficienza ed invero annoiato da cotanta tranquillità, cinque anni dopo, raggiunto da una lettera partita un anno prima, abbandonò tutto e s’imbarcò su una nave in rotta per l’oceano Pacifico.
 
Dopo qualche traversia raggiunse anche lui il Giappone ed Edo, dove insegnò a Nanny la ricetta della focaccia al formaggio, al primogenito di Oscar e André a tracciare una rotta ed alla secondogenita (!) a nuotare.
 
  • Leopoldo Giorgio Rákóczi ed Hermione, dopo essersi fatti ritrarre da Shunrō, partirono di nuovo e proseguirono il loro viaggio in Oriente. 
 
Giunti infine sul Monte Wutai, sull’ultima terrazza del tempio Nanshan, Hermione raccontò dei suoi anni perduti lontano da lui. Decisero di tornare indietro.
 
Indietro dove?
 
Questa è un’altra storia.
 
 
  • Il Capitano Zane conquistò la sua vendetta. Agli ordini dalla flotta del Viceré del Regno di Sicilia, il capitan generale Francesco d'Aquino, principe di Caramanico, il suo brigantino scovò ed affondò il Rais Henel Alvagi.
 
Quando se lo trovò davanti, stracciato e ferito, gli sputò in faccia, girò sui tacchi e se ne andò.
 
  • Il Grande Ammiraglio dell’Impero Ottomano, Cezayirli Gazi Hasan Pascià, combattette nella guerra russo turca. Sopravvisse alla battaglia navale dell’Isola dei serpenti ed alla prigionia dopo la caduta di Özi, ma finì per morire lontano da un campo di battaglia, nel marzo del 1790, alla venerabile età di settantasette anni.
 
Quel mattino, una fanciulla pallida, con i capelli neri e gli occhi a mandorla di un dorato castano aveva insistito di vederlo, pare per fargli conoscere suo figlio, un bimbo di poco più di un anno.
 
Forse il cuore cedette per lo stupore di riconoscere i suoi stessi occhi in lui, che di gioia, pentimento, emozione od amore non poteva trattarsi.
 
Forse il cuore cedette perché la fanciulla l’ingannò e mentre era distratto dai gorgheggi di quel bimbetto florido, sciolse scaltra la polvere di radici di aconito nel tè con il quale stavano negoziando una tregua.
 
Poi la fanciulla … puff! svanì nel nulla, assieme a quel figlio, appena reso orfano di padre, che aveva chiamato Lorenzo.
 
La fanciulla svanita nel nulla ricomparve di nuovo a Candia. Da lì ripartì per cercare il suo vero amore, ma se l’abbia ritrovato o no, se esistesse davvero oppure no, è un’altra storia.
 
  • Victor Clément Florian de Girodelle rischiò di essere rinchiuso alla Bastille, dopo essersi sottomesso il 23 giugno 1789 alla volontà del suo ex comandante.
 
Complice il suo fido Boniface, fuggì a Marsiglia dove si imbarcò anche lui per l’Oriente, ma si fermò a Tenedo, dove rintracciò e sposò quella certa amica di Goerso… Vissero felici e contenti, se si eccettua il giorno in cui l’idea di chiamare Oscar la loro prima figlia femmina, trovò la moglie in composto ma assai deciso disaccordo.
 
  • Anche del Duca d’Orleans i libri di storia hanno raccontato il resto. Comunque, il lume perpetuo non l’ha mai acceso. Chissà se le casse ed i progetti giacciono da qualche parte dimenticati nei sotterranei di Palais Royal …
 
  • Johann Wolfgang von Goethe tornò a Weimar. Si narra che sul suo letto di morte, quarantaquattro anni dopo, abbia sussurrato Mehr Licht (più luce).
 
Ma davvero?
 
  • Ed a proposito di luci e lumi più o meno perpetui, Lazzaro Spallanzani e Domenico Sestini avevano quasi raggiunto Dendera, la loro destinazione sulla riva occidentale del Nilo in Alto Egitto, quando una tempesta di sabbia, fuori stagione e cocente e rossa più del sangue avvolse il tempio di Hathor. La loro guida gridò alla maledizione ed i portatori si rifiutarono di proseguire. I fondi erano finiti e furono costretti a tornare indietro.
 
Spallanzani a Pavia, a compiacersi della propria assoluzione e della condanna del calunniatore, poi a peregrinare in cerca di nuove scoperte, ma senza un vero entusiasmo e senza spingersi oltre le coste italiane.
 
Sestini si spinse invece oltre i confini, in Valacchia, Ungheria e Mesopotamia.
 
Non si incontrarono mai più. Non si scrissero mai più. Non si sopportavano più. Ma quando scoppiò la rivoluzione pensarono entrambi ad Oscar e André ed all’insaputa l’uno dell’altro pregarono per loro.
 
  • Tuttavia, quando nel 1810 visitò Parigi, Sestini cercò notizie di Oscar e André e trovò un tenente dell’esercito napoleonico, un tale Gerard Lasalle, che con orgoglio ricordò di averli conosciuti.
 
Il giorno precedente a quelli in cui il popolo prese la Bastille, lei mi salvò la vita, ferendo un cecchino che mi stava per sparare. Non fummo così fortunati al ponte successivo, quando un altro maledetto cecchino colpì André. Quel giorno desiderai con tutto il cuore di essere io al posto di André, affinché lei smettesse di disperarsi.”
 
Qualcuno li aveva raggiunti. Lasalle si era messo sull’attenti.
 
“La nostra comandante urlava ordini e sussurrava parole d’amore. Allo stesso tempo.”
 
A parlare era stato un uomo moro, alto ed imponente, con un fazzoletto rosso al collo, che stonava sulla divisa con i gradi di capitano.
 
“Ma André quel giorno non aveva nessuna intenzione di morire, davvero nessuna, e forse anche lassù nessuno voleva vederlo morire. Nemmeno l’Essere supremo che Robespierre ci ha fatto adorare cinque anni dopo. Perché la pallottola non l’ha ucciso, ma …” aveva ripreso il racconto Lasalle.
 
“ma … vedete a quella distanza il cecchino non poteva sbagliarsi. Se volete posso mostrarvi il luogo dove tutto è successo.”
 
E fu così che Sestini seguì Alain Soissons lungo la Senna.
 
Ma pure questa è un’altra storia.
 
  • Bernard si mise a scrivere feuilleton d'amore, che  Rosalie puntualmente correggeva e di solito riscriveva, aggiungendo giusto un po’ di pathos (con discreto successo).
 
  • Shunrō (più tardi conosciuto anche come Katsushika Hokusai) lasciò in legato ad Ōi, la sua figlia più giovane, la copia del dipinto che il padre considerava il suo capolavoro, il ritratto di una coppia di giovani europei (un gentiluomo moro dagli occhi verdi e la sua incantevole moglie, in dolce attesa), ed una storia.
 
Katsushika Ōi lasciò il legato al figlio, ed il figlio a sua figlia, fino a colui che reduce dalla seconda guerra mondiale lo lasciò a sua figlia, che …
 
 
FIN sul serio FIN

 
PS: Bisogna riporre sempre la pazienza nel proprio cuore. Anche in presenza di un destino avverso, se c'è la pazienza, in qualsiasi situazione, la sfortuna cambia in fortuna  
(Li Ruzhen)
  
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