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Autore: fiore di pesco    02/01/2024    4 recensioni
Erika è una donna di trent'anni che nella sua vita ha messo la carriera davanti a qualsiasi altra cosa.
Resta coinvolta in un incidente d'auto e si risveglia su un treno dall'aspetto insolito: è composto da un unico vagone che non ha né un inizio né una fine, ogni cabina ha un aspetto diverso dalle altre, alcune sono illuminate, altre sono spente e dai finestrini non si scorge il paesaggio esterno, bensì un cielo stellato.
I passeggeri le riveleranno chi sono e il triste motivo per il quale si trovano lì... la priorità è fuggire e trarre in salvo i suoi amici, ma come?
Una storia che unisce scenari reali a soprannaturali, onirici, viaggi e fatti storici. Adatto a chi apprezza la lore pagana, il mistero e l'investigazione.
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 30, A presto

“Erikaaaa questa è degli Scorpions!!” urla Mikaela per sovrastare il rumore assordante delle casse che hanno appena intonato Wind Of Change tra un boato di urla di apprezzamento da parte del pubblico.

Tra meno di mezz’ora sarà capodanno del 2020 e abbiamo deciso di passarlo tra amici in un locale in centro che propone una serata a tema anni 80-90 e ha una terrazza esterna da cui sarà possibile vedere i fuochi d’artificio a mezzanotte. Questa discoteca permette di acquistare bevande alcoliche senza dover impegnare la casa e ha disponibilità di navette per riportare a domicilio chi ha alzato troppo il gomito per mettersi al volante. In pratica abbiamo intenzione di ridurci da fare schifo e non ci vergogniamo di esserne pienamente consapevoli, dato che stasera si festeggia la fine di un grande anno.

Nel 2019 abbiamo finalmente avviato la nostra società in nome collettivo. Io, Carmen e Mikaela, socie in parità con due dipendenti: Marko e, da poche settimane, un’altra ragazza di nome Susy, che ci sta aiutando con le chiusure aziendali di dicembre perché avevamo davvero troppa carne al fuoco per riuscirci in quattro. Presto dovremo assumere anche una segretaria perché trasmette una sensazione di maggiore affidabilità e soprattutto è terribile essere continuamente interrotte mentre si calcolano le varie operazioni contabili solo per rassicurare i clienti più ansiosi che telefonano ad ogni ora. Si impiega davvero troppo a tornare concentrati ed è stancante.

Ci occupiamo di clientela privata e piccole e medie aziende. Consulenze, dichiarazioni d’imposta, assistenza per investimenti e soprattutto un rapporto onesto con i clienti e un occhio di favore per chi non riesce a permettersi un consulente del nostro livello a causa dei prezzi troppo elevati.

I guadagni in principio non sono stati molto consistenti, però siamo riuscite a portare con noi una buona parte di goodwill: clienti che avevamo fidelizzato nelle precedenti aziende per cui lavoravamo e che hanno scelto di seguirci. Chiaramente non si trattava delle grandi aziende milionarie per cui facevo i conti alla SoverCarter, anche perché non avevano idea di chi fossi: era sempre Wilfcarter a firmare tutto e il mio nome appariva in una postilla in fondo al gran cavolo che gliene fregava.

In realtà, il motivo per cui avremo bisogno di una segretaria è per fare affiancamento a Carmen e Mikaela, che gestiranno per intero il rapporto con la clientela. Io, col mio cipiglio da aquila, sono stata considerata poco idonea a trattare con la gente… tutto ciò è assurdo.

“Ho avuto a che fare con molti più clienti di voi due messe insieme negli ultimi quattro anni.” mi difesi un giorno che eravamo nello studio d’emergenza che altro non era che il vecchio appartamento di Mika.

“Non lo mettiamo in dubbio ma tu… non ti trucchi, hai sempre uno sguardo calcolatore, trasmetti una sensazione un po’…” aveva tentato di esporre Mikaela con delicatezza.

Carmen aveva tagliato corto. “Prima eri una gatta selvatica, ora sembri più che altro una leonessa pronta a staccare la testa al prossimo. Lascia a noi la gente comune, tu pensa al a quelli di alto profilo, non ti addossare tutto il lavoro.”

Quella sera ne avevo parlato animatamente con Lukas, mentre provavo a calmarmi accarezzando compulsivamente il mantello aranciato di Laika. “Non mi va più di impiastricciarmi la faccia e fingere che mi piaccia ascoltare i fatti degli altri. Sono finiti i tempi in cui inculavo il prossimo e dovevo fare buon viso a cattivo gioco. Io sono lì per risolvere problemi, e lo faccio egregiamente. Non è dal mio aspetto che andrebbe valutato il mio potenziale, ma dai risultati che ottengo.”

“Amore…” aveva risposto sfinito, dopo più di un’ora di monologo da parte mia. “Lascia che facciano quello che vogliono, che ti importa? Hai un sacco di tempo libero, trovati un hobby o che so… uno sport, una vacanza insieme? Godiamoci un po’ la vita.”

Facile a dirsi. La casa era sempre in ordine, l’auto perfetta, il lavoro andava bene… e io mi ritrovavo spesso davanti alla mia scrivania a fissare lo schermo luminoso del mio portatile senza vederlo davvero. Mi sentivo come se mi mancasse qualcosa di essenziale, come se mi avessero portato via qualcosa senza la quale vivere non ha più senso. Una missione interrotta nel momento più eclatante, e anche la mia memoria. Sono certa di aver dimenticato qualcosa di importantissimo, qualcosa che metterebbe il punto conclusivo agli eventi del 2018. Se sapessi cos’è successo potrei metterci una pietra sopra e andare avanti. Ho tanti dubbi in mente a cui tento di non pensare.

A metà del 2019 sentii di essere prossima alla depressione, così scrissi a Nores Vesgardia e mi offrii volontaria presso Nuestra Voz, come scrittrice di articoli e anche per un’eventuale indagine sul campo. Nores ne rimase estasiata e mi procurò un po’ di materiale su cui lavorare e quando Lukas lo scoprì, beh, pensavo avrebbe fatto più casino e invece fu tutto sommato abbastanza comprensivo. Disse che dopo quello che gli avevo fatto passare nell’anno precedente, dedicare qualche weekend a spasso per intervistare vittime di dissapori sociali e scrivere articoli sotto pseudonimo non era niente di grave. Spezzava la routine, aggiungendo un pizzico di pepe ad una vita che non sarebbe mai più stata davvero normale.

La SoverCarter è in vendita: nell’ultimo anno e mezzo ha perso la metà dei suoi dipendenti ed era prossima al fallimento. Per evitare di far svalutare ulteriormente l’azienda, Soverer e Wilfcarter hanno deciso di andare in prepensionamento e vendere la fiduciaria al miglior offerente. Thomas, una mia vecchia fiamma, oddio… chiamarlo fiamma è azzardato, un vecchio fiammifero, si è offerto di acquistarla. Se dovesse andare in porto, so già che avremo pane per i nostri denti, anche se una volta l’ho incontrato in banca di sfuggita e quando mi ha vista ha abbassato lo sguardo come se si vergognasse. Forse anche lui era una vittima dello spirito della SoverCarter?

Nonostante tutto, i due direttori non sembravano troppo dispiaciuti dalla situazione e anzi, Soverer ha deciso di trasferirsi. Portogallo, da quanto ho capito.

Lukas si vanta di essere stato il nostro primo cliente e ha chiuso il suo primo anno contabile con l’officina in positivo, il che è abbastanza insolito perché i primi anni di norma c’è poco profitto, ma si vede che sono bravi nel loro lavoro.

Adesso dimostra tutti i suoi trentadue anni suonati. Molto amabilmente ha fatto intendere che i capelli bianchi glieli ho causati io con gli eventi di un anno fa, quando ricevette una chiamata dalla polizia che si rivelò non essere mai stata fatta. Si presentò alla centrale Sud Ovest e gli venne detto che doveva trattarsi di uno scherzo telefonico. Si ricordò delle telefonate fantasma che aveva ricevuto anche Ryan, l’investigatore, e capì di essere stato ingannato.

Anche se tornò prima che poté, Sahmain era già cominciato.

La porta d’ingresso di casa era sfondata, l’impianto elettrico era bruciato, molti mobili erano stati danneggiati, Laika abbaiava idrofoba ancora chiusa nel bagno di sotto e perfino la porta della nostra camera da letto era rotta. Il parquet era carbonizzato come se qualcuno avesse appiccato un fuoco circoscritto che non aveva emesso fumo dato che l’allarme antincendio non era mai saltato, anche se pure il sistema elettrico d’emergenza era andato… ma i medici assicurarono che non avevo respirato fumo. L’assicurazione ha avuto il suo bel da fare per far sostituire tutto quel rovere… ma la cosa che non mi spiegai fu che mi trovò sul letto, non per terra dove sarei dovuta cadere.

“Sei sicuro che fossi sul letto? Non sono mai andata sul letto, ne sono certa.”

Scosse la testa, frustrato. “Sì, eri lì. Vestita, sdraiata sulle lenzuola ancora in ordine, come un cadavere nella bara. Sono morto anche io, quando ti ho vista.”

Alzai gli occhi al soffitto. “Certo che anche tu, con sti paragoni… Ma chi mi ha messo sul letto? Di sicuro i demoni non entrano a sfasciarti casa per poi rimboccarti le coperte.”

“Amore… ma io che cazzo ne so?” in effetti

Fui ricoverata per una settimana dato che, anche se mi svegliai dopo nemmeno 24 ore, i medici vollero trattenermi per sospette complicazioni cardiache.

Le conseguenze delle azioni di Lukas si palesarono ancora prima del mio risveglio: gli hanno ritirato la patente per guida pericolosa e gli hanno fatto una multa tanto salata che ancora adesso è un argomento off-limits. Appiedato a tempo indeterminato, anche se siamo riusciti a scendere a patto con la procura, spiegando che aveva agito in quel modo perché preoccupato per le mie condizioni di salute. Resterà senza patente almeno fino al 2021… ma se non altro smetterà di essere lo zimbello dei meccanici: colui che ripara le auto ma non può guidarle.

Non ricordo bene cosa è accaduto l’ultima volta che sono andata sul treno, ma so che anche Frank è riuscito ad evadere. Frank aveva… ahia! Mi tocco la fronte per cercare di dissipare il dolore della fitta che mi ha appena attraversato il lobo occipitale.

Questo dolore mi coglie spesso. Ogni volta che ripenso a cosa deve essere accaduto quella notte, per quanto mi sforzi non riesco a ricordare niente. L’istinto mi dice che è andato tutto per il meglio, è finita, mi sento davvero al sicuro come non lo sono mai stata prima e a volte penso quasi che il mio sesto senso non funzioni più perché ho sempre buone sensazioni e molto di rado ne ho di negative, come se il male si tenesse molto a distanza da me. Forse gli spiriti credono ancora che io abbia i poteri e si tengono alla larga? Meglio così, ben s’intenda, ma non credo che sia questa la ragione.

Ne parlai con Mikaela, che mi fermò repentina e visibilmente impaurita. “Ery, smettila di focalizzarti su cosa sia successo o non successo quella notte. Ricordi cosa ti disse la nonna? Se avessi dimenticato tutto probabilmente non ti sarebbe accaduto niente, ma il fatto che tu abbia insistito tanto ti ha fatto tornare la memoria e da lì è partito tutto il casino.”

“Sarà, ma…” mi strinsi nel cardigan, meditabonda. “Qualcosa mi dice che non è andata proprio così. Io non riesco a darmi pace…”

“Perché sei sempre incline a unirti ai sospesi, nonna te lo disse!” proseguì convinta. “Smettila di pensarci, ora sono tutti salvi, basta.”

Forse dovrei seguire questo consiglio reiterato dalla nuova generazione di streghe della famiglia Kenneth, anche se… A volte, quando sto lavorando da sola o sto facendo una passeggiata con Laika al parco mi sento osservata e ricomincio a pensarci. Non con un cattivo presentimento, solo un dato di fatto su cui tento di non soffermarmi. Se avessi la Vista potrei vedere chi…

È appena partita Angel of the Morning di Juice Newton e Mikaela mi urla in un orecchio che questa piaceva un sacco a sua nonna.

Brianna, te ne sei andata da più di un anno e ancora riesci a stupirmi.

La mia mentore mi manca parecchio, quasi come se avessi perso mia nonna. Avrei voluto conoscerla meglio, ascoltarla era quasi ipnotico e riusciva a calamitare l’attenzione su di sé con pochissime mosse. Forse perché da giovane era stata una psicologa, forse perché aveva una marcia più degli altri.

Una parte di me aveva creduto che non sarei mai più potuta tornare a casa sua, invece ci vado almeno tre volte al mese, ogni volta che Mikaela ha bisogno di qualcosa oppure per incontrarci a cena da lei. Il sapore del cibo è opinabile, però la compagnia compensa tutto.

Si è trasferita lì qualche mese dopo la sua morte, adottando il suo gatto bianco Skyla, che non ho mai più visto felice. Nei suoi occhi di felino si può leggere ancora adesso un profondo senso di malinconia. Quando l’ho accarezzato, l’ultima volta, ho pensato che mancasse ancora poco alla sua riunione con Brianna. Gliel’ho sussurrato in un orecchio e mi ha guardata negli occhi con una consapevolezza che solo Laika mi aveva dimostrato. Non lo dirò a Mikaela, non voglio farla soffrire prima del tempo.

Quando stette male per la perdita di sua nonna, nonostante io e Carmen cercammo di restarle vicine, la vera differenza la fece la persona che meno avrei creduto potesse tornare utile in quelle circostanze: Marko.

Marko Schultz adesso ha 26 anni. Compiuti a maggio, come faccio a saperlo? Perché una sera Mikaela si presentò a casa mia e ammetto di averla fatta attendere diversi minuti fuori prima di aprirle la porta. Non le ho mai spiegato il perché e non voglio che lo sappia perché è troppo impressionabile.

Il fatto è che mi confidò di essere uscita con Marko, che ha un anno meno di lei e a quel tempo era pieno di problemi, e nonostante tutto riuscì a tirarle su il morale e a farla sentire apprezzata e capita come nessuno prima di allora.

“Secondo gli astri abbiamo affinità… lui toro, è nato l’8 maggio, io bilancia. Non lo avevo considerato, tu che ne pensi? Senti qualcosa provenire da questo discorso… che so, una sensazione positiva?” mi chiese scaldandosi le mani intorno alla tazza di tisana, fissandomi inquietantemente negli occhi.

“Mika, ma che ne so? Ha sei anni meno di me… è troppo giovane, non ho mai fatto caso a che tipo di compagno potrebbe essere... E poi che ne capisco io di astri e stelle?!” replicai sconcertata.

“Sei proprio una vergine: non ti si può dire niente. Lukas, tu che ne pensi?” si era girata verso Lukas, completamente assorbito dalla sua PlayStation 4.

“Che?” rispose spaesato, come reduce da un’allucinazione.

“Io e Marko, insieme, che ne pensi? Cioè, secondo te c’è compatibilità? Lui è toro, io bilancia…” espose emozionata.

Lui corrugò la fronte e con un movimento inconsulto delle spalle accompagnò la risposta. “Mah… se ti piace… cioè, mi sembra un bravo ragazzo, un po’ particolare.” Tacque mentre il muscolo della guancia si piegava leggermente in quello che era senza ombra di dubbio l’inizio di un ghigno sardonico che solo io conosco. “Sì, siete fatti l’uno per l’altra.”

“Grazie! Quando è che sei nato tu?”

“Il 15 luglio dell’87.” Rispose tornando a dedicare la sua attenzione alla Play.

“I consigli di un cancro, in amore, vanno sempre ascoltati!” ribatté giuliva Mikaela, rincuorata.

“Chi è che ha il cancro?” chiese Lukas tornando a guardarci preoccupato.

“Nessuno, amore… stanno tutti bene.” Lo avevo tranquillizzato scuotendo la testa.

Sì, stanno tutti bene per fortuna.

Sento mio padre saltuariamente, ora ha una compagna. L’ho incontrata solo una volta e non so se mi ha lasciata indifferente o leggermente delusa. Non mi sa di niente, non è minimamente paragonabile a mia madre o a me. Siamo donne di tutt’altro livello.

Adesso riesco a capire un po’ di più Meredith Crisby, la figlia di Frank, quando mi aveva ripresa perché avevo parlato di lui in termini troppo confidenziali e io invece me l’ero presa perché… perché? Era come se stesse per venirmi una frase ma il pensiero si è interrotto.

Ahi! La testa mi ha appena mandato un’altra fitta. Sarà questo cocktail che sto bevendo? Forse meglio diminuire con l’alcool, che sono già al secondo e in teoria sono l’unica qui che non dovrebbe fare la spugna stasera. I medici me l’hanno proibito per almeno due anni, dato che ogni sei mesi devo sottopormi ad un’inutile serie di test cardiaci. In realtà me ne infischio perché so che qualsiasi problema avesse il mio cuore non era legato alle mie condizioni mediche.

Stavo pensando a… mio padre. Sì, lui sta bene. Anche nonna Elsa sta bene, effettivamente.

Da un anno a questa parte ha cominciato a girare l’Europa con un gruppo di anziani ringalluzziti che chissà come ha conosciuto. Me l’ha anche raccontato, ma ho capito poco sui loro circoli dove si riuniscono a giocare a bocce, fanno l’uncinetto e quelle cose lì.

Penso che per quanto amore possa provare per la mia cara nonna che quando torna dalle sue improbabili vacanze mi prepara sempre dei manicaretti invidiabili, non sarò mai un’anziana come lei. È più probabile che diventerò una vecchia meditabonda e calcolatrice come lo era Brianna, anche se pensando al futuro spero sempre di non finire la mia vita dopo quella di Lukas. Non riuscirei a vivere come ha fatto Brianna, perdendo il grande amore della mia vita e restando sola per il resto dei miei giorni. Lei non era sola perché aveva figli e un legame stretto con sua nipote. Noi però non vogliamo figli, quindi ecco… Meglio non pensare a certe cose, mi mettono malinconia e poi mi viene la sbronza triste e finisco a frignare in mezzo alla sala mentre tutti urlano il conto alla rovescia.

Meglio pensare al nuovo articolo che sto scrivendo per Nuestra Voz, sotto lo pseudonimo di Monika Boden. Assurdo, scelsi quel nome su due piedi mentre andavo al museo di Van Meyer ad Amsterdam e dal 2018 mi è rimasto incollato addosso.

Ricordo il 2018 con un turbinio di emozioni contrastanti. Ansia, adrenalina, paura, vittoria, passione, nostalgia… Sì, ammetto che quando sono tornata a casa mia dopo il ricovero in ospedale del novembre 2018, ero incredibilmente sollevata che tutto fosse finito. Purtroppo la sensazione di sollievo finì abbastanza in fretta quando mi resi conto che ero diventata dipendente da quello stress e di avere una grande nostalgia dell’azione. Volevo mettermi in gioco di nuovo, avrei desiderato salvare altre vite. Era indescrivibile, la gioia e il potere che mi trasmetteva poter usare i misteriosi poteri della Luna Nuova per fare del bene.

Inizialmente mi sono dedicata a rimediare a tutti i danni che avevo fatto in passato, aiutare persone che ne avevano bisogno e si rivolgevano alla nostra ditta, però non era la stessa cosa. È utile e bello anche questo, per l’amor del cielo, ma vuoi mettere contro la soddisfazione di aver fatto giustizia?

Cerco Mikaela con lo sguardo per chiederle se vuole finire il mio cocktail, ma vedo che nell’arco di tre minuti si è allontanata tantissimo e sta parlando con Carmen e i loro ragazzi dall’altra parte della sala. Mikaela e Marko, Carmen e Maximilian.

Non è malaccio, Maximilian. Per riuscire a stare con una come Carmen ci vuole molta pazienza e soprattutto ci vuole qualcuno che le tenga testa, perché altrimenti vieni asfaltato. Sta resistendo bene, il ragazzo. Forse perché ha trentacinque anni e non è più un ragazzo, ma un uomo fatto e finito. Attualmente è il più grande del nostro gruppo ed ha saputo farsi apprezzare anche da Lukas e da Marko. Non che fosse difficile farsi accettare da Marko, ma diventare amici di Lukas è un’impresa epica.

Lo stesso Lukas che si è allontanato mezz’ora fa dal mio fianco perché ha riconosciuto un amico della sua comitiva dei giochi online e adesso non mi calcola di pezza.

Gli uomini sono strani. Guardalo lì, tutto perso con la quinta birra in mano che si agita a raccontare chissà cosa al suo compare che pende dalle sue labbra come se stesse ascoltando una profezia da un nuovo messia. Ma guai a fargli notare che sembrano due innamorati, eh no. Non si possono dire certe cose di questi tostissimi individui virili.

Mi guardo un po’ in giro e poi torno a fissare il cocktail che ho in mano, un angelo azzurro, in memoria degli anni 80-90, appunto. È azzurro proprio perché viene usato il blu di metilene, per colorarlo. La stessa sostanza che in dosi elevatissime e assunta per un lungo periodo di tempo ha portato Gesabette alla morte. Non che il colorante in sé l’abbia uccisa, è stato il suo abuso.

Mi mancano Clara, Gesabette… perfino quella spina nel fianco di Estela mi manca.

So che erano morte ancora prima che io nascessi, ma finché potevo incontrarle nei miei sogni, restavano vive. Dopo il mio risveglio a novembre 2018, non ho più fatto alcun sogno con loro. Non ho più visto scenari onirici strani ed inquietanti all’infuori di normalissimi incubi che tutti fanno. Però mi conforta il fatto che sono certa che ora stiano tutti bene.

Sulla mensola in salotto ho tutte le loro foto. Brianna, poi ho quella incorniciata di Clara donatami da suo fratello e quella di Estela che ho recuperato da internet, mentre la foto di Gesabette me l’ha fornita Nores: l’aveva scattata il fotografo Metzger, lo stesso uomo che Gesa avrebbe dovuto sposare.

Adesso il museo ad Amsterdam ha dovuto cambiare un po’ di carte in tavola. Non è più il Museo di Van Meyer, è il Museo dei Van Meyer. I dipinti di Gesabette le sono stati riconosciuti e ha ottenuto la sua giustizia, sebbene tutte le altre opere di suo fratello sono rimaste esposte, giustamente: non dovevano essere distrutte solo perché lui era un idiota invidioso. E poi mi consola il fatto che gli ho incendiato la casa e ancora adesso starà guardando da quella sua inutile finestra che dà sul nulla nella prigione che lui stesso si è scelto, in cui risiederà finché non si dimenticherà chi è e forse a quel punto tornerà a far parte del circolo dell’energia del Nodo e chissà, magari un giorno anche lui, rinascerà. Come Camille.

Suzette… credo che la tormentata Suzette ora stia meglio. Gli algoritmi dei social networks sono perfidi per certi versi, però l’account di Suzette Lacrois un bel giorno mi è uscito tra i contatti di Instagram che potrei conoscere. Per aver fatto questo salto nel mondo, in qualche modo sta meglio. E chi sta meglio, col tempo, smette di odiare e impara a perdonare.

Sulla mensola del mio salotto non c’è la foto di Camille e nemmeno quella di Francisco Howard. Ero certa, convinta, sicura al 100% di avere una sua foto conservata nel fascicolo che mi aveva dato Ryan Williams, l’investigatore. Purtroppo non l’ho più trovato e l’investigatore è diventato irrintracciabile. Non ho ritenuto saggio insistere troppo con lui, chissà cosa avrebbe pensato nella sua paranoia...

Quando sono tornata a casa dopo il ricovero, il fascicolo non era più dove credevo che fosse. L’ho cercato in tutta la casa e ho ribaltato il salotto ma niente… mai più trovato. La cosa peggiore non è tanto non averla potuta mettere sulla mensola insieme alle altre, quanto il fatto che non riesco a ricordarmi il suo viso e nemmeno gran parte delle conversazioni che ho avuto con lui.

Ho chiesto a Carmen e Lukas di descrivermelo ma le loro risposte sono state strane e discordanti. Lukas ha detto che era un militare, e che a lui sembrano tutti uguali. Carmen ha esclamato che secondo lei era un bel ragazzo ma che il viso non le perveniva, insomma un comune bel ragazzo e ogni volta che provo a ricordarmi che viso avesse, ricordo solo sfumature scure… ahia, cazzo! Fammi poggiare sto cocktail va, che mi sta facendo un brutto effetto.

Appoggio il bicchiere mezzo vuoto sul bancone del bar della discoteca e improvvisamente mi sento osservata. Alzo istintivamente lo sguardo verso la balaustra del piano superiore, quello a cui si accede salendo la scalinata a destra della sala e che portano al piano su cui c’è il terrazzo spazioso da cui sarà possibile vedere i fuochi d’artificio tra poco più di mezz’ora.

Un ragazzo dai capelli scuri mi sta fissando. Mi guardo intorno per verificare che non stia puntando qualcun altro. No, è fisso proprio su di me. Mi fa un sorriso sghembo e ricambio con uno imbarazzato. Ha un’aria familiare… forse l’ho già incontrato e non me lo ricordo? Strano, io godo di una buona fisionomia.

Sento il bisogno di prendere un po’ d’aria. Mi avvicino a Lukas facendomi spazio tra un sacco di gente esagitata.

“Vado un attimo fuori!” gli urlo vicino toccandogli una spalla per attirare la sua attenzione.

“Cosa?!” mi chiede assordato dal casino.

“Vado. In. Terrazza. Qualche minuto e torno!” strillo facendomi finalmente sentire. Accenna un’affermazione e mi chiede di non allontanarmi troppo che vorrebbe fare il conto alla rovescia insieme a me, poi torna a gesticolare con il suo amico.

Mi dirigo verso il piano di sopra, dove ci sono i mobiletti per poggiare gli effetti personali. Apro il mio armadietto e prelevo la giacca e la sciarpa, che indosso prima di uscire e prendermi il colpo dell’anno.

Sul terrazzo ci sono giusto qualche fumatore e un paio di coppie intirizzite dal freddo che ridono e scherzano con un cocktail in mano. Il cielo è coperto da fitte nubi ed è particolarmente scuro, ad eccezione della luce riflessa dall’inquinamento luminoso che gli fa assumere uno strano colorito verdastro.

Mi sposto verso il lato sinistro, il più lontano possibile da tutti e dal casino che viene dal piano di sotto. Qui riesco decisamente a sentire di più i miei pensieri, dentro il casino era assordante e sono anche un po’ confusa, forse per via dell’alcool…

“Stasera la luna non ci può vedere.” dice una calda voce maschile alle mie spalle.

Mi volto e vedo lo stesso ragazzo che mi ha sorriso poco fa dalla balaustra, quello dall’aspetto familiare, capelli neri, pelle olivastra e occhi scurissimi.

“Ci conosciamo?”

“Non ti sembra di conoscerci da sempre?” mi sorride mettendosi a poco più di un metro da me, con la schiena alla ringhiera.

Sfrontato, il ragazzino… una volta non li facevano così impertinenti. Impiego più tempo di quanto vorrei per rispondergli, non tanto perché ho bevuto, quanto più che altro perché sembra anche a me di averlo già incontrato.

“Forse in un’altra vita ci conoscevamo, in questa decisamente no.” Provo a metterlo via, perché non mi sembra il caso di dare troppa corda al primo che ci prova. Erano diversi anni che non mi capitava ma a quanto pare certe cose non cambiano mai.

Mi regala un sorriso ironico, facendo vagare lo sguardo intorno a noi e mi stringo nella giacca sentendo il freddo pungente di dicembre.

“Hai freddo?”

“A dicembre, a Zurigo, non può fare caldo… sto bene, grazie. Tu piuttosto, sei un po’ svestito per questo clima.” Ribatto distogliendo lo sguardo dai suoi occhi scuri per passarli velocemente sul suo abbigliamento leggero e integralmente nero. Sembra avere un bel fisico… bah, che vado a pensare? Vedi a bere dopo tanto tempo, che pensieri vengono?

“Sono stato in posti più freddi.” Scrolla le spalle, come se cinque gradi sotto lo zero fossero una cosa da niente. “Ti ho vista qui e ho deciso di prendermi una pausa dal lavoro.”

“Lavori al locale?”

“No, però stasera sono in città… per poco, poi dovrò andare un salto in Svezia, e poi forse in Cina.” Espone come se stesse parlando di una sciocchezza.

Ridacchio. “Oh cavolo, la recita dell’uomo d'affari misterioso e affascinante… quanto tempo è passato dall’ultima volta che qualcuno l’ha usata con me? Un po’ troppi anni, temo che tu non ne abbia abbastanza per potertelo permettere.”

“Quanti me ne dai?” risponde velocemente inchiodandomi con i suoi occhi brillanti e un sorriso più seducente di quanto vorrei ammettere.

Questa frase… l’ho già sentita. La stessa voce, la stessa inclinazione goliardica. Anche l’ultima volta mi aveva infastidito. Chi era stato a dirla? Non mi sovviene… devo tornare sul pezzo.

“Meno di quanti te ne servirebbero, è chiaro. Adesso, scusa, sotto mi aspetta il mio uomo e ti assicuro che non sarebbe affatto contento di vedermi qui con uno che ci prova senza pudore.” Mi scosto dalla ringhiera infastidita.

“Aspetta, principessa. Prima vorrei un consiglio da te.” fa per sbarrarmi la strada.

Principessa?! Io ti spingo di sotto e fingo che sei scivolato sul ghiaccio… penso fulminandolo con lo sguardo. “Vuoi un consiglio da me? Ma se nemmeno mi conosci? E vedi di moderare i termini.”

“Scusa, scusa… è che avrei bisogno di un parere femminile. Tu mi sembri intelligente e gentile, fammi questa cortesia.” Tenta di adularmi con una nota di sottofondo nella voce che non riesco a identificare se sia felicità o sarcasmo, forse un mix di entrambi. Ha un modo di parlare che non mi è nuovo, ma non riesco a ricollegarlo ad una persona nota. Chi mi chiamava principessa…?

“Ruffiano…” replico guardandomi attorno. La situazione sembra tranquilla, anche se sono un po’ nascosta alla vista, ad una decina di metri ci sono ancora tante persone e non penso che questo tizio voglia farmi del male, solo che odio quelli che insistono così tanto. Razionalmente credo che dovrei mandarlo subito al diavolo e andarmene, ma il mio istinto mi trattiene. Brianna mi aveva consigliato di ascoltarlo sempre… “Dai, sentiamo.”

“Stasera la donna che amo riceverà una proposta di matrimonio da un altro e so già che accetterà.” Abbassa la voce e si fa più vicino, mentre io mi allontano di conseguenza, mantenendo sempre un metro di distanza tra me e lui. “Devo fare assolutamente qualcosa per impedire che accada, questa è la mia ultima occasione. Cosa mi consigli per farla venire via con me?”

“Per essere un uomo innamorato, ci provi con le altre con fin troppa nonchalance.” Lo freddo incrociando le braccia sul petto.

“Non hai risposto… cosa mi consigli?”

Alzo le spalle mentre rifletto sommariamente alla sua domanda. “Lei sa che la ami?”

Abbassa lo sguardo un secondo prima di tornare a ricambiare il mio. “Temo l’abbia dimenticato.”

“Una donna non dimenticherebbe mai un uomo che ha detto di amarla, anche se non lo ricambia, credimi, se ne ricorderebbe.” Rispondo un po’ a disagio per la conversazione che sto avendo con un estraneo.

“Non gliel’ho mai detto esplicitamente, ma lei sapeva che c’era qualcosa tra di noi. Lo so, che mi pensa ancora.” Si fa più vicino e sento la ringhiera alle mie spalle quando provo ad indietreggiare ulteriormente.

Alzo una mano per indicargli che non ho gradito. Sembra fare un grande sforzo di volontà per arrestare il passo e rispettare i miei spazi, ma si ferma e attende la mia risposta. “Diglielo. Parlale e dille che la ami e che preferiresti che stesse con te.”

“Potrei dirle che senza di lei mi sembra di essere ancora in gabbia, che la sua forza mi ha stregato come nessun’altra prima e che combatterei per lei, sempre. Tu, al suo posto, cosa risponderesti?”

“Beh… dipende da cosa prova lei.” Rifletto abbassando lo sguardo. “Se ama l’altro, qualsiasi cosa le proporrai sarà inevitabilmente declinata… se invece prova ancora qualcosa per te, è possibile che accetti, sì.”

“Ami molto il tuo fidanzato?” mi chiede con un cipiglio particolarmente serio e avverto una sensazione di trepidazione. Qualsiasi sia la cosa di cui sta parlando, deve essere molto coinvolto.

“Sì, certo. Che c’entra?” Rispondo senza indugio.

“Provi questi sentimenti anche per qualcun altro del tuo passato? Un amico, magari…?”

“No, non ho mai amato nessuno come amo lui. Quando in passato ci siamo separati, mi sono sentita persa. È il mio grande amore e anche se posso aver provato dei sentimenti per qualcun altro…” non ho mai provato dei sentimenti per un altro! Mi sento strana… “Anche se fosse capitato, non rinuncerei a Lukas in questa vita. Io e lui eravamo destinati a stare insieme, l’ho sempre saputo dalla prima volta che l’ho incontrato.”

Sorride un po’ tristemente e fa qualche secondo di pausa. “Non sei fatta per portare il giogo… Credi di appartenere ad una vita tranquilla e abitudinaria, ma le donne come te sono più felici in guerra che in tempo di pace.”

Lo squadro attonita. “Cosa ne sai tu di ciò che potrebbe farmi felice?

Avvicina leggermente il viso al mio e abbassa la voce. “Ti conosco abbastanza da poter dire che ti spegni nella monotonia e splendi nella sfida. Per questo ti chiedo: vuoi venire con me?”

Strabuzzo gli occhi premendo la schiena contro alla ringhiera, comincia ad essere preoccupante anche se allo stesso tempo il mio cuore batte forsennato come se sapesse benissimo a cosa si sta riferendo questo sconosciuto. “Non so chi tu sia, di cosa stai parlando?!”

“Potresti, se lo volessi. La Luna è cieca durante la mia tempesta, non lo scoprirebbe mai. Ti basterebbe chiudere gli occhi, ti prometto che non sentiresti niente, e…” alza una mano sul mio viso, dandomi una carezza sulla guancia sinistra con il dorso delle dita. Resto interdetta e non so perché non mi sia scansata ma il contatto con la sua mano sorprendentemente calda mi paralizza.

Già qualcuno mi aveva accarezzato così… la stessa identica carezza. La ricordo, così come ricordo questi occhi scuri che si stanno avvicinando al mio viso e il suo volto.

Il suo volto, che credevo non avrei più rivisto.

Alzo una mano e poggio le mie dita con delicatezza sulle sue labbra a qualche centimetro dalle mie. Spalanca gli occhi e trattiene il fiato quando comprende dalla mia espressione che so chi è.

“Non verrò con te.” Gli sorrido tristemente. “Ho fatto la mia scelta. Ho scelto Lukas. Sei stato un amico e ammetto che qualcosa, per te, l’ho provato… ma lui è la mia persona.”

Riesco a leggere la delusione nel suo sguardo e lentamente scosto le dita dalla sua bocca. La sua mano però va a trattenere la mia e poggia un bacio sul mio palmo, chiudendo gli occhi e inspirando profondamente l’aria a contatto con la mia pelle in quello che penso essere il suo gesto per conservare l’ultimo ricordo di un contatto con me.

Quando si stacca e fa un passo indietro, abbassa la mia mano con dolcezza, tenendola ancora nella sua per la punta delle dita.

“Almeno ho mantenuto il mio giuramento, ti ho trovata.” Esala, chinando il capo.

“È vero. Ti confesso che forse, in un’altra vita, avrei scelto te.”

“Il mio mandato finirà prima o poi… Vorresti dedicarmi la prossima?” sussurra guardandomi con gli occhi colmi di un sentimento di cui mai lo avrei immaginato capace e allo stesso tempo paura per la mia risposta.

“Se ripartissi da zero… potrei darti un’occasione. Ma avrai un feroce concorrente, sappilo.”

“Prometti che avrò una chance?”

“Prometto che… ti riconoscerò. Il resto starà a te.”

Si fa da parte, lasciandomi passare con un nuovo sorriso. “Contaci.”

Lo guardo per l’ultima volta, imprimendomi per sempre nella memoria il suo volto, di cui non potrò mai parlare a nessuno e che spero di non rimpiangere mai. “Addio, Frank.”

“A presto, Erika.”

Abbasso lo sguardo in imbarazzo e quando tiro su gli occhi, lui non c’è più.

Resto in silenzio osservando il cielo dalle sfumature petrolio le cui nubi cominciano a gonfiarsi di fulmini mentre un vento gelido soffia sulla terrazza e le persone cominciano a riunirsi all'aperto per lo spettacolo pirotecnico.

Era da parecchio che non mi sentivo così… me stessa: prendendo la mia memoria, Arianrhod mi aveva privato spietatamente di un pezzo della mia identità. Aveva sottovalutato il peso di quel sentimento che riteneva inutile e la forza di volontà di noi piccoli insetti.

La luna non avrà mai più lo stesso fascino, ma la tempesta ne ha acquisito uno tutto proprio…

“Erika! Dove eri finita? Mancano dieci minuti a mezzanotte!” sento la voce di Mikaela a qualche metro di distanza.

“Sono qui…” rispondo pensierosa, poi provo a sistemarmi i capelli che il vento mi ha scompigliato. “Sono presentabile?” chiedo alla mia amica, sorridendo.

“Sì, certo, sei bellissima, perché?” fa Mika, guardandomi gioiosa: non capita spesso che le chieda un parere sul mio aspetto.

“Lukas sta per chiedermi di sposarlo, quindi tira fuori il telefono e fai un video, deve essere perfetto.” cerco di mascherare la malinconia che mi ha colto poco prima e che ancora sento bruciare lievemente.

“Oh miei Dei!!” Mikaela si porta le mani alla faccia con aria sconvolta. “Qui?! Devo dirlo a Carmen! Te l’ha detto lui?!”

“Ho le mie fonti, lo sai…” rispondo con fare misterioso.

“Carmeeeenn!!” urla Mikaela fiondandosi dentro il locale alla ricerca della mia migliore amica mentre io attendo in terrazza che arrivi anche il mio futuro sposo.

Un ultimo lampo illumina il firmamento.

Fine!!

Cari ragazzi, qui si conclude questa storia. Mettere la postilla su “completa” è stata quasi una sofferenza, ma era un passo inevitabile e se da un lato ha fatto male, dall’altra è stata una liberazione: ho concluso il mio lavoro.

Giusto qualche spiegazione: quando ci si reincarna, non si si mantengono sempre gli stessi rapporti che si avevano nella vita precedente. La persona che nella vita passata è stato il tuo consorte o un tuo genitore, in quella successiva potrà essere un figlio o un fratello. Nonostante tutto, ci sono storie che parlano di reincarnazione che raccontano delle anime gemelle, che in ogni nuova vita si incontrano di nuovo (se vi piace il tema vi consiglio Molte Vite, Un Solo Amore di Brian Weiss).

Come ho detto più volte, alla fine vi avrei rivelato il mio sogno: l'inizio è esattamente come è stato descritto qui (eccetto i dettagli sulla vita privata della protagonista, sui suoi amici e sulla morte dei personaggi, che non sapevo come fosse avvenuta). Sul treno incontravo Clara, Gesa e Frank da anziano e due ragazzini gemelli, maschio e femmina (qui li ho coinvogliati nel personaggio di Camille). I demoni facevano da contorno approssimativamente nello stesso modo. Riuscivo a svegliarmi chissà come e mi adoperavo per tirare fuori i passeggeri, ma alcuni ragionamenti erano del tutto illogici e nel mentre, scoprivo che i due ragazzini erano dalla parte dei demoni e per poco non mi ci facevano restare definitivamente. Quando incontravo nuovamente Frank, era l'unico ad essere cambiato nell'aspetto e ammetto che me ne innamorai nonostante nella vita vera avessi già un fidanzato (che non mi aiutava affatto a concludere la missione, comunque). Col fidanzato che avevo a quel tempo non andava affatto bene e alla fine… scelsi l’altro. Che poi è stato così anche nella realtà, solo che il sogno avvenne prima che lo lasciassi sul serio.

C'è una cosa da dire: il mio ex non si avvicinava nemmeno LONTANAMENTE al Lukas che vi ho presentato. Prima non avrei potuto raccontarvelo ^^”

Grazie a tutti coloro che sono rimasti con me fino alla fine, soprattutto alle mie muse sostenitrici: Tubo Belmont (sei il mio muso ahahaha), _Alcor e Swan Song.

Ringrazio Paiton per avermi motivato, a giugno 2023, a cominciare un percorso di scrittura differente dal mio solito, perché solo lasciando spiagge note si possono raggiungere nuovi lidi.

Grazie a tutti, un abbraccio <3

Fiore di Pesco

  
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