Capitolo 30, A presto
“Erikaaaa
questa è degli Scorpions!!” urla
Mikaela per sovrastare il rumore assordante delle casse che hanno
appena
intonato Wind Of Change tra un
boato
di urla di apprezzamento da parte del pubblico.
Tra meno
di mezz’ora sarà capodanno del 2020 e
abbiamo deciso di passarlo tra amici in un locale in centro che propone
una
serata a tema anni 80-90 e ha una terrazza esterna da cui
sarà possibile vedere
i fuochi d’artificio a mezzanotte. Questa discoteca permette
di acquistare
bevande alcoliche senza dover impegnare la casa e ha
disponibilità di navette
per riportare a domicilio chi ha alzato troppo il gomito per mettersi
al
volante. In pratica abbiamo intenzione di ridurci da fare schifo e non
ci
vergogniamo di esserne pienamente consapevoli, dato che stasera si
festeggia la
fine di un grande anno.
Nel 2019
abbiamo finalmente avviato la nostra
società in nome collettivo. Io, Carmen e Mikaela, socie in
parità con due
dipendenti: Marko e, da poche settimane, un’altra ragazza di
nome Susy, che ci
sta aiutando con le chiusure aziendali di dicembre perché
avevamo davvero
troppa carne al fuoco per riuscirci in quattro. Presto dovremo assumere
anche
una segretaria perché trasmette una sensazione di maggiore
affidabilità e
soprattutto è terribile essere continuamente interrotte
mentre si calcolano le
varie operazioni contabili solo per rassicurare i clienti
più ansiosi che
telefonano ad ogni ora. Si impiega davvero troppo a tornare concentrati
ed è
stancante.
Ci
occupiamo di clientela privata e piccole e
medie aziende. Consulenze, dichiarazioni d’imposta,
assistenza per investimenti
e soprattutto un rapporto onesto con i clienti e un occhio di favore
per chi
non riesce a permettersi un consulente del nostro livello a causa dei
prezzi
troppo elevati.
I
guadagni in principio non sono stati molto
consistenti, però siamo riuscite a portare con noi una buona
parte di goodwill:
clienti che avevamo fidelizzato nelle precedenti aziende per cui
lavoravamo e
che hanno scelto di seguirci. Chiaramente non si trattava delle grandi
aziende
milionarie per cui facevo i conti alla SoverCarter, anche
perché non avevano
idea di chi fossi: era sempre Wilfcarter a firmare tutto e il mio nome
appariva
in una postilla in fondo al gran cavolo che gliene fregava.
In
realtà, il motivo per cui avremo bisogno di
una segretaria è per fare affiancamento a Carmen e Mikaela,
che gestiranno per
intero il rapporto con la clientela. Io, col mio cipiglio da
aquila,
sono stata considerata poco idonea a trattare con la gente…
tutto ciò è
assurdo.
“Ho
avuto a che fare con molti più clienti di
voi due messe insieme negli ultimi quattro anni.” mi difesi
un giorno che
eravamo nello studio d’emergenza che altro non era che il
vecchio appartamento
di Mika.
“Non
lo mettiamo in dubbio ma tu… non ti
trucchi, hai sempre uno sguardo calcolatore, trasmetti una sensazione
un po’…”
aveva tentato di esporre Mikaela con delicatezza.
Carmen
aveva tagliato corto. “Prima eri una
gatta selvatica, ora sembri più che altro una leonessa
pronta a staccare la
testa al prossimo. Lascia a noi la gente comune, tu pensa al a quelli
di alto
profilo, non ti addossare tutto il lavoro.”
Quella
sera ne avevo parlato animatamente con
Lukas, mentre provavo a calmarmi accarezzando compulsivamente il
mantello
aranciato di Laika. “Non mi va più di
impiastricciarmi la faccia e fingere che
mi piaccia ascoltare i fatti degli altri. Sono finiti i tempi in cui
inculavo
il prossimo e dovevo fare buon viso a cattivo gioco. Io sono
lì per risolvere
problemi, e lo faccio egregiamente. Non è dal mio aspetto
che andrebbe valutato
il mio potenziale, ma dai risultati che ottengo.”
“Amore…”
aveva risposto sfinito, dopo più di
un’ora di monologo da parte mia. “Lascia che
facciano quello che vogliono, che
ti importa? Hai un sacco di tempo libero, trovati un hobby o che
so… uno sport,
una vacanza insieme? Godiamoci un po’ la vita.”
Facile a
dirsi. La casa era sempre in ordine,
l’auto perfetta, il lavoro andava bene… e io mi
ritrovavo spesso davanti alla
mia scrivania a fissare lo schermo luminoso del mio portatile senza
vederlo
davvero. Mi sentivo come se mi mancasse qualcosa di essenziale, come se
mi
avessero portato via qualcosa senza la quale vivere non ha
più senso. Una
missione interrotta nel momento più eclatante, e anche la
mia memoria. Sono
certa di aver dimenticato qualcosa di importantissimo, qualcosa che
metterebbe
il punto conclusivo agli eventi del 2018. Se sapessi
cos’è successo potrei
metterci una pietra sopra e andare avanti. Ho tanti dubbi in mente a
cui tento
di non pensare.
A
metà del 2019 sentii di essere prossima alla
depressione, così scrissi a Nores Vesgardia e mi offrii
volontaria presso
Nuestra Voz, come scrittrice di articoli e anche per
un’eventuale indagine sul
campo. Nores ne rimase estasiata e mi procurò un
po’ di materiale su cui lavorare
e quando Lukas lo scoprì, beh, pensavo avrebbe fatto
più casino e invece fu
tutto sommato abbastanza comprensivo. Disse che dopo quello che gli
avevo fatto
passare nell’anno precedente, dedicare qualche weekend a
spasso per
intervistare vittime di dissapori sociali e scrivere articoli sotto
pseudonimo
non era niente di grave. Spezzava la routine, aggiungendo un pizzico di
pepe ad
una vita che non sarebbe mai più stata davvero normale.
La
SoverCarter è in vendita: nell’ultimo anno
e mezzo ha perso la metà dei suoi dipendenti ed era prossima
al fallimento. Per
evitare di far svalutare ulteriormente l’azienda, Soverer e
Wilfcarter hanno
deciso di andare in prepensionamento e vendere la fiduciaria al miglior
offerente. Thomas, una mia vecchia fiamma, oddio… chiamarlo
fiamma è azzardato,
un vecchio fiammifero, si è offerto di acquistarla. Se
dovesse andare in porto,
so già che avremo pane per i nostri denti, anche se una
volta l’ho incontrato
in banca di sfuggita e quando mi ha vista ha abbassato lo sguardo come
se si
vergognasse. Forse anche lui era una vittima dello spirito della
SoverCarter?
Nonostante
tutto, i due direttori non
sembravano troppo dispiaciuti dalla situazione e anzi, Soverer ha
deciso di
trasferirsi. Portogallo, da quanto ho capito.
Lukas si
vanta di essere stato il nostro primo
cliente e ha chiuso il suo primo anno contabile con
l’officina in positivo, il
che è abbastanza insolito perché i primi anni di
norma c’è poco profitto, ma si
vede che sono bravi nel loro lavoro.
Adesso
dimostra tutti i suoi trentadue anni
suonati. Molto amabilmente ha fatto intendere che i capelli bianchi
glieli ho
causati io con gli eventi di un anno fa, quando ricevette una chiamata
dalla
polizia che si rivelò non essere mai stata fatta. Si
presentò alla centrale Sud
Ovest e gli venne detto che doveva trattarsi di uno scherzo telefonico.
Si
ricordò delle telefonate fantasma che aveva ricevuto anche
Ryan,
l’investigatore, e capì di essere stato ingannato.
Anche se
tornò prima che poté, Sahmain era già
cominciato.
La porta
d’ingresso di casa era sfondata, l’impianto
elettrico era bruciato, molti mobili erano stati danneggiati, Laika
abbaiava
idrofoba ancora chiusa nel bagno di sotto e perfino la porta della
nostra
camera da letto era rotta. Il parquet era carbonizzato come se qualcuno
avesse
appiccato un fuoco circoscritto che non aveva emesso fumo dato che
l’allarme
antincendio non era mai saltato, anche se pure il sistema elettrico
d’emergenza
era andato… ma i medici assicurarono che non avevo respirato
fumo. L’assicurazione
ha avuto il suo bel da fare per far sostituire tutto quel
rovere… ma la cosa
che non mi spiegai fu che mi trovò sul letto, non per terra
dove sarei dovuta
cadere.
“Sei
sicuro che fossi sul letto? Non sono mai
andata sul letto, ne sono certa.”
Scosse
la testa, frustrato. “Sì, eri lì.
Vestita, sdraiata sulle lenzuola ancora in ordine, come un cadavere
nella bara.
Sono morto anche io, quando ti ho vista.”
Alzai
gli occhi al soffitto. “Certo che anche
tu, con sti paragoni… Ma chi mi ha messo sul letto? Di
sicuro i demoni non
entrano a sfasciarti casa per poi rimboccarti le coperte.”
“Amore…
ma io che cazzo ne so?” in effetti…
Fui
ricoverata per una settimana dato che,
anche se mi svegliai dopo nemmeno 24 ore, i medici vollero trattenermi
per
sospette complicazioni cardiache.
Le
conseguenze delle azioni di Lukas si palesarono
ancora prima del mio risveglio: gli hanno ritirato la patente per guida
pericolosa e gli hanno fatto una multa tanto salata che ancora adesso
è un
argomento off-limits. Appiedato a tempo indeterminato, anche se siamo
riusciti
a scendere a patto con la procura, spiegando che aveva agito in quel
modo
perché preoccupato per le mie condizioni di salute.
Resterà senza patente
almeno fino al 2021… ma se non altro smetterà di
essere lo zimbello dei
meccanici: colui che ripara le auto ma non può guidarle.
Non
ricordo bene cosa è accaduto l’ultima
volta che sono andata sul treno, ma so che anche Frank è
riuscito ad evadere.
Frank aveva… ahia! Mi tocco la fronte per cercare di
dissipare il dolore della
fitta che mi ha appena attraversato il lobo occipitale.
Questo
dolore mi coglie spesso. Ogni volta che
ripenso a cosa deve essere accaduto quella notte, per quanto mi sforzi
non
riesco a ricordare niente. L’istinto mi dice che è
andato tutto per il meglio,
è finita, mi sento davvero al sicuro come non lo sono mai
stata prima e a volte
penso quasi che il mio sesto senso non funzioni più
perché ho sempre buone
sensazioni e molto di rado ne ho di negative, come se il male si
tenesse molto
a distanza da me. Forse gli spiriti credono ancora che io abbia i
poteri e si
tengono alla larga? Meglio così, ben s’intenda, ma
non credo che sia questa la
ragione.
Ne
parlai con Mikaela, che mi fermò repentina
e visibilmente impaurita. “Ery, smettila di focalizzarti su
cosa sia successo o
non successo quella notte. Ricordi cosa ti disse la nonna? Se avessi
dimenticato tutto probabilmente non ti sarebbe accaduto niente, ma il
fatto che
tu abbia insistito tanto ti ha fatto tornare la memoria e da
lì è partito tutto
il casino.”
“Sarà,
ma…” mi strinsi nel cardigan,
meditabonda. “Qualcosa mi dice che non è andata
proprio così. Io non riesco a
darmi pace…”
“Perché
sei sempre incline a unirti ai
sospesi, nonna te lo disse!” proseguì convinta.
“Smettila di pensarci, ora sono
tutti salvi, basta.”
Forse
dovrei seguire questo consiglio
reiterato dalla nuova generazione di streghe della famiglia Kenneth,
anche se… A
volte, quando sto lavorando da sola o sto facendo una passeggiata con
Laika al
parco mi sento osservata e ricomincio a pensarci. Non con un cattivo
presentimento, solo un dato di fatto su cui tento di non soffermarmi.
Se avessi
la Vista potrei vedere chi…
È
appena partita Angel of the Morning
di Juice Newton e Mikaela mi urla in un
orecchio che questa piaceva un sacco a sua nonna.
Brianna,
te ne sei andata da più di un anno e
ancora riesci a stupirmi.
La mia
mentore mi manca parecchio, quasi come
se avessi perso mia nonna. Avrei voluto conoscerla meglio, ascoltarla
era quasi
ipnotico e riusciva a calamitare l’attenzione su di
sé con pochissime mosse.
Forse perché da giovane era stata una psicologa, forse
perché aveva una marcia
più degli altri.
Una
parte di me aveva creduto che non sarei
mai più potuta tornare a casa sua, invece ci vado almeno tre
volte al mese,
ogni volta che Mikaela ha bisogno di qualcosa oppure per incontrarci a
cena da
lei. Il sapore del cibo è opinabile, però la
compagnia compensa tutto.
Si
è trasferita lì qualche mese dopo la sua
morte, adottando il suo gatto bianco Skyla, che non ho mai
più visto felice.
Nei suoi occhi di felino si può leggere ancora adesso un
profondo senso di malinconia.
Quando l’ho accarezzato, l’ultima volta, ho pensato
che mancasse ancora poco
alla sua riunione con Brianna. Gliel’ho sussurrato in un
orecchio e mi ha
guardata negli occhi con una consapevolezza che solo Laika mi aveva
dimostrato.
Non lo dirò a Mikaela, non voglio farla soffrire prima del
tempo.
Quando
stette male per la perdita di sua
nonna, nonostante io e Carmen cercammo di restarle vicine, la vera
differenza
la fece la persona che meno avrei creduto potesse tornare utile in
quelle
circostanze: Marko.
Marko
Schultz adesso ha 26 anni. Compiuti a
maggio, come faccio a saperlo? Perché una sera Mikaela si
presentò a casa mia e
ammetto di averla fatta attendere diversi minuti fuori prima di aprirle
la
porta. Non le ho mai spiegato il perché e non voglio che lo
sappia perché è
troppo impressionabile.
Il fatto
è che mi confidò di essere uscita con
Marko, che ha un anno meno di lei e a quel tempo era pieno di problemi,
e
nonostante tutto riuscì a tirarle su il morale e a farla
sentire apprezzata e
capita come nessuno prima di allora.
“Secondo
gli astri abbiamo affinità… lui toro,
è nato l’8 maggio, io bilancia. Non lo avevo
considerato, tu che ne pensi?
Senti qualcosa provenire da questo
discorso… che so, una sensazione
positiva?” mi chiese scaldandosi le mani intorno
alla tazza di tisana,
fissandomi inquietantemente negli occhi.
“Mika,
ma che ne so? Ha sei anni meno di me… è
troppo giovane, non ho mai fatto caso a che tipo di compagno potrebbe
essere...
E poi che ne capisco io di astri e stelle?!” replicai
sconcertata.
“Sei
proprio una vergine: non ti si può dire
niente. Lukas, tu che ne pensi?” si era girata verso Lukas,
completamente
assorbito dalla sua PlayStation 4.
“Che?”
rispose spaesato, come reduce da
un’allucinazione.
“Io
e Marko, insieme, che ne pensi? Cioè,
secondo te c’è compatibilità? Lui
è toro, io bilancia…” espose emozionata.
Lui
corrugò la fronte e con un movimento
inconsulto delle spalle accompagnò la risposta.
“Mah… se ti piace… cioè, mi
sembra un bravo ragazzo, un po’ particolare.”
Tacque mentre il muscolo della guancia si piegava leggermente in quello
che era
senza ombra di dubbio l’inizio di un ghigno sardonico che
solo io conosco. “Sì,
siete fatti l’uno per l’altra.”
“Grazie!
Quando è che sei nato tu?”
“Il
15 luglio dell’87.” Rispose tornando a
dedicare la sua attenzione alla Play.
“I
consigli di un cancro, in amore, vanno
sempre ascoltati!” ribatté giuliva Mikaela,
rincuorata.
“Chi
è che ha il cancro?” chiese Lukas
tornando a guardarci preoccupato.
“Nessuno,
amore… stanno tutti bene.” Lo avevo
tranquillizzato scuotendo la testa.
Sì,
stanno tutti bene per fortuna.
Sento
mio padre saltuariamente, ora ha una
compagna. L’ho incontrata solo una volta e non so se mi ha
lasciata
indifferente o leggermente delusa. Non mi sa di niente, non
è minimamente
paragonabile a mia madre o a me. Siamo donne di tutt’altro
livello.
Adesso
riesco a capire un po’ di più Meredith
Crisby, la figlia di Frank, quando mi aveva ripresa perché
avevo parlato di lui
in termini troppo confidenziali e io invece me l’ero presa
perché… perché? Era
come se stesse per venirmi una frase ma il pensiero si è
interrotto.
Ahi! La
testa mi ha appena mandato un’altra
fitta. Sarà questo cocktail che sto bevendo? Forse meglio
diminuire con
l’alcool, che sono già al secondo e in teoria sono
l’unica qui che non dovrebbe
fare la spugna stasera. I medici me l’hanno proibito per
almeno due anni, dato
che ogni sei mesi devo sottopormi ad un’inutile serie di test
cardiaci. In
realtà me ne infischio perché so che qualsiasi
problema avesse il mio cuore non
era legato alle mie condizioni mediche.
Stavo
pensando a… mio padre. Sì, lui sta bene.
Anche nonna Elsa sta bene, effettivamente.
Da un
anno a questa parte ha cominciato a
girare l’Europa con un gruppo di anziani ringalluzziti che
chissà come ha
conosciuto. Me l’ha anche raccontato, ma ho capito poco sui
loro circoli dove
si riuniscono a giocare a bocce, fanno l’uncinetto e quelle
cose lì.
Penso
che per quanto amore possa provare per
la mia cara nonna che quando torna dalle sue improbabili vacanze mi
prepara
sempre dei manicaretti invidiabili, non sarò mai
un’anziana come lei. È più
probabile che diventerò una vecchia meditabonda e
calcolatrice come lo era
Brianna, anche se pensando al futuro spero sempre di non finire la mia
vita
dopo quella di Lukas. Non riuscirei a vivere come ha fatto Brianna,
perdendo il
grande amore della mia vita e restando sola per il resto dei miei
giorni. Lei
non era sola perché aveva figli e un legame stretto con sua
nipote. Noi però
non vogliamo figli, quindi ecco… Meglio non pensare a certe
cose, mi mettono
malinconia e poi mi viene la sbronza triste e finisco a frignare in
mezzo alla
sala mentre tutti urlano il conto alla rovescia.
Meglio
pensare al nuovo articolo che sto
scrivendo per Nuestra Voz, sotto lo pseudonimo di Monika Boden.
Assurdo, scelsi
quel nome su due piedi mentre andavo al museo di Van Meyer ad Amsterdam
e dal
2018 mi è rimasto incollato addosso.
Ricordo
il 2018 con un turbinio di emozioni
contrastanti. Ansia, adrenalina, paura, vittoria, passione,
nostalgia… Sì,
ammetto che quando sono tornata a casa mia dopo il ricovero in ospedale
del
novembre 2018, ero incredibilmente sollevata che tutto fosse finito.
Purtroppo
la sensazione di sollievo finì abbastanza in fretta quando
mi resi conto che
ero diventata dipendente da quello stress e di avere una grande
nostalgia
dell’azione. Volevo mettermi in gioco di nuovo, avrei
desiderato salvare altre
vite. Era indescrivibile, la gioia e il potere che mi trasmetteva poter
usare i
misteriosi poteri della Luna Nuova per fare del bene.
Inizialmente
mi sono dedicata a rimediare a
tutti i danni che avevo fatto in passato, aiutare persone che ne
avevano
bisogno e si rivolgevano alla nostra ditta, però non era la
stessa cosa. È
utile e bello anche questo, per l’amor del cielo, ma vuoi
mettere contro la
soddisfazione di aver fatto giustizia?
Cerco
Mikaela con lo sguardo per chiederle se
vuole finire il mio cocktail, ma vedo che nell’arco di tre
minuti si è
allontanata tantissimo e sta parlando con Carmen e i loro ragazzi
dall’altra
parte della sala. Mikaela e Marko, Carmen e Maximilian.
Non
è malaccio, Maximilian. Per riuscire a
stare con una come Carmen ci vuole molta pazienza e soprattutto ci
vuole
qualcuno che le tenga testa, perché altrimenti vieni
asfaltato. Sta resistendo
bene, il ragazzo. Forse perché ha trentacinque anni e non
è più un ragazzo, ma
un uomo fatto e finito. Attualmente è il più
grande del nostro gruppo ed ha
saputo farsi apprezzare anche da Lukas e da Marko. Non che fosse
difficile
farsi accettare da Marko, ma diventare amici di Lukas è
un’impresa epica.
Lo
stesso Lukas che si è allontanato mezz’ora
fa dal mio fianco perché ha riconosciuto un amico della sua
comitiva dei giochi
online e adesso non mi calcola di pezza.
Gli
uomini sono strani. Guardalo lì, tutto
perso con la quinta birra in mano che si agita a raccontare
chissà cosa al suo
compare che pende dalle sue labbra come se stesse ascoltando una
profezia da un
nuovo messia. Ma guai a fargli notare che sembrano due innamorati, eh
no. Non
si possono dire certe cose di questi tostissimi individui virili.
Mi
guardo un po’ in giro e poi torno a fissare
il cocktail che ho in mano, un angelo azzurro, in memoria degli anni
80-90,
appunto. È azzurro proprio perché viene usato il
blu di metilene, per
colorarlo. La stessa sostanza che in dosi elevatissime e assunta per un
lungo
periodo di tempo ha portato Gesabette alla morte. Non che il colorante
in sé
l’abbia uccisa, è stato il suo abuso.
Mi
mancano Clara, Gesabette… perfino quella
spina nel fianco di Estela mi manca.
So che
erano morte ancora prima che io
nascessi, ma finché potevo incontrarle nei miei sogni,
restavano vive. Dopo il
mio risveglio a novembre 2018, non ho più fatto alcun sogno
con loro. Non ho
più visto scenari onirici strani ed inquietanti
all’infuori di normalissimi
incubi che tutti fanno. Però mi conforta il fatto che sono
certa che ora stiano
tutti bene.
Sulla
mensola in salotto ho tutte le loro
foto. Brianna, poi ho quella incorniciata di Clara donatami da suo
fratello e quella
di Estela che ho recuperato da internet, mentre la foto di Gesabette me
l’ha
fornita Nores: l’aveva scattata il fotografo Metzger, lo
stesso uomo che Gesa
avrebbe dovuto sposare.
Adesso
il museo ad Amsterdam ha dovuto
cambiare un po’ di carte in tavola. Non è
più il Museo di Van Meyer, è
il Museo dei Van Meyer. I dipinti di Gesabette le
sono stati riconosciuti
e ha ottenuto la sua giustizia, sebbene tutte le altre opere di suo
fratello
sono rimaste esposte, giustamente: non dovevano essere distrutte solo
perché
lui era un idiota invidioso. E poi mi consola il fatto che gli ho
incendiato la
casa e ancora adesso starà guardando da quella sua inutile
finestra che dà sul
nulla nella prigione che lui stesso si è scelto, in cui
risiederà finché non si
dimenticherà chi è e forse a quel punto
tornerà a far parte del circolo dell’energia
del Nodo e chissà, magari un giorno anche lui,
rinascerà. Come Camille.
Suzette…
credo che la tormentata Suzette ora
stia meglio. Gli algoritmi dei social networks sono perfidi per certi
versi,
però l’account di Suzette Lacrois un bel giorno mi
è uscito tra i contatti di
Instagram che potrei conoscere. Per aver fatto questo salto nel mondo,
in
qualche modo sta meglio. E chi sta meglio, col tempo, smette di odiare
e impara
a perdonare.
Sulla
mensola del mio salotto non c’è la foto
di Camille e nemmeno quella di Francisco Howard. Ero certa, convinta,
sicura al
100% di avere una sua foto conservata nel fascicolo che mi aveva dato
Ryan
Williams, l’investigatore. Purtroppo non l’ho
più trovato e l’investigatore è
diventato irrintracciabile. Non ho ritenuto saggio insistere troppo con
lui,
chissà cosa avrebbe pensato nella sua paranoia...
Quando
sono tornata a casa dopo il ricovero,
il fascicolo non era più dove credevo che fosse.
L’ho cercato in tutta la casa
e ho ribaltato il salotto ma niente… mai più
trovato. La cosa peggiore non è
tanto non averla potuta mettere sulla mensola insieme alle altre,
quanto il
fatto che non riesco a ricordarmi il suo viso e nemmeno gran parte
delle
conversazioni che ho avuto con lui.
Ho
chiesto a Carmen e Lukas di descrivermelo
ma le loro risposte sono state strane e discordanti. Lukas ha detto che
era un
militare, e che a lui sembrano tutti uguali. Carmen ha esclamato che
secondo
lei era un bel ragazzo ma che il viso non le perveniva, insomma un
comune bel
ragazzo e ogni volta che provo a ricordarmi che viso avesse, ricordo
solo sfumature
scure… ahia, cazzo! Fammi poggiare sto cocktail va, che mi
sta facendo un
brutto effetto.
Appoggio
il bicchiere mezzo vuoto sul bancone
del bar della discoteca e improvvisamente mi sento osservata. Alzo
istintivamente lo sguardo verso la balaustra del piano superiore,
quello a cui
si accede salendo la scalinata a destra della sala e che portano al
piano su
cui c’è il terrazzo spazioso da cui
sarà possibile vedere i fuochi d’artificio
tra poco più di mezz’ora.
Un
ragazzo dai capelli scuri mi sta fissando.
Mi guardo intorno per verificare che non stia puntando qualcun altro.
No, è
fisso proprio su di me. Mi fa un sorriso sghembo e ricambio con uno
imbarazzato. Ha un’aria familiare… forse
l’ho già incontrato e non me lo
ricordo? Strano, io godo di una buona fisionomia.
Sento il
bisogno di prendere un po’ d’aria. Mi
avvicino a Lukas facendomi spazio tra un sacco di gente esagitata.
“Vado
un attimo fuori!” gli urlo vicino
toccandogli una spalla per attirare la sua attenzione.
“Cosa?!”
mi chiede assordato dal casino.
“Vado.
In. Terrazza. Qualche minuto e torno!”
strillo facendomi finalmente sentire. Accenna un’affermazione
e mi chiede di
non allontanarmi troppo che vorrebbe fare il conto alla rovescia
insieme a me,
poi torna a gesticolare con il suo amico.
Mi
dirigo verso il piano di sopra, dove ci
sono i mobiletti per poggiare gli effetti personali. Apro il mio
armadietto e
prelevo la giacca e la sciarpa, che indosso prima di uscire e prendermi
il
colpo dell’anno.
Sul
terrazzo ci sono giusto qualche fumatore e
un paio di coppie intirizzite dal freddo che ridono e scherzano con un
cocktail
in mano. Il cielo è coperto da fitte nubi ed è
particolarmente scuro, ad
eccezione della luce riflessa dall’inquinamento luminoso che
gli fa assumere
uno strano colorito verdastro.
Mi
sposto verso il lato sinistro, il più
lontano possibile da tutti e dal casino che viene dal piano di sotto.
Qui
riesco decisamente a sentire di più i miei pensieri, dentro
il casino era
assordante e sono anche un po’ confusa, forse per via
dell’alcool…
“Stasera
la luna non ci può vedere.” dice una
calda voce maschile alle mie spalle.
Mi volto
e vedo lo stesso ragazzo che mi ha
sorriso poco fa dalla balaustra, quello dall’aspetto
familiare, capelli neri,
pelle olivastra e occhi scurissimi.
“Ci
conosciamo?”
“Non
ti sembra di conoscerci da sempre?” mi
sorride mettendosi a poco più di un metro da me, con la
schiena alla ringhiera.
Sfrontato,
il ragazzino…
una volta non li facevano così
impertinenti. Impiego più tempo di quanto vorrei per
rispondergli, non tanto
perché ho bevuto, quanto più che altro
perché sembra anche a me di averlo già
incontrato.
“Forse
in un’altra vita ci conoscevamo, in
questa decisamente no.” Provo a metterlo via,
perché non mi sembra il caso di
dare troppa corda al primo che ci prova. Erano diversi anni che non mi
capitava
ma a quanto pare certe cose non cambiano mai.
Mi
regala un sorriso ironico, facendo vagare
lo sguardo intorno a noi e mi stringo nella giacca sentendo il freddo
pungente
di dicembre.
“Hai
freddo?”
“A
dicembre, a Zurigo, non può fare caldo… sto
bene, grazie. Tu piuttosto, sei un po’ svestito per questo
clima.” Ribatto
distogliendo lo sguardo dai suoi occhi scuri per passarli velocemente
sul suo
abbigliamento leggero e integralmente nero. Sembra avere un bel
fisico… bah,
che vado a pensare? Vedi a bere dopo tanto tempo, che pensieri vengono?
“Sono
stato in posti più freddi.” Scrolla le
spalle, come se cinque gradi sotto lo zero fossero una cosa da niente.
“Ti ho
vista qui e ho deciso di prendermi una pausa dal lavoro.”
“Lavori
al locale?”
“No,
però stasera sono in città… per poco,
poi
dovrò andare un salto in Svezia, e poi forse in
Cina.” Espone come se stesse
parlando di una sciocchezza.
Ridacchio.
“Oh cavolo, la recita dell’uomo
d'affari misterioso e affascinante… quanto tempo
è passato dall’ultima volta
che qualcuno l’ha usata con me? Un po’ troppi anni,
temo che tu non ne abbia
abbastanza per potertelo permettere.”
“Quanti
me ne dai?” risponde velocemente
inchiodandomi con i suoi occhi brillanti e un sorriso più
seducente di quanto
vorrei ammettere.
Questa
frase… l’ho già sentita. La stessa
voce, la stessa inclinazione goliardica. Anche l’ultima volta
mi aveva
infastidito. Chi era stato a dirla? Non mi sovviene… devo
tornare sul pezzo.
“Meno
di quanti te ne servirebbero, è chiaro.
Adesso, scusa, sotto mi aspetta il mio uomo e ti assicuro che non
sarebbe
affatto contento di vedermi qui con uno che ci prova senza
pudore.” Mi scosto
dalla ringhiera infastidita.
“Aspetta,
principessa. Prima vorrei un
consiglio da te.” fa per sbarrarmi la strada.
Principessa?!
Io ti spingo di sotto e fingo che sei scivolato sul ghiaccio… penso fulminandolo con lo sguardo.
“Vuoi un consiglio da me? Ma se nemmeno
mi conosci? E vedi di moderare i termini.”
“Scusa,
scusa… è che avrei bisogno di un
parere femminile. Tu mi sembri intelligente e gentile, fammi questa
cortesia.”
Tenta di adularmi con una nota di sottofondo nella voce che non riesco
a
identificare se sia felicità o sarcasmo, forse un mix di
entrambi. Ha un modo
di parlare che non mi è nuovo, ma non riesco a ricollegarlo
ad una persona
nota. Chi mi chiamava principessa…?
“Ruffiano…”
replico guardandomi attorno. La
situazione sembra tranquilla, anche se sono un po’ nascosta
alla vista, ad una
decina di metri ci sono ancora tante persone e non penso che questo
tizio
voglia farmi del male, solo che odio quelli che insistono
così tanto. Razionalmente
credo che dovrei mandarlo subito al diavolo e andarmene, ma il mio
istinto mi
trattiene. Brianna mi aveva consigliato di ascoltarlo
sempre… “Dai, sentiamo.”
“Stasera
la donna che amo riceverà una
proposta di matrimonio da un altro e so già che
accetterà.” Abbassa la voce e
si fa più vicino, mentre io mi allontano di conseguenza,
mantenendo sempre un
metro di distanza tra me e lui. “Devo fare assolutamente
qualcosa per impedire
che accada, questa è la mia ultima occasione. Cosa mi
consigli per farla venire
via con me?”
“Per
essere un uomo innamorato, ci provi con
le altre con fin troppa nonchalance.” Lo freddo incrociando
le braccia sul
petto.
“Non
hai risposto… cosa mi consigli?”
Alzo le
spalle mentre rifletto sommariamente
alla sua domanda. “Lei sa che la ami?”
Abbassa
lo sguardo un secondo prima di tornare
a ricambiare il mio. “Temo l’abbia
dimenticato.”
“Una
donna non dimenticherebbe mai un uomo che
ha detto di amarla, anche se non lo ricambia, credimi, se ne
ricorderebbe.”
Rispondo un po’ a disagio per la conversazione che sto avendo
con un estraneo.
“Non
gliel’ho mai detto esplicitamente, ma lei
sapeva che c’era qualcosa tra di noi. Lo so, che mi pensa
ancora.” Si fa più
vicino e sento la ringhiera alle mie spalle quando provo ad
indietreggiare
ulteriormente.
Alzo una
mano per indicargli che non ho
gradito. Sembra fare un grande sforzo di volontà per
arrestare il passo e
rispettare i miei spazi, ma si ferma e attende la mia risposta.
“Diglielo.
Parlale e dille che la ami e che preferiresti che stesse con
te.”
“Potrei
dirle che senza di lei mi sembra di
essere ancora in gabbia, che la sua forza mi ha stregato come
nessun’altra
prima e che combatterei per lei, sempre. Tu, al suo posto, cosa
risponderesti?”
“Beh…
dipende da cosa prova lei.” Rifletto
abbassando lo sguardo. “Se ama l’altro, qualsiasi
cosa le proporrai sarà
inevitabilmente declinata… se invece prova ancora qualcosa
per te, è possibile
che accetti, sì.”
“Ami
molto il tuo fidanzato?” mi chiede con un
cipiglio particolarmente serio e avverto una sensazione di
trepidazione.
Qualsiasi sia la cosa di cui sta parlando, deve essere molto coinvolto.
“Sì,
certo. Che c’entra?” Rispondo senza
indugio.
“Provi
questi sentimenti anche per qualcun
altro del tuo passato? Un amico, magari…?”
“No,
non ho mai amato nessuno come amo lui.
Quando in passato ci siamo separati, mi sono sentita persa.
È il mio grande
amore e anche se posso aver provato dei sentimenti per qualcun
altro…” non ho
mai provato dei sentimenti per un altro! Mi sento strana…
“Anche se fosse
capitato, non rinuncerei a Lukas in questa vita. Io e lui eravamo
destinati a
stare insieme, l’ho sempre saputo dalla prima volta che
l’ho incontrato.”
Sorride
un po’ tristemente e fa qualche
secondo di pausa. “Non sei fatta per portare il
giogo… Credi di appartenere ad
una vita tranquilla e abitudinaria, ma le donne come te sono
più felici in
guerra che in tempo di pace.”
Lo
squadro attonita. “Cosa ne sai tu di ciò
che potrebbe farmi felice?
Avvicina
leggermente il viso al mio e abbassa
la voce. “Ti conosco abbastanza da poter dire che ti spegni
nella monotonia e
splendi nella sfida. Per questo ti chiedo: vuoi venire con
me?”
Strabuzzo
gli occhi premendo la schiena contro
alla ringhiera, comincia ad essere preoccupante anche se allo stesso
tempo il
mio cuore batte forsennato come se sapesse benissimo a cosa si sta
riferendo
questo sconosciuto. “Non so chi tu sia, di cosa stai
parlando?!”
“Potresti,
se lo volessi. La Luna è cieca
durante la mia tempesta, non lo scoprirebbe mai. Ti basterebbe chiudere
gli
occhi, ti prometto che non sentiresti niente, e…”
alza una mano sul mio viso,
dandomi una carezza sulla guancia sinistra con il dorso delle dita.
Resto
interdetta e non so perché non mi sia scansata ma il
contatto con la sua mano
sorprendentemente calda mi paralizza.
Già
qualcuno mi aveva accarezzato così… la
stessa identica carezza. La ricordo, così come ricordo
questi occhi scuri che
si stanno avvicinando al mio viso e il suo volto.
Il suo
volto, che credevo non avrei più
rivisto.
Alzo una
mano e poggio le mie dita con
delicatezza sulle sue labbra a qualche centimetro dalle mie. Spalanca
gli occhi
e trattiene il fiato quando comprende dalla mia espressione che so chi
è.
“Non
verrò con te.” Gli sorrido tristemente.
“Ho fatto la mia scelta. Ho scelto Lukas. Sei stato un amico
e ammetto che
qualcosa, per te, l’ho provato… ma lui
è la mia persona.”
Riesco a
leggere la delusione nel suo sguardo
e lentamente scosto le dita dalla sua bocca. La sua mano
però va a trattenere
la mia e poggia un bacio sul mio palmo, chiudendo gli occhi e
inspirando
profondamente l’aria a contatto con la mia pelle in quello
che penso essere il
suo gesto per conservare l’ultimo ricordo di un contatto con
me.
Quando
si stacca e fa un passo indietro,
abbassa la mia mano con dolcezza, tenendola ancora nella sua per la
punta delle
dita.
“Almeno
ho mantenuto il mio giuramento, ti ho
trovata.” Esala, chinando il capo.
“È
vero. Ti confesso che forse, in un’altra
vita, avrei scelto te.”
“Il
mio mandato finirà prima o poi… Vorresti
dedicarmi la prossima?” sussurra guardandomi con gli occhi
colmi di un sentimento
di cui mai lo avrei immaginato capace e allo stesso tempo paura per la
mia
risposta.
“Se
ripartissi da zero… potrei darti
un’occasione. Ma avrai un feroce concorrente,
sappilo.”
“Prometti
che avrò una chance?”
“Prometto
che… ti riconoscerò. Il resto starà
a te.”
Si fa da
parte, lasciandomi passare con un
nuovo sorriso. “Contaci.”
Lo
guardo per l’ultima volta, imprimendomi per
sempre nella memoria il suo volto, di cui non potrò mai
parlare a nessuno e che
spero di non rimpiangere mai. “Addio, Frank.”
“A
presto, Erika.”
Abbasso
lo sguardo in imbarazzo e quando tiro
su gli occhi, lui non c’è più.
Resto in
silenzio osservando il cielo dalle
sfumature petrolio le cui nubi cominciano a gonfiarsi di fulmini mentre
un
vento gelido soffia sulla terrazza e le persone cominciano a riunirsi
all'aperto per lo spettacolo pirotecnico.
Era da
parecchio che non mi sentivo così… me
stessa: prendendo la mia memoria, Arianrhod mi aveva privato
spietatamente di
un pezzo della mia identità. Aveva sottovalutato il peso di
quel sentimento che
riteneva inutile e la forza di volontà di noi piccoli
insetti.
La luna
non avrà mai più lo stesso fascino, ma
la tempesta ne ha acquisito uno tutto proprio…
“Erika!
Dove eri finita? Mancano dieci minuti
a mezzanotte!” sento la voce di Mikaela a qualche metro di
distanza.
“Sono
qui…” rispondo pensierosa, poi provo a
sistemarmi i capelli che il vento mi ha scompigliato. “Sono
presentabile?”
chiedo alla mia amica, sorridendo.
“Sì,
certo, sei bellissima, perché?” fa Mika,
guardandomi gioiosa: non capita spesso che le chieda un parere sul mio
aspetto.
“Lukas
sta per chiedermi di sposarlo, quindi
tira fuori il telefono e fai un video, deve essere perfetto.”
cerco di
mascherare la malinconia che mi ha colto poco prima e che ancora sento
bruciare
lievemente.
“Oh
miei Dei!!” Mikaela si porta le mani alla
faccia con aria sconvolta. “Qui?! Devo dirlo a Carmen! Te
l’ha detto lui?!”
“Ho
le mie fonti, lo sai…” rispondo con fare
misterioso.
“Carmeeeenn!!”
urla Mikaela fiondandosi dentro
il locale alla ricerca della mia migliore amica mentre io attendo in
terrazza
che arrivi anche il mio futuro sposo.
Un ultimo lampo
illumina il firmamento.
Fine!!
Cari ragazzi, qui si conclude questa storia.
Mettere la
postilla su “completa” è stata quasi una
sofferenza, ma era un passo
inevitabile e se da un lato ha fatto male, dall’altra
è stata una liberazione:
ho concluso il mio lavoro.
Giusto qualche spiegazione: quando ci si
reincarna, non si si
mantengono sempre gli stessi rapporti che si avevano nella vita
precedente. La
persona che nella vita passata è stato il tuo consorte o un
tuo genitore, in
quella successiva potrà essere un figlio o un fratello.
Nonostante tutto, ci
sono storie che parlano di reincarnazione che raccontano delle anime
gemelle,
che in ogni nuova vita si incontrano di nuovo (se vi piace il tema vi
consiglio
Molte Vite, Un Solo Amore di Brian
Weiss).
Come ho detto più volte, alla fine vi
avrei rivelato il mio
sogno: l'inizio è esattamente come è stato
descritto qui (eccetto i dettagli
sulla vita privata della protagonista, sui suoi amici e sulla morte dei
personaggi, che non sapevo come fosse avvenuta). Sul treno incontravo
Clara,
Gesa e Frank da anziano e due ragazzini gemelli, maschio e femmina (qui
li ho
coinvogliati nel personaggio di Camille). I demoni facevano da contorno
approssimativamente nello stesso modo. Riuscivo a svegliarmi
chissà come e mi
adoperavo per tirare fuori i passeggeri, ma alcuni ragionamenti erano
del tutto
illogici e nel mentre, scoprivo che i due ragazzini erano dalla parte
dei
demoni e per poco non mi ci facevano restare definitivamente. Quando
incontravo
nuovamente Frank, era l'unico ad essere cambiato nell'aspetto e ammetto
che me
ne innamorai nonostante nella vita vera avessi già un
fidanzato (che non mi
aiutava affatto a concludere la missione, comunque). Col fidanzato che
avevo a
quel tempo non andava affatto bene e alla fine… scelsi
l’altro. Che poi è stato
così anche nella realtà, solo che il sogno
avvenne prima che lo lasciassi sul
serio.
C'è una cosa da dire: il mio ex non si
avvicinava nemmeno
LONTANAMENTE al Lukas che vi ho presentato. Prima non avrei potuto
raccontarvelo ^^”
Grazie a tutti coloro che sono rimasti con me fino
alla fine,
soprattutto alle mie muse sostenitrici: Tubo Belmont (sei il mio muso
ahahaha),
_Alcor e Swan Song.
Ringrazio Paiton per avermi motivato, a giugno
2023, a
cominciare un percorso di scrittura differente dal mio solito,
perché solo
lasciando spiagge note si possono raggiungere nuovi lidi.
Grazie a tutti, un abbraccio <3
Fiore di Pesco