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Autore: lulette    20/01/2024    3 recensioni
Dal capitolo III
[Sono Arthur, Merlin! Tu sei Merlin, vero?"
Il giovane agì d'istinto.
Un’ intensa luce dorata gli illuminó gli occhi e allungò il braccio libero verso l’altro, sussurrando le parole nella lingua dell’antica religione:
'Ic nelle neah bē!’
Subito Arthur fu sollevato da terra e spinto all'indietro da una forza invisibile. Il re cacciò un urlo di spavento e dopo diversi metri cadde a terra con un tonfo.
Merlin cominciò a correre come se ne andasse della sua vita. Voltandosi indietro vide Arthur rialzarsi e lanciarsi al suo inseguimento.
"Merlin, fermati!" urlava e invece Merlin correva più forte.
"Fermati, ti prego!"
Arthur non l'aveva ancora raggiunto, ma se avesse continuato così presto se lo sarebbe ritrovato addosso. E questo acuì il suo senso di panico.]
[Quasi lo odiò, per la sua mancanza di tatto e comprensione, per la testardaggine che da sempre lo contraddistingueva, per l'arroganza di cui era capace, quando voleva.
E di nuovo usò la magia contro il suo re, senza neanche troppi sensi di colpa.]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, Merlino, Mithian, Principe Artù, Will
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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2810parole



Capitolo X

 

Contra factum est?

 

(Il destino è contrario?)





 











Pochi giorni erano passati dalla festa.

Arthur c’era rimasto molto male per la reazione di Merlin alla sua proposta di fidanzamento. Era convinto che l’altro si sarebbe lasciato infilare l'anello al dito. Era l'anello di sua madre: non avrebbe potuto consegnarlo a nessun altro che a lui. 

Quando aveva sposato Mithian le aveva dato un altro anello.

 

Pensava che Merlin l'avrebbe baciato e abbracciato.

Si era impegnato per tutta la settimana per la festa, perché se tutto fosse stato perfetto, l’altro avrebbe detto di sì.

 

Ma niente era andato per il verso giusto.

 

Ora però aveva capito. 

 

Avrebbe insegnato a Merlin cosa può e deve fare un uomo, per ciò che crede giusto, ma anche per ciò che vuole davvero. 

Non sapeva ancora come avrebbe fatto, ma sapeva che avrebbe agito.






 

In quei giorni gli amici di Merlin e Gaius si erano accorti che qualcosa non andava nel ragazzo. Sorrideva e faceva battute, come al solito, ma per lo più era silenzioso e spesso sembrava assente. Per non parlare del suo aspetto: aveva perso peso, già che non era mai stato molto in carne. I solchi nelle guance erano più scavati, il pallore della pelle si era intensificato e alcune vene blu erano comparse sulle tempie e sugli avambracci del ragazzo.

Gaius vedeva che Merlin si nutriva poco e di notte lo sentiva rigirarsi nel letto all’infinito, oltre la porta della sua stanzetta. Qualche volta urlava, forse in preda agli incubi.

 

Una mattina Arthur fece chiamare Merlin, il quale andò in panico: non voleva che il re lo vedesse in quelle condizioni. 

Si vestí con gli abiti migliori che aveva, avendo cura di coprire bene i polsi. Pettinò i capelli in avanti fino a ricoprire le tempie e si specchiò: ‘Dei del cielo… sono orribile… peggio di Myrddin!’

E si mise un cappello, calato fino agli occhi. Infine pizzicò a lungo le guance per cercare di avere un colorito più roseo.




 

“Arthur” disse inchinandosi profondamente, poi trattenne un grosso sospiro quandò vide il re: era ancora più bello del solito. Era in piedi vicino alla scrivania con un rotolo svolto tra le mani e una elegante penna nell’altra.

Aveva un paio di calzoni scuri a vita alta e una camicia bianca di tessuto leggero infilata nei calzoni. Lo scollo era profondo e senza lacci. Con la luce del sole alle spalle del re, Merlin vedeva in trasparenza le linee dei muscoli del torace e delle spalle di Arthur. Era una visione: un dio sceso in terra, come in quegli affreschi dove il personaggio principale calava dal cielo, inondato di luce.

Davvero costui era stato suo? 

Dubitò della sua sanità mentale. Forse era solo un povero pazzo delirante, che viveva in un mondo immaginario!

Si sentiva molto turbato dalla presenza magnetica del re, ma era anche avvilito dalla consapevolezza del suo aspetto emaciato e della stravagante immagine che il re avrebbe notato.

E infatti:

“Ma come ti sei conciato? Sei irriconoscibile Merlin! Lo sai che devi scoprirti la testa in mia presenza?”

 

“Perdonatemi … perdonami, ma non sono stato molto bene e non sono arrivato a lavarmi i capelli” mentì Merlin. “Potrei tenerlo?”

 

“Va bene. Non importa… Ho pensato che tu potresti riprendere il tuo vecchio ruolo qui a Camelot. Ti andrebbe di tornare a fare il mio valletto?”

 

‘Accidenti!’

Come avrebbe fatto se il re avesse cominciato a tormentarlo, tutti i giorni, più volte al giorno. La sua volontà era tenace, ma c’erano dei limiti. Era convinto che in quel modo non avrebbe retto più di una settimana.

 

“E George? Vi ha servito fedelmente per anni. Non mi sembra giusto nei suoi confronti…”

Merlin ricordava la mezza promessa fatta a George, ma in quel momento non gli importava. Si sarebbe attaccato a tutto pur di giustificare il suo rifiuto.

“È stato lui a chiedermelo.”

“E perché l’avrebbe fatto?”

“È stato un servo fedele, Merlin, ma la verità è che  George non ne puó più di me … colpa mia. L’ho sempre trovato noioso e non mi sono mai premurato di nasconderglielo. Ha resistito anche troppo.”

 

Merlin decise allora che trovare altre scuse non aveva senso. L’antica complicità tra loro, che si era acuita la notte passata insieme, forse aveva almeno quel vantaggio: quello di poter essere sinceri.

 

“Io non posso tornare a fare il valletto reale. Una parte di me lo vorrebbe. Il periodo in cui ero il tuo servo è stato il più bello e spensierato di tutta la mia vita …”

“Questo me l’avevi già detto … quando eri Myrddin. Tutte quelle bugie sulla tua vita in Irlanda e sulla donna della tua vita… non esiste vero?”

“Ho mentito su nomi e luoghi ma non su quello che a ho provato. Quella donna … eri tu. Parlavo di te …”

“Non sono sicuro che la cosa mi faccia piacere” sorrise leggermente il re.

 

“Nessuna allusione Arthur. Tu sei l’uomo più virile che conosca…”

Merlin arrossì furiosamente, pensando a cosa aveva appena detto.

Ma il re non infierì. “Che fine farà Myrddin? So che è una cosa stupida, ma … mi manca. Eravamo diventati amici, almeno per me era così…”

 

“Lo era anche per lui … io credo che non lo rivedremo più. A meno che non sia estremamente necessario. Però, in alcuni casi, potrebbe rivelarsi ancora utile, non credi?”

 

“No… non voglio che tu muoia”

 

“Intendevo dire, se io e Gaius trovassimo la maniera di richiamarlo senza rischi per la mia incolumità.”

 

“Nel caso, prima di fare qualunque passo, voglio prima esserne messo al corrente. Meglio pensare alla tua salute che ad un uomo che in fondo non è mai esistito…”

 

Merlin si rabbuiò per un attimo ma poi sorrise:

“Vuoi sapere una cosa buffa… ricordi quando hai dichiarato ai cavalieri che Myrddin possedeva la magia? E di Merlin, lo stregone, non ne hai fatto parola con nessuno.”

 

“Ti mandai via, subito dopo averlo scoperto. E non avevo ancora promulgato nessuna legge a difesa della magia bianca… Perché non venisti subito da me? In forma di Myrddin, intendo.”

 

“Ero arrabbiato e triste. Poi avresti capito che ero io. Tu e anche gli altri”

“Gli altri forse, io … sono un po’ troppo semplice per queste cose. Penso sempre che le persone gentili con me, siano miei sudditi devoti.”

 

“È così. Vale sia per me, che per Myrddin.”

 

“I segnali c’erano tutti, ma io non ci sarei arrivato lo stesso. Come fu per la tua magia, ricordi? Per fortuna ti sei trasformato in Merlin sotto i miei occhi. Altrimenti non ci avrei mai creduto…”

 

Merlin appariva impacciato: “Per quanto concerne il motivo per cui mi hai fatto chiamare, la mia risposta è no”

 

“Ormai solo ‘no’ mi sai dire…” si adombrò Arthur.

Merlin chinò il capo: “Mi dispiace!”

“Ecco altre parole che ti sento dire spesso”

“Mi disp…”

“Sappi che anch’io ti ho mentito. Ti ho detto che ti avrei lasciato in pace, ma come avrai già capito, non ho nessuna intenzione di farlo”

 

“Eppure devi farlo … per me…”

Merlin si levò il cappello, scoprendo il capo e il viso e si tirò su le maniche.

 

Arthur trasalì.

“Che cosa diavolo ti è successo?”

 

“Non volevo arrivare a tanto, te lo giuro, ma come vedi non sono molto in forma!”

 

“Che cos’hai?”

Arthur si avvicinò, guardò i polsi di Merlin, il suo viso smagrito, i suoi occhi cerchiati, le tempie bluastre. “Sei malato?”

 

“Se il mal d’amore può essere considerato una malattia… allora sì”

Arthur non resistette e istintivamente lo abbracciò. Lui soffriva e non aveva tenuto conto del fatto che anche Merlin soffrisse, forse anche più di lui.

Merlin provò un momento di beatitudine e mi non si mosse. Non ricambiò l’abbraccio né cercò di sottrarsi.

 

“Ho deciso di fare una cosa.” Mormorò il re con la bocca tra i capelli del servo. “So che non potrai mai essere mio finché non farò chiarezza con Mithian. Voglio parlarle ora. Vuoi venire con me?”

“Che cosa? No!” disse Merlin, staccandosi dal re. 

“Non intendo farti incontrare Mithian. Ti chiedo solo di aspettarmi fuori dalla sua stanza. L’idea che tu sia lì, mi darà il coraggio di dire tutto ciò devo. Preferirei affrontare una bestia feroce, te l’assicuro. So già che la farò soffrire. Spero che tu capisca quanto ti amo Merlin, perché sarà … penoso”

 

“Non farlo! Ho paura!”

 

“Non lo faccio per te, non capisci? Hai ragione quando dici che sono un’egoista”

 

“Se tu non fossi stato sposato, avrei gradito molto la tua proposta: la festa, il fidanzamento, l’anello, ma …”

 

“È quello che sto cercando di fare ... non essere più sposato. Dovevo essere davvero stravolto per accettare un matrimonio senza amore. Già è difficile quando due persone si amano…”

 

“Non vi facevo così scettico…”

 

“Oh, non temere. Noi saremo la più bella delle eccezioni.” 

 

Arthur stava per baciarlo ma si accorse che Merlin non era ancora pronto e rispettò la sua scelta.

 

Il re stava per bussare alla porta di Mithian quando Merlin gli corse incontro abbracciandolo forte. Arthur si sentì sciogliere all’interno. E lo amò ancora di più per questo.

 

“Buona fortuna” gli mormorò all’orecchio.

 

Arthur rimase per tre ore dentro la stanza di Mithian. 

Merlin all’esterno sentiva quasi tutto: i pianti, le urla da una parte e dall’altra. Poi c’erano momenti di silenzio ancora più inquietanti delle liti.

Merlin pregò ogni dio che conosceva e pianse silenziosamente per quasi tutto il tempo, angosciato ma con un pizzico di speranza, nonostante tutto.

Poi lo vide: Arthur spettinato e stravolto che usciva da quella stanza, anche lui con gli occhi lucidi e inferocito al tempo stesso. 

 

Quando vide Merlin, si asciugò il volto arrossato e si ravviò i capelli con le mani.

Sì avvicinò al moro e tacque a lungo, poi con voce roca disse piano: “Niente da fare! È andata peggio di quel che pensavo. Sì è impuntata. Ha detto che se la lascerò porterà via i bambini con sé!"

“No…” sussurrò Merlin con il gelo nel cuore. 

“Non mi arrenderò. Ma … per il momento sarà bene aspettare...” Poi ricominciò a inveire a bassa voce. “Le ho detto che non la ripudierò. Le ho detto che potrà risposarsi con chi vuole e che sarebbe rimasta a palazzo col suo nuovo marito. Le ho detto che intendevo nominarla consigliere di corte, per portare avanti i suoi progetti sugli indigenti. Le ho detto che lei avrebbe avuto l’ultima parola sull'educazione dei figli, almeno fino alla maggiore età, che saremmo stati buoni genitori anche da separati, che non sarebbe cambiato quasi niente, in fondo, anzi che la situazione tra noi sarebbe potuta solo migliorare. Sembrava quasi d’accordo ma … quando le ho detto di te, è impazzita di gelosia. Mi ha detto cose irripetibili riguardo a noi due.

Ma se non si capaciterà della cosa, la ripudierò, la farò allontanare e le toglierò i figli … lei ha dimenticato chi sono! Se mi costringerà a farlo, la rovinerò!”

“No. No… meglio aspettare un po’ perché si abitui all’idea, come hai detto prima. Deve solo prenderne atto e le cose piano piano si sistemeranno, vedrai”

disse Merlin, senza crederci neanche per un attimo, ma solo per calmare l’agitazione di Arthur.

“Ho fame! Posso mangiare in tua compagnia, Arthur?”

Il re respirò rumorosamente. “D’accordo, andiamo!”

 

 

 

Il mattino dopo Merlin sentì bussare forte alla porta del laboratorio. Era ancora presto. In pratica dopo la situazione frustrante e dolorosa che aveva passato il giorno precedente, aveva impiegato molto tempo per addormentarsi. Gli sembrava di aver appena chiuso gli occhi.

Poi sentì bussare alla porta della sua stanza.

Senza aspettare l’invito ad entrare, Gaius aprì la porta, con un viso così tirato che Merlin balzò a sedere sul letto.

“È arrivato un messo del re con un dispaccio urgente. Arthur chiede di vederci immediatamente. 

Ci aspetta nella stanza di Mithian.”

 

Merlin si irrigidì tutto. Non voleva pensarlo ma, la regina!… Che avesse commesso un insano gesto?

 

“Quando arrivarono trovarono Mithian a letto, con un’espressione sofferente. I suoi due figlioletti erano sdraiati accanto a lei. Avevano gli occhi chiusi e respiravano rumorosamente. Avevano una gran brutta cera proprio come la madre. Arthur era seduto accanto al letto con i gomiti sui ginocchi e le mani tra i capelli. Sembrava veramente disperato.

“Merlin, Gaius, vi prego! Stanno male tutti e tre! Tutti e tre! Come è possibile?”

Gaius rispose: “Dobbiamo visitarli adesso, maestà. Vi prego di aspettare qui fuori.”

Nell’uscire, Arthur mise una mano sulla spalla di Merlin e lo guardò con occhi imploranti, pieni di lacrime. 

Anche a Merlin veniva da piangere nel vedere l’altro così disfatto dal dolore. Strinse le labbra e fece un gesto di assenso col capo. Poi Arthur uscì dalla stanza.

 

Mithian aprì appena gli occhi e con voce flebile disse:

“No… tu no, Merlin. Vattene via. Non voglio vederti.”

“Merlin è un potente mago” disse Gaius con voce calma ma decisa. “Ho bisogno di lui. Se non volete farlo per voi, fatelo per i vostri figli.”

Al che la donna, lacrimò.

“È colpa mia se i bimbi si sono ammalati. Li ho contagiati io. Arthur me l’aveva detto, ma io ho fatto di testa mia. Salvateli, vi prego. Di me non m’importa ma Martin e Seraphine … salvateli vi prego. Merlin aiutali!” E scoppiò in un pianto terribile, che le causò un brutto attacco di tosse.

“Certo! Siamo qui per questo. Ma dovete cercare di stare tranquilla, altrimenti anche i vostri figli si spaventeranno. I bimbi capiscono più cose di quello che pensiamo.” le disse Merlin.





 

"Cos'è?" chiese Merlin a Gaius dopo che avevano finito di visitarli.

“È la febbre pestilenziale” mormorò Gaius all’orecchio di Merlin. 

“Posso fare qualcosa?”

“Prima andrò a prendere un paio di libri. Tu intanto dovresti fare bollire dell’acqua per creare del vapore e dentro mettici questa crema”

 

Merlin usò la magia. Fece apparire un grosso pentolone d’acqua già bollente sul camino e ravvivò il fuoco sempre con la magia. Poi sciolse all’interno l’intero vasetto di crema, che sprigionava un leggero odore di menta, timo e salvia più altre erbe che Merlin non riconosceva dall’odore.

 

Gaius rientrò trafelato. 

“Dobbiamo fare scendere la febbre. Ci sono dei sacchetti di stoffa: vorresti riempirli con del ghiaccio da mettere sulle loro fronti?”

Merlin prese l’acqua che aveva a disposizione e con una nuova magia la trasformò in ghiaccio, poi con un'altro gesto magico sbriciolò il ghiaccio in frammenti. Riempì i sacchetti e li tenne in posizione sulle fronte dei tre malati.

Continuarono così per tutto il giorno e tutta la notte. Facendo bere ai malati delle bevande con erbe medicinali, producendo vapori benefici e ghiaccio per la fronte. Dopo un po’ anche Arthur andò ad aiutarli. Sembrava un'anima in pena e in più c’era bisogno di aiuto. Dopo tre giorni passati così, senza che Mithian né i bambini migliorassero Gaius prese da parte Merlin.

“Non sono peggiorati, ma non migliorano. Per me è ora di provare con la magia.”

Ma Merlin aveva troppa paura. Finché si trattava di svolgere quei compiti semplici era d’accordo. Ma se le cose non fossero andate per il verso giusto?

“Io non me la sento. Mi dispiace!”

“Parla con Arthur.”

“Lui ha fiducia in me. Ma se anche solo uno di loro non ce la facesse, come farei a guardarlo in faccia? No!”

“Se non intervieni forse non se ne salverà nessuno. A quest’ora le cure avrebbero già dovuto cominciare a fare effetto, almeno un po'. Ascolta Merlin, ho idea che questa malattia sia stata originata dalla magia. Malvagia naturalmente. Lascia che parli io con il re.”





 

Arthur si avvicinò con gli occhi rossi a Merlin. Gaius uscì dalla stanza. 

“Io non posso Arthur.”

“Non devi salvarli, se non puoi. Devi solo provarci. E io so che tu ce la metterai comunque tutta. So quanto mi ami. Ti prego di farlo per amor mio.”

Merlin si mise a singhiozzare e cercò conforto nell’abbraccio di Arthur che lo strinse a sua volta con forza. 

 

“Ti prego, Merlin, fallo! Anch’io mi fido di te.” disse Mithian con un filo di voce. 

Merlin si staccò subito da Arthur. Mithian era lì che moriva mentre loro si abbracciavano e pensò che fosse una crudeltà farsi vedere così da lei.

 

“Rimani con me?” Chiese Merlin al re.

“Volentieri…”

 

Non era poi una cosa impossibile. Merlin doveva concentrare la sua magia su ciascuno dei tre malati e ripetere per tre volte, la formula che era sul libro di Gaius.

Merlin si concentrò come non aveva mai fatto prima in vita sua.

 

“Lo miht heardgweard!”*

 

Dai suoi occhi fuoriusciva una luce d’oro assolutamente luminosa.

 

“Lo miht heardgweard!”

 

Dalle mani di Merlin fuoriusciva un intenso raggio di luce che inondava il malato.

 

“Lo miht heardgweard!”

 











*“Eccoti la forza per guarire!”






   
 
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