Un sospiro simile a un gemito strozzato, fece capolino oltre la sua gola. Il pomo d'Adamo rimbalzò al di sotto della pelle candida, graffiata metaforicamente dal sudore che scendeva lungo il collo.
Genere: Angst, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
𝑹icordava in silenzio l'odore del timo selvatico e della verbena in fiore. Annaspava quasi, con i polmoni inondati da un olezzo oramai lontano. Di quei giorni e di quei baci non se ne sarebbe più narrato, né vissuto né scritto. Erano divenuti una eco lontana, una litania per stolti, che ancor pian piano osavano narrare di quella famiglia che nella sua ingordigia trovò la fine. Fantasmi passeggiavano per i corridoi di villa Black. S'arrabattavano come conigli laboriosi, disperdendosi tra il marcio dei muri e la muffa che ne divorava gli intonaci. Soli, abbandonati ai loro affari, i quadri penzolavano da chiodi arrugginiti. Walburga Black urlava maldicenze, stretto al petto un gatto dal manto lungo e lucido. Seppur divenuta solo un quadro, la sua sofferenza era udibile perfino al malcapitato che, per sorte, si ritrovava a passeggiare lungo le vie londinesi che circondavano il caseggiato nascosto. Il capostipite Orion Black troneggiava al centro della sala da pranzo, ben lungi dalle urla strazianti della consorte. Egli osservava con occhi grigi e spenti, l'ultimo figlio della dinastia non fare ritorno al suo posto, accanto alla figura di Sirius Black. Si narrava che un ritratto ultimato prendeva un poco dell'anima di colui che rappresentava. Se così fosse non era difficile immaginare laddove il ritratto di Regulus Black s'andava a cacciare. 𝑨𝒎𝒐𝒓 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒂𝒎𝒂𝒕𝒐 𝒂𝒎𝒂𝒓 𝒑𝒆𝒓𝒅𝒐𝒏𝒂, recitava il foglietto accartocciato e dimenticato tra la polvere ed i ragni che abitavano al di sotto del comodino della camera di Regulus. La terza asse, a cinque passi dalla porta con gamba eretta e passo militare, avrebbe svelato il mistero. Rigonfia a dispetto delle sorelle, nascondeva al di sotto una fotografia ingiallita dal tempo. In quella diapositiva, tra carta lucida e inchiostro magico, Regulus prendeva nuovamente vita.
Ricordava, perché i ricordi non lo avevano del tutto abbandonato. Un sospiro simile a un gemito strozzato, fece capolino oltre la sua gola. Il pomo d'Adamo rimbalzò al di sotto della pelle candida, graffiata metaforicamente dal sudore che scendeva lungo il collo. I lombi andarono a fuoco, mentre un paio di braccia forti e sicure lo tenevano stretto. Prendevano forma di un'alcova, che sapeva morbosamente di proibito. Seppur nel peccato nasceva e moriva, Regulus non riusciva a dar pace a tutta quell'irrequietezza che provava qual ora quelle braccia si snodavan via dal suo corpo. Un singulto spazzò via il silenzio, lacerò i pensieri e la carne tornò ad esser priva d'altra carne. Fredda, umida, immobile come fosse appartenuta ad un cadavere. Ed in effetti non era questo? Un cadavere che galleggiava sulla cresta dell'oceano, in balia di onde chiassose e mani spettrali. Nessun pescatore o barcaiolo, se fosse mai passato da quelle parti, si sarebbe accorto di tal prodigio. Pareva più un pezzo di tronco sbiancato dalla salsedine, irrecuperabile, piuttosto che l'eletto di casa Black. L'oceano fu indulgente però, e dal suo braccio salato s'innalzò vita nuova. Regulus aprì gli occhi, ma non subito. Prima si risvegliò la mente, suggerendo alla fronte immagini di ricordi lontani. Pezzi di vita vissuti, sapori mai realmente dimenticati. Mani grandi, perennemente abbronzate, che stringevano con malcelata possessività i fianchi magri e stretti di Regulus. 𝘉𝘦𝘯𝘵𝘰𝘳𝘯𝘢𝘵𝘰 𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘷𝘪𝘵𝘢, gli parve quasi di udire, mentre i polmoni sussultarono ed un rantolo uscì dal profondo della sua gola.