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Autore: MelaniaTs    06/02/2024    0 recensioni
I Keller sono una facoltosa famiglia di Boston. Thomas Keller è il primogenito di Tobias e Rosalie, uomo di successo ha sparso gloria, fama e figli per il mondo- Ciò che gli è mancato è stato però esaudire il suo desiderio d'amore. Riuscirà Thomas ad essere felice?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wing of freedom Saga dei Keller'
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COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia; i capitoli sono costole della storia di si svolge in contemporanea con la storia di Gabriel e Gellert Keller in Liberi di essere se stessi e di Thomas e Diamond Il tesoro più prezioso. In pratica per chi volesse leggere la storia di Thomas sr e Sapphire dall'inizio senza interruzioni. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Il microstato del Keinsten non esiste, ne ho inventato uno a somiglianza del Lietchsten.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna e Nord Europa INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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THOMAS Sr
Sapphire! Il mio grande amore, il più grande rimpianto della mia vita era di fronte a me. Bella come sempre. Gli occhi azzurri, nonostante non fossero più ingenui erano limpidi. La pelle era sempre luminosa e le rughe che le circondavano gli occhi erano solo un segno che il tempo era passato. Era sempre magra ed esile, i capelli biondi erano sempre ben curati e i gesti erano sempre delicati. Non era mai stata veramente mia! Mai.
Adesso però era lì. Da quando ero arrivato a Santorini non avevamo avuto modo di parlarci. Io ero stato impegnato a capire cosa era successo nel mar Egeo. Lei si era praticamente dedicata a Micaela che non riusciva ad uscire da quel dramma. Ci eravamo invertiti i ruoli, o meglio le figlie. Io mi ero dedicato più a Diamond, da cui era molto incuriosito. Lei si era concentrata su Micaela. Poi eravamo partiti per Monaco. Già nell'aereo le cose stavano cambiando. Non potevamo più far finta di niente. Eravamo insieme per lo stesso motivo: i figli. Così una volta partiti incrociammo i nostri sguardi per la prima volta dopo ventitré anni.
"Una volta a Monaco parleremo." Le dissi prima che le ragazze ci raggiungessero.
Lei annuì. L'ora di volo che ci attendeva era troppo breve per raccontarle tutto ciò che dovevo, quegli anni senza di lei. E i suoi senza di me. Sapevo che eravamo al termine della nostra corsa. Dovevamo decidere se potevamo essere amici per il bene dei nostri figli e per i nostri nipoti. Tom stava per avere il secondo figlio e anche Samuel stava per diventare padre.
A Monaco non avemmo molto tempo per noi due. Tra una cena d'affari o di piacere infatti, Sapphire ed io non riuscimmo mai a restare soli. Per questo agendo d'impulso decisi di lasciare Monaco. "Andiamo in Toscana, poi da lì nel Kleinsten." Dissi senza accettare obiezioni.
Finalmente nel mio piccolo pezzo di mondo potevo restare solo con Sapphire. Ne approfittai appena Micaela andò con Diamond e i nonni in giro per Firenze. Dissi che Sapphire era indisposta e che le avrei tenuto compagnia. Solo così riuscimmo a restare soli. Avevamo una giornata intera tutta per noi.
Alle dieci di mattina ci accomodammo in salone e davanti il camino del casale la fissai.
"Comincia dall'inizio. Cosa hai fatto appena lasciai la T- consulting?" Mi chiese dopo un po'.
Sospirai e iniziai a raccontarle tutto. Mi aveva lasciato la prima volta l'inverno del 1984. Ancora ricordavo quel periodo...

Sapphire mi aveva lasciato. Sapphire, la mia dolcissima e amata Sapphire mi aveva lasciato per una persona viscida e meschina.
L'avevo trovata appena le pubblicazioni del suo matrimonio avevano attirato la mia attenzione. Erano sul giornale che leggevo ogni mattina al coffee and books.
Lady Sapphire Lucrezia Cooper, viscontessa di Shaftesbhry, annuncia il matrimonio col bancario Andrew Louis Davis.
Il matrimonio si terrà nella cattedrale di Westminster ad aprile.
Col suo nome sapevo dove trovarla, potevo permettermi di lottare per riaverla con me! Nella foto, dove era stretta a Davis percepivo sul suo viso solo infelicità.
Sapphire non voleva quell'uomo. Ero io il suo uomo, il nostro amore era qualcosa di unico e raro e non potevo lasciarmela sfuggire.
Così grazie all'aiuto di Drake e Ebony mi ero fatto aiutare a rintracciare la residenza di Sapphire. Una era molto vicino alla city, poiché si trovava nel west end, era una casa singola di lusso e per entrare non mi restava altro da fare se non bussare alla porta. Essendo su una strada principale, nulla mi vietava di poterlo fare.
Ero arrivato a Westminster attraverso la metropolitana, assurdo quanto avessi avuto vicino fino ad allora Sapphire. La metropolitana aveva dovuto fare solo due fermate dalla city al vicino borough di Londra, west end si trovava a Westminster, ma a occhio e croce era più vicino alla city di quanto immaginassi.
Trovai facilmente la casa e quando bussai al citofono mi presentai come Thomas, un amico di Sapphire. Venne ad aprirmi un uomo dal viso gentile, ma dallo sguardo spaventato.
"Salve, sono Thomas. Un amico di Sapphire, avrei bisogno di veder..."
"Vattene immediatamente, prima che chiami le autorità." Intervenne un secondo uomo.
Mi voltai verso la sua voce, era un uomo più basso, carnagione olivastra naso adunco, occhi e labbra stretti e sguardo arcigno. La fronte vuota dava segno di un principio di calvizie.
"Voglio vedere Sapphire." Dissi.
"La mia fidanzata è indisposta e sono sicuro non avere amicizie maschili avendo frequentato una scuola femminile."
"Ha finito la scuola da mesi." Dissi. "Tu non sei il suo fidanzato. Sei solo un uomo che si è imposto su di lei." Se sapevo una cosa era che Sapphire non lo amava. Me lo aveva detto: dovere.
"Senti ragazzo! È meglio che tu vada, qualsiasi cosa sei per mia figlia, dimenticala." Mi disse l'uomo facendo un passo avanti.
"No! Non mi arrendo...." Dissi facendo un passo avanti battagliero.
"Tu non hai capito." Disse Davis mettendo le mani in tasca sicuro. "L'amore... si l'amore che lei prova per te. Quello non vincerà sul potere dei miei soldi. Li ho tutti in pugno, c'è una transazione che li obbliga, Sapphire è mia. Ho pagato i debiti della loro famiglia per averla e tu non puoi fare nulla... pezzente." Concluse.
Rimasi inorridito dalla sua rivelazione, aveva davvero avuto il coraggio di comprare l'amore di Sapphire? Anzi no, non l'amore. Il suo corpo e la sua libertà.
"Siamo seri? Sei un porco, non puoi comprare una persona."
"Basta ragazzo." Intervenne il padre di Sapphire. "Vattene e non tornare più se non vuoi trovare le autorità. Hai abusato di mia figlia."
Feci per ribellarmi ancora, io avevo abusato di Sapphire quando loro la trattavano come un oggetto! Assoli no, feci un passo avanti, ma una donna apparve sulla porta.
"Sulla porta di casa mia non si urla." Disse repentina raggiungendomi. "Non voglio scandali, Edward dovresti sapere che anche i muri hanno le orecchie." Disse raggiungendomi.
Mi prese il braccio e cercai di scostarmi gentilmente. Cazzo poteva essere mia madre.
"Mi dispiace ma devi andare." Mi sussurrò. "Fallo per Sapphire." Concluse portandomi in strada e lasciandomi un biglietto tra le mani congedandomi.
Ma cosa? Veramente pensava di potermi convincere con dei soldi? Anche io ne avevo cazzo! Mi voltai verso di lei.
"Non voglio nulla da voi..."
La donna mi fissò con gelidi occhi verdi. "Nulla ti ho dato." Disse allenandosi alla porta, incrociai i suoi occhi chiari mentre il marito rammaricato chiudeva la porta gigantesca.
Mi ci fiondai contro prendendola a pugni. Maledetto! Maledetti tutti. Pensai afferrando la lettera e facendo per distruggerla orgoglioso notai il mio nome scritto con i tratti eleganti di Sapphire.
La aprii e lessi ciò che mi aveva lasciato.
«Purtroppo mio padre ha firmato un accordo a nome mio, ho un obbligo. Sappi che preferirei una vita da povera con te, che una vita da ricca con altri. Sempre tua Sapphire.»
Mi arresi. Tornai alla city dove al bar di Mile raccontai tutto a lui, Drake, Ebony e Molly.
"Io non ce la faccio a stare qui." Dissi ormai disilluso. "Non posso restare nella stessa casa dove ho vissuto con lei i mesi più belli della mia vita. Ci siamo innamorati qui e saperla con quel verme mi fa solo stare male."
"Cosa vuoi fare Tom? Non puoi lasciare la T-consulting." Mi disse Drake.
Guardai il mio amico. "Ma non la lascerò." Dissi. "Ci sarai tu a portarla avanti Drake, sei da poco diventato il terzo socio e so che saprai portarla avanti. Hai anche coi due nuovi consulenti che abbiamo assunto."
"Io sono alle prime armi ancora Tom." Disse Molly incerta pulendo il bancone.
"Non ce la faccio a restare qui." Affermai ancora. "Tu sei alle prime armi, ma John e Paul sono bravi." Dissi a Drake. "Non andrò lontano, Edimburgo. Apro una seconda sede lì, così riusciamo a sentirci." Dissi andando loro incontro. Per il momento dovevo allontanarmi da Londra.
"Vengo con te." Disse Molly togliendosi il grembiule del bar. Mike fu riesci a trovare qualcuno che mi sostituisce vero? Stavi cercando già."
"Mi arrangio se è il caso." Disse accondiscendente e con sguardo complice a Molly.
Al momento non ci feci caso. Non capii, anche se mi sentivo talmente insoddisfatto che lasciai correre, volevo solo andare via di lì.
"Non credo di avere un passaporto. Prendiamo il treno." Mi disse Molly.
Solo mentre Ebony mi toglieva davanti la birra di Drake che stavo afferrando, sentii Mike parlare con Molly. "Mi raccomando tienilo d'occhio e non lasciarlo solo."
"Ci provo. Per Sapphire e per se stesso." Rispose uscendo dal bancone. "Vado a preparare le mie cose. Tu aspettami in sede, tanto devi prepararti la valigia." Disse con tono più alto.
"Non voglio tornare a casa. Parto senza!" Dissi arrabbiato e offeso. Sapevo badare a me stesso.
"Ok! Vado io a prepararti un bagaglio, vado anche a prenotarvi i biglietti del treno, ma tu resta qui con Ebony e Mike." Mi disse il mio amico.
Annuii. "E sta lontano dall'alcol." Concluse Molly lasciando di corsa il locale.
Quello non potevo prometterlo. L'alcol mi annebbiava la mente, non potevo farne a meno. Non in quel momento almeno.
Di tutt'altro avviso furono Mike e Ebony che non mi permisero di toccare birra o vino.
Anche quando fummo raggiunti dal compagno di Mike la solfa era sempre la solita.
Prima delle cinque del pomeriggio fortunatamente salimmo sul treno che ci avrebbe portato a Edimburgo. Mi sarei messo alle spalle Sapphire e tutto il dolore che mi portavo dentro. O almeno lo credevo.
Arrivati a Edimburgo mi misi di buona lena a cercare il centro amministrativo della città. Aprii una succursale della T-consulting, facendo fede alla sede legale di Londra quello era solo l'ufficio di Edimburgo, così non ebbi problemi per aprire una società. Alla sede infatti, faceva fede anche lo stesso conto corrente della Loyd Banking. La mattina e il pomeriggio visionato da Molly lavoravo e portavo avanti la mia società, ero ripartito da capo. Ma proprio questo mi aiutava a non pensare a Sapphire.
Al contrario alla sera avevo problemi. Così iniziai a frequentare un pub dove Molly non avesse il controllo su di me. Conobbi Lynn una bella moretta frizzante che accoglieva tutte le commiserazioni che portavo avanti sulla mia vita insoddisfatta e che sapeva come riempiremo il bicchiere con dello scotch di qualità.
"La birra non ti farà dimenticare il tuo amore perduto." Mi disse.
Aveva ragione. "Hai ragione, ma conosco anche qualcosa di meglio di uno scotch per dimenticare." Le dissi allusivo prendendo comunque il liquido ambrato e scolandomelo in un sorso, così da far capire a Molly che non poteva avere il controllo della mia vita.
"I miei Haggis? Mangiali che sono buoni, molto meglio di quelli che fa mia madre." Disse lei riempiendo un altro bicchiere. "Prima o poi me ne andrò da qui, diventerò una chef altro che aiuto cuoca e barista qui." Affermò.
"Smettila di farlo bere Lynn." Ordinò Molly.
"Ti prego Molly... lasciami stare. Anzi lasciaci stare." Dissi alla mia amica. "Ti porto io via da qui Lynn, che ne dici se ti aspetto fuori alla chiusura?" Ammiccai.
"Tom, per l'amore del cielo!" Mi richiamò Molly.
"È un uomo libero." Rispose Lynn tendendosi oltre il bancone verso di me. Mi afferrò per il collo della camicia e mi leccò la bocca. "Se vuoi possiamo anche dividercelo, non so te ma una botta da Tom me la faccio dare con piacere." Dissi.
Là iniziai così quella relazione, con disappunto di Molly.
Lavoravo, bevevo e scopavo. Era uno spasso e anche Molly dopo il primo mese se ne fece una ragione. Lynn, quando misi voce che cercavo dei consulenti subito si era messa in moto col suo giro di voci tra gli amici, ci presentò anche Sean McMillan,.
Mi trovò Sean che annoiato della vita bancaria era pronto a mettersi in gioco con la consultazione finanziaria.
Aveva trent'anni e tante idee che mi piacevano. Anche a Molly piaceva Sean e non come consulente. Finalmente stava rilassandosi anche lei, iniziando anche a capire come essere appagati sessualmente facesse bene allo spirito.
Lavorammo ancora meglio di ciò che stavamo facendo. La sede scozzese stava facendosi conoscere e il profitto saliva. Ne ero soddisfatto, potevo restare lì senza problemi.
Poi come un secchio di acqua gelata tornai alla realtà quando Drake mi mandò un fax. Era una foto di Sapphire e Andrew il giorno del loro matrimonio.
Veramente il mio amico voleva farmi partecipe di quella notizia?
"Credevo Saph fosse più magra." Mi disse Molly guardando la foto. "Poteva scegliere un vestito meno aderente."
La fissai sorpreso per prestare attenzione alla foto. Sapphire era magra, molto. Indossava un abito stretto dalla testa ai piedi. Sarebbe stata perfetta, se non fosse stato per la pancia decisamente rotonda. "No... lei è magra." Sussurrai. "Questa è... lei è..."
"Incinta?" Chiese Molly sorpresa e annuii.
Sapphire aspettava un bambino, il nostro bambino. Il mio sogno di una famiglia con lei, era sotto i miei occhi su quel foglio stampato.
"Tom!" Mi richiamò al presente Molly.
"Devo tornare a Londra." Affermai.
Ella annuì. "Vai! Resto io qui. Sean è bravo, io sto imparando e se glielo chiediamo sicuramente saprà indirizzarmi a un altro suo collega che possa inserirsi." Mi disse. "Capirà se vai via, anzi gli diciamo che hai avuto un'emergenza alla sede di Londra."
"Grazie Molly. Sono contento che tu mi capisca." Le dissi. "Ovviamente puoi sempre usufruire degli appartamenti dell'ufficio per avere una casa." Le dissi prendendo la stampa e piegandola in quattro. La misi nella mia valigia e chiesi a Molly di prenotarmi il primo volo per Londra intanto che preparavo il bagaglio. Quando tornai Molly efficiente mi informò che c'era un aereo a meno di un'ora e che mi avrebbe portato in aeroporto.
"Devi passare da Lynn per me. Dille che la chiamo e che è stata la mia salvezza." Le dissi.
Lei annuì dopodiché mi portò in aeroporto.
Una volta a Londra decisi di essere più previdente questa volta. Presentarmi a casa dei Cooper senza invito e null'altro che una stampa non era una mossa saggia.
Così recuperai il numero di telefono e lasciai che fosse Ebony a chiamare per me, chiedendo di Lady Cooper.
Avevo capito nel nostro primo incontro che poteva essere una mia amica se solo mi fossi comportato nel modo giusto.
Ebony riuscì a parlare con Lady Cooper. Quando le disse che chiamava a nome mio, ella si offrì di incontrarci.
La invitai allora a raggiungermi al locale di Mike, ci tenevo che anche gli amici di Sapphire sapessero come ella stesse.
Incontrai lady Cooper il giorno dopo. Quando la vidi le dissi subito che Ebony e Mike avevano aiutato Sapphire l'inverno passato, dandole un lavoro e diventandole amici.
Lei ringraziò tutti e si presentò ufficialmente. "Sono Martha. Grazie per esservi presi cura di Sapphire tempo fa, è stata molto felice con voi." Ci disse.
"Perché?" Le chiesi a quell'affermazione. "Perché se ci tiene tanto alla sua felicità, ha lasciato che sposasse Davis?"
Lei si asciugò le lacrime. "Mio marito ha perso tutto al gioco, indebitandosi." Mi spiegò. "Eravamo sul lastrico e quando siamo andati alla banca per impegnare le proprietà di Sapphire, Andrew la vide e ne restò folgorato. Tanto da offrirci un compromesso, il saldo del debito per Sapphire. Entrambe non abbiamo voluto, ma mio marito senza tenere conto di noi ha accettato e firmato l'accordo. Si è venduto nostra figlia e il titolo della mia famiglia e ancora non mi ha dimostrato che smetterà di giocare." Concluse bevendo un sorso d'acqua per calmarsi. "La cosa peggiore è che nonostante Sapphire fosse incinta, Andrew ha insistito per sposarla." Disse lei.
In quel momento provai un profondo odio verso Edward Cooper. Come aveva potuto far pagare la figlia e la moglie per i suoi errori.
"Il gioco è come una droga. Non se ne esce facilmente, non se ne esce se non lo si vuole." Disse Mike a lady Cooper. "Suo marito è stato egoista, ha condannato Saph per il suo tornaconto."
Martha scosse la testa. "Credo lo abbia fatto per non farmi perdere le proprietà dei Shaftesbury." Disse lei.
"Avreste potuto chiedere ad altri un aiuto. Cioè quella casa con un'ipoteca si sarebbe potuta salvare." Dissi alla donna.
Lei scosse la testa. "A quella casa nel Kensington, c'è un palazzetto nel Surray. Sapphire possiede anche una villa a Richmond e il suo conto ereditario. Ma Andrew ha fatto mettere i sigilli sulla proprietà e congelato il conto di Sapphire per assicurarsi adempisse al suo dovere." Mi spiegò.
Io restai basito a sentire delle proprietà che possedevano. Tre erano tante, anche se il debito non si stendeva alla villa di Sapphire. Non sarei stato in grado di aiutare la famiglia di Saph, avrei dovuto chiedere aiuto a papà e non potevo farlo.
"Siete gli unici discendenti dei Shaftesbury?" Chiesi a Martha, non avrebbe potuto chiedere aiuto a qualche parente?
"Diretti si, ci sarebbe mio fratello che vive nel Surrey. Ma non si è mai sposato e senza discendenza o un lavoro proficuo, per questo mia madre lasciò la villa a Richmond in eredità a Sapphire, come prossima erede al titolo." Mi raccontò. "Poi sono tutti discendenti di seconda o terza generazione."
Sospirai. "Ho visto le foto del matrimonio. Sapphire aspetta mio figlio." Dissi deciso.
"Andrew ha detto che non avrebbe rinunciato al matrimonio. Adesso vivono a Kensington, noi ci siamo trasferiti nel Surrey. Andrew non vuole che io stia con Sapphire, mi ha accusato di averla gettata tra le tue braccia."
"Non è vero. Noi ci stiamo conoscendo adesso." La rincuorai.
"Lo so! Ma non le ho impedito di andarsene quando la madre di Andrew ha consigliato a Sapphire di godersi l'ultimo periodo di libertà."
"La madre di Andrew?" Chiese Ebony.
Lei annuì. "La vera padrona della London bank. Ha estinto lei il nostro debito, quando la conobbi mi disse che ne Andrew, ne suo marito Oscar disponevano del liquido contante per poterlo fare. Il marito l'aveva sposata per i suoi soldi, Andrew ha voluto Sapphire per un suo capriccio."
"Il bambino quando dovrebbe nascere?" Chiesi a Martha.
"I conti del medico dicono dopo il quindici ottobre." Mi disse.
Assentii. "Verso fine agosto nasce mio figlio in Germania, ritornerò subito qui così da esserci alla nascita del bambino. Posso prenderlo con me." Dissi a Martha. "La prego, prenda i miei contatti e quelli di Ebony e Mike. Noi ci saremo sempre." Dissi arrendevole.
"Grazie. Io... avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno." Ci confidò la donna.
"Comunque ha ragione Mike. Suo marito deve essere aiutato, al limite mi informo e le faccio sapere se ci sono dei centri di sostegno per chi ha la malattia del gioco." Le dissi.
Ci salutammo e con la promessa che ci saremo sentiti spesso ritornammo alle nostre vite quotidiane.
Nel frattempo riallacciai i rapporti con Taddheus chiedendogli scusa di tutto. Adesso che ero innamorato comprendevo il suo stato d'animo, soprattutto perché a tradirlo ero stato io, suo fratello e migliore amico.
"Ho pagato per il male che ti ho fatto. La donna che amo è stata costretta a sposare un altro e non me, nonostante abbia in grembo nostro figlio." Gli dissi infine.
Fu comprensivo con me, anzi si dispiacque. "Non è giusto Thomas. Se eri felice con lei non è giusto." Mi disse rincuorandomi.
Dopo Taddheus chiamai anche papà. Gli raccontai del casino in cui ero finito da quando avevo lasciato Boston passando per Monaco, Londra ed Edimburgo, fino al mio ritorno nella capitale dell'Inghilterra.
"Quel Cooper deve andare in un posto sano, dove possa disintossicarsi." Mi disse papà. "Dove non ci siano sale da gioco o ricevitorie. Sei stato in Scozia, li non ci sono spazi aperti e tanta natura? Mandali lì." Consigliò alla fine.
"Hanno il conto corrente controllato e le case in loro possesso sono qui in Inghilterra." Gli dissi.
"Prendigli una casa... nelle highlands. Sono una bella zona." Mi disse.
"Con i miei soldi? Papà li sto mettendo tutti nella mia società. Non ho il tuo capitale per poter comprare una casa."
"Puoi affittarla però! Mandami intanto i tabulati delle tue società. Se i requisiti mi soddisfano potrei farle assorbire dalla KCG e pagarti le spese di apertura e gestione della T- consulting. È una bella proposta se hai i requisiti che cerchiamo."
Assentii anche se non poteva vedermi. "Quindi li mando in Scozia." Chiesi conferma.
"Prima aspetta che nasca mio nipote. Di sicuro Martha non lascerà la figlia da sola." Mi consigliò.
"Nel frattempo allora..." chiesi.
"Cerca la giusta soluzione per Edward Cooper."
Cercai così non una, ma più soluzioni. Per prima cosa parlai con Molly a Edimburgo, chiedendole informazioni sulle Higlands. Mi disse che si sarebbe fatta portare da Sean per controllare la zona.
Gli chiesi una casa, anche piccola lontano dalla civiltà, ma dove ci fosse comunque una comunità e dove lui potesse fare qualche attività nella natura così da distarsi.
Poi le chiesi di Lynn, se stava bene o meno. Mi disse che non vedeva Lynn da tempo, lei e Sean non frequentavano il pub già da prima che io andassi via.
Così qualche sera dopo chiamai al pub della famiglia di Lynn ad un orario che sapevo fosse più tranquillo.
"Ehi Lynn." La salutai.
"Ciao straniero, che si dice dalle parti di Londra?" Chiese lei.
"Tutto bene e tu? Ti sei iscritta alla scuola di cucina?" Chiesi.
"No, la mia domanda è stata accolta ma quando hanno visto i costi i miei genitori si sono rifiutati di mandarmi." Mi rispose.
"Come mai? Hai tutti i requisiti Lynn, sarebbe uno spreco." Le dissi.
"Requisiti che non valgono la spesa per mamma e papà. Ho anche altri quattro fratelli in età scolastica. In fondo ho ancora ventun anni." Mi disse.
"Qual è il tuo nome completo?" Le chiesi.
Lei rise. "Pollyn Gertrude McAllister. Per questo mi faccio chiamare Lynn o Callie, odio il nome Pollyn. Mi raccomando, non dirlo a nessuno."
Risi anche io. "Parlo con la chef academy, ti faccio sapere attraverso Molly se riesco a farti avere una borsa di studio. In questo caso i tuoi ti farebbero partire, giusto?" Le chiesi.
"Una borsa di studio cambierebbe le cose effettivamente." Mi disse.
"Perfetto, allora ti aggiorno. Ciao bella, non dimenticherò mai la tua amicizia." Le dissi.
"Anche io la tua straniero. Addio." Mi disse.
Non pensavo che da allora non l'avrei più sentita, eppure fu così.
Mi mobilitai per Lynn, andai alla Chef academy London e li mi informai dei corsi e dei costi. Se sapevo di non poter comprare una casa ai genitori di Sapphire, ero anche a conoscenza del mio saldo e potevo pagare l'accademia per Pollyn Gertrude McAllister. Così feci, pagai la retta e proposi un bonifico annuale per i tre anni successivi. Infine lasciai che fosse Molly a contattare Lynn e darle la notizia. Non volevo farmi scappare che ero stato io a pagare e che non si trattava di una borsa di studio. Inoltre avevo cose più importanti per la testa.
Martha mi chiamò informandomi che Saph era stata ricoverata d'urgenza. Aveva avuto un rischio di aborto, fortunatamente il bambino, un maschio, stava bene.
Le chiesi come mai fosse stata ricoverata e in risposta lei mi diede il contatto di Elisabeth Preston Davis, la madre di Andrew.
"Incontrala e dille che forse Sapphire non ha avuto un incidente." Mi preoccupai.
Così seguii rapidamente il suggerimento di Martha e contattai Elisabeth, quando la conobbi la donna mi ricordò mamma. Con i suoi atteggiamenti sicuri e dignitosi. Le dissi ciò che mi aveva detto già Martha e lei decise che avrebbe controllato suo figlio.
"Suo padre non è mai arrivato a picchiarmi. È anche vero che avevo il coltello dalla parte del manico. Mio padre pace all'anima sua, quando mi sposai ci tenne a mantenere i miei interessi separati dal mio matrimonio e Oscar è sempre stato passivo con me, l'importante era che potesse tradirmi a piacimento. Andrew temo di averlo viziato troppo anche io, con l'esempio poco virtuoso del padre poi non è cresciuto per niente bene. Ma sta tranquillo, mi assicurerò che Sapphire e tuo figlio stiano bene."
Sospirai. "Io purtroppo devo partire , a fine agosto nascerà il mio primo genito e ho promesso a mio fratello che sarei tornato a Monaco. Posso però lasciarle un recapito nel caso voglia scrivermi." Le dissi.
"Certo, mi farebbe piacere poterci scambiare opinioni. Ho sempre amato avere rapporti epistolari, lei stesso Thomas mi scriva qualsiasi cosa le passi per la testa."
"Grazie Elisabeth. Parto più tranquillo sapendo che veglierà su chi amo. Le scriverò con piacere, anche delle sciocchezze se le fa piacere."
Cominciò così il nostro periodo epistolare. Elisabeth si trasferì a casa di Saph mentre partii per Monaco.
C'era chi trascorreva agosto al mare e chi come me attendeva la nascita del proprio primogenito in Germania.
Però sembrava che Gabriel si lasciasse attendere, i conti di Inga terminarono il ventotto agosto. Ma di contrazioni ancora non se ne parlava. Il medico ci disse che era normale, soprattutto quando si trattava del primo figlio, che si usciva dai conti prestabiliti. Agosto cedette così il posto a settembre, passarono giorni e un'altra settimana. Il pomeriggio del nove settembre Inga ebbe le prime vere contrazioni.
La portammo in ospedale e dopo un travaglio di quindici ore, la notte del dieci settembre venne al mondo mio figlio Gabriel Edgar Keller. Era scuro proprio come me e aveva una gran voce. Lo immaginai in una vita serena con me e col figlio in grembo a Sapphire, ma sapevo che era giusto crescesse anche con sua madre.
"Londra e Monaco non sono lontani. Due ore di volo e sarò subito da voi. Soprattutto i week end." Dissi a Taddheus quando il diciannove settembre una telefonata di Ebony mi avvertì del parto prematuro di Sapphire.
"Vai, non preoccuparti. Anche noi possiamo raggiungerti a Londra se solo lo vogliamo." Mi disse.
Una volta a Londra non mi fu concesso di incontrare Sapphire in ospedale. Martha ed Elisabeth però mi attendevano fuori la nursery e felici mi portarono a conoscere mio figlio.
"È il bambino biondo. Quello che ancora urla come un pazzo, tra un po' un'infermiera te lo farà vedere." Disse Martha. "Ha i colori di Sapphire, ma non somiglia a lei da piccola."
Fissai il bambino che piangeva. No, non assomigliava a Saph, quelle urla poi le conoscevo benissimo. Un'infermiera arrivò a prenderlo e lo tirò su dalla sua culletta per poi rivolgerlo verso di noi. Era stupendo ed era identico a mio figlio Gabriel.
"È identico al fratello, anche per come urla." Dissi emozionato, non riuscivo ad abbandonare lo sguardo dal bambino.
"Sapphire ha chiesto di chiamarlo Thomas." Disse Martha.
"Potete mettergli anche il nome di un angelo? Rafael o Uriel, Daniel, Samuel..." chiesi guardando le due donne. "Potete anche mettere che sono io il padre. Vorrei tanto prenderlo in braccio." Dissi.
"Purtroppo non si può entrare nella nursery. Mi dispiace Thomas." Mi disse Martha.
"Va bene così." Affermai.
La nascita di Tom, che ebbe Uriel come secondo nome, cambiò le mie giornate. Ripresi a lavorare senza lena in Inghilterra ed aprii una seconda filiale della T- consulting a Manchester. Avrei voluto vedere Tom qualche volta, ma forse Andrew comprese che ero ancora in giro poiché non lasciava mai la casa di Kensington. Amareggiato tornai in America, affrontando mio padre e consegnandogli tutti i tabulati delle T-consulting. Mio padre accettò, tabulati davanti di assorbire quella di Londra e quella di Edimburgo, le due più proficue. Mi disse anche che, con quei numeri, ero pronto per la presidenza. Rifiutai.
Se su tre agenzie di consultazione, solo due erano passate vuol dire che ancora dovevo lavorarci su.
"Hai ragione." Mi disse papà. "Arriva ad averne cinque e riparliamone. Vai dove vuoi tu, qui a Boston dove ho la KCG o altrove."
Sorrisi accettando. Sarei stato uno stolto se avessi accettato di aprire lì. Con la Keller consulting group dietro l'angolo non sarei mai decollato. "Vado nel vicino Connecticut." Gli dissi.
"Aspetto i tuoi profitti figliolo." Mi disse papà, i suoi vivaci occhi castani mi sfidavano. Io non assomigliavo a mio padre, ero identico a mia madre. Ero l'unico dei tre figli ad assomigliare a lei, sia per colore dei capelli che degli occhi. Il carattere invece era tutto di papà, la mia vita era una sfida come lo era stata la sua. Così partii andando Connecticut. Scelsi ovviamente la capitale, Hartford mi accolse con la sua vivacità e i giovani in cerca di un futuro. Tra questi il primo collaboratore che cercai fu qualcuno che potesse farmi da assistente e di cui potermi fidare. Doveva essere qualcuno a cui avrei potuto lasciare in mano le redini della mia società una volta che fossi partito. Perché non mi ero dimenticato dell'Inghilterra, di Thomas, di Gabriel in Germania. Io dovevo tornare in Europa, volevo che la T- Consulting di Manchester salisse di livello. Volevo controllare Edward Cooper, adesso che si erano trasferiti in Scozia. Il percorso di guarigione dell'uomo era iniziato, ma volevo seguire da vicino la famiglia di Saffi. Volevo proteggere le persone che mi erano care. Trovai una persona di fiducia, era più grande di me, aveva 10 anni se non di più, di me. Quando ebbi sottomano il codice fiscale di Karla Cohen per l'assunzione, scoprii che aveva 37 anni un'ottima carriera come bancaria e soprattutto era single. Non che cercassi una relazione, ma cazzo Karla era una bella donna alta, capelli castani, occhi verdi. Era molto affascinante e durante il periodo che stetti lì ad Hartford iniziammo una relazione, sia di lavoro che sessuale. Non ci concedevamo altro né di conoscerci personalmente. La notizia della seconda gravidanza di Sapphire arrivò in quel periodo e il sesso riusciva ad annebbiarmi la mente. La cosa importante era la società che ebbe un picco di successi incredibile, Karla mi presentò inoltre altri consulenti da inserire nella società, alcuni suoi colleghi di altre banche, suoi coetanei ma anche più giovani. Mi consigliò anche di continuare a sfruttare il Connecticut come meglio volevo per la T-consultig, spostarmi a New Heaven e approfittare dei giovani laureandi a Yale. Fu effettivamente una bellissima idea non c'avevo pensato inizialmente, ma proseguii. Così da Hartford mi diressi a New Heaven ad aprire la seconda sede.
Non ebbi amanti in quel periodo, ero troppo preso dalla carriera che mi dava grande soddisfazione a differenza della mia vita privata.
La mia consolazione era il rapporto epistolare che si creò con Elisabeth Preston Davis. Mi raccontava qualsiasi cosa ed anche io presi a scriverle di tutto.
Gli aggiornamenti che mi arrivavano su Gabriel li passavo anche a lei. Ricevetti anche una lettera di Molly, dove mi riferiva che Lynn era partita e mi ringraziava per aver intercesso con l'accademia di cucina.
Lasciai il Connecticut, sicuro che Karla avrebbe gestito bene le filiali, decidendo di voler rischiare e aprire la consuling in un paese non proprio agevolato. Così mi trasferii in Brasile, a Rio de Janeiro per l'esattezza.
Qui conobbi Laura Moreiro e Julio Sanchez. Rispettivamente segretaria e ragioniere di uno studio amministrativo dal quale si erano licenziati. Laura era bella, molto bella! Mora, pelle scura e capelli ancora più neri. Il fisico era di quelli invidiabili. Iniziavo a comprendere il motivo per cui Simon Thompson fosse rimasto folgorato da Manila. Negli occhi scuri di Laura c'era un fuoco indescrivibile, sicuramente lo sapeva anche il marito dal momento che portava una bella fede al dito.
Evitai proprio di sedurla, però con lei e con Julio avviai la T-Consulting che anche tentennando riuscì a partire. A suo favore la società aveva il pregio di non avere rivali nel paese, la gente ancora poco si affidava a fare investimenti sicuri se non erano del settore. Ed io ero lì per loro. Non cercavo infatti i ricchi per poterlo fare una clientela sicura, ma il comune cittadino. Anche in questo mi aiutarono Laura e Julio, a trovare la giusta clientela.
Dopo un mese di assiduo lavoro, mi sorpresi ad essere sedotto io stesso da Laura. Eravamo rimasti soli in ufficio e Julio aveva raggiunto la moglie. Lei era rimasta. Mi chiesi il motivo, ma non mi aspettavo che mi saltasse addosso.
"Laura... sei una donna sposata." Le dissi.
"Sono una donna e con mio marito sono mesi che non abbiamo rapporti." Mi disse. "Lui è stato in chemioterapia e non ha molta voglia. Thomas per favore... solo per stasera." Mi disse baciandomi timorosa il collo.
Avvertii il mio uccello farsi duro. Cazzo se era bella ed eccitante. Però mi fermai. "Tuo marito è malato... non so Laura, non posso. Non mi intrometto nei matrimoni , figuriamoci se tuo marito è malato." Le dissi.
Mi guardò e quando scoppiò a piangere non riuscii a trattenermi. La strinsi cullandola. "Scusami! Non volevo ferirti."
"Allora fallo! Fammi sentire una donna ti prego. Pablo non lo scoprirà ed io mi sentirò di nuovo viva." Mi disse ritornando a baciarmi. Questa volta con passione, leccò le mie labbra e sollevandosi la gonna si mise cavalcioni su di me. Così non potevo resisterle decidamente. Le sue mani mi carezzavano il torace fino a scendere al cavallo dei pantaloni. Poteva avvertire la mia eccitazione.
La sollevai di scatto e spostando tutto dalla scrivania la presi lì, sul piano duro. Ero un bastardo. Mi stavo facendo la moglie di un malato terminale. Dopo l'amplesso guardai la donna. Cazzo se era seducente.
"Laura... non farlo più." Le dissi. "T-tuo marito." Lei singhiozzò. "Adesso sta bene ma... scusami Tom! Scusami... io..."
"Non piangere." Le dissi scostandomi. Le rassettai la gonna e mi misi io stesso in ordine. "Non lo volevi veramente." Le dissi.
"Amo molto Pedro." Disse ancora in lacrime. "Karla dice che sei un ottimo amante e che non chiedi relazioni serie e volevo provare." Mi poggia al muro disperato.
"Ma tu non sei Karla. Lei è una donna indipendente, non credo neanche sia innamorata."
"In realtà lo è! Convive con una persona." Mi rivelò.
Donne! Giustamente tra loro si parlavano anche a chilometri di distanza. "Ok! Stammi a sentire. Questa cosa non deve più accadere, so che sei giovane. Ma tu e tuo marito dovete trovare un modo... la malattia non deve allontanarvi, anzi deve...."
"Unirci. Lo so... Grazie Tom." Mi disse. "Ti giuro non si ripeterà più."
Annuii. "Lo spero." Le risposi.
Così fu! Mantenemmo un rapporto sereno dopo quella volta. Quando Pedro fu dimesso dopo l'ennesimo ricovero, Laura mi invitò addirittura a casa loro per conoscerlo. Scorpio che Pedro Suarez era stato un calciatore e che negli ultimi tre anni gli era stato diagnosticato più di un tumore. Prima al fegato, aveva subito un intervento e dopo la chemio si pensava potesse stare bene . Poi ne era uscito un altro ai polmoni, aveva iniziato da poco un altro ciclo di chemio.
"Che ne dite di raggiungere Karla in Connecticut? Secondo me avete altri pareri e cure più avanzate può aiutarvi." Proposi.
"Noi non possiamo. Ma grazie." Mi disse Pedro. Li guardai. "Voi potete. La T-consulting è stata assorbita dal gruppo KCG e questo prevede l'assicurazione sanitaria per tutti i dipendenti della società." Disse secco comprendendo le loro reticenze.
La coppia mi guardò felicemente sorpresa. "Sei serio? Ci sarebbe quindi modo di vedere altri medici?" Chiese Laura. "Si, ci sarà modo." Risposi. "Io dovrò partire a breve per la Germania. Ma vorrei che vi sentiate con Karla per organizzavi." Dissi.
Loro annuirono. Io per una volta mi sentii con l'anima in pace, forse con quell'azione volevo mettermi in pace la coscienza per essere stato con Laura. Ma mi sentivo bene.
Partii per la Germania più sereno, ma prima chiamai Karla dicendole di mandare la pratica di Rio de Janeiro alla KCG e di non dire a Laura che le cure al marito le avrei pagate io personalmente.

Segue...

 

   
 
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