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Autore: Cathy Earnshaw    16/02/2024    0 recensioni
Sequel della Cascata del Potere, è la storia che credevo non avrei mai scritto. Dieci anni dopo la fine dell'ultima, disastrosa, guerra, la vita e il commercio nella Terra dei Tuoni sono faticosamente ripartiti. Ma all'improvviso un cataclisma si abbatte sulle città e gli elementi sembrano andare fuori controllo. I popoli sono di nuovo costretti ad allearsi per ripristinare ordine e armonia. Per ripristinare il Cosmos.
Genere: Avventura, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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Odio questo dannato posto
 
 
Rowena si rigirava tra le mani una pietra turchese delle dimensioni di un’unghia, guardando distrattamente la mappa davanti a lei.
«Non avevamo detto di stare sereni?» domandò Oliandro posandole accanto due tazze di tè e un piatto di pasticcini.
«Dirlo non vuol dire riuscirci.»
«Cos’è quello?»
«Questo?» rispose, guardando la pietra. «È un’opera incompiuta di Liam.»
L’elfo si accigliò.
«Ti ha regalato una pietra grezza? Non si è impegnato molto.»
Rowena sorrise.
«In realtà, gliel’ho rubata. Avrà pensato di averla persa, probabilmente.»
Suo fratello addentò un dolce, con aria di disapprovazione.
«Lo so, non avrei dovuto» sbottò Rowena.
«Allora perché l’hai fatto?»
«Non lo so, ho assecondato l’istinto del momento. Mi piaceva il suo colore e me la sono infilata in tasca.»
Oliandro scosse il capo e non commentò. Rowena prese la sua tazza di tè e inspirò a fondo l’aroma della bevanda.
«Secondo te è normale che nessuno si sia ancora fatto sentire?»
«Beh, sì, se si trattasse di me aspetterei di avere qualcosa da riferire. Magari quando saranno tutti a Class ci aggiorneranno sulla situazione.»
«Ma neanche Frunn?!»
L’elfo esitò.
«Questo in effetti è strano, conoscendolo. Ma non me ne preoccuperei troppo. Onestamente non credo che sia riuscito a non farsi scoprire da zio Lollon.»
Rowena annuì.
«In effetti, gli ho chiesto un miracolo.»
Il suo cervello si perse alla ricerca delle venature della pietra e sospirò.
«Secondo me dovresti restituirgliela. Quel mago è un perfezionista nel suo lavoro, non lascia nulla a metà, se sapesse che ti sei presa una cosa incompiuta darebbe di matto.»
«Se lo facessi vorrebbe sicuramente completarmela. Sono certa che si impegnerebbe al massimo per potermela regalare una volta resa lucida e perfetta, magari riuscirebbe addirittura a coordinarla alla mia tiara. Dei, quanto ama quella tiara, ogni volta che la indosso mi aspetto che cerchi di togliermela dalla testa!»
Oliandro rise.
«Ma se la sistemasse, non sarebbe un bene?»
«No, non lo sarebbe affatto. Questa piccola pietra è splendida con le sue naturali sfaccettature. Non posso dirglielo, ovviamente lui non capirebbe il motivo della mia ammirazione per qualcosa che al primo sguardo pare così banale, per questo preferisco che non lo sappia. Ma la perfezione è sopravvalutata, Dodo. Tutta l’energia profusa per limare le caratteristiche peculiari e adattare qualcosa a un’idea… non lo trovi tremendamente ingiusto? Non sarebbe più onorevole apprezzarne i piccoli difetti che lo rendono unico?» prese distrattamente un pasticcino e lo addentò, senza sentirne davvero il sapore.
«Stiamo ancora parlando di quella pietra, giusto?» domandò Oliandro.
«In che senso? Certo, di che altro?» rispose Rowena, perplessa.
«Lascia stare» capitolò suo fratello, stringendosi nelle spalle. «Per il momento tienila così com’è, anche se è un peccato che nessun altro possa apprezzarla… ma tanto prima o poi glielo dirai» concluse.
Rowena lo guardò senza capire perché sembrasse così divertito. Lei non ci trovava proprio niente da ridere.
«Ci sono notizie di Glenn?»
«No», rispose rabbuiandosi di colpo. «Nana, sono preoccupato per lui. Questa storia degli unicorni è stato un duro colpo. Finché si trattava di non entrare in guerra, li si poteva capire, ma ora…»
Rowena gli posò una mano sulla guancia, costringendolo a guardarla negli occhi.
«C’è qualcosa che possiamo fare per sostenerlo?» domandò.
«Non credo. Non possiamo aiutarlo a metabolizzare la delusione, purtroppo. Se potessi assorbirla tutta io, lo farei, detesto vederlo così abbattuto.»
«Lo so, lo stesso io. Credo che Bosco Lossar stia subendo l’influsso del cataclisma. In fondo, il fiume Morgael ha sempre ammorbato tutto ciò che lo circondava con i suoi vapori velenosi, non escluderei che abbia acquisito forza dalla dispersione delle parti del catalizzatore.»
«Credi che sia il caso di parlarne con i maghi?»
«Sì, anche con Horlon, direi.»
Oliandro sbuffò.
«Quanto mi mancano gli stregoni!»
«Speriamo che stiano bene…» mormorò Rowena.
 
Poco dopo mezzogiorno, Liam e Fiona avevano varcato la soglia della Piana di Thann. Il mago si sentiva male al pensiero di avvicinarsi alle rovine di Cyanor, e non solo per i ricordi dolorosi legati a quella città. Si erano scontrati tre eserciti, in quel luogo, e lui dubitava fortemente che orchi e orchetti si fossero presi la briga di raccogliere i loro caduti. Senza contare che la magia, là, era già instabile allora, figurarsi dopo la distruzione del catalizzatore.
«Fiona, dobbiamo fare un discorso serio» esordì.
La sacerdotessa si limitò a osservarlo in silenzio.
«Come sta andando? Sei stanca?»
«È questo il discorso serio?» rispose.
«No, è solo un preambolo» ammise Liam.
«Bene, in questo caso: sta andando come me l’aspettavo, sono stanca, mi fa male il sedere, e sì, credo di essermi sopravvalutata seguendoti» sospirò. «Adesso puoi darmi le brutte notizie.»
Suo malgrado, il mago sorrise.
«Così mi togli il gusto di prenderti in giro. Va bene, so che ti arrabbierai… il territorio in cui ci troviamo ha visto l’ultima grande battaglia della guerra contro draghi e stregoni. È probabile che faccia tutto un po’ schifo, ma la tratta più breve passa da ciò che resta di Cyanor. L’abbiamo lasciata messa male e poi avrà infierito anche il cataclisma, quindi non so cosa troveremo. Ti aggiungo che non era un gran bell’ambiente già in partenza, e dalla guerra orchi e orchetti sono completamente scomparsi e da qualche parte dovranno pur essere. Insomma, non escludo che possano esserci brutte sorprese. Sono consapevole di essere invadente, ma voglio essere sicuro che non mi lascerai da solo sul più bello: ho bisogno che, in caso di necessità, trovi il coraggio di servirti della magia.»
Fiona arrestò bruscamente il suo cavallo.
«Non puoi chiedermelo.»
«Posso e lo faccio. Con la preghiera non si abbatte un orco, ma con una bella lama di ghiaccio sì.»
«No, Liam, non erano questi gli accordi» obiettò.
Il suo tono di voce era salito di un’ottava, molto bene.
«Non avevamo alcun accordo, signorina» ribatté piccato il mago.
«Beh, non mi interessa, io la magia non la uso.»
Liam iniziava a innervosirsi.
«Non mi interessano i tuoi moralismi e non sopporto i capricci. Mi interessa portare a casa la pelle, quindi vedi di collaborare» sibilò.
«Se dovessimo trovarci nei guai, troveremo un’altra soluzione» tentò.
«Hai una spada? No. Un arco? No. Uno zio mago nascosto sotto alla gonna? Non mi sembra. Se non tiri fuori il tuo potere, l’unica soluzione che resta sono io. E può anche darsi che sia stato un mago potente fino a qualche settimana fa, ma adesso faccio pena; quindi, te lo ripeto per l’ultima volta: se ci troviamo nei casini e mi molli da solo, siamo morti. E se per caso non moriamo, ti ammazzo comunque io una volta passato il pericolo.»
Fiona deglutì vistosamente e non rispose.
«Io ti ho avvisata.»
Liam sferzò il suo cavallo e avanzò nell’orizzonte piatto della piana. Sperava solo di averla smossa abbastanza da suscitare una reazione.
 
Man mano che la terra correva sotto gli zoccoli dei loro cavalli, si rivelava sempre più difficile escludere i pensieri negativi. Erano già passati dieci anni, durante i quali le persone intorno a lui erano andate avanti. Irthen e Yu avevano messo su famiglia insieme, Ruben aveva mollato la politica ed era tornato a Phia, Amina e Alec si erano faticosamente ri-scelti, Ophelia aveva aperto una sua farmacia di erbe officinali, Rowena si era trasferita a Lumia e si stava preparando alla Corona, Oliandro aveva assunto una parte dei compiti legati al Governatorato di Bosco Lossar. Solo lui era rimasto fermo, congelato nell’attimo vissuto in quella landa desolata. E se c’era una parte di lui che si trovava perfettamente a suo agio nella monotonia della sua vita, ce n’era un’altra che si ribellava a quella immobilità. Lanciò uno sguardo a Fiona: aveva mollato tutto così, su due piedi, per inseguire un’esca che lui aveva gettato più per noia che per altro. Non sapeva se ammirarla per il coraggio o biasimarla per la sua ingenuità.
All’orizzonte, ormai, si profilava la Città dei Morti, appellativo che Cyanor si era guadagnata in tempi non sospetti. 
«Liam.»
Fiona si era fermata e puntava con il dito qualcosa davanti a sé. Il mago strinse gli occhi per mettere a fuoco meglio, ma non era sicuro di cosa lei stesse indicando.
«La città?» domandò, perplesso.
«No, sotto. Non c’è qualcosa che si muove?»
Liam provò ancora a sforzare la vista ma non gli riusciva proprio di individuare ciò che vedeva lei, qualunque cosa fosse.
«Mi dispiace, da qui non vedo nulla» rispose, incerto.
«Lascia stare, magari è solo un brutto effetto ottico.»
Liam annuì, poco convinto. Avanzarono ancora, con più circospezione. E non ci volle molto perché il mago comprendesse quello che la sacerdotessa intendeva dire. C’era effettivamente qualcosa che si muoveva sotto alle mura della città, qualcosa di etereo che non riusciva a identificare. Qualunque cosa fosse, sembrava incorporea, come le vampe di calore nelle giornate estive. Fu solo dopo aver varcato la soglia del vecchio campo di battaglia che compresero l’effettiva portata del problema. Si bloccarono, in mezzo a resti di armature e ossa sbiancate dal sole, raggelati.
«Oh, Dei» mormorò Fiona.
Il mago si riscosse percependo il terrore della sua compagna.
«Scendi da lì e sali dietro di me» rispose, sorprendendosi della sicurezza del proprio tono.
La sacerdotessa non fece storie, scivolò giù dal suo cavallo e si lasciò aiutare ad arrampicarsi sul fianco di Gino.
«Ora ascolta bene. Non so di cosa sia fatta tutta quella roba, se abbia consistenza o no, né se possa costituire un pericolo per noi. Però so che se tornassimo indietro rischieremmo di doverci accampare qui, nel mezzo della piana, e non credo sarebbe salutare. Se sei d’accordo, io cercherei di attraversare il più velocemente possibile. E speriamo che siano inoffensivi.»
«Ma… ma quello è…?»
«È un esercito fantasma, sì. Quel maledetto cataclisma deve aver dato forma alle brutte memorie di questo luogo.»
Fiona deglutì rumorosamente.
«Quindi c’è anche il tuo fantasma, qui in mezzo?»
«Preferisco non saperlo» rispose Liam, sforzandosi di non soffermarsi a pensare a un’eventuale Jonna fantasma.
«Attaccati forte a me, per favore, e tieni la testa bassa. Se cavalcheremo insieme mi sarà più semplice proteggerti. Sei pronta?»
Fiona gli passò le braccia intorno al torace e annuì contro alla sua spalla.
«Non avere paura» mormorò Liam.
Sperando che il cavallo della ragazza lo seguisse, spronò Gino e si lanciò verso l’esercito di nebbia. 
Non appena ebbero raggiunto la zona di conflitto, scoprì con orrore che tutti i fantasmi, orchi, orchetti, umani, elfi o nani che fossero, potevano vederli, e si stavano voltando nella loro direzione. Senza preoccuparsi di urtare la sensibilità della sua compagna con una bestemmia, il mago si preparò a respingere l’assalto, concentrandosi sull’instabile vena di magia che gli pulsava nelle vene. Non aveva più provato a fare incantesimi dopo la brutta esperienza con la saetta e sperava che dentro di lui fosse tutto a posto. Quando il suo cavallo irruppe nella mischia, i fantasmi si riversarono su di loro con le armi alzate. Liam caricò nelle sue mani tutta la sua magia, sforzandosi di non fissare quegli occhi privi di luce, e quando l’attacco iniziò fu pronto a scaricare l’energia su qualunque cosa si stesse avvicinando. Sfortunatamente, il suo incantesimo li oltrepassò come se non avessero avuto un corpo, cosa che effettivamente non avevano.
«Ma sul serio?!» sbottò tra una bestemmia e l’altra, sguainando la spada.
Sentì le braccia di Fiona stringerlo così forte da togliergli il fiato mentre parava di piatto il colpo di un’ascia, nel silenzio più totale.
Da quel momento fu solo istinto di autoconservazione. Non sapeva dove si stesse dirigendo, tutta la sua attenzione tesa a proteggere sé stesso e Fiona con una mera spada, mentre le armi fantasma si infrangevano su tutto ciò che riuscivano a raggiungere. Nessun clangore all’incrociarsi delle lame, un silenzioso incubo fatto di fumo abbastanza denso da lasciargli tagli e lividi dappertutto.
La sacerdotessa gridò, gelandogli il sangue, ma un attimo dopo lo rassicurò dicendo che stava bene. Liam non poteva comunque fare nulla per lei in quel frangente, era già abbastanza occupato a tentare di salvare capra e cavoli.
Parò un nuovo colpo e poi, improvvisamente come era iniziato, l’assalto cessò.
Si volse indietro: l’esercito fantasma aveva ricominciato a combattersi tra sé, senza più prestare loro attenzione. Erano usciti dalla zona distorta dalla magia.
 
Liam proseguì per alcune miglia prima di trovare il coraggio di fermare il cavallo, ma quando alla fine riuscì a controllare il terrore che gli aveva preso le ossa, scoprì che Fiona aveva preso un colpo alla schiena e, come lui, aveva alcune piccole ferite disseminate qua e là. La aiutò a smontare da cavallo, domandandosi come gestire la situazione. Avevano davanti ancora qualche ora di luce, con un po’ di fortuna sarebbero riusciti a portarsi sul limitare della Piana di Thann prima di accamparsi per la notte.
«Ti fa male?» domandò, girandole attorno.
«Un po’.»
L’abito della sacerdotessa aveva uno strappo all’altezza della scapola sinistra, ma non sembrava esserci sangue.
«Devo vedere di cosa si tratta. Ho con me tutto quello che può servire per sistemare quella ferita, o qualunque cosa sia, ma devo capire come procedere.»
Fiona raggelò.
«In che senso, la devi vedere?»
«Nel senso che la devo vedere» insistette Liam.
«Non posso.»
Il mago sbuffò.
«Non hai capito, non ti sto chiedendo il permesso. Forse non l’hai notato, ma quelle cose che ci hanno attaccato erano fatte di fumo, e nonostante questo sono state in grado di graffiarci, tagliarci e bruciacchiarci ovunque. Bisogna che ci rimettiamo in sesto prima di proseguire, il viaggio è ancora lungo. Quindi fuori quella scapola» sbottò mentre recuperava la borsa medica dal bagaglio.
«No, Liam, sei tu che non hai capito: io. Non. Posso.»
«Non. Me. Ne. Frega. Niente.» 
Si sedette per terra e iniziò a spalmarsi un unguento cicatrizzante sulle bruciature.
«Dai, poche storie. È solo la schiena, che sarà mai! Lo so come sono fatte le donne, eh!» Fiona esitava. «Al tuo Dio non lo diciamo.»
La ragazza gemette e si lasciò cadere davanti a lui.
«Non guardare, aspetta un attimo.»
Il mago chiuse gli occhi per qualche secondo.
«Va bene, sono pronta.»
Quando li riaprì, Liam trattenne a stento un’esclamazione di sorpresa. La pelle di Fiona era ricoperta di sottili tatuaggi scuri, linee che si intrecciavano e scomparivano serpeggiando sotto ai lembi della stoffa che era riuscita a non scostare.
Si sforzò di mettere a fuoco il problema: si trattava di una modesta bruciatura, spiacevole ma non disastrosa. Sul fianco, però, poco sotto, stava affiorando un brutto livido. 
«Va bene, ti metto qualcosa. Poteva andare peggio, ma non riuscirò a fasciarla in questo punto. Credo che ti darà fastidio.»
«Non fa niente.»
«Invece qui» Liam fece una leggera pressione con un polpastrello sul livido e Fiona grugnì di dolore «non sembra ci sia nulla di rotto, ma è meglio andarci cauti. Non sai con cosa ti hanno colpita, vero?»
La ragazza esitò.
«Ho tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo» mormorò.
Sopraffatto dal senso di colpa, il mago scelse i contenitori giusti e iniziò ad applicare unguenti su tutto ciò che riusciva a raggiungere. Fiona si sforzava di trattenere esternazioni di dolore, ma il mago la sentiva irrigidirsi ogni volta che toccava una contusione.
«Va bene, dovrei avere finito. Rivestiti, ripartiamo» alzò gli occhi e vide il cavallo della sacerdotessa avvicinarsi. «Ce la fai a cavalcare?»
«Certo che ce la faccio, non sono fatta di vetro, sai?» esclamò.
Liam sbuffò e si volse per permetterle di ricomporsi.
«Allora veloce, odio questo dannato posto.»
 
Sapevano che poteva essere rischioso accendere un fuoco, ma lo fecero lo stesso. Ne avevano bisogno. Si erano accampati quando il sole era completamente scomparso dall’orizzonte e la notte aveva assorbito ogni colore. Erano comunque riusciti a portarsi a poche miglia dal confine della piana, ed era un ottimo risultato.
Liam addentò una mela, gli occhi rivolti alle stelle sopra di lui, alla ricerca di una pace interiore che non sapeva se sarebbe riuscito a raggiungere, in quel luogo.
«Credi che serva fare turni di guardia?» domandò la sacerdotessa rigirandosi un pezzo di formaggio tra le mani.
Liam la guardò. Dalla sua posizione distesa, le ombre che la luce del fuoco creava sul suo viso giocando con il peplo erano inquietanti.
«Direi di sì. Inizio io, tanto in questo momento non riuscirei a dormire» rispose. «Come stanno le ammaccature?»
«Niente di invalidante.»
Il mago percepì un’esitazione nella sua voce.
«C’è qualcosa che vuoi dirmi?» suggerì.
La sacerdotessa alzò gli occhi su di lui.
«Non mi hai chiesto niente» osservò.
«Relativamente a…?»
«Ai tatuaggi.»
«Ah.»
Da come lo stava guardando sembrata tutto fuorché intenzionata a parlarne, e per quanto la questione suscitasse l’interesse di Liam, non era sicuro di aver voglia di gestire una discussione dopo una giornata del genere.
«Quindi?» incalzò lei.
Sospirò.
«Quindi, cosa? Ho immaginato che abbiano a che fare con qualche cavolata religiosa che tanto non mi potresti dire, per questo non ti ho chiesto niente. Ma a quanto pare sbagliavo, perché stai morendo dalla voglia di tradire il tuo Dio raccontando i suoi segreti a uno sconosciuto, perciò… sorella Fiona, vorresti dirmi che cosa sono quei tatuaggi segreti che ho visto quando ti ho costretta a spogliarti davanti a me, questo pomeriggio?»
La ragazza gli lanciò un’occhiata omicida.
«Sei un idiota» sbottò.
«Ho anche dei difetti» rispose, ammiccandole.
Fiona gli tirò in testa la crosta del formaggio e Liam si trasse a sedere.
«Sul serio, ragazzina, se non me lo puoi dire non sentirti obbligata a farlo. Non è che non mi interessi, anzi, ma mi pare che oggi sia stata una giornata complicata già così.»
Lei prese un respiro profondo.
«Lo so, solo che… so che è stupido, ma dopo tanti anni a seguire una routine giornaliera tanto rigida, l’informalità di queste due giornate mi è strana.»
«Non ti piace?»
«Ho detto strana. Non brutta, non bella, solo strana. È come vivere in una realtà parallela nella quale non ho riferimenti, e parlarne mi sembra l’unico modo per convincermi che il Tempio, il culto, i riti… esistono ancora, ecco.»
Liam ci pensò su un momento, poi tornò a distendersi.
«Mi hanno detto che sono bravo a mantenere i segreti. Se hai bisogno di parlarne puoi farlo, nessuno oltre a me lo saprà. Che cosa rappresentano quelle linee?»
«Ogni linea rappresenta uno dei Misteri del Dio ai quali una sorella è stata iniziata. Ad ogni avanzamento di livello si progredisce nell’iniziazione ai Misteri, e viene aggiunta una linea.»
«Affascinante» mormorò il mago. «E hanno un punto di inizio comune?»
«Partono tutte dal cuore.»
Liam provò a immaginarsele, ma valutò la situazione troppo ambigua e allontanò l’idea.
«Scusa, ma se non potete mai mostrarle a nessuno, che senso ha farle?»
Fiona ridacchiò.
«Il fatto che non possa vederle tu, non significa che non possa vederle nessuno.»
Liam si trasse di nuovo a sedere.
«Spiegati, perché quello che sto immaginando io ha a che fare con cerimonie in cui ve ne state lì tutte nude a fare cose. Toglimi questa immagine malsana dalla testa, veloce!»
La sacerdotessa scoppiò a ridere e le ci volle un po’ per riuscire a ritrovare l’autocontrollo.
«No, in realtà…» singhiozzò «in realtà le cose sono un po’ così, come le descrivi.»
Liam sgranò gli occhi.
«Ti prego, dimmi che stai scherzando! Ma perché una cosa del genere? Forse il tuo Dio merita più rispetto di quanto credessi!»
«Ci scommettevo che l’avresti detto! Il fatto è che, ovviamente, più linee hai sul tuo corpo, più il tuo grado è alto nella gerarchia del culto, e nei riti più sacri è necessario che questo sia manifesto.»
Il mago si domandò quanto fosse importante nel suo ambiente la donna che aveva rapito, con tutti quegli intrecci che si aggrovigliavano sulla sua pelle, e deglutì a vuoto.
«Tu aspiri a diventare qualcuno, al Tempio?»
La sacerdotessa si accigliò e non rispose subito. Alla fine, mormorò:
«Non lo so. Diciamo che sta succedendo, ma non perché sia mia ambizione, è più l’inerzia… sai, come quando scendi una scala ripida e non puoi fare a meno di mettere un piede davanti all’altro, gradino dopo gradino, perché se non lo facessi potresti cadere» sospirò. «Forse non è stato saggio da parte mia seguirti, lo riconosco, ma credo che fosse necessario per acquisire la consapevolezza che il mio ruolo, un giorno, richiederà.»
«Mi dispiace per oggi» rispose Liam, traendosi in piedi.
«A cosa ti riferisci?»
«Sei rimasta ferita, non avrei dovuto permetterlo. Non posso prometterti che non accadrà più, ovviamente, ma posso prometterti che farò il possibile perché non accada.»
Fiona lo fissò senza rispondere e Liam si domandò quali pensieri si celassero dietro a quegli occhi turchesi.
«Inizio il mio turno di guardia, tu riposa un po’, se riesci.»
Si volse e si allontanò un poco, per non trovarsi a sfavore di vento.
«Vorrei solo essere coraggiosa come te, e non avere paura.»
La voce della sacerdotessa lo raggiunse flebile, come un sospiro.
Lui di paura ne aveva eccome, quel pomeriggio era stato peggio di un tuffo in un incubo. Deglutì e non rispose.
   
 
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