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Autore: crazyfred    07/03/2024    2 recensioni
La storia della Forestale e della Polizia di San Candido e dei personaggi che ruotano intorno al lago incastonato tra le montagne riparte dalla fine della quarta stagione: Albert Kroess è stato da poco arrestato, Deva è stata dissolta, Vincenzo è appena tornato con Eva e Francesco, dopo la morte di sua moglie, è ancora in bilico con Emma. Dimenticate quello che avete visto in tv, qui la quinta stagione è tutta a modo mio!
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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1. CAMBIAMENTI



Un'altra giornata di lavoro era finita. Il Vice Questore Aggiunto Vincenzo Nappi era grato che, per una volta, a San Candido il crimine sembrava essere andato in vacanza; forse era l'inizio della brutta stagione: con il freddo, la pioggia e presto anche la neve, i criminali sembravano in procinto di migrare verso climi più temperati, o forse doveva stare semplicemente zitto perché ogni volta riusciva a tirarsela in maniera incredibile. Doveva chiudere il becco e sbrigarsi a tornare a casa, prima che qualcuno ci ripensasse a chiamarlo in azione: da quando la sua compagna, Eva, gli aveva dato la bella notizia, passava le giornate pensando al momento in cui sarebbe tornato a casa, si sarebbe messo in pantofole e, seduto sul divano, avrebbe trascorso la serata a parlare con quel pancino che cresceva ogni giorno un po' di più. Dicono che i padri non si rendono conto realmente di ciò che sta accadendo nelle loro vite fino al parto ma lui se ne rendeva conto fin troppo: gli sembrava costantemente di toccare il cielo con un dito.
Spense la luce nell'ufficio, chiuse la porta a chiave e si precipitò fuori dalla centrale di polizia, salutando tutti velocemente. Sul piccolo pianerottolo esterno, uscendo con la testa tra le nuvole, inciampò in un paio di scatole in cartone e una di tessuto, di quelle per il cambio stagione, e per poco non ruzzolò giù per le scale. “Ma che sfaccimm...chi ha lasciato queste scatole qui?” borbottò, contrariato, verso i suoi sottoposti. 
“Scusa Vincenzo” dal parcheggio, la voce del capo della forestale salì verso il commissario (non era la sua qualifica, ma tutti lo chiamavano più comodamente così) mentre chiudeva il portellone del suo fuoristrada aiutato da una ragazza dai capelli biondo caramello - Emma il suo nome, così gli pareva di ricordare - che aveva tra le braccia un altro paio di box “portiamo tutto dentro subito” “Che state facendo?” “Mi dispiace commissario” esclamò la giovane donna - Vincenzo non le dava più 32 anni , salendo le scale con un leggero sorrisetto sarcastico sulle labbra “ma da oggi il comandante sarà qui h24” “Emma quante volte devo dirti che puoi darmi del tu?”
Non aveva una grande confidenza con la giovane etologa che andava e veniva dalla caserma dei forestali come fosse parte della squadra: certo l'aveva aiutata in più di un'occasione, com'era prevedibile quando bazzichi con un ficcanaso come l'Ispettore Capo Francesco Neri, ma al di fuori di situazioni lavorative non avevano avuto granché modo di socializzare. Sapeva solo che - e questo sarebbe stato evidente anche ad un cieco - che era un'amica di Francesco, forse qualcosa di più … non aveva mai indagato più di tanto anche se ammetteva che sarebbero stati una bellissima coppia ... e questo bastava per essere anche una sua amica nel suo personale libretto di istruzioni sociali.
“Che ti chiamo Vincenzo o commissario la situazione non cambia: Francesco si trasferisce” “Vieni a stare in foresteria?” domandò al collega. “L'ho convinto dopo una dura lotta, questo testone” intervenne però la ragazza. “Diciamo che mi ha obbligato” “Dettagli … e insomma, prima di partire dovevo accertarmi che lo facesse davvero” “Parti?” “Sì, l'università mi ha chiamata per tenere dei corsi e poi d'inverno il mio lavoro qui è abbastanza inutile visto che non posso andare in quota”
Una volta Francesco si era confidato sui problemi di salute della ragazza, per un consiglio sul da farsi più che altro: correre il rischio di farla star male ma permetterle di continuare con il suo sogno o seguire le regole e spezzarle il cuore...oltre a spezzare il proprio, ma questo il forestale non lo avrebbe mai ammesso, forse nemmeno a sé stesso, orgoglioso com'era. Vincenzo gli aveva consigliato semplicemente di fare quello che sentiva più giusto per Emma e alla fine Francesco le aveva permesso di restare a condizione che non si avventurasse troppo in giro da sola e in condizioni difficili.
“Spero di riuscire a tornare in primavera” esclamò e un velo di tristezza le coprì gli occhi, di solito brillanti e vivi; con Emma, ogni volta le parole avevano più livelli di lettura, con cui provava a nascondere le sue paure, ma a chi sapeva della sua condizione non riusciva a nasconderle. 
Francesco le passò un braccio sulle spalle, scuotendola un po'. “Sei mesi passano in fretta e se l'inverno sarà caldo come prevedono ...anche prima” la incoraggiò, provando a distoglierla da cattivi pensieri che tutti e tre sapevano star attraversando la sua mente. Non erano una coppia, altrimenti quel pettegolo dell'agente Huber avrebbe già messo i manifesti per tutta la valle, però di fatto si comportavano come tale, nei gesti, nelle attenzioni: non mancava nulla a parte un'etichetta e forse una vita … intima, per così dire. E vederli così un po' faceva rabbia perché se era vero anche un cieco avrebbe visto quanto stavano bene insieme, loro invece sembravano gli unici a non riuscirci.  
“E insomma, questo trasloco” si intromise il commissario, facendo anche lui la sua parte “come lo hai convinto?” Francesco, come si poteva cogliere facilmente dall'espressione del suo viso, gli era grato per quel diversivo. “Come mi ha obbligato piuttosto...” “Oh senti” lo zittì presto Emma “anche se a te piace fare Rambo non è che puoi vivere come un eremita o un monaco tibetano senza i basilari servizi di cui ha bisogno una casa in inverno! D'estate passi pure perché fa caldo, ma d'inverno...” “Emma tiene ragione France' però...eh!” “Va beh, ho capito, c'è un complotto contro di me” “Ma quale complotto?! Dai portiamo le scatole su...” disse Emma, a cui il morale era cambiato completamente e ora, rasserenata e determinata, prese due scatole e a grandi falcate si dirigeva verso le scale per il piano di sopra. “Fammi andare...” “Non fartela scappare France'!” 
Vincenzo si pentì un po' di quel commento che gli era uscito completamente inaspettato, sia perché Francesco era abbottonatissimo sulle questioni personali sia per la questione di Livia, sua moglie, che era scomparsa da poco e tragicamente, però la relazione tra i due coniugi era stata complicata e da un pezzo i sentimenti tra loro non avevano più nulla a che fare con quello che c'era invece con l'etologa. Lo aveva capito persino lui che nelle faccende amorose era imbranatissimo.
Francesco non rispose, si gettò a capofitto sulle altre scatole che ingombravano l'ingresso e Vincenzo avrebbe giurato di averlo visto scuotere la testa sparendo anche lui dentro la caserma, senza dire una parola.

“Non fartela scappare” gli aveva detto Vincenzo. Dentro di sé urlava tutti gli improperi noti all'uomo ma non era stato in grado di proferire parola, tanto per cambiare. 
L'unica con cui le parole uscivano era proprio quella persona che non si doveva far scappare ma sarebbe partita di lì a pochi giorni. No, non ci pensava proprio a lasciarsela scappare, ma come? Era stata lei a dirgli che doveva prendersi tempo, prendersi cura di sé stesso prima di tutto; che poi aveva ragione: non si può stare con una persona quando non si sa stare nemmeno con sé stessi. Per mesi, anni, si era afflitto con un senso di colpa che non gli spettava e scrostarlo via non era facile, gli aveva corroso tutto dentro proprio come fa il calcare e non era sicuro di riuscire a starle accanto come meritava. 
Lei, così giovane e bella, viveva una corsa contro il tempo mentre lui di tempo ne aveva fin troppo, immeritatamente, strappato a tutti quelli se n'erano andati: suo figlio Marco, il suo miglior amico Walter, in ultimo persino Livia … li aveva dovuti salutare tutti e la gente gli diceva di farsi forza, di andare avanti anche per loro; ma si sentiva solo circondato di fantasmi che riempivano i suoi sogni, o per meglio dire i suoi incubi notturni. Ci provava a vivere, come aveva visto fare lei, ma sentiva nella sua testa i rintocchi ineluttabili di una maledizione che sembrava essergli stata cucita addosso: chissà quale grave pena non aveva scontato nella vita precedente per avere quella specie di purgatorio in terra nella vita che stava vivendo ora. Tutti quelli che amo muoiono, era il pensiero fisso che gli affollava la mente. Non voleva piangere più, tanto meno per la persona a cui teneva più di tutte e che sembrava condannata a condividere quella sorte. Gli era sembrato, in fin dei conti, che tenerla vicina e lontana allo stesso tempo fosse la soluzione migliore, così che quando fosse successo l'ineluttabile non sarebbe stato legato abbastanza...ma chi voleva prendere in giro?! Era la prima persona a cui pensava al mattino e l'ultima alla sera, se non si faceva sentire le riempiva il registro chiamate di telefonate e la chat di messaggi e come ultima risorsa andava a cercarla: lo aveva fatto già in passato, nei momenti e nei posti più impensabili al punto che, ormai, vedendolo arrivare, lei non era più nemmeno sorpresa. Tutt'altro. Per loro, era diventato quasi un gioco: lui arrivava e lei controllava il telefono per capire se fosse spento o non prendesse, prendendola con rassegnata filosofia.
Fare quel passo avanti mancante, però, era fuori discussione. Averla vicina e non poterla sentirla completamente sua lo faceva morire, ma non riusciva compiere quell'ultimo passo. Erano due parole banali ma non riusciva a farle uscire, così come le sue mani si bloccavano quando una vocina che veniva dal cuore bisbigliava nella sua testa l'idea di andare oltre all'abbraccio innocuo o ad una carezza innocente.
“Quindi tu mi stai dicendo che avevi questo a disposizione e hai preferito vivere come un clochard fino ad oggi?” domandò Emma, vedendolo entrare nella sala comune della foresteria. 
“Cos'hai da dire contro la palafitta?” ribatté lui, poggiando sul lungo tavolo in legno le scatole con i suoi libri “non offenderla!” La palafitta era la casetta sul lago che aveva in un certo senso ereditato dal precedente Comandante della Forestale e dove si era sistemato quano era arrivato tra quelle montagne meno di un anno prima. Era più che spartana, viverci sarebbe costato grandi sacrifici a chiunque, ma non a lui, che grazie alla vita sotto le armi era abituato ad una vita d'accampamento. “Adesso tu offendi me, lo sai che amo quel posto...ma era praticamente inabitabile fino a pochi mesi fa, e se non fosse stato per me staresti ancora dormendo su un vecchio materasso per terra”
Francesco non rispose. Game. Set. Match. Emma gli attribuiva troppo spesso il merito di essersi preso cura di lei quando era stata male e non c'era nessuno, ma la realtà era un'altra, anche se lei non lo avrebbe mai ammesso: lei nel modo più discreto e silenzioso aveva fatto molto di più, entrando nella sua vita, e con pazienza e tanta fatica stava provando a farlo uscire dalle sabbie mobili in cui si era impantanato. Si erano fatti così bene a vicenda, che considerarsi qualcosa di diverso da un noi era impossibile, non era mai stato possibile a dire il vero.
“Comunque ti avverto...” riprese Emma, gongolando per aver colpito nel segno “prova a tornartene in palafitta quando sono via e torno apposta per tirarti le orecchie e riportarti qui” “Agli ordini comandante” rispose lui ironicamente, facendole un saluto militare “anzi forse lo faccio, così ho la scusa per riportarti qui prima che arrivi la primavera”
Fallo, ti prego. Emma sentiva queste parole urlare nella sua testa e combatteva con tutte le sue forze per non farle uscire dalle labbra. Francesco sapeva tutto quello che c'era da sapere: che lo amava e che lo avrebbe aspettato tutto il tempo che fosse stato necessario. Reiterare il concetto, ora, sarebbe stato inutile e patetico; stargli accanto da amica era quanto per ora potesse concederle e lo aveva accettato serenamente, anche perché voleva al suo fianco una persona che potesse ricambiarla totalmente, come lei lo amava, non un amore a mezzo servizio, azzoppato dai fantasmi del passato. Questo però non significava che fosse meno difficile: ogni giorno che passava, che vedeva quanto lui si stesse impegnando a trovare un nuovo equilibrio, obbligarsi a lasciargli i suoi spazi e a dargli tempo, quando lei non ne aveva, era troppo doloroso; ma glielo doveva e avrebbe stretto i denti.
Quella separazione avrebbe fatto bene ad entrambi: e chissà che la distanza non avrebbe schiarito le idee a Francesco. Sperava solo – pregava per questo ogni giorno – che la primavera non fosse troppo in là per loro, che potesse fare ritorno in quel posto che ormai le era entrato nell'anima e prendersi quella vita insieme che sognava dall'estate, quando per un po' aveva creduto che il caldo le avesse dato alla testa, facendole assaporare qualcosa che in realtà esisteva solo nei suoi sogni. La realtà invece era che, per il momento, erano solo due anime ammaccate che si stavano sorreggendo a vicenda, tentando di rimettere insieme i pezzi, e non potevano darsi altro. Se lo doveva far bastare.
Messo tutto a posto fuori era ormai notte inoltrata, ed erano a malapena le sei, segno che l'inverno era davvero davvero vicino. La neve era già scesa sulle cime e presto quell'aria frizzantina che si respirava l'avrebbe portata anche più giù, sul lago e in paese, però lei non ci sarebbe stata per vederla: lui le aveva promesso video e foto, non non sarebbe mai stata la stessa cosa.
Francesco si era messo ai fornelli con quel po' che c'era in dispensa nella foresteria: da quando gli agenti della forestale che l'abitavano si erano sistemati in paese, era rimasta vuota e i suoi uomini la usavano solo per tenere in frigo le bevande o riscaldare il pranzo portato da casa; di tanto in tanto, in qualche occasione speciale, si concedevano di cucinare e mangiare insieme, ma con Neri come comandante doveva essere davvero qualcosa di molto simile ad un giorno segnato di rosso sul calendario.
Mentre si dedicava ai maccheroni alla Roccia, ricetta imparata dal suo ex-vice, il sovrintendente Scotton (Roccia era il suo soprannome), il forestale aveva lasciato ad Emma il compito di tagliare dello speck e del formaggio di malga da accompagnare allo schüttelbrot, il pane di segale schiacciato e croccante che non manca mai nelle case altoatesine ma nemmeno nella caserma, dove i contadini e i cacciatori spesso portavano qualche dono in natura ai forestali nonostante Herr Kommandant, come lo chiamavano gli abitanti del posto, fosse tassativo sulle regalie, ma alla fine aveva dovuto cedere anche lui alla tradizione.
“Dello Schiava...ci trattiamo bene, eh Comandante?” lo canzonò Emma; Francesco si voltò e vide che Emma aveva in mano una bottiglia del vino che qualche giorno prima un produttore locale aveva portato per ringraziare di essere stato liberato dai gatti selvatici nelle sue vigne. “Cosa dice il medico riguardo al bere, Emma?” “Che non posso farlo...ma non ha mai detto nulla a proposito dei brindisi” rispose la ragazza per le rime.
Dalla credenza prese due bicchieri per accompagnare perfettamente l'aperitivo: due dita di vino rosso per sé, un po' di più per Francesco che come al solito aveva da ridere sui suoi metodi poco ortodossi ma alla fine gliela dava sempre vinta. La ragazza gli porse un bicchiere, facendolo tintinnare col suo per provare a strappargli un sorriso: aveva imparato che non riusciva a tenerle il broncio troppo a lungo.
“Scherzi a parte...seriamente, Francesco, prenditi cura di te mentre sono via, perché ti conosco” Sì lo conosceva. L'aveva visto passare notti intere senza dormire per starle accanto, perdere l'appetito appresso al lavoro e dannarsi l'anima per tenerla sotto controllo, che non le era poi così difficile immaginarlo smettere di funzionare senza che lei gli ricordasse di soddisfare i propri bisogni primari. “Io e Argo ce la caveremo benissimo, stai tranquilla” “Sì, con le razioni militari, cibo in scatola freddo e immangiabile” “E sentiamo” indagò il forestale “chi è stato qui a darti lezioni di cucina? Chi deve preoccuparsi tra i due qui non sei certo tu ...” Touché. L'ultimo tentativo di fare la pasta al forno si era rivelato un timballo di pasta carbonizzato, ma se non altro era finita tra le risate di Roccia che era accorso con un estintore in cucina, convinto ci fosse un incendio in corso, e l'invito di Francesco a mangiar fuori, un evento più unico che raro. “Vorrà dire che chiederò a Roccia e a sua sorella di invitarti di tanto in tanto” 
Dopo il pensionamento, Scotton aveva deciso di trasformare la sua malga, ormai vuota dopo che anche Emma se ne sarebbe andata, da semplice affittacamere a vera e propria pensione, e sua sorella Assunta 
aveva deciso di tornare per occuparsi della cucina: la donna, dai modi più militareschi di quelli del fratello, aveva dichiarato che, senza di lei, la pensione sarebbe fallita in un paio di settimane. “Ah beh, il loro invito lo accetto volentieri, mi fai solo un favore. Basta che non mi metti Huber di guardia!”
A fine serata, Francesco riaccompagnò Emma al maso di Roccia. Fermi nella Jeep, le uniche luci accese quelle del cruscotto e il bagliore della tv che arrivava dal salotto della casa, era arrivato il momento dei saluti. Nessuno dei due era bravo a farne ed entrambi avevano trovato una scusa per restare occupati nei giorni successivi, tanto che sarebbe stato il forestale in pensione ad accompagnare Emma in stazione. “Speriamo Roccia mi lasci una stanza quando avrà finito i lavori, mi piace stare qui da lui” “Male che va c'è sempre la foresteria...una scusa per ospitarti la trovo con il comando provinciale” 
Il cuore di Francesco avrebbe voluto proporre la palafitta, ma il grillo parlante nella sua testa gli fece tenere la bocca chiusa; era stufo di quella ragione che lo paralizzava in ogni scelta, in ogni tentativo di provare a rimettere in piedi la sua vita fallito per la paura di sbagliare, di non essere all'altezza, di ripetere gli stessi errori e fallire come in passato, ma non riusciva a fare altrimenti, per quanto ardentemente lo volesse. “Sempre che mi autorizzino a tornare dall'università” “Stai tranquilla che ti rimandano sicuro. Il lavoro di ricerca che hai svolto è ottimo, per quanto possa contare il giudizio di un militare in prestito alla forestale, insomma”
“Volevo...volevo darti una cosa” disse Emma, cambiando argomento. La sua voce era tremula, le parole uscivano a stento e se le luci dell'auto fossero state accese forse le sue guance Francesco avrebbe potuto vedere le sue guance arrossire mentre rovistava nella borsa e distogliere lo sguardo dall'uomo. “Dovevo dartela prima, a cena, ma l'ho dimenticato” disse, ma non era vero, in realtà non aveva trovato il momento più adatto: il buio dell'auto invece ora stava aiutando a semplificare la faccenda. Tirò fuori un biglietto, e lo porse all'uomo che, per leggerlo, fu costretto ad accendere la luce del fuoristrada. “Cos'è?” “Una lista … la lista di cose che vorrei fare prima di... di...sì insomma lo sai” Non mancava nulla: l'alba dalla Croda del Becco, cucinare, fare il bagno nell'oceano, ballare un valzer, imparare a ricucire i bottoni, vedere i lupi...qualcosa l'aveva già spuntata, altre erano ancora da fare. “E la dai a me?” “Beh sì” annuì “ci sono ancora tante cose che dobbiamo fare insieme. Il curling per esempio … o camminare sul lago ghiacciato”
Voleva tornare e quella lista le sembrava l'ancora perfetta per tenersi stretti quei posti: no, non era perfetta, ma era l'unica che aveva in quel momento. Ce ne sarebbe stata un'altra, ma non dipendeva da lei e, doveva dargliene atto, nemmeno totalmente da lui.
“Non perderla, in primavera ci servirà” “La imparo a memoria se serve, ma tu fai la brava, segui tutte le indicazioni dei medici e non strafare come al tuo solito” “Casa di mia zia è a Porta Genova, lì non si scalano montagne né si ricercano lupi o tigri nei boschi e l'unica cosa cavalcabile è una bici, non un cavallo” “Tu pensa a tornare qui...”
Emma non poteva prometterglielo e chiuse la questione lasciandogli un bacio che bruciò sulla guancia dell'uomo e sulle sue labbra come fosse un ferro rovente. La sua buonanotte, sussurrata prima di lasciare l'auto, sembrò quasi un sogno per entrambe, incerti se fosse stata pronunciata o meno.

 
   
 
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