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Autore: crazyfred    14/03/2024    3 recensioni
La storia della Forestale e della Polizia di San Candido e dei personaggi che ruotano intorno al lago incastonato tra le montagne riparte dalla fine della quarta stagione: Albert Kroess è stato da poco arrestato, Deva è stata dissolta, Vincenzo è appena tornato con Eva e Francesco, dopo la morte di sua moglie, è ancora in bilico con Emma. Dimenticate quello che avete visto in tv, qui la quinta stagione è tutta a modo mio!
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2. UN RITORNO INASPETTATO
 
 
“Sei stato un angelo a mettere a disposizione la tua auto” “Figurati, per così poco! E poi deve essere un segnale per chi vuole ancora fare lo spiritoso: le istituzioni sono dalla vostra parte”
Le istituzioni sarebbero state sempre dalla parte del più debole, Francesco di questo ne era profondamente convinto: anche se a volte era difficile mettere in pratica questo principio, a capo della piccola stazione della Forestale del luogo non si tirava mai indietro dal fare la sua parte. E lo aveva fatto anche quella mattina, quando il Centro di Accoglienza Migranti si era trovato con il furgone messo KO da qualche simpaticone che avrebbe voluto gli ospiti del centro lontani dalla loro tranquilla e a loro dire rispettabile vita di provincia: a fine turno, si era precipitato nell'ostello dismesso messo a disposizione dal comune e aveva fatto salire Adriana, una dei responsabili, e i suoi bambini, come li chiamava lei, per accompagnargli ad un controllo pediatrico di routine.
“Ho trovato una barca per quel progetto che avevo in mente” decretò la donna, soddisfatta “è da rimettere un po' in sesto, ma finché galleggia a me va bene! E poi la regalano” Il forestale si lasciò andare ad una risatina ironica “Quindi va benissimo...se hai bisogno di una mano per prenderla e portarla al lago basta che me lo dici” “Ti ringrazio” “Allora, hai parlato con tua figlia?”
Francesco aveva conosciuto Adriana in un pomeriggio di fine estate, nella caserma che pullulava di adepti di Deva, la setta che lui stesso aveva contribuito a smantellare e che dovevano essere sentiti dopo l'arresto del loro "Maestro", Albert Kroess. Lei era una delle nuun, le donne a cui venivano affidati i bambini e i ragazzi per crescerli secondo i valori della comunità; che nella sua vita prima di Deva fosse un'insegnante era stata una coincidenza fortunata e le aveva permesso di non separarsi da sua figlia, Isabella. I due erano legati dal ricordo di Livia, che era caduta vittima della setta quanto Adriana, e poco alla volta era nata una sincera amicizia tra i due. Per entrambi era un'affinità provvidenziale: lui aveva trovato una specie di famiglia nella donna e sua figlia, specialmente da quando Emma era partita, e per lei il forestale rappresentava un ottimo appoggio per tornare alla vita civile, uno scudo dagli sguardi diffidenti e le chiacchiere della gente del paese.
“No, non ancora” “Devi farlo, non puoi nasconderle che...anche perché non potrai farlo ancora a lungo, no?” Non voleva essere crudele e cinico, lo era spesso con sé stesso ma mai con gli altri, però Adriana non poteva negare che una chemioterapia, con i suoi effetti collaterali, non si può celare a chi condivide lo stesso tetto sopra la testa.
Quella diagnosi era arrivata come un fulmine a ciel sereno, con una tosse che non voleva saperne di andare via: ma prima di operare, bisognava provare a circoscrivere la zona su cui intervenire. “Sì, lo farò, te lo prometto, ma non è facile. A scuola le cose non vanno tanto bene e non vorrei caricarla anche di quest'altro peso” “Isabella è forte e magari questa cosa la aiuterà anche a mettere in prospettiva i problemi scolastici” Era una bugia a cui non credeva nemmeno lui, ma non poteva restare in silenzio.
Fermi ad uno stop, Francesco accese la radio, per provare a rallegrare l'atmosfera per i bambini e alleggerire la tensione che si era creata con Adriana. Alzando lo sguardo, un fuoristrada compatto gli passò davanti, svoltando a sinistra. Emma. Per un attimo restò confuso, perché la somiglianza non poteva essere così grande ed essere una coincidenza. Doveva essere lei, per forza. Aveva ricambiato il suo sguardo, per giunta, con lo stesso stupore e forse un pizzico di imbarazzo; ma non era sola, al suo fianco c'era un uomo che non aveva mai visto.
Il forestale proseguì prima che le auto in coda dietro la sua iniziassero a suonare, ma con lo sguardo si mise alla ricerca di un larghetto, un piazzale...un posto qualsiasi dove poter fare inversione. “Che succede?” “No ... niente, credo di aver visto una persona” “Chi?” “Emma...te la ricordi?” Individuata la piazzola, Francesco accostò e azionò la freccia. “Ok, ma che vuoi fare? Inseguirla? Francesco … il pediatra”
Già ... i bambini ... la visita. Non poteva mollare tutti per strada e rincorrere Emma – se fosse stata davvero lei – in giro per San Candido, per quanto piccolo potesse essere il paese. Se fosse davvero tornata, bastava tenere gli occhi aperti e l'avrebbe vista spuntare da dietro l'angolo in qualsiasi momento. Se fosse tornata davvero … mi avrebbe chiamato, no? Perché non l'ha fatto?
 
A sera, Francesco aveva invitato Vincenzo per una birra in palafitta. Era stata una piccola abitudine invernale, quella di invitare il collega a fermarsi in foresteria per un bicchiere dopo il lavoro e, ora che era tornato nella casa sul lago, non voleva perdere quella che era diventata ormai una vera e propria tradizione.
“Hai fatto proprio un bel lavoro qui, Francé” si complimentò il commissario con l'amico, guardandosi attorno “quasi non sembra lo stesso posto” “Grazie. Gli spazi sono quelli che sono, ma almeno è più vivibile”
Un paio di mesi di fin autunno in foresteria erano bastati per farlo arrendere all'idea che, se avesse voluto continuare a vivere in quella casa sul lago, avrebbe dovuto dotarla dei servizi base: una doccia, una cucina e una lava-asciuga; ai più sarebbero sembrate cose scontante, ma non lo erano in una cabina di legno su un lago, senza tubature né scarichi. Emma, alla fine, aveva avuto ragione. Già...Emma. Non riusciva a pensare ad altro da quando nel pomeriggio aveva incrociato quell'auto blu. Quell'incontro non poteva essere stato un abbaglio o un'allucinazione, doveva essere lei. Era passato qualche mese, aveva cambiato pettinatura, ma era ancora in grado di distinguerla in mezzo ad una folla di persone.
“Oggi ho visto Emma” confessò all'amico, tutto d'un fiato, sorprendendo anche sé stesso. “Emma? Emma Emma?” “Ero in paese, eravamo tutti e due in auto. Mi ha visto ma non si è fermata” “Ma sei sicuro fosse lei?” “Sicurissimo, mi è passata di fianco ad un incrocio, l'ho vista benissimo” “Eh beh allora ti resta solo una cosa da fare per dissipare ogni dubbio...” “Cosa?” “C'è questo sistema che hanno inventato... guarda te lo consiglio perché è infallibile, ce l'abbiamo in dotazione pure noi della polizia” fece il commissario, serissimo “na specie di macchinetta elettronica satellitare con i numeri da 0 a 9 … si chiama telefono, France', usalo!” E Francesco sorrise, seppur sommessamente, di più non riusciva proprio a concedersi.
Con la scusa di dover versare dell'altra birra nel boccale, Francesco diede le spalle all'amico. “È facile...o no?”chiese Nappi. No, non lo era: dopo Natale, poco alla volta, le comunicazioni si erano interrotte, l'ultimo messaggio era stato un mese prima più o meno, casualmente poco prima di San Valentino; aveva provato a chiamarla ma qualcosa lo frenava, ogni volta, come se ci fosse una voce interiore a dirgli lasciala perdere, falla andare avanti per la sua strada, sta meglio senza di te, se non ti chiama avrà le sue ragioni per non volerti sentire più.
Annuì senza dire niente, affogando i suoi pensieri nella birra. “I lavori a casa tua come vanno, invece?” “Non vanno...eh ma sono stato io lo scemo che si è andato a fidare di Huber. Se chiamavo a te, già avevi finito da un pezzo, sicuro. Ma ti pare normale che quelli parlano solo con lui ed Eva perché loro sono del posto e non con me? Morale della favola dicono che manca poco da almeno un mese e hanno pure la faccia tosta di dire che se lasciassimo la casa per un po' finirebbero prima, ma con i soldi spesi nella ristrutturazione non ci possiamo permettere pure un affitto” “Venite in foresteria...” “Come?” “In foresteria. I lavori più grandi li ho finiti, posso stare qui mentre faccio le ultime rifiniture” propose al commissario.
Ai due, dopo la normale diffidenza iniziale, era bastano poco meno di un anno e un freddo inverno lavorativamente tedioso a farli diventare amici fraterni: ad accomunarli, essere pesci fuor d'acqua all'interno della comunità montana, anche se Francesco aveva dimostrato fin da subito di essere ben più conciliante e disposto all'adattamento rispetto al poliziotto. “C'è un'unica cosa...finalmente mi mandano rinforzi da Bolzano e dovrete condividere gli spazi comuni” Erano sotto organico da ottobre, e se in primavera avesse dovuto ancora costringere i suoi uomini agli straordinari e avesse ancora dovuto chiudere gli uffici al pubblico per poter fare pattugliamento dei boschi, lui e la sua squadra sarebbero andati al Comando Provinciale a Bolzano con i forconi. “Ma non ti preoccupare” aggiunse “è una ragazza, sarà sicuramente una coinquilina tranquilla” “Figurati, e poi siamo noi a non dover abusare della vostra ospitalità, sarà per poco. Se Eva è d'accordo possiamo approfittarne dopo il parto, così ce l'ho vicina anche quando sono a lavoro” “Allora è deciso” Il forestale tese la mano al commissario che la strinse, entrambi soddisfatti per la soluzione che avevano trovato. “Vado a dirlo a Eva! Tu però chiama Emma...non ti mangia via telefono”
 
Neanche il tempo per Vincenzo di chiudere la porta alle sue spalle, che Francesco aveva già il telefono tra le mani e scorreva i nomi nella rubrica; non ce n'erano molti, arrivò in men che non si dica alla E. Per qualche secondo rimuginò ancora sull'opportunità di chiamarla: e se non fosse stata lei? Se davvero avesse preso un abbaglio, che figura avrebbe fatto? Quella di un povero disperato che ormai aveva le allucinazioni, di sicuro. Però non poteva rimanere con il dubbio, e poi mal che andava le avrebbe chiesto perché non si era fatta sentire per un mese intero: di certo l'università la impegnava, ma 5 minuti a fine giornata era tutto quello che le chiedeva. Fece partire la chiamata: ormai era fatta, non si tornava indietro, se non avesse risposto il telefono le avrebbe comunque segnalato la chiamata persa.
“Pronto?” la sua voce era inconfondibile. Lei diceva che era orribile, ma per lui era musica: calda, allegra, tenace quando lo rimetteva al suo posto, ma anche vibrante quando sussurrava. “Emma!” quel nome venne fuori con un suono acuto, stridulo e ridicolo alle sue orecchie e avrebbe voluto sotterrarsi per la vergogna. “Ciao Francesco!” “È da tanto che non ci sentiamo, come stai?” “Bene...tutto sommato, tu?” Il forestale non notava nessun particolare nel suo tono di voce, non sembrava stupita, ma nemmeno felice di ricevere quella telefonata. “Bene! Sono in palafitta, ci sono tornato da qualche giorno...dovresti vederla, stenteresti a riconoscerla” spalle al lago, appoggiato al parapetto della terrazza, ammirava quello che considerava il suo piccolo capolavoro. Ne era sicuro, l'avrebbe adorata. “A proposito...ma sei qui? … mi è … mi è sembrato di vederti oggi” “Sì...sì sono qui” rispose lei, farfugliando leggermente. “Ma come? … Torni e non mi dici nulla?” “Non sono a San Candido in realtà...sono in una frazione di Rio di Pusteria ...Valles, hai presente? Ci sono stati degli avvistamenti di lupi in alpeggio e stiamo cercando di capire se spostare qui il campo base per le ricerche quest'estate. Sono scesa a San Candido solo per delle robe burocratiche agli uffici del Parco Nazionale” “Capito...beh avresti potuto dirmelo lo stesso, ci potevamo vedere per un caffè, cinque minuti...” “Ero solo di passaggio... eravamo di fretta” “Ma fino a quando ti trattieni? Potrei venire io, mi organizzo con i turni” “No, tranquillo, lascia stare. La sera sono sfinita e poi comunque tra pochi giorni torniamo a Milano” troncò Emma, dall'altro capo del telefono: sembrava quasi scocciata dalla sua insistenza. Poi c'era quel plurale che continuava a venire fuori, che chiariva che non era da sola, e questo Francesco lo aveva sospettato. “Quando torno definitivamente ci vediamo, però, te lo prometto” ribatté lei, quasi mortificata per quel due di picche o forse era solo una speranza, vana, del forestale “sarai il primo a saperlo” “Però non fare che fino ad allora non ti fai sentire” e il riferimento all'ultimo periodo era così evidente che Emma non poté non coglierlo. “Hai ragione, sono stata impegnata con la sessione invernale. Scusami ma devo andare, lo sai come sono gli alberghi da queste parti, si cena con le galline e guai a fare ritardo. Ciao!” Francesco fece a malapena in tempo a salutarla prima che Emma chiudesse la chiamata.
La telefonata gli aveva lasciato una sensazione dolce e amara allo stesso tempo: aver risentito quella voce gli fece realizzare fino a che punto le fosse mancata, poi c'era il sollievo di sapere che stava bene, al punto da riuscire a tornare in Alto Adige con il suo progetto; però il tarlo di quel plurale usato in più di un'occasione nel corso della conversazione ormai gli era entrato in testa e non sarebbe uscito facilmente. Non era sola, c'era qualcuno con lei...come poteva anche solo pensare di restare nella sua mente e nel suo cuore per sei mesi mentre lei andava avanti con la vita a Milano, tra la bella vita di città e i suoi coetanei e i colleghi...serate, cene, riunioni...prima o poi quello giusto che gli avrebbe fatto dimenticare un forestale misantropo e brontolone sarebbe saltato fuori. E la colpa era solo sua che non si era fatto avanti quando ne aveva la possibilità e quando ancora aveva la precedenza nel cuore della ragazza.
   
 
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