50. Il giusto finale
Ireneverse
I neo sposi sono giunti al rinfresco dopo meno di mezz’ora e già si vede uno dei più piccoli tra gli invitati, un ragazzino biondiccio dall’aria malinconica, gironzolare dietro alla sposa come fa un cagnolino con la sua padrona. Irene, questo il nome della sposa, lascia che il suo amico la segua, anzi di tanto in tanto si volta indietro per sorridergli.
Il padre della sposa e un amico di famiglia osservano la scena in disparte. Nessuno si offende del loro comportamento, fanno sempre così quando vogliono stare per i fatti loro a confabulare in giapponese su questioni di lavoro, o semplicemente perché sono amici che amano entrambi i momenti di sana solitudine in compagnia.
«Come hai detto che si chiama il ragazzino?» domanda l’amico tra un sorso di champagne e l’altro.
«Emporio» risponde il padre della sposa «lo ha trovato Irene sulla strada per Cape Canaveral mentre se ne stava tutto da solo, ci crederesti?»
«Sono portato a pensare che non mi stai raccontando una balla» altro sorso di champagne «e da come ci guarda mi sembra che ci consideri come dei fantasmi. Dà l’impressione di un ragazzino che ha vissuto troppe esperienze per la sua età, ma potrei sbagliarmi».
Il padre della sposa si stringe nelle spalle e non risponde. Nessuno sa da dove provenga Emporio né i traumi che si porta dietro, ma di certo si è legato a Irene ed è come se avesse trovato una sorella maggiore.
«Oh, guarda! Quella è una torta alla ciliegia! Ne avete fatta portare una apposta per me? Non ci credo!»
«Irene voleva che almeno un dolce fosse alla ciliegia, quindi serviti pure» il padre della sposa ride tra i baffi, sarà anche un tipo serio, ma quando nei paraggi ci sono delle ciliegie il suo amico regredisce allo stadio adolescenziale.
«Senti ma...»
«Cosa?»
«Niente, lascia stare».
Teneva a dire quanto fosse buona quella torta, ma preferisce lasciare perdere. Sa bene che al suo interlocutore le parole dolci risultano indigeste, quindi glielo fa capire coi fatti perché ci sono occasioni in cui le parole non servono.
E va bene così, perché questo è il giusto finale anche se i protagonisti non lo sanno.
50 DAYS OF JOTAKAK
FINE