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Autore: Hazel92    21/03/2024    1 recensioni
Violet Tilton ha tutto quello che si potrebbe desiderare nella vita. Vive a New York, è una scrittrice di successo, ha dei buoni amici e due genitori fantastici. Una telefonata inaspettata però cambierà ogni cosa e Violet sarà costretta a mettere in discussione se stessa e le sue origini. Divisa tra la grande mela e una piccola cittadina della Pennsylvania, Violet si troverà a dover scoprire vecchi segreti, fare nuovi incontri e fronteggiare pericolose rivelazioni.
Genere: Romantico, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7
 
Erano passati un paio di giorni dal mio arrivo a Woodthon e finalmente stavo iniziando ad ambientarmi. Beh, se starsene chiusa in casa significava ambientarsi… La verità era che stavo cercando di abituarmi a quel posto facendo un passo alla volta e allo stesso tempo avevo la sensazione che anche gli abitanti di quella cittadina avessero bisogno di abituarsi a me.
Le volte in cui avevo messo piede fuori casa mi ero sempre sentita osservata e sebbene in certe situazioni fossi abituata ad essere al centro dell’attenzione, quella era tutta un’altra cosa. Insomma, un conto era essere alla presentazione del tuo libro, e un’altra era essere la nuova arrivata in città di cui tutti parlavano. Evidentemente ero l’evento più sensazionale che ci fosse stato a Woodthon negli ultimi tempi.  L’unico altro essere umano con cui mi ero relazionata abbastanza volentieri era Miranda. La mia anziana vicina di casa era alla evidente ricerca di qualcuno con cui parlare, cosa che a volte mi dava sui nervi, ma dall’altra mi faceva tenerezza e non riuscivo ad avercela sul serio con lei. Inoltre era stata fin da subito gentile con me, ed iniziavo anche a sentirmi un po’ in colpa quando cercavo di carpirle delle informazioni sulla mia famiglia.
Avevo scoperto il nome di mio nonno: Charles Harrington. Il che aveva confermato che Harrington era il suo cognome e non quello da nubile di mia nonna. Adesso dovevo solo scoprire il nome di mio padre, ma una cosa era certa… il mio cognome sarebbe stato Harrington. Violet Harrington. Non suonava neanche così male…
Tuttavia, nonostante la curiosità, preferivo non fare troppe domande a Miranda per non insospettirla. Perciò, nonostante le mie ricerche andassero un po’ a rilento, stranamente avevo capito che non mi importava. Stava quasi iniziando a piacermi vivere lì.
In casa avevo nascosto tutte le fotografie in una scatola, poiché far credere a qualcuno che ti avessero venduto la casa con tutti i mobili era abbastanza semplice, ma fargli credere che ti era stata venduta lasciando anche tutte le foto? Non ci sarebbe cascata neanche Miranda. Speravo che il primo giorno che aveva bussato alla mia porta, non avesse notato le cornici, ma in caso contrario, non ne aveva mai fatto cenno.
Quel giorno, dopo uno scambio di messaggi con i miei genitori che mi avevano decisamente messa di cattivo umore, decisi di andare io stessa a bussare alla sua porta.
- Violet! – esclamò raggiante come al solito.
- Ciao, ti disturbo? – domandai titubante.
- No,no figurati! Entra, su… tanto stavo per prendermi una pausa, oggi la mia vena artistica sembra ostruita… - la osservai meglio e solo allora mi accorsi che era completamente sporca di vernice. Alcune macchie sembravano più vecchie, altre invece erano decisamente fresche. La mia vicina di casa era una pittrice?
La seguii all'interno e rimasi a bocca aperta rendendomi conto che più che dentro una casa, sembrava di essere in un atelier. Le pareti erano tappezzate da quadri di diverse misure, mentre il resto della casa era affollato da tele dipinte e non, appoggiate in ogni angolo. Su un cavalletto al centro della stanza invece c'era il quadro a cui evidentemente Miranda si stava dedicando quel giorno.
- Wow! Sei una pittrice… - ero sinceramente colpita.
- Puoi dirlo forte! Li vedi tutti questi quadri? – mi chiese indicandomeli con una mano – Non ho neanche mai provato a venderli. Io dipingo per me stessa, mica per gli altri…ed è questo che secondo fa di me una pittrice - Sorrisi alla sua risposta. Era bello che lei si considerasse una vera pittrice nonostante i suoi quadri non fossero famosi. Io faticavo ancora oggi a considerarmi una scrittrice, eppure la situazione mia e di Miranda non era poi così diversa. Entrambe producevamo una forma d'arte, solo che lei usava i colori e i pennelli, mentre io usavo le parole e la tastiera di un computer.
- A cosa stai lavorando? – domandai avvicinandomi alla tela.
- Oh, è una sorpresa! – esclamò. – Parlo dei miei quadri solo una volta finiti – ero davvero curiosa di sapere cosa stesse dipingendo, ma già da ora riuscivo ad immaginare un paesaggio roccioso, realizzato usando soprattutto colori freddi. Mi chiesi se si trattasse di Woodthon oppure di un altro luogo, magari immaginario. Anche la pittura in fondo, come la scrittura, poteva essere un mezzo per creare nuovi mondi, di solito migliori del nostro.
Mi riscossi quando sentii il peso dello sguardo di Miranda su di me. La guardai leggermente a disagio.
- Che c’è? – le chiesi dubbiosa.
- Il tuo viso – mi rispose lei sospirando. Istintivamente mi accarezzai il volto con una mano. Cosa aveva il mio viso che non andava? – Per la prima volta dopo tanti anni, mi ha fatto tornare la voglia di realizzare un ritratto… - Oh. Sentii le mie guance infuocarsi.
- Non arrossire! – mi rimproverò Miranda. – Quando si ha un viso così bello non si può non sapere di averlo. Saresti cieca altrimenti, e dubito fortemente che quegli occhi argentati ti impediscano di vedere quanto sei bella – dire che ero rimasta senza parole era ben poco. Miranda aveva ragione, sapevo di avere un aspetto gradevole, ero abituata a ricevere complimenti, eppure il modo in cui si era espressa la mia vicina di casa mi aveva provocato delle sensazioni nuove. Anche se si era riferita al mio aspetto estetico, mi aveva fatta sentire bella anche dentro, e questo non mi succedeva da un po’.
- Vuoi che posi per te? – lo chiesi senza neanche pensarci. Non avevo mai posato per nessuno, e nessuno mi aveva mai ritratta, neanche gli artisti di strada. Ero stata tentata più volte di farmi ritrarre, ma stare immobile davanti a uno sconosciuto, magari con le persone che si fermavano ad osservarti, era troppo imbarazzante. Con Miranda però credevo che ci sarei riuscita.
- Lo faresti? – i suoi occhi si erano illuminati di una luce nuova ed anche se avessi voluto non avrei più potuto tirarmi indietro. Annuii timidamente e lei si precipitò davanti al cavalletto sostituendo la tela a cui stava lavorando con una del tutto nuova.
- E il tuo quadro? – domandai.
- Oh non importa, posso sempre continuarlo in un altro momento… - Miranda mi guidò in un angolo della sua casa, in cui stranamente le pareti erano rimaste vuote. Mi fece accomodare su un divanetto con alle spalle una grande vetrata che dava sul cortile all’entrata della casa, poi mi sistemò i lunghi capelli castani su una spalla e si posizionò davanti alla tela.
- Perfetto, perfetto…tu guarda verso di me, ma se ti stanchi dimmelo, va bene? – annuii e cercando di mantenere la posizione che mi aveva assegnato Miranda, provai a mettermi il più comoda possibile. Chissà per quanto tempo sarei dovuta rimanere così…
Miranda passava con precisione il pennello sulla tela, alternando grandi passate a tratti più brevi nei punti che immaginai richiedessero più precisione. Ero tremendamente curiosa di vedere come stesse venendo il mio ritratto, ma sapevo che la mia vicina non me lo avrebbe mostrato finché non fosse stato ultimato.
Di tanto in tanto mi muovevo leggermente, giusto per stirare i muscoli, ma quando Miranda mi chiedeva se ero stanca, rispondevo di no.
Ad un certo punto sentii qualcuno girare le chiavi nella serratura della porta. Mi irrigidii all’istante. Chi poteva essere? Miranda non mi aveva mai parlato di un marito o dei figli, ma pensandoci bene non voleva dire per forza che vivesse da sola. Lei tuttavia sembrò non farci caso, e mi chiesi se non avesse problemi di udito. Poi fece un nome…
- Max! – chiamò. – Vieni qui, voglio mostrarti una cosa – il cuore iniziò a battermi più velocemente. Fa che non sia quel Max. Fa che non sia quel Max. Sperai con tutta me stessa che le mie preghiere venissero esaudite, ma ovviamente non fu così. Forse sarei dovuta andare più spesso in chiesa. Entrò nella sala da pranzo camminando lentamente e dando a entrambi il tempo di squadrarci a vicenda. Il suo sguardo sicuro vacillò leggermente alla mia vista mentre i suoi passi rallentarono ulteriormente. Era completamente vestito di nero, fatta eccezione per la t-shirt bianca che indossava sotto la giacca di pelle. Che ci faceva qui? Non potei fare a meno di chiedermi. Sperai che non fosse imparentato in alcun modo con Miranda, e questa come se mi avesse letto nel pensiero, mi spiegò il motivo della sua presenza in casa.
- Violet, ti presento Maxwell Sinclair – deglutii continuando a sostenere il suo sguardo – Ogni tanto o lui o sua sorella vengono qui a portarmi un po’ di cose. Io ormai sono troppo vecchia per andare in giro a Woodthon – e così il barista musone era in realtà un buon samaritano. Miranda gli aveva appena rovinato la reputazione.
- Max, hai già conosciuto Violet? – non mi sfuggì l’occhiolino che gli rivolse Miranda. Oh mio Dio! Sentii le guance ritornarmi improvvisamente rosse.
- Sì, ci siamo già conosciuti – per quanto si sforzasse di non darlo a vedere, ero sicura che la sua voce avesse tremato impercettibilmente. Quindi non ero l’unica in imbarazzo…
- Guarda – continuò la mia vicina indicando prima il quadro e poi me – ha un viso così perfetto che mi ha fatto tornare la voglia di fare autoritratti. Non trovi anche tu che sia perfetta? – Oddio, questo era troppo.
- Devo andare – saltai in piedi senza dare il tempo a Max di rispondere – mi sono appena ricordata di dover fare una cosa – Non avrei potuto essere più vaga. Pensai dandomi mentalmente della cretina.
- Il ritratto lo continuiamo un altro giorno, ok? – salutai con un gesto della mano e mi precipitai fuori da quella casa. Avevo appena vissuto uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita. Come avrebbe detto Asher, la mia vicina di casa mi shippava con Max! Con che coraggio adesso avrei rimesso piede dentro al suo locale? E se tornando da Miranda me lo fossi trovato nuovamente lì davanti? Che situazione imbarazzante!
- Violet, aspetta! – mi pietrificai sul posto. Che cavolo voleva adesso quel musone? Mi voltai con calma inspirando profondamente. Rimasi ad aspettare che mi raggiungesse senza proferire una parola. Se mi aveva chiamata era lui quello con qualcosa da dirmi, no? Incrociai le braccia davanti al petto e lo guardai tenendo un sopracciglio alzato.
- Non sapevo che ti avrei trovata qui… - sembrava in difficoltà, ma non importava. Ancora non lo avevo perdonato del tutto per come mi aveva trattata nel suo locale.
- La prossima volta appenderò dei manifesti in giro per Woodthon, così non rischierai di incontrarmi – il suo sguardo si indurì immediatamente. Ok, forse ho esagerato. Pensai mordendomi imbarazzata il labbro.
- Sai, avevo quasi pensato di scusarmi per l’altro giorno, ma ci ho ripensato – mi guardò severamente negli occhi e di nuovo mi sentii come se mi stesse studiando. – La donna che viveva qui prima di te era molto più simpatica – rimasi con la bocca aperta. Ero sul punto di rispondergli, ma poi rimasi in silenzio. Anche lui conosceva mia nonna? O prima di me in questa casa aveva vissuto qualcuno di cui non sapevo l’esistenza?
- Conoscevi Darlene? – chiesi quasi urlando. Ormai il barista musone mi aveva già dato le spalle e camminava allontanandosi da me.
Dopo poco sentii il rombo di una moto che sfrecciava via. Maledizione!
   
 
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