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Autore: Placebogirl_Black Stones    22/03/2024    0 recensioni
Le prese il volto fra le mani e con i pollici le asciugò le lacrime che colavano sulle guance rese pallide dall’emorragia.
- Non me ne vado senza di te, Jodie-
Quelle parole riscaldarono il suo cuore, rendendola felice come non lo era da tempo. Se fosse morta di colpo in quel momento le sarebbe andato bene comunque. Shuichi era venuto per lei e questo le bastava. Non sarebbe morta da sola e l’ultima cosa che avrebbe visto sarebbe stata il volto di quell’uomo che aveva amato con tutto il cuore.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jodie Starling, Shuichi Akai, Vermouth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: Le cose che fai per me
 
 
Quando riaprì gli occhi le ci vollero diversi secondi per abituarsi alla luce e mettere a fuoco l’ambiente circostante. Le pareti bianche e verde acqua, le tende color crema alle finestre, le sbarre a fianco del letto, la flebo attaccata al braccio: si trovava chiaramente in un ospedale. Anche l’odore di anestetico nell’aria era tipico di quel luogo, ma in quella stanza avvertiva anche un aroma differente che si mescolava all’altro. Una sorta di nota floreale.
Girò piano il capo e fu allora che si accorse dello splendido mazzo di riposto all’interno di un vaso sul comodino. Poco più in là, alla finestra, Shuichi stava osservando il mondo all’esterno dai vetri chiusi.
 
- Shu…- sussurrò.
 
Il suo principe dagli occhi verdi si girò subito verso di lei e si avvicinò al letto.
 
- Ti sei svegliata, finalmente. Sei sempre stata una dormigliona-
- Cos’è successo?- si portò una mano alla fronte - Ho dei ricordi confusi-
- Che cosa ricordi?-
- Di averti sentito parlare con Vermouth, poi degli spari, ma non riuscivo a tenere gli occhi aperti quindi non ho visto nulla. Poi ti ho sentito correre e c’era la voce di Camel che mi chiamava-
- Ho finto che fossi morta così da poterti posare a terra senza che lei sparasse per prima. Ho preso la pistola e le ho dato la lezione che meritava-
- L’hai uccisa?-
- Beh, direi che con un buco allo stomaco e uno in fronte non ci siano molte possibilità che sia sopravvissuta. Aggiungiamoci le fiamme che stavano divampando nell’edificio…-
- E gli altri?-
- Gli altri chi?-
- Gli altri membri dell’Organizzazione. Li avevi già fatti fuori prima di venire da me? Come sapevi che mi trovavo lì?-
- Quante domande. Pensa a riposare adesso, ne parleremo quando ti sarai ripresa-
- Tu stai bene?-
- Sei in un letto di ospedale dopo che ti hanno estratto un proiettile dalla gamba e hai perso molto sangue e ti preoccupi per me?- sorrise.
- Hai rischiato la vita per salvarmi…-
- Lo rifarei altre mille volte-
 
Chiuse gli occhi e nella sua mente ripeté quella frase mille volte: suonava come la dolce melodia di un violino in una sera d’estate.
La loro conversazione fu interrotta dalla porta che si apriva; James entrò nella stanza e non appena la vide cosciente si precipitò accanto a lei.
 
- Jodie, sei sveglia- le accarezzò la testa.
 
Nei suoi occhi che iniziavano ad essere ingialliti e consunti dal tempo lesse la felicità di un padre che aveva visto la propria figlia tornare alla vita dopo aver toccato la morte. Doveva tanto a quell’uomo.
 
- Io vado a prendere un caffè e a riposare un po’- disse Shuichi - Mi dai il cambio?- chiese a James.
- Ma certo, va’ pure-
 
Non voleva che se ne andasse, ma aveva notato il suo volto stanco e non poteva certo impedirgli un po’ di sano riposo. Lo seguì con lo sguardo fino a quando non si chiuse la porta alle spalle.
 
- Come ti senti?- le chiese James.
- Stanca. E la gamba mi fa male-
- Ringrazio il cielo che Akai è arrivato in tempo-
- Già. Mi dispiace di avervi fatti preoccupare-
- L’importante è che tu sia viva-
- Grazie per i fiori, James- gli sorrise, indicando il vaso.
- Oh, mi spiace ma non te li ho portati io-
- Sul serio?- si stupì - Ero convinta di sì-
- Sono di Akai-
 
Lo fissò a bocca aperta, non riuscendo a credere a ciò che aveva appena sentito.
 
- Shu mi ha portato dei fiori?-
- È rimasto accanto a te tutto il tempo, non ha quasi dormito. Gli ho proposto diverse volte di andare a farsi una doccia o riposarsi, ma ha sempre rifiutato- spiegò il suo capo - Sembrava davvero preoccupato, l’ho visto così poche volte-
- Capisco…allora lo ringrazierò quando tornerà-
 
Parlò ancora un po’ con James, poi l’infermiera venne a controllare e le diede un’altra dose di antibiotico e antidolorifico, che le causarono sonnolenza e la rimandarono nel mondo onirico.
 
Si svegliò qualche ora dopo, giusto in tempo per la gustosa cena che l’ospedale aveva da offrirle: brodo di pollo con pastina e gelatina alla frutta. Nel frattempo, Shuichi era tornato da lei e aveva dato il cambio a James.
 
- Sei già qui? Perché non sei rimasto a riposare un po’ di più?- lo rimproverò.
- Ho riposato abbastanza. Tu invece sei in letargo, a quanto vedo-
- Sono tutte queste medicine a farmi venire sonno- storse il naso.
- Mangia qualcosa, così ti rimetti in forze-
- Tu lo mangeresti questo schifo?- guardò inorridita il menù davanti a lei.
- Non disprezzare il cibo-
- Sai bene che non sono schizzinosa, ma di certo dopo essere scampata alla morte vorrei mangiarmi una pizza o una bistecca invece che del brodo di pollo!-
- Quando uscirai da qui potrai mangiare tutto quello che vorrai-
 
Sospirò, iniziando a mangiare svogliatamente cucchiaiata dopo cucchiaiata. Shuichi si appoggiò con una spalla al muro e restò a guardare fuori dalla finestra, evitando di fissarla mentre mangiava. Tornò vicino al letto solo quando ebbe finito.
 
- Ora puoi raccontarmi com’è andata?- gli chiese, impaziente di sapere.
 
Si sedette accanto al letto e iniziò dal principio: le raccontò di come aveva fatto fuori Gin, di come Bourbon e Kir avevano aiutato lui e Camel, di come Conan fosse stato incredibile, di come avesse ottenuto l’informazione riguardo al luogo dove Vermouth l’aveva condotta. Le disse anche che finalmente la sua famiglia aveva potuto riunirsi e suo padre era sano e salvo.
 
- E allora cosa ci fai ancora qui?! Perché non sei con loro a goderti il momento?!-
- Perché tu hai più bisogno di me di quanto non ne abbiano loro in questo momento-
 
Quella risposta la fece arrossire e distogliere lo sguardo dal suo.
 
- Può rimanere James qui con me-
- Tranquilla, avrò tempo di stare con loro. Gli ho spiegato la situazione e hanno convenuto che debba restare con te adesso-
 
Ripensò a tutto ciò che era successo nelle ultime ventiquattro ore: Shuichi aveva rischiato la sua stessa vita per salvarla, era rimasto al suo fianco in ospedale, le aveva portato dei fiori e ora stava rinunciando a trascorrere del tempo con la sua famiglia per continuare a vegliare su di lei.
Nella sua mente ancora confusa sugli ultimi avvenimenti, si fece spazio l’immagine di lei che con le ultime forze gli confessava il suo amore e lo baciava. Sperò che Shuichi se ne fosse dimenticato, ma conoscendolo era molto improbabile.
 
- Ti ricordi altro di quanto è successo?- gli chiese, cercando di indagare senza essere diretta.
- Io ricordo tutto, eri tu quella che perdeva i sensi-
- Certo-
 
Tacque, fissandosi i piedi in preda all’imbarazzo.
 
- Stai pensando se baciarmi di nuovo?- le chiese a bruciapelo.
 
Maledizione, ma perché riusciva a comprenderla solo quando era meno opportuno farlo?! La sera prima sembrava proprio non voler capire il suo bisogno che restasse accanto a lei e ora era bastata una domanda e uno sguardo distolto per farlo arrivare dritto alla conclusione.
Non credeva sarebbe sopravvissuta, per questo aveva deciso di dichiarargli i suoi sentimenti: se avesse saputo che le cose sarebbero andate diversamente, avrebbe evitato di esporsi tanto.
 
- Speravo avessi scordato quella parte- ammise.
- Perché avrei dovuto?-
- Stavo perdendo molto sangue e credevo sarei morta, non intendevo davvero dire o fare quelle cose-
 
Quella bugia le fece male più di quanto non le facesse la ferita alla gamba. Aveva trovato il coraggio di ammettere ciò che provava e ora se lo stava rimangiando per paura di un rifiuto. Non era così fiduciosa da credere che tutto ciò che Shuichi aveva fatto per lei fosse segno di un amore ricambiato, ma piuttosto di un affetto per una persona cara. Sicuramente avrebbe fatto lo stesso per Camel o per Conan.
 
- Quindi te lo stai rimangiando?- chiese lui, con gli occhi chiusi e un’espressione seria sul volto.
- Ecco…io…- sbiascicò, incapace di formulare frasi di senso compiuto - Perché non ci dimentichiamo di questo dettaglio? Che ne dici?- suggerì, non sapendo come uscirne.
- Mi dispiace, non posso far finta di niente-
 
Sospirò, consapevole che non sarebbe arrivata da nessuna parte: Shuichi era un avversario troppo forte da battere per lei.
 
- Allora cosa vuoi fare?-
- Speravo me lo dicessi tu. Sei tu che hai detto che mi ami ancora-
- Vuoi rinfacciarmelo a vita?-
- Non ti sto rinfacciando nulla-
- Quindi cosa ti aspetti che faccia? Che te lo ridica di nuovo?-
- Credevo ti interessasse sapere la mia risposta-
- Risposta a cosa?- non comprese.
- Normalmente se dici a qualcuno che lo ami vuoi sapere se sei ricambiato o meno-
- Non ho bisogno di chiedertelo, so già qual è la risposta- si intristì.
- E come la sai?-
- È sempre stata evidente. Non hai mai smesso di pensare a lei nemmeno un secondo in questi ultimi due anni-
 
Il silenzio calò fra loro come un macigno gettato in un lago. Fino a quel momento non aveva mai osato nominarla o toccare l’argomento di fronte a lui, per paura di sembrare indelicata. Sapeva bene quali fossero i suoi sentimenti, li aveva mostrati anche la notte prima quando aveva titubato nel restare a dormire con lei: nessun uomo innamorato si sarebbe fatto scrupoli a trascorrere la notte con la donna che amava.
Alla stregua di un angelo venuto dal cielo, un’infermiera entrò nella stanza per comunicare che l’orario di visita era giunto al termine e che Shuichi doveva lasciare la stanza, ponendo così fine a quella conversazione troppo difficile che stava prendendo una brutta piega.
 
- Ci vediamo domani, Shu- lo salutò, ma lui lasciò la stanza senza dire nulla.
 
 
Il giorno dopo non si fece vedere in ospedale. Dopo giorni trascorsi lì a vegliare su di lei, all’improvviso sembrava essersi volatilizzato nel nulla. Persino James si stupì e le chiese se fosse successo qualcosa, ma lei negò prontamente: di certo era l’ultima persona a cui avrebbe parlato della situazione che si era creata e della sua confessione in punto di morte. Usò la scusa che forse si stava finalmente concedendo del tempo insieme alla sua famiglia e James, fortunatamente, le credette.
Attese tutto il giorno che il suo eroe tornasse da lei, ma alla fine della giornata rimase sola in compagnia della sua delusione e di quei fiori che stavano dando i primi cenni di appassimento.
Nel pomeriggio del giorno successivo, finalmente il disperso riapparve. Fu felice di vederlo, nonostante il modo in cui si erano lasciati. James ne approfittò per andare a sbrigare delle faccende lavorative e li lasciò soli.
 
- Come ti senti?- le chiese.
- Non tanto bene-
- Ti fa male la ferita?-
- Anche quello-
 
La cicatrice che le doleva e le prudeva sotto la benda era il meno se confrontata al morale a terra.
 
- Entro la fine della settimana ti dimetteranno, così potrai mangiare la pizza che volevi-
- Già- abbozzò un sorriso - Non voglio più vedere del brodo di pollo e della pastina per il resto della mia vita-
- Se ti accontenti di uno stufato posso preparartelo io- si offrì.
- Mi andrebbe bene anche quello- ammise.
- Vorrà dire che ti inviterò a cena-
 
Arrossì di fronte a quell’invito così esplicito e inaspettato, considerati gli ultimi avvenimenti.
 
- Il Dottore dice che dovrò fare delle passeggiate per riabilitare la gamba- cambiò discorso per evitare di aumentare l’imbarazzo già evidente.
- Dopo il lavoro posso accompagnarti-
- Grazie Shu, ma non devi disturbarti-
- Se fosse un disturbo non te lo avrei proposto-
 
Aveva l’impressione che stesse cercando di fare di tutto pur di trascorrere del tempo con lei e non riusciva a capirne il motivo. Lui, che era sempre stato un lupo solitario, che cercava i suoi spazi e i suoi tempi, adesso sembrava bramare la sua compagnia. Quel “Ti amo” doveva avergli sortito uno strano effetto.
 
- Allora mi riserverò una passeggiata serale con te-
- Riservati anche altro tempo da trascorrere con me, visto che vivremo sotto lo stesso tetto per un po’-
- Eh?!- sgranò gli occhi - Che intendi?-
- Ho già chiesto il permesso ai Kudo: verrai a stare da loro fino a quando non ti sarai rimessa in sesto completamente-
- Ma perché?! Potevo stare nel mio appartamento, James sarebbe venuto a controllare e non avrei arrecato disturbo a nessuno!-
- Non dire sciocchezze, i primi tempi avrai bisogno di qualcuno che sia lì costantemente in caso avessi bisogno e James deve sbrigare dei lavori. Yukiko-san ha del tempo libero e ti darà una mano volentieri-
- Ma…-
- Niente ma-
 
Ormai non sapeva più che dire di fronte a tanta risolutezza, pertanto non cercò di opporsi. In fondo un po’ di compagnia le avrebbe fatto piacere.
Osservò Shuichi estrarre dalla tasca interna della giacca un sacchettino di stoffa color crema, chiuso da un cordone del medesimo colore, che le porse.
 
- Che cos’è?-
- Qualcosa che ti farà molto piacere-
- Hai qualche altra sorpresa per me?- chiese, non sapendo più cosa aspettarsi.
- Questa era l’ultima-
 
Sciolse il nodo del cordoncino e lo tirò per allargare l’apertura del sacchetto, dal quale estrasse niente meno che gli occhiali un tempo appartenuti a suo padre. In un primo momento non riuscì a crederci: ricordava bene che Vermouth li aveva nuovamente distrutti, calpestandoli davanti ai suoi occhi. Si vedeva che non erano certo nelle loro migliori condizioni, ma la montatura era stata sistemata per quanto possibile e le lenti rotte erano state sostituite.
 
- Shu…- riuscì solo a dire.
- Li ho raccolti quando ti ho presa in braccio. Li ho fatti riparare, ma non torneranno come prima. Mi dispiace-
 
Aveva avuto il sangue freddo di salvarla e di salvare anche quel memento così importante per lei.
Una lacrima sfuggì al suo controllo e la cancellò dal suo viso con un veloce gesto della mano.
 
- Non importa, hai fatto anche più di quello che dovevi. Grazie. E scusami per l’altro giorno, non volevo essere indelicata-
- Di questo parleremo quando starai meglio. Ho sbagliato anche io, non era un discorso da affrontare ora-
 
 
Trascorse i restanti giorni in ospedale con un umore decisamente migliore rispetto a prima. Le costanti visite di Shuichi la allietavano e non vedeva l’ora di tornare a casa per poter trascorrere del tempo con lui fuori da quelle tristi mura. Non sapeva ancora come sarebbe andata a finire tra loro, cercava di non farsi troppe illusioni o di non tenere alte le aspettative; tuttavia cercava di godersi quello che le veniva concesso, senza pretendere troppo. Finché poteva stare con Shuichi, in qualsiasi modo e forma, avrebbe approfittato di quell’assaggio di felicità.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Il prossimo capitolo sarà l’ultimo di questa mini-long.
   
 
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