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Autore: Placebogirl_Black Stones    18/03/2024    1 recensioni
Le prese il volto fra le mani e con i pollici le asciugò le lacrime che colavano sulle guance rese pallide dall’emorragia.
- Non me ne vado senza di te, Jodie-
Quelle parole riscaldarono il suo cuore, rendendola felice come non lo era da tempo. Se fosse morta di colpo in quel momento le sarebbe andato bene comunque. Shuichi era venuto per lei e questo le bastava. Non sarebbe morta da sola e l’ultima cosa che avrebbe visto sarebbe stata il volto di quell’uomo che aveva amato con tutto il cuore.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jodie Starling, Shuichi Akai, Vermouth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: Tu mi salvi sempre
 
 
Nella penombra della stanza di quel vecchio edificio in cui Vermouth l’aveva trascinata con l’inganno, se ne stava seduta a terra con la schiena poggiata a una parete e le gambe semi distese. Dalla ferita a lato della gamba sinistra, poco sotto il polpaccio, il sangue caldo continuava a sgorgare lentamente ma incessantemente. Avvolta nel silenzio, l’unica cosa che sentiva erano i suoi soffocati singhiozzi. Avrebbe voluto gridare aiuto, ma sapeva che nessuno l’avrebbe sentita: non c’era anima viva nei paraggi a parte lei.
Vermouth se n’era andata dopo averle sparato ad una gamba per impedirle di correre via o anche solo di camminare. Le aveva finalmente rivelato il segreto della sua eterna giovinezza e poi, mentre la rincorreva e si facevano fuoco a vicenda, un proiettile l’aveva colpita. Credeva che la sua storica nemica giurata ne avrebbe approfittato per darle il colpo di grazia, invece aveva scelto di porre fine alla sua esistenza nel modo più crudele possibile: ricreando la stessa scena che aveva vissuto anni prima. Le aveva tolto gli occhiali un tempo appartenuti a suo padre e li aveva calpestati fino a rompere le lenti e piegare il telaio, poi le aveva detto “Ti concederò l’onore di assaggiare la stessa medicina che vent’anni fa ho fatto assaggiare al tua caro papà. Sei felice? Presto questo edificio sarà avvolto dalle fiamme e tu morirai bruciata. Addio per sempre, gattina dell’FBI”.
Se n’era andata, lasciandola lì dolorante e impotente. Era quella che si poteva definire una morte lenta e dolorosa. Solo ora comprendeva che la sensazione che l’aveva accompagnata durante tutta la notte fino al mattino era in realtà un presagio. Nonostante avesse scelto un lavoro che metteva a rischio la vita, non era davvero preparata a morire. Non in quel modo, per lo meno.
Veniamo al modo soli e spesso ce ne andiamo allo stesso modo. Poteva accettare anche quello, dopotutto, ma erano i rimpianti a darle fastidio, come il proiettile conficcato nella sua gamba. Avrebbe dovuto ringraziare più spesso James per ciò che aveva fatto per lei, avrebbe dovuto fare cose che aveva rimandato pensando di avere tutto il tempo del mondo, avrebbe dovuto dire a Shuichi quello che provava ancora per lui. Desiderava così tanto che il suo eroe venisse a salvarla, ma gli eroi esistevano solo nei fumetti.
All’improvviso il suono di passi che si avvicinavano correndo arrivò distintamente alle sue orecchie. Il suo primo pensiero fu che Vermouth avesse cambiato idea e fosse tornata indietro per ucciderla prima di darle fuoco, pertanto cercò di reprimere il pianto e di non emettere alcun tipo di rumore. Forse se l’avesse creduta già morta dissanguata se ne sarebbe andata.
Capì che si sbagliava quando una voce a lei familiare gridò il suo nome.
 
- Jodie!-
 
Shuichi. Il suo angelo custode era venuto per lei.
 
- Shu!- cercò di alzare la voce, per quanto le forze glielo permettessero.
 
Si sentiva sempre più debole e presto avrebbe faticato a restare cosciente.
Con gli occhi annebbiati dalle lacrime e dalla debilitazione, osservò l’imponente figura di Shuichi avvicinarsi e chinarsi di fronte a lei.
 
- Cos’è successo?!- chiese, visibilmente agitato.
- Mi dispiace, non sono riuscita a fermarla…- scoppiò a piangere.
 
Lo sguardo di Shuichi si posò sulla sua gamba e sulla macchia di sangue che si era estesa sul pavimento. Poteva leggere nei suoi occhi tutta la preoccupazione del mondo e da un lato le fece piacere: significava che in qualche modo gli importava ancora di lei, che non l’aveva cancellata dalla sua memoria.
 
- Vieni, andiamocene da qui- le passò un braccio sotto alle spalle, cercando di sollevarla.
- Non riesco a camminare, ci ho provato…-
- Allora ti porterò in braccio-
- Ci impiegheresti troppo tempo…Non voglio che tu muoia bruciato qui dentro-
- Bruciato?-
- Vermouth ha detto che avrebbe appiccato il fuoco all’edificio per bruciarmi come ha fatto con mio padre- riprese a singhiozzare.
- Non c’è nessun fuoco, Jodie. Non ancora. Dobbiamo andare via prima che lo faccia sul serio-
- Se non lo ha ancora fatto significa che è ancora qui dentro, da qualche parte, o che tornerà. Devi metterti in salvo, Shu! Ti prego…-
 
Le prese il volto fra le mani e con i pollici le asciugò le lacrime che colavano sulle guance rese pallide dall’emorragia.
 
- Non me ne vado senza di te, Jodie-
 
Quelle parole riscaldarono il suo cuore, rendendola felice come non lo era da tempo. Se fosse morta di colpo in quel momento le sarebbe andato bene comunque. Shuichi era venuto per lei e questo le bastava. Non sarebbe morta da sola e l’ultima cosa che avrebbe visto sarebbe stata il volto di quell’uomo che aveva amato con tutto il cuore.
 
- Sono stanca, Shu…- sussurrò, mentre le forze l’abbandonavano.
- Devi cercare di stare sveglia. Parlami-
- Ho freddo…-
 
Lo vide togliersi velocemente la giacca in pelle che indossava sempre e avvolgergliela intorno alle spalle. Sprigionava un aroma di tabacco e di quella colonia che tanto amava.
Gli sorrise e nel mentre i suoi occhi si chiusero.
 
- Jodie! Resta con me- la risvegliò, scuotendola delicatamente.
- Sono stanca…- ripeté con un filo di voce.
- Lo so, ma devi resistere. Adesso ce ne andiamo-
- Non c’è più tempo. Devi andare da solo, Shu-
- No-
 
Cercò di concentrarsi su di lui per non perdere nuovamente i sensi e lo osservò estrarre un coltellino dalla tasca e tagliarsi una manica della camicia, con la quale le fasciò stretta la ferita per cercare di bloccare, per quanto possibile, l’emorragia. Si sentì sollevare di peso da terra e gli cinse il collo con le braccia per aggrapparsi. La teneva in braccio proprio come in quei film dove l’eroe salva la ragazza indifesa.
Fu in quel momento che realizzò di non avere più tempo, di non poter rimandare oltre ciò per cui aveva pazientemente atteso fino a quel momento. Morire con dei rimpianti sarebbe stato peggio che morire per mano dell’assassina di suo padre.
Con le poche forze che le restavano, portò una fredda mano al volto di Shuichi e lo invitò a guardarla negli occhi.
 
- Tu mi salvi sempre- disse, quasi sussurrando.
- Te lo avevo promesso, ricordi?- sorrise.
- Ti amo Shu. Non ho mai smesso di amarti. Anche se morirò, sono felice di farlo tra le tue braccia- ricambiò il sorriso fra le lacrime.
 
Avvicinò lentamente il volto al suo e gli diede un delicato bacio sulle labbra, quasi uno sfiorarsi. Shuichi non si sottrasse e non si oppose.
Posò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi, ormai stremata. Con il poco barlume di coscienza che le restava, sentì Shuichi avviarsi velocemente verso l’uscita della stanza e iniziare a percorrere il corridoio quasi correndo. Si fermò quasi subito, quando una voce familiare giunse alle loro orecchie.
Il diavolo era tornato.
 
- Ma guarda chi abbiamo qui, Shuichi Akai in persona. Che onore- ironizzò Vermouth - Sei venuto a salvare la tua fidanzata? O vuoi morire insieme a lei?-
- Non dovevi tornare qui, mela marcia- le rispose Shuichi, con un tono glaciale che avrebbe fatto rabbrividire un boia.
- Non ti conviene fare il gradasso, ho già appiccato il fuoco in diversi punti dell’edificio. Resta solo una via d’uscita, ma per arrivarci devi venire verso di me. Con la tua gattina in braccio non puoi usare la pistola e se ti distrai per posarla a terra io sparerò per prima. Sei in trappola, Silver Bullet- lo minacciò.
 
Immaginò che gli stesse puntando la pistola contro, ma non aveva la forza di aprire gli occhi. Voleva gridare a Shuichi di mettersi in salvo, ma non riusciva a fare nemmeno quello.
Ci fu qualche istante di silenzio in cui non riuscì a comprendere cosa stesse succedendo; poi sentì il corpo di Shuichi abbassarsi e temette il peggio. Vermouth non avrebbe di certo esitato a sparargli, ma a lui sembrava non importare. Si sentì posare a terra e attese l’inevitabile che, tuttavia, non accadde. Le calde dita di Shuichi si posarono sul suo collo: le stava controllando le pulsazioni cardiache.
Seguirono altri istanti di silenzio, fino a quando l’odiosa voce di Vermouth risuonò di nuovo tra le pareti.
 
- Che scena commovente! La gattina ha tirato le cuoia tra le tue braccia…Ti farò il favore di raggiungerla, così potrete stare per sempre insieme-
 
Successe tutto in un attimo: un colpo di pistola e poi un tonfo metallico al suolo, riconducibile a una pistola che cadeva. Pregò con tutto il cuore che, in qualche modo, l’uomo che amava fosse riuscito a disarmare la donna che detestava. Ne ebbe la conferma solo dopo aver udito un secondo sparo.
 
- Questo è per mia madre- disse Shuichi, tagliente come la lama di una katana.
 
Un terzo e ultimo colpo di pistola.
 
- E questo è per Jodie-
 
Non poteva vedere, ma era certa che fosse tutto finito. Si sentì sollevare in aria ancora una volta e capì di essere ritornata tra le braccia di Shuichi, il quale riprese a correre verso l’ultima uscita rimasta di quell’edificio, sperando che le fiamme non avessero già avvolto tutto.
L’ultima cosa che ricordò prima di perdere completamente i sensi fu il suono delle sirene, forse di un’ambulanza o forse dei pompieri, e la voce di Camel che chiamava il suo nome.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Spero di essere riuscita a ricreare il pathos che volevo in questo capitolo che sarà il più intenso della storia.
La scena di Jodie ferita da un proiettile alla gamba che viene soccorsa da Shuichi e la frase “Tu mi salvi sempre” sono state ispirate dall’episodio 16 della serie One Tree Hill, che credo sia il mio preferito di tutta la serie.
   
 
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