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Autore: Robin Stylinson    27/03/2024    0 recensioni
2114, Oslo. La future library sta per aprire le porte a tutta la popolazione mondiale: una biblioteca composta unicamente da 100 volumi inediti, scritti a partire dal 2014 (uno all'anno). Erik e Rune, i due guardiani, scoprono che uno dei libri è stato rubato e che al suo interno nascondeva un segreto: la soluzione ad un omicidio irrisolto.
Genere: Mistero, Noir, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'anta sembrava in rovere grigio laminato e la maniglia, irregolare, spigolosa e sfaccettata, aveva un colore grafite.
La porta mezza murata aveva un qualcosa di inquietante e ridicolo allo stesso tempo. Una struttura moderna in una casa decrepita, ma Erik cercò di non porsi troppe domande. Il ragazzo realizzò il perché del quadro del Vecchio Pescatore, o meglio, aveva capito che uno dei segreti di Ezelstain era dietro quella porta. Non gli rimaneva che aprirla e vedere se era riuscito a spalancare anche il vaso di Pandora.
Il ragazzo mise una mano sulla maniglia, il metallo era freddo sotto il suo palmo caldo e provò a girarla ma non successe niente. Si accorse che appena sotto di essa vi era una serratura ma non immaginava che una porta nascosta fosse anche chiusa a chiave. Studiò per qualche secondo le cerniere presenti sui coprifili ed ebbe la conferma che la porta era da spingere e non da tirare. Il vero problema non erano i mattoni ma una chiave mancante.
Nell'oscurità dell'abitazione, Erik raccolse il suo telefono e iniziò a fare luce verso la cucina. Passo dopo passo, nel silenzio più totale, l'uomo arrivò nell'altra camera e iniziò ad osservare l'ambiente circoscritto con gli occhi spalancati, convinto che così avrebbe trovato subito ciò che cercava.
La cucina era linda, non vi era nessun granello di polvere e il pavimento nero era talmente lucido che se Erik ci puntava la luce contro poteva specchiarsi perfettamente. I pensili erano color antracite e rendevano l'atmosfera molto tetra. Nell’angolo destro più estremo, a ridosso del muro, vi era un tavolino per due persone e una sola sedia di legno chiaro, pioppo bianco, suppose Erik. Il ragazzo si avvicinò al primo cassetto che trovò sulla sinistra e lo aprì molto lentamente.
Era vuoto.
Aprì il secondo cassetto sperando di trovarci qualsiasi cosa lo aiutasse a scassinare la serratura.
Era vuoto anche quello.
Decise di aprire uno dei pensili e vi trovò un solo piatto, un solo bicchiere, una forchetta, un coltello e un cucchiaio.
Era molto strano, ma in linea con lo stile atipico dell'abitazione.
Erik continuò a far passare i cassettoni e ad aprire le antine ma non trovò nulla, nemmeno un'ipotetica chiave.
E se Ezelstain avesse sequestrato qualcuno? O se invece fosse stato uno sconosciuto a rapire lo scrittore?
Il ragazzo tornò di corsa verso la porta e iniziò a battere i pugni più forte che poteva sul legno.
«C'è nessuno? Mi sentite?» la voce gli tremava e il cuore era impazzito. «Rispondete!»
Appoggiò l'orecchio sul legno e rimase in ascolto, anche solo per sentire un sospiro o un sussurro.
Niente.
Era stato un falso allarme. Era solo una vocina nella testa che cercava di metterlo in guardia su qualsiasi possibile scenario catastrofico; invece, lo faceva solo cadere nella paranoia.
Erik si staccò lentamente dall'anta di rovere e pensò al da farsi: non aveva trovato la chiave, e se lo aspettava. Non aveva trovato nulla per scassinare la porta e non voleva sfondarla a calci. Non sapeva che cosa c'era dietro e se avesse avuto bisogno di richiuderla, non avrebbe potuto farlo perché sarebbe stata rotta. L'unica idea che gli venne in mente era di cercare un cacciavite per rimuovere i cardini togliendo il perno dalla cerniera. Se avesse avuto bisogno di chiudere nuovamente l'uscio, avrebbe semplicemente potuto accostarlo.
L'ansia che si era generata nella sua testa iniziò a fargli elaborare teorie strane:
Se dietro la porta ci fosse stato un animale feroce? Erik lo avrebbe già risvegliato tirando i pugni sul legno.
Se ci fosse un cadavere? In quel caso non aveva bisogno di chiuderla nuovamente.
E se ci fosse stata una sostanza tossica che inalata lo avrebbe fatto soffocare nel giro di cinque minuti? Se lasciando la porta aperta avesse intossicato tutta la popolazione?
Impossibile. Il gas sarebbe già fuoriuscito dalla fessura della porta posizionata tra il legno e il pavimento. Aveva letto troppi libri Fantahorror e quell'oscurità non giovava di certo alla sua mente.
Erik era devastato dalla stanchezza, si sentiva provato e le energie lo stavano abbandonando ma non poteva di certo andarsene in hotel e tornare il giorno seguente. Non aveva rischiato l'arresto per lasciare tutto a metà.
Tornò a vagare per il salotto puntando la torcia ovunque in cerca di qualcosa che gli fosse d'aiuto quando video qualcosa brillare: un porta attrezzi per camino verticale. Un oggetto piuttosto obsoleto e vintage ma sembrava fare al caso suo. Si avvicinò, mise il telefono tra i denti con la luce rivolta verso il pavimento e sollevò l'aggeggio di metallo che aveva trovato.
Al diavolo, si disse, e scaraventò il supporto dritto sulla maniglia che si ruppe all'istante facendo socchiudere l'uscio.
Il ragazzo lasciò cadere il trabiccolo per terra ed esultò facendo un salto poi si avvicinò alla porta, riprese il telefono nella mano sinistra mentre con la destra spingeva adagio l'anta. Non scricchiolava ed era meno pesante del previsto.
La luce della torcia illuminò dei gradini che andavano verso il basso. Erik realizzò che la casa aveva anche un paio interrato e la porta serviva a nascondere qualcosa nello scantinato e non in una stanza segreta. Subito accanto sul muro interno vide un interruttore della luce, provò a schiaccialo e con sua grande sorpresa, lo scantinato si illuminò a giorno.
I gradini erano di legno e sembravano potessero cedere da un momento all'altro. Erano circa una ventina tutti infilati irregolarmente e senza corrimano. 
Erik spense la torca del telefono e con tutta l'adrenalina che aveva in corpo, mise il piede destro sul primo scalino: non scricchiolavano, forse perchè sembravano di legno marcio, ammuffito e anche bagnato. Passo dopo passo, il ragazzo scese nel seminterrato, la luce a LED fredda gli faceva male agli occhi ma sapeva che doveva aspettare qualche minuto per abituarsi.
Una volta fatto l'ultimo gradino, Erik sospirò, lieto di non essere caduto o inciampato sulle scale.
L'odore di marcio gli invase le narici tanto da doversi tappare il naso e respingere un conato di vomito. Lo scantinato era un caos totale: vi erano fogli scarabocchiati appesi alle pareti, fogli bianchi sparsi per terra, una lavagna bianca sporca di pennarello nero e una lavagna di carbone inzozzata dal gesso bianco.
Erik non aveva mai visto così tanta confusione e così tanta carta stampata in una sola stanza. Nel 2110 avevano vietato la vendita delle risme di carta bianca elaborata e avevano messo in commercio solamente carta riciclata beige o verde proveniente da carta già utilizzata o da materiale compostabile in modo tale da poter ridare tutto a madre natura una volta finito l'utilizzo.
Il ragazzo staccò una delle stampe a colori che si trovò davanti agli occhi: erano appese con delle mollette ad un filo che attraversava la stanza. Vi era rappresentato un pacchetto di caffè ripreso da più angolazioni, poi si spostò verso la parete alla sua destra per vedere che cosa vi era scritto sui diversi fogli. Come sospettava, erano stati battuti a macchina e l'inconfondibile carattere Courier New rendeva tutto così vintage. Avvicinò gli occhi a una delle pagine e lesse le prime due righe che gli balzarono sotto al naso:
 
«Cara, prova ad annusare questo caffè.»
La ragazza si alzò dalla sedia su cui si era seduta precedentemente e si avvicinò alla nonna, prese il pacchetto e iniziò ad odorare.»
«Sembra aromatizzato» disse la giovane.
«Allora lo senti anche tu! C'è scritto che è caffè classico.»
«Magari è scaduto, nonna.»

 
Il pacchetto di caffè faceva parte di quella storia appesa sul muro.
Erik si chiese se tutte quelle pagine componessero il libro che stava cercando o erano semplicemente appunti presi a caso. Il ragazzo si guardò attorno ma non sapeva da che parte cominciare a raccogliere indizi, quando per terra, nascosto tra i fogli nuovi, trovò una mappa concettuale dove delle date si intrecciavano tra di loro. Provò a leggerle e a trovargli un senso ma era molto difficile non avendola fatta lui e non conoscendone il significato, ma decise di piegare il foglio e infilarselo nella tasca del pantaloni.
Prese la sedia che era a gambe per aria e la rimise nella posizione per cui era stata pensata e, spazzando con il piede un po' di carta, liberò un fazzoletto di pavimento per non farla scivolare e tenerla dritta. Vi si sedette sopra e rimase a fissare la parete mentre le parole si intrecciavano nella sua mente. Si stava chiedendo se i fogli avevano una successione logica ed erano già appesi nella corretta sequenza o se ogni pagina fosse a sé stante.
Erik era immerso nei suoi pensieri quando all'improvviso sentì un rumore provenire dal piano superiore.
L'uomo si alzò di scatto e rimase in ascolto, preoccupato che la sua immaginazione gli stesse giocando un brutto scherzo.
Lo sentì di nuovo.
Era reale.
Qualcuno era entrato in casa sbattendo la porta. Si era sentito sbattere un'antina e il ragazzo pensò che l'intruso si fosse diretto in cucina per cercare qualcosa.
Erik doveva pensare velocemente. Aveva lasciato la porta socchiusa quando era sceso nello scantinato ma la luce era talmente forte che sarebbe filtrata da sotto l'uscio e ci sarebbero voluti pochi minuti prima che l'estraneo se ne accorgesse. Si guardò attorno con i piedi ben puntati a terra. Prima di muoversi e fare rumore calpestando i fogli, avrebbe voluto avere in mano qualcosa per difendersi ma non vedeva niente che facesse al caso suo.
L'ansia stava iniziando a divorarlo da dentro ma un particolare catturò il suo sguardo: il manico di un cacciavite sembrava spuntare proprio da dietro la macchina da scrivere. Cercò di avvicinarsi senza fare troppo rumore e quando ne ebbe la conferma, afferrò l'utensile e tornò su i suoi passi cercando di stropicciare meno carta possibile. Arrivato ai piedi della scalinata, guardò verso l'alto: non vedeva nessuna ombra comparire da sotto l'uscio e i rumori si erano fermati.
Erik non poteva essere sicuro al cento per cento che l'intruso se ne fosse andato. Non gli rimaneva che andare a controllare e ringraziò una potenza superiore per aver permesso a quei gradini di non scricchiolare salendo lentamente ed indisturbato, passo dopo passo.
Il ragazzo trattenne il respiro ad ogni scalino e arrivato in cima alla scalinata, spense la luce con l'interruttore che gli aveva permesso di accenderla poco prima. I suoi occhi dovevano abituarsi al buio e aspettò qualche secondo prima di estrarre il cellulare dalla tasca e accendere la torcia. Quando decise che era giunto il momento di scoprire chi era entrato in casa Ezelstain, accese la pila sull'intensità più bassa e fece un respiro profondo.
E se finalmente fosse rientrato lo scrittore?
L'uomo non aveva più tempo. Allungò la mano sinistra dove stringeva il cacciavite proprio davanti al suo naso e appoggiò la destra sulla maniglia.
Spalancò la porta senza pensarci e, nella penombra, si trovò difronte l'intruso.
  
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