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Autore: lo_strano_libraio    03/04/2024    0 recensioni
E se Stranger Things fosse ambientato durante la Guerra Dei Trent’anni? (1618-1648)
Le vicende dei protagonisti di Hawkins trasposte (ma differenti allo stesso tempo 😉), in un villaggio della campagna tedesca, durante uno dei conflitti più grandi e sanguinosi mai avvenuti. Il sottosopra si intreccerà con le vicende storiche che hanno attraversato questo piccolo paesino, entrato nella storia.
Genere: Guerra, Horror, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dr. Brenner, Dr. Brenner, Jim Hopper, Joyce Byers, Maxine Mayfield, Mike Wheeler
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 14: Una morte e una resurrezione che cambiarono la storia

 

“Ma Sire, é un suicidio!” I cavalieri intorno a Gustavo Adolfo erano perplessi, presi alla sprovvista dalla decisione del loro re. “Cosa sono queste facce?! Cos’è?! Mi avete seguito fin qui per ritirarvi con la coda tra le gambe alla prima sfida?”

I cavalieri risposero con un deciso cenno d’assenso a quel guanto di sfida: la guardia reale svedese non si sarebbe tirata indietro nel combattere per Gustavo Adolfo, neanche in una battaglia del genere.

Il Re montò a cavallo. 

“No, non me ne andrò fino a quando non avrò le teste di Wallenstein e Poppemheim”.

Il suddetto arrancava sbracciando, tra la folla dei suoi soldati giunti da poco sul campo di battaglia, per cercare di arrivare all’accampamento del generalissimo.

“Toglietevi di mezzo, Wallenstein, WALLENSTEIN! É UNA TRAPPOLA, IL DEMONIO É QUI!”

Per sua sfortuna, e di molti soldati sotto il suo comando, non raggiunse mai il comando generale d’armata. 

“Ma cos’è? una macchia nera?” Si chiese un attimo prima che una palla di cannone svedese gli facesse volare via la testa.

“Sono senza comandante ora, Sire!” Disse a Wallenstein, il terzo generale in comando svedese (ridete pure): Dodo zu Innhausen und Knyphausen, che al contrario dell’omonimo uccello delle Americhe, aveva uno spiccato senso per la sopravvivenza in situazioni potenzialmente fatali e sapeva quand’era il momento di intervenire.

“Vedete, uomini di poca fede? Dio é dalla nostra parte!” Poi, si rivolse nuovamente al suo vice. “Dodo, lascio a te il comando, mantieni unito l’esercito: QUALSIASI COSA ACCADA.” 

“Contate su di me, Sire.”

I cavalieri iniziarono ad allinearsi dietro il loro re per la carica frontale, mentre gli imperiali sul fianco destro del campo di battaglia, faticavano a decidere sul da farsi, sconvolti dalla morte di Poppenheim.

Undi stava conducendo i ragazzi nel Sottosopra, facendo strada per difenderli coi suoi poteri in caso qualche demogorgone si fosse fatto vivo. Eppure, la dimensione oscura pareva vuota e placida, con solo i sempriterni fulmini rossi in cielo a disturbare il silenzio che aleggiava nell’aria.

“Lo siento…Will está vicino.”

“Dov’é esattamente?” Le chiese Mike.

“Casa sua…o almeno esta versión.”

Mike strinse i pugni per esorcizzare l’ansia che lo attanagliava: era già terrificante aver dovuto mettere piede in questo posto, ma non sapeva come avrebbe reagito se avessero trovato Will…beh, non poteva neanche pensare a quell’eventualità.

“Non trovate che ci sia qualcosa di strano?” Chiese Dustin.

“Di cosa parli?” Gli chiese Lucas.

“Beh, Nancy, Johnathan e Raimondo ci hanno parlato di ronde di demogorgoni pattugliare questo posto, ma non c’è anima viva ora.”

“Magari, sono stati attirati fuori dalla battaglia: vuol dire che il piano di Hopper sta funzionando.” Disse Mike.

“Ma, non ne é rimasto neanche uno di guardia: non vi sembra sospetto?” Dustin appariva più ansioso del solito.

“Nessuno ha mai detto che siano intelligenti.” Puntualizzó Lucas.

“Non so…c’è qualcosa che non va…” 

“Oh finiscila un po’, Dustin.” Gli disse Max “Per una buona volta che le cose vanno per il verso giusto, devi mettertici tu a fare il guastafeste?”

Dustin rimase in silenzio, ma Undi notó la sua preoccupazione e anche se non lo disse agli altri, anche perché non sapeva propriamente spiegarlo a parole, anche lei sentiva che ci fosse qualcosa che non quadrava in tutto questo. E poi, chi era, e cosa c’entrava il ragazzo che aveva visto nella sua visione quando Billy aveva parlato con la sua voce? Hen…Henr…Cr…come si chiamava? 

Un sospetto simile lo ebbe Hopper trovó Joyce, piangente sul cadavere di Lord Hans. 

“Joyce, cos’é successo?” Gli chiese, chinandosi presso lei.

“Oh Hop, lo hanno ucciso: Wallenstein stesso ha ucciso Lord Hans con una pugnalata al cuore, e poi ha ordinato di dare fuoco a Lützen! La gente sta perdendo tutto, era questo il vostro piano?”

Hopper si guardò intorno, smarrito, facendosi la stessa domanda.

Nancy e Johnathan ora arretravano di fronte al demogorgone che stava uscendo dal vicolo, assetato di sangue.

“Johnathan!” Nancy ridestó dalla paralisi dello shock il fidanzato, che puntó di fretta il moschetto contro il Demogorgone. Questo fu peró più veloce e ruppe con un morso della sua testa da fiore la bocca da fuoco. L’arma cadde dalle mani tremanti del ragazzo, che sfoderó dalla cintola una falce da mietitura, ma il mostro lo disarmó nuovamente, ferendogli una mano con una zampata.

Ne lui ne Nancy riuscivano a reagire, perché se giorni prima erano riusciti a combattere i demogorgoni nella foga di salvare i loro fratelli minori, ora la visione della cittadina in fiamme e del mostro che li aveva presi alla sprovvista uscendo direttamente dall’oscurità del vicolo, li stava paralizzando.

Johnathan abbracció Namcy:

“Nancy, ti amo. In un’altra vita, ti avrei reso una principessa.”

“Lo hai giá fatto”.

La ragazza lo bació, colmando la paura delle lacrime che bagnavano i loro volti con il loro amore, mentre il Demogorgone alzava le sue grinfie, avanzando per mietere le loro vite.

I ragazzi giunsero alla casetta dei Bayern, avvolta da viticci organici, come tutti gli edifici della Lützen del Sottosopra.

Corsero dentro la stanza principale (che spartana com’era essendo di una famiglia di contadini del seicento, non la si poteva definire un vero salotto), dove con loro orrore, trovarono il povero Will imprigionato a un muro da una sostanza polposa rossa, con uno di quei viticci infilato nella bocca. I suoi occhi erano bianchi e spenti e il naso non dava segno di respiro.

“ODDIO, WILL!” Mike corse prima degli altri verso l’amico, togliendo l’appendice organica dalla bocca e liberandolo, scavando con le mani nella polpa.

“Mike, esperar! Puede es pericolosso!” Gli disse Undi, ma lui non le dava retta, così tutti corsero intorno a Mike che ora scuoteva Will dalle spalle, a terra, in lacrime. 

Lucas e Dustin notarono subito che era “smunto”, come se quel viticcio gli avesse risucchiato i fluidi corporei, e questo li fece  silenziosamente sprofondare nella disperazione. Non se la sentivano di dire cosa stesse passando nella loro testa a Mike, perché speravano anche loro che non fosse vero. Quindi, si limitarono a scambiarsi a vicenda un’occhiata di sincera rassegnazione, come per vedere se entrambi stessero pensando la stessa cosa.

Per Max, questa fu la prima volta che vide Will, visto che era scomparso il giorno prima che incontrasse i ragazzi. Dato che gli avevano detto che era un apprendista pittore, se l’era sempre immaginato vestito elegante come uno di quei famosi pittori italiani o fiamminghi che si vedono ritratti nelle stampe, o che occasionalmente seguono i re e i generali nel corso delle loro campagne per prendere appunti dal vero sulle battaglie in vista dei loro futuri dipinti a riguardo. Un giorno, ne vide uno, un certo Domenico Pugliari da Vaglia, in Toscana, che andava dietro Wallenstein nell’accampamento. Neil le disse che era stato assunto dal Generalissimo per fare degli affreschi anche a tema guerresco, nella sua villa di famiglia: problemi da ricchi. Max si ricordava di aver pensato che fosse l’uomo più elegante che avesse visto in vita sua, più di Wallenstein e tutti gli ufficiali dell’armata imperiale messi assieme. Quando lo vide, non si immaginava neanche che potesse esistere al mondo un uomo così elegante e raffinato. Ma ora, Will le appariva vestito con abiti modesti, sporchi e rovinati (più per la sua permanenza nel Sottisopra che per le sue condizioni economiche a Lützen), esile e bianco come un cadavere. Un cadavere, che fino a qualche giorno prima era un ragazzino felice con sogni molto più alti e nobili di lei, la cui massima aspirazione era stata, fin prima di incontrare i ragazzi e Lucas, fare bottino e derubare insieme alla sua famiglia mal assortita. Una lacrima le scese sulla guancia sinistra. 

“Will, WILL! Non morire ti prego, tu sei meglio di me, di tutti noi: non passerai il resto dei tuoi giorni ad accontentare i tuoi genitori che pensano solo al denaro o a sopravvivere: tu hai già superato le più rosee aspettative di tua madre e tuo fratello, sei un pittore, Will! E diventerai il più grande artista della Germania, anzi, dell’Europa! Renderai tutti gli abitanti di quel buco dimenticato da Dio che é Lützen, orgogliosi di affermare di essere nati lí! Quindi rialzati, perché ti meriti di vivere e questo NON É GIUSTO!”

Poi, rivolse i suoi occhi al cielo: “Oh, Signore! Hai resuscitato tuo figlio Gesú, riporta in vita Will: anche lui é figlio tuo!”

Gli occhi di Undi si illuminarono: le parole di Mike le avevano dato un’idea.

Undí gli si fece accanto. “Alejarse, spostati: jo puede salvarlo.” Mike si volse a lei, colmo all’improvviso da una scintilla di fugace speranza.

“Dici sul serio?”

Undi si accucció vicino Will, e gli pose una mano all’altezza del cuore. 

“Credo…de poter rianimar su corazon…o almeno ci proveró.”

Undi chiuse gli occhi e iniziò a respirare a cadenza regolare seguendo un ritmo andante. 

Lo aveva fatto una volta sola in passato, quando aveva rianimato al castello José, un maniscalco al servizio di papa, che era caduto da un’impalcatura. 

Suo padre le aveva spiegato che il cuore umano, come tutti gli organi, é una macchina perfetta, che non poteva essere curata con la violenza, ma seguiva nel suo battito un ritmo simile alla musica: se fosse stato troppo lento si sarebbe fermato, troppo veloce e sarebbe scoppiato: doveva inventare col suo potere un ritmo unico per il cuore di Will.

“Un…dos…trés…un…dos…trés…” sentiva i ventricoli iniziare a muoversi ma non doveva né smuoverli troppo velocemente o cessare il ritmo o Will sarebbe morto.

BOM!

Il petto di Will fece un sobbalzo, il ragazzino si alzò di scatto con la schiena, mettendosi a sedere nel respiro più forte della sua vita: “Uuuuuh!”

“WILL!” Mike lo abbració con tutta la sua forza, seguito da tutti gli altri. 

“Credevamo fossi morto!” Disse Dustin

“Non ci crederesti neanche se ti dicessimo cosa abbiamo fatto per salvarti!” Aggiunse Dustin.

“Will, está Bien?” Gli chiese Undé.

“Ehi ehi, piano, mi state soffocando: non mi sono mai sentito cosí debole in vita mia…”

I ragazzi gli lasciarono un po’ d’aria. Max si fece avanti, asciugandosi le lacrime.

“Potresti prendere spunto da quest’esperienza per un dipinto, ahah.”

“Ehm, scusa ma, tu chi saresti?”

“Oh già” la ragazzina gli porse una mano “Max Mayfield, sono nuova a Lützen.” Will gliela strinse con piacere e fare cortese, per quanto potesse, indebolito com’era.

“A proposito di Lützen, meglio svignarmela da qui: non ti immagini neanche che casino sta succedendo lá fuori!” Disse Mike a Will.

“Perché? Cosa succede, Mamma e Johnathan stanno bene?”

“Si, ma è in corso una battaglia tra l’esercito imperiale e quello svedese.” Disse Dustin.

“COSA?!”

“Piano, piano, fatti portare fuori da noi, non ti reggi in piedi.” Gli disse Lucas.

Mike e Undé presero Will dalle braccia mettendole sulle loro spalle, e si incamminarono verso l’uscita.

Mentre camminavano, la contessina spagnola percepí di muovo quella presenza provenire dal castello sulla collina, e sentí come se due occhi la stessero seguendo. Queste le fece venire ancora più voglia di uscire da lí.

Gustavo Adolfo e il suo schieramento di cavalieri erano pronti: cinque lunghe file di un paio di migliaia di uomini a cavallo, pronti a caricare il nemico con tutta la potenza cavalleresca svedese.

Il re estrasse la spada.

“Seguitemi, oggi dimostreremo a Ferdinando D’Asburgo e al suo cane di Wallenstein che cosa succede a chi calpesta i diritti dei protestanti! Per la gloria dei leoni del nord, URRÁ!”

“URRAAAAAH!” Un potente coro di voci di propagó dall’esercito svedese verso gli imperiali giú dalla collina, facendoli tremare mentre puntavano le picche per prepararsi all’attacco nemico.

La cavalleria croata che combatteva sotto il vessillo cattolico si stava ricomponendo dopo il fallito assalto contro gli svedesi che l’aveva indebolita mezz’ora prima: si erano scagliati contro i picchieri che avevano tenuto la linea, e appena si erano voltati per preparare un’altra carica, i fucilieri protestanti erano sbucati fuori dalle loro file alleate, rilasciando una salva di fuoco che aveva fatto crollare non pochi cavalieri r impedendogli di attaccare di nuovo.

Eppure, i croati rimanevano una grande minaccia per gli svedesi, rimaneva da vedere quanta efficace sarebbe stata la loro di carica. 

Gustavo Adolfo non aveva ordinato la carica come estrema mossa per cercare di vincere la battaglia, ma faceva parte del suo piano: se fossero riusciti a sbaragliare il fianco destro nemico e a metterlo in fuga, sarebbero potuti virare subito a sinistra sfruttando l’energia della corsa  e chiudere in una micidiale tenaglia il centro imperiale, magari catturando, o uccidendo Wallenstein stesso. L’improvvisa e fortuita morte di Pappenheim gli faceva credere sinceramente che Dio fosse dalla loro parte quel giorno, come era avvenuto in quello in cui Hopper gli si presentò con l’occasione di questa battaglia: una serie di eventi collegati tra loro nelle infinite vie del Signore. Poco poteva immaginarci, che a organizzare il tutto era stata un’entità ben più maligna, in cui lui, Poppenheim, Wallenstein, Hopper e Lord Hans erano solo pedine su uno scacchiere dove la partita era iniziata migliaia di anni prima quando un angelo si era innamorato di un’ umana…

I cavalieri piombarono giú dalla collina, investendo in pieno l’esercito imperiale. La linea non reggette e presto tra la fanteria fu il fuggi fuggi. I cavalieri croati cercarono di contrattaccare con lo spazio di rincorsa di cui disponevano e lo scontro tra cavalieri divenne ben presto un caos di uomini che cadevano di sella, combattevano duelli di spada a cavallo o sparavano con le pistole contro i nemici che gli passavano vicini. Ogni tanto si intravedeva la lugubre figura di un cavaliere decapitato ancora in sella sul suo cavallo imbizzarrito che correva di quá e di lá per il campo di battaglia, richiamando al ben noto Cavaliere dell’Apocalisse. 

Il piano di Gustavo Adolfo stava però funzionando: gli imperiali non riuscivano a difendersi veramente dai suoi uomini ed erano costretti a indietreggiare: la loro era una difesa disperata, senza organizzazione. Dovevano insistere ancora un po’, ancora un po’ e la vittoria sarebbe stat-ma che diamine?!

Nel caos della battaglia, un Demogorgone sbucò dal terreno, tranciando in due cavallo e cavaliere svedesi poco vicino al loro re. Il mostro si scagliò in una sanguinaria frenesia contro chiunque gli capitasse sotto artiglio, facendo fuggire tutti quelli che lo videro.

Ma non Gustavo Adolfo.

“Vieni a me, demonio!”

Rimasto solo, si lanció contro il Demogorgone con la sua spada, la bestia sollevò i suoi artigli, ma con un fendente il Re svedese gli tranció via la testa da fiore, sporca di sangue umano. 

Purtroppo, Gustavo Adolfo non aveva notato il corazziere imperiale che, sfruttando l’occasione, gli stava puntando una pistola dietro la schiena da qualche metro dietro di lui. 

Il proiettile trapassó la corazza, facendolo barcollare da cavallo. Adolfo si lanciò contro il nemico, menando fendenti in aria, ma ben presto venne circondato da altri tre cavalieri imperiali, tutti e tre impugnanti le loro pistole. 

Il primo lo mancó per poco alla testa, facendogli un buco nel cappello da cui il proiettile voló via un’aria, il secondo lo ferí a un braccio, ma Gustavo Adolfo tenne la stretta sulla spada: nessuno lo avrebbe mai disarmato nella battaglia più importante della sua vita. Il terzo lo colpí di nuovo nella ferita aperta alla schiena, paralizzandolo e facendolo stramazzare al suolo.

Infine, le armi da fuoco avevano battuto la nobile spada.

Il suo cavallo fuggí via come avevano fatto tutti intorno a lui, mentre i quattro gli si raccoglievano intorno puntandogli contro le loro pistole di scorta.

“Chi siete?” Gli chiese uno di questi. Lui attinse a tutto il fiato che gli rimaneva in corpo per rispondergli.

“Io ero…Gustavo Adolfo, Re di Svezia.”

E cosí, l’uomo gli diede il colpo di grazia alla tempia, uccidendo il Leone del Nord.

   
 
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