Serie TV > Un passo dal cielo
Segui la storia  |       
Autore: crazyfred    12/04/2024    0 recensioni
La storia della Forestale e della Polizia di San Candido e dei personaggi che ruotano intorno al lago incastonato tra le montagne riparte dalla fine della quarta stagione: Albert Kroess è stato da poco arrestato, Deva è stata dissolta, Vincenzo è appena tornato con Eva e Francesco, dopo la morte di sua moglie, è ancora in bilico con Emma. Dimenticate quello che avete visto in tv, qui la quinta stagione è tutta a modo mio!
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

5. MESSI ALLA PROVA

 
 
Adriana e sua figlia Isabella non avevano molto. Deva, con le sue regole e la sua “filosofia” di vita aveva strappato loro tutto ciò che di materiale possedevano: qualche gioiello, i risparmi, la casa dei nonni materni. Forse, a fine processo, avrebbero ottenuto un risarcimento per i danni subiti, ma la strada era troppo lunga e loro, quando la setta aveva chiuso i battenti, si erano ritrovate a doversi reinserire nella società senza una famiglia che le riaccogliesse o delle risorse con cui ricominciare d'accapo.
Erano state fortunate a trovare sulla loro strada il Comandante Neri che aveva aiutato Adriana a trovare un impiego, seppur dal compenso modesto: le due però, che avevano trascorso i cinque anni precedenti in una comunità spirituale dallo stile di vita spartano, vivevano frugalmente e non avevano bisogno di molto; poi c'erano gli alimenti che il padre di Isabella doveva versare ogni mese e la vecchia casa coniugale che era dell'ex marito di Adriana e di cui, per fortuna, Kroess non aveva potuto impossessarsi. Ernst, scalatore professionista, viveva per la montagna, che chiamava sua in qualunque posto del mondo si trovasse e non aveva avuto problemi a lasciare loro la vecchia casa dei suoi genitori visto che lui a San Candido ci metteva piede un paio di volte l'anno se andava bene.
Isabella, che era cresciuta senza legami e senza passato dentro Deva, adorava quella piccola casetta ai margini del bosco: anche se di parenti stretti non era rimasto più nessuno, per lei era come averli vicini, nelle foto ancora appese alle pareti, in qualche ricordo passato indenne dalla cernita di Deva, come le lenzuola che la nonna Ruthi si era ricamata da sola per le nozze e ancora riempivano i cassettoni di legno protetti dalla naftalina.
Un mondo di ricordi riportati a galla e altri creati ex novo che se ne era andato nel giro di mezzora, nel cuore della notte, con le fiamme che avevano avvolto la baita rivestita di legno, bella e caratterista quanto fragile.
La telefonata alla polizia era arrivata dai Vigili del Fuoco Volontari che si erano attivati rapidamente ad intervenire e a mettere in sicurezza il bosco vicino che per loro era letteralmente il giardino di casa. Alle prime luci dell'alba, anche la forestale era accorsa per aiutare la polizia a scandagliare il bosco per ogni minimo indizio o traccia che potesse portare al responsabile di quell'attacco ignobile. Perché di incendio doloso si trattava: approfittando del buio e della tarda ora, la casa era stata cosparsa di cherosene e frecce incendiarie avevano appiccato il fuoco, da lontano. Vista la dinamica, con la baita che si era presto trasformata in un cerino, era un miracolo che mamma e figlia ne fossero uscite di fatto illese.
 
Seduta sul prato davanti alla casa, avvolta in una coperta e provata dalla notte insonne, Adriana provava a ricostruire l'accaduto davanti al commissario. “Ha visto una macchina? Una persona?” “No, come le ho già detto ho solo visto delle frecce che arrivavano dal bosco”.
Dalla finestra della cucina, dove era andata a bere un sorso d'acqua prima di andare a dormire, aveva visto come una palla infuocata volare verso di lei per posarsi sulla parete esterna; a distanza di pochi secondi l'uno dall'altro erano seguiti un altro paio di lampi accompagnati da colpi secchi all'esterno dell'edificio, come martellate alle pareti o grandine che cade. Alla fine, un rumore di vetri rotti e subito le grida strazianti avevano attirato Adriana nella cameretta di sua figlia, che si era svegliata di soprassalto, trovando una freccia infuocata sul pavimento di legno. Presto, le fiamme si erano estese lungo il perimetro dell'abitazione e, complice il panico, uscire di casa si era dimostrata un'impresa.  
“Magari adesso farete qualcosa per fermarli...” commentò sprezzante un uomo sulla quarantina che era stato tra i primi ad accorrere ed era rimasto accanto alle due donne tutto il tempo, portando loro qualche genere di conforto e le coperte con cui erano avvolte. “Lei chi è scusi?” domandò Vincenzo, tentando di contenere la riprovazione per quel commento fuori luogo e irrispettoso nei suoi confronti. “Carlo Casarin, sono il direttore del Centro di Accoglienza” “E secondo lei, Casarin, chi è che dovremmo fermare?” “Chi non lo so ma a me sembra evidente che qualcuno ce l'ha con Adriana per il suo impegno verso i migranti. Può chiedere al suo collega della forestale … lì … ci hanno avvelenato il cane della pet therapy e non è l'unico attacco intimidatorio che abbiamo ricevuto negli ultimi mesi”
Francesco era rimasto a debita distanza, occupandosi dei rilevamenti nel bosco in prima persona. Non c'era stato ancora il tempo di appianare le divergenze con Adriana e la donna non sembrava interessata a farlo nemmeno in quella circostanza, girando la testa verso la casa appena vide l'uomo avvicinarsi, approfittando di essere stato interpellato.
“Te lo confermo, un'escalation in piena regola” disse “prima erano piccole cose ma via via è andata sempre peggio” In ultimo, il giardino era stato disseminato di veleno, causando la morte del pastore maremmano che era un sostegno psicologico incredibile per gli ospiti del centro, soprattutto per i bambini. “Abbiamo fatto la bonifica non più tardi di due giorni fa”
Vincenzo domandò perché non avessero denunciato, gettando un'occhiataccia al collega della forestale con la passione per le indagini: a forza di voler fare l'eroe, succedevano casini come quello; ma Adriana fu laconica e sarcastica: “E cosa avremmo dovuto denunciare? Un vetro rotto? Delle gomme bucate?” Purtroppo doveva ammettere che aveva ragione da vendere, e probabilmente anche lui avrebbe sorvolato su quelle che, ad una prima occhiata, potevano sembrare delle bravate di ragazzini annoiati o gente ignorante ma in fondo innocua.
“Cercheremo di fare il possibile per individuare i responsabili, glielo assicuro” Erano belle parole e Vincenzo le diceva così bene che finiva per crederci anche lui, ma non era mica così semplice. “Voi...avete trovato qualcosa?” domandò al comandante della forestale che era andato in perlustrazione per il boschi attorno alla casa con la sua vice, che se ne stava in disparte a parlare con i vigili del fuoco.
“Ritengo che il piromane abbia tirato le frecce da laggiù” disse Francesco, indicando un luogo non troppo distante dalla strada, punto strategico per agire lontani dagli occhi indiscreti e poi darsi alla macchia velocemente “ma purtroppo non ci sono tracce, non ci sono impronte...niente”
 
Quando tutte le forze dell'ordine avevano levato le tende, solo Francesco, Valeria e Martino erano rimasti, offrendosi di aiutare a radunare le poche cose che erano scampate alle fiamme. Anche se riluttante, Adriana accettò; nonostante tutto il suo orgoglio, davvero non era un lavoro che poteva fare da sola ed entrare nella casa, con ancora il fumo impregnato nelle pareti, nelle sue condizioni non era fattibile.
“Vuoi una mano?” chiese Valeria ma Adriana scosse la testa, continuando a rovistare tra alcune delle cose che erano state portate fuori: pochi oggetti della loro vita di prima erano conservati in quella casa, perderli sarebbe stato strapparle un'altra volta a dei ricordi che da poco avevano imparato ad accettare dopo che il Maestro aveva imposto loro di rimuoverli anche dalla memoria.
“Senti, stavo pensando” continuò la forestale, imperterrita e incurante del rifiuto della sorella maggiore “se non avete un posto dove stare, potreste venire in foresteria. Non è molto grande ma vi lascerei la mia stanza, io posso stare tranquillamente in divano...tanto soffro d'insonnia, lo sai” “Abbiamo già un posto dove andare, grazie” troncò subito Adriana. “Guarda che ho parlato con Francesco, per lui non c'è nessun problema” “Senti, forse non hai capito” gli occhi della donna, incupiti dal disastro, divennero ancora più neri, proprio come pece “tu per me sei morta. Non voglio vederti mai più...ah, e mi fai anche il favore di dire al tuo comandante di non permettersi mai più di intromettersi in cose private che non lo riguardano”
Valeria non capiva: sapeva dell'impegno della forestale verso i migranti e Francesco fin da subito gli era sembrato una persona ragionevole e aperta. “Ma lui voleva essere solo gentile, dovresti essergli grata per l'offerta” “Ma lo sono...è l'averti portata qui di proposito che mi urta.” “Ma cosa...?” “Ah perché pensi sia una coincidenza il trasferimento a San Candido pochi mesi dopo la chiusura di Deva?”
Adriana si allontanò per chiedere al suo collega di portare via sua figlia: alla ragazzina, ancora comprensibilmente scossa, avrebbe fatto bene una doccia calda, un po' di latte e una bella dormita. In tutto quel trambusto, Valeria non aveva avuto modo di avvicinare ad Isabella: l'aveva solo intravista da lontano e non poteva credere ai suoi occhi. L'aveva lasciata bambina ai primi giorni di scuola e la ritrovava ragazza, quasi donna. 10 anni erano volati via in fretta ma solo adesso si rendeva conto che erano un'enormità e quanto avesse lasciato alle sue spalle. Un senso di vertigine e un vuoto dentro come un pugno violento la colpì nel petto; chiese a Martino di riaccompagnarla in caserma ma in auto, in men che non si dica, vide salire il suo comandante anziché il giovanissimo collega.
“Cos'hai? Ti senti poco bene?” “Forse il fumo...” si limitò a mormorare, indecisa se affrontare l'argomento o meno. “Adesso vai a stenderti un po'” si raccomandò Francesco “ma se non passa chiama il medico”
A metà strada verso la caserma, però, Valeria non riuscì a resistere “Cos'è questa storia?” “Quale storia?” “Adriana insinua che il mio trasferimento qui non sia casuale”
Francesco non rispose, restando concentrato sulla strada, ma Valeria stessa non gli concesse molto tempo per farlo. “Perché mi hai fatta venire qui?” “Ti ho fatta venire qui perché sei brava, il tuo dossier parla da solo” “Dì la verità” lo incalzò “mi avresti scelta lo stesso se non fossi stata la sorella di Adriana?”
Francesco rimase per un po' in silenzio, sebbene fosse consapevole che questa cosa avrebbe peggiorato la sua posizione. “Senti non sta a me parlarti di certe cose” esordì, prendendo un gran respiro “ma tua sorella e tua nipote non hanno nessuno e hanno un grande bisogno di te. Quando ci siamo conosciuti mi ha detto di avere una sorella ma non avevo idea che fossi in forestale. Poi il tuo predecessore è andato in pensione e ho visto il tuo nome tra quello dei papabili sostituti: ho fatto qualche ricerca e mosso qualche pedina, ma i tuoi meriti rimangono!” Su quello non aveva motivi per mentire, il suo fascicolo di presentazione era impeccabile.
“Che significa che non puoi parlarmi di certe cose?” gli domandò, sorvolando completamente gli attestati di fiducia del suo superiore. “Che ci sono delle cose che non sai ma che non sta a me dirti, ma questo non mi impedisce di fare il possibile affinché Adriana abbia accanto qualcuno di cui si possa fidare” “Beh... mi dispiace ma quella persona non sono io” “Che è successo tra di voi?” Adriana era sempre stata vaga sull'argomento: diceva che non si parlavano da anni e che l'aveva fatta talmente soffrire da considerarla un capitolo chiuso, ma non era mai entrata nel dettaglio e lui non aveva mai approfondito né insistito; però ora che le conosceva entrambe e non riusciva a comprendere cosa potesse essere andato storto tra loro. “Su una cosa siamo d'accordo io e mia sorella” disse Valeria, tirando fuori gli occhiali da sole dalla giacca e indossandoli “non sono cose che ti riguardano” Era il suo modo per dire a Francesco di far cadere la conversazione lì e in quel momento, nonostante avessero ancora della strada da fare; l'uomo recepì l'antifona e stette in silenzio fino al ritorno in caserma. Quando tornarono in caserma, tuttavia, non riuscì a trattenersi. “Quello che ti ho detto è vero” le disse, serio, guardandola dritta negli occhi, una volta scesi dall'auto “ti ho scelto perché sei brava” Valeria però non voleva sentire ragioni: salì di corsa le scale sparendo in foresteria per il resto della giornata.
 
Come nei giorni precedenti, Vincenzo aveva approfittato della pausa pranzo per andare in ospedale a trovare compagna e figlia: il ricovero di Eva si era prolungato giorno in più per via di alcuni valori delle analisi da tenere sotto controllo, ma a parte l'iniziale ansia del commissario, era stato un toccasana per preparare il trasferimento in foresteria della nuova famigliola.
Al suo rientro in ufficio, fu unanime il pensiero che qualcosa non andava: non salutò nessuno, neanche Francesco che era seduto alla scrivania e si diresse nell'area break come uno zombie, intontito: l'amico, vedendolo in bambola, lo seguì, anche perché sapeva che in quell'angolino della caserma, dove Vincenzo non andava mai solitamente, era nascosto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere prima di fine giornata.
“E chest che 're?” domandò il commissario, turbato, di fronte ad una carrozzina per neonati rossa, con i palloncini rosa legati al maniglione. “Un'idea di Huber ... visto che stasera Eva e Nina tornano a casa, ha pensato di decorare il carrozzino. Ma io non ti ho detto niente...voleva farti una sorpresa”
Francesco vide l'amico stringere forte la maniglia del passeggino con uno sguardo basso e malinconico, la bocca serrata; lui era un pessimista di natura, e tutto ciò che gli era successo nella vita non lo aiutava a vedere le cose in positivo, ma certo non poteva fare a meno di pensare che ci fosse qualcosa che non andava con la bambina e lo stesse tenendo nascosto. “Tutto bene?”
Il commissario ricambiò il suo sguardo per qualche secondo, e gli bastò un cenno col capo per invitarlo a spostarsi con lui nel suo ufficio. Era serio, fin troppo per i suoi standard, scuro in volto ma soprattutto silenzioso, cosa rarissima per Vincenzo, una persona tutto sommato affabile e loquace per natura: tra i due, era sempre lui quello che spronava il forestale ad aprirsi e a distendersi.
“Allora, si può sapere che succede?” insistette Francesco. Vincenzo chiuse la porta e si sedette di fianco all'uomo, senza prendere posto alla sua poltrona. “Eva se n'è andata” “Come...come se n'è andata? Che significa?” “Quello che ti ho detto, né più, né meno” chiosò “quando sono andato in ospedale ho trovato il letto vuoto, una richiesta di dimissioni volontarie presentata al primario e un biglietto dove diceva che...che lei non se la sente di fare la mamma”
Quella sera, invece che portare in foresteria la sua compagna e sua figlia, sarebbe andato a prendere la bambina al nido del reparto da solo, affrontando la prima notte non con la gioia e la speranza che di solito accompagna tutte le nuove famiglie, ma con il cuore spezzato di chi si trova da solo nel momento più bello ma anche più difficile della propria vita.
Lo sguardo del poliziotto correva nel vuoto, quasi vergognandosi di raccontare quanto accaduto, come se non credesse che Eva quelle cose potesse averle pensate prima ancora che fatte; la sua voce poi tremava e a malapena riusciva a scandire le parole che pronunciava: si fermavano in gola e gli toglievano il fiato.
“È colpa mia...sono stato io a insistere per avere un figlio, lei non voleva. Eva era spaventata, si vedeva, avrei dovuto darle retta e invece … ero convinto che tutto si sarebbe risolto con la nascita della bambina...che l'avrebbe presa in braccio le sarebbe passato tutto, capito? L'odore, il calore avrebbe spazzato ogni dubbio, ogni paura” 
Ora che ci pensava, ogni nodo veniva al pettine, ogni prova si presentava davanti ai suoi occhi severa come uno schiaffo: anche il nome lo aveva fatto scegliere a lui, cedendo presto alla sua richiesta di un nome tradizionale anziché qualcosa di più moderno o che richiamasse anche le sue origini spagnole.
“E pensare che viene sempre detto che questi dubbi ce li hanno gli uomini” pensò Francesco ad alta voce “ci illudiamo che le madri siano delle specie di Madonne, perfette, inarrestabili … ma non è così, hanno anche loro le loro preoccupazioni.”
“Ma guarda...per quanto mi riguarda va bene così: è tutto apposto, tutto sotto controllo” si sbrigò a chiuderla lì Vincenzo, alzandosi e ricomponendosi: aveva provato a nasconderlo, ma una lacrima era uscita e a Francesco non era sfuggito. “Se lei crede che questo sia il modo per risolvere i problemi è letteralmente un problema suo” “Però non essere così definitivo, magari è una fase, un momento...” Francesco voleva accertarsi semplicemente che non facesse una cazzata, che per sembrare forte e duro non finisse per affrontare da macho una situazione delicata che richiedeva comprensione e sensibilità da parte sua, anziché un pugno duro. “Forse non mi sono spiegato. Il problema non è che possa aver avuto un momento di debolezza” chiarì Vincenzo “il problema è che oltre a non sentirsela di fare la madre, è evidente che nemmeno se la sente di fare la compagna perché questa è una cosa che potevamo risolvere insieme” “Potete ancora farlo...”
Ma Vincenzo non stette a sentirlo. Una volta tornato alla sua poltrona tornò anche nei panni del commissario in servizio, dimenticando ogni guaio e lasciandoli fuori da quell'ufficio, senza che Francesco poté dire più una parola e la conversazione si spostò sul caso del giorno che i due condividevano.




 
Angolo dell'autrice

Salve a tutt*, se siete arrivati fin qui significa che avete resistito anche a queso capitolo senza Emma, un applauso ve lo meritate proprio ahahah! Ad ogni modo questo è il primo "Angolo dell'autrice" di questa storia, di cui mi avvarrò per darvi qualche spiegazione. Come avete notato, qualche nome l'ho cambiato rispetto all'originale. Il padre di Isabella, che nella serie si chiamava Ezio, qui diventa Ersnt: l'intento è quello di renderlo più altoatesino; non ho mai capito, né tantomeno approvato l'italianizzazione di una regione e che è di fatto al confine con l'Austria. E siccome è una località che conosco bene volevo renderle giustizia. Poi, e questa è la più evidente, Mela è diventata Nina. Forse non approverete questa scelta, ma Carmela/Mela oggettivamente non si poteva sentire: ma non vi preoccupate, qualche sketch divertente tra papà e figlia ci sarà di sicuro.

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Un passo dal cielo / Vai alla pagina dell'autore: crazyfred