Serie TV > CSI - New York
Segui la storia  |       
Autore: vegeta4e    14/04/2024    0 recensioni
Non tutto quello che finisce rappresenta la fine. A volte una fine può rappresentare un nuovo inizio: la morte di Claire, l’abbandono di Peyton che segnò Mac molto più di quanto volesse ammettere… eppure il lavoro riuscì a salvarlo, ad obbligarlo a non crogiolarsi nei ricordi. E funzionò, almeno fino a che Peyton non decise di fare ritorno a New York.
“Niente si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma”. Dietro questa frase si cela una grande verità per il detective Taylor. Un’accusa di omicidio a suo carico, vecchi fantasmi tornati dal passato, rapimenti, lutti difficili da accettare.
Forse i problemi d’amore erano quelli di cui preoccuparsi meno.
[MacxPeyton] - Ambientata all’inizio della 5^ stagione.
[L’avvertimento cross-over riguarda solamente un paio di capitoli verso la fine della storia.]
- Pistola e distintivo. -
Mac ci mise qualche secondo per realizzare. Fissava Sinclair interdetto, incapace di comprendere il perché, incapace di combattere quella serie di ingiustizie che lo stavano lasciando disarmato.
Dopo lo stupore iniziale, non riuscì a trattenere una risata nervosa. Serrò i denti a labbra chiuse, passando lo sguardo da Sinclair a Don, che non aveva neanche il coraggio di guardarlo in faccia.
Genere: Azione, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Messer, Don Flack, Mac Taylor, Peyton Driscoll, Stella Bonasera
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo XXIV

Da quella sera passarono circa due settimane. Furono dei giorni tragici per tutti perché Jessica Angell, la fidanzata di Flack, morì durante una sparatoria. Mac tenne un discorso commovente di fronte a tutti gli agenti presenti una volta appresa la notizia, lui per primo sconvolto dalla perdita di una ragazza con cui spesso aveva collaborato sulle scene. Don, all’apparenza impassibile, si sentì morire. Rimase in piedi per inerzia, ma a tenerlo lucido era solamente la voglia di trovare il tizio che aveva sparato a Jessica e sfogare su di lui tutta la rabbia che provava in quel momento.
L’unico che potesse capire il suo dolore era Mac, ma Flack non cercò mai il suo conforto né lui riuscì a stargli vicino come avrebbe dovuto. Forse perché erano uomini, forse perché Taylor non lo aveva visto crollare, forse perché, semplicemente, il lavoro era troppo e non avevano mai avuto veramente cinque minuti per sedersi e parlarne. Di fatto, Flack aveva nascosto bene il suo dolore, come Mac d’altronde aveva fatto per Claire, e nessuno si preoccupò più di tanto. Don aveva avuto la stessa reazione del detective Taylor di fronte al lutto: si era buttato letteralmente nel lavoro. Era una tattica che funzionava per tenere la testa impegnata e non essere costretti e rivivere in loop quella scena all’infinito, per mettere in pausa quel costante dolore all’altezza del petto che spezzava il respiro.
Quella mattina Mac era seduto nel suo ufficio, Stella e gli altri erano già a lavoro su vecchi casi irrisolti, mentre lui sbrigava faccende burocratiche per Sinclair.
Due colpi sulla vetrata gli fecero alzare lo sguardo.
- Volevi vedermi? - Peyton comparve dalla porta, attendendo un suo cenno del capo prima di entrare e raggiungerlo, fermandosi davanti la scrivania. Con un gesto della mano Taylor le indicò una delle due sedie invitandola ad accomodarsi.
- Sì. - Disse soltanto, appoggiandosi poi allo schienale. La guardò serio in attesa di una qualsiasi reazione di lei, che non tardò ad arrivare.
- Non fare quella faccia! - Sorrise. - Mi fai preoccupare. -
- Perché? Hai combinato qualcosa? - Rispose prontamente Mac.
- Certo che no, stavo scherzando. - Continuò lei senza capire la gravità della situazione.
- Bene, perché io invece sono serio. - Il detective si staccò dallo schienale, posando poi le braccia sulla scrivania per sporgersi in avanti. - Così non va bene, Peyton. Ero stato chiaro da subito, la nostra vita privata non avrebbe mai interferito sul lavoro. Te lo ricordi, vero? - Gesticolò con la penna.
Il sorriso di Peyton si spense in un attimo. Non capiva a cosa si stesse riferendo perché sapeva di non aver fatto nulla e, soprattutto, non si aspettava di avere vantaggi sul lavoro solo perché stavano insieme.
- Ma di cosa stai parlando? -
Mac scosse la testa, fissandola sempre con occhi severi e irremovibili.
- Hai l’ultima possibilità per dirmelo tu. Se lo faccio io è peggio. - L’espressione di lei era indecifrabile. Continuava a pensare a cosa potesse riferirsi, ma più si sforzava e meno trovava una spiegazione al comportamento di Mac. Taylor si sforzò di rimanere ancora serio, ma guardandola così spaesata non riuscì a trattenere un sorriso divertito.
- Sto scherzando. - Tornò ad appoggiarsi allo schienale mentre Peyton sentiva il pavimento crollare sotto i piedi per lo spavento. - Ho una cosa per te. - Annunciò guardandola in viso.
Lei sentì il cuore accelerare, sorridendo improvvisamente sollevata. - Cosa? - Lo vide allungare il braccio destro verso il cassetto della scrivania, da cui estrasse una busta da lettere chiusa, ma non sigillata.
- Dovrebbe essere una specie di regalo di Natale, ma sono costretto a dartelo prima. - Gliela allungò sporgendosi sul ripiano e Peyton, commossa, la prese rigirandosela tra le mani. Aspettò qualche secondo prima di aprirla, sperava di capire cosa fosse, ma la busta era bianca e su nessuno dei due lati c’erano scritte che potessero darle qualche indizio. Notò che era leggera, quindi dentro doveva esserci un foglio, un biglietto o qualcosa del genere.
Vinta dalla curiosità la aprì, sbirciando non riuscendo a trattenere un sorriso. Quando vide il biglietto aereo per Londra sgranò gli occhi, alzando lo sguardo su di lui con un’espressione di gioia.
- Mac! Non dovevi!... -
Lui le sorrise con affetto. - Invece sì, è giusto che tu vada dalla tua famiglia durante le vacanze. -
- Perché non vieni con me? - Sapeva che probabilmente lui avrebbe rifiutato, ma tentò lo stesso.
Lui inspirò. - Non ho dei bei ricordi a Londra. - Ammise senza problemi Taylor, riferendosi alle chiamate notturne in hotel e al fatto che poi lei l’avesse lasciato. Era strano, ma ogni volta che pensava a quella città sentiva un mattone all’altezza dello stomaco.
Peyton annuì decidendo di non insistere. - E poi qualcuno dovrà pur restare qui a difendere New York. - Aggiunse Mac scherzando.
- Grazie. - Gli sorrise con amore apprezzando immensamente il gesto di lui.
- Prego. - Peyton si alzò stringendo la busta tra le mani, girando intorno alla scrivania e lasciandogli un bacio sulla guancia, all’angolo della bocca. Lui percepì il viso diventare improvvisamente bollente, ricambiandole il sorriso quando lei disse che sarebbe tornata in obitorio.
La guardò per tutto il tempo mentre aspettava l’ascensore, tornando poi a dedicarsi ai documenti quando la vide sparire oltre le porte metalliche.

Senza che se ne accorgesse passarono rapidamente un paio d’ore, tempo in cui, stranamente, nessuno chiamò per segnalare cadaveri o aggressioni. Quando Taylor rialzò gli occhi dai fogli per stirare il collo indolenzito, si trovò davanti Quinn.
- Ciao, Mac. - Lui rimase interdetto per qualche secondo, appoggiandosi poi allo schienale senza toglierle gli occhi di dosso.
- Quinn? Che ci fai qui? Vi manchiamo così tanto in New Jersey? - Scherzò girandosi una penna tra le mani.
Lei sorrise, avanzando con il suo solito andamento sensuale che sfoggiava solamente in sua presenza.
- Potrebbe essere. In realtà so che hai un nuovo medico legale. La Dottoressa Driscoll, se non erro. -
Il detective Taylor annuì. - Sì, è tornata da poco in quel ruolo. -
- Tornata? - Domandò non capendo.
- Lascia stare, è una lunga storia. - Agitò una mano come a dare poca importanza a quel dettaglio. - Devi esaminare anche lei, vero? -
- Esatto. - Confermò Quinn. - Non penso ci saranno grossi problemi se lavora come il resto del tuo team. -
- Rimarrai sicuramente soddisfatta, garantisco io. - Gli sfuggì un sorriso. - Scendi di cinque piani, la troverai lì. - Le indicò l’ascensore con la penna e lei, poco prima di uscire, gli riservò un’occhiata palese che Mac colse, ma che ignorò.
Quando Quinn arrivò al piano della sala autopsie faticò a trovare Peyton a causa del via vai di medici legali. Notò lei perché era l’unica china su un corpo, intenta ad osservare una ferita con le lente d’ingrandimento per poi annotare su un foglio ciò che aveva dedotto.
- Buongiorno. - Si annunciò. - Lei è la Dottoressa Driscoll? - Peyton alzò gli occhi sulla donna.
- Sì. -
- Molto piacere, il mio nome è Quinn Shelby, del dipartimento del New Jersey. Sono qui per esaminare il suo lavoro ed assegnarle un punteggio in base a come si atterrà alle procedure e, in generale, a come svolgerà il suo lavoro durante le indagini. Non si preoccupi, il detective Taylor è stato già informato su tutto. È un procedimento che lui e il suo team hanno già ampiamente superato, ma mi è stato riferito che lei è passata da poco in questo ruolo, quindi… -
Peyton ascoltò in silenzio, sorridendole quando finì di spiegare.
- Ma certo, nessun problema. -
- Perfetto, allora. Possiamo iniziare. -

Danny, nel frattempo, aveva perso la sua battaglia personale contro il sonno. Lucy, di appena due settimane, aveva sconvolto i suoi ritmi e quelli di Lindsay e Messer faticava sul serio a rimanere lucido e concentrato sul lavoro.
Quando la mano di Flack gli si posò pesantemente sulla spalla, Danny saltò sulla sedia.
- Capo! Non sto dormendo, stavo solo riposando gli occhi! -
- Ehi, ehi, rilassati bell’addormentato, non sono Mac. - Rise divertito Don. - Dormito poco? -
Messer si tolse gli occhiali, passandosi stancamente una mano sugli occhi.
- Sì, Lucy si sveglia ogni due ore, di questo passo finirò sul letto di Sheldon o Peyton già pronto per l'autopsia. -
- Ed ha appena due settimane! Sei ancora all’inizio, fattene una ragione. Ti faccio svegliare io. - Si sfregò le mani Flack. - Stavo raggiungendo Mac, è arrivata una segnalazione di un uomo che è tornato a casa ed ha trovato la moglie morta. - Spiegò molto brevemente capendo che il cervello dell’amico doveva ancora carburare.
Messer annuì mezzo addormentato. - Sì. Sì, ci sono, però guida tu. -
- Lo davo per scontato. -
Quando arrivarono sulla scena sia Don sia Danny rimasero a bocca aperta. La casa moderna con open space lasciava ben intuire il tenore di vita della vittima e del marito, lasciando un po’ di amaro in bocca in tutti tranne che in Mac, già abbassato accanto alla vittima per studiarne le cause della morte.
Messer lo raggiunse con il kit pronto a iniziare il suo lavoro, se non che qualche secondo dopo arrivarono anche Peyton e Quinn, che li raggiunsero dopo aver oltrepassato il nastro giallo. Taylor si limitò a guardarle trovando estremamente imbarazzante averle presenti contemporaneamente, ma confidò nella sua estrema professionalità sperando che l’avrebbe aiutato nell’evitare situazioni scomode.
Q
uando Peyton si abbassò di fronte a lui, dall’altro lato del cadavere, Mac non riuscì a fare a meno di guardarla mentre si sistemava i capelli dietro un orecchio.
- Ho già esaminato il corpo e mi sono fatto un’idea di quello che possa essere successo, ma aspetto il tuo parere. - Lei lo guardò accennando un sorriso complice. - Vediamo se sono stato bravo con la mia analisi. - Terminò lasciandole la parola.
Come di prassi Peyton controllò il battito e se le pupille rispondessero agli stimoli luminosi, e dato che erano assenti entrambi confermò il decesso della vittima. Esaminò rapidamente con gli occhi il corpo della donna, traendo la conclusione più ovvia a cui era arrivato anche il detective.
- Unico taglio alla gola che ha reciso la carotide, è morta dissanguata in poco tempo. - Prese il termometro e lo infilò nel fegato, leggendo poi il numero che apparve sullo schermo dopo qualche secondo. - Considerando la temperatura e il rigor, non devono essere trascorse più di un paio d’ore. -
Mac ascoltò in silenzio, poi intervenne. - Non ci sono armi da taglio sulla scena, ma ho trovato tracce direzionali da quella parte. - Indicò l’uscita. - Ovunque sia andato l’assassino o si è ferito o non ha pulito l’arma. -
Taylor prese poi una delle mani della donna, notando che lo smalto non era sbeccato e che non c’erano evidenti tracce sotto le unghie.
- Non sembra abbia lottato, forse conosceva chi l’ha aggredita. - Alzò lo sguardo sulle braccia. - Ecchimosi… Direi ante mortem. -
- È stata percossa, perché non ha provato a difendersi? - Chiese Peyton continuando a guardare con dispiacere la donna sdraiata accanto a lei.
Flack, che era stato in silenzio fino a quel momento per annotare ogni dettaglio sul taccuino, intervenne.
- Forse non era la prima volta che accadeva oppure non ne ha avuto la possibilità. -
Mac sospirò. - Se vieni aggredita da una persona che conosci non hai l’istinto immediato di difenderti. Forse hanno iniziato a parlare, lei era tranquilla, poi la discussione è degenerata e c’è stata l’aggressione. -
Quinn, nel frattempo, segnava in silenzio sul proprio quaderno delle annotazioni piccoli appunti. Vederli lavorare insieme era d’ispirazione, erano tutti molto competenti e in sintonia tra loro, riuscivano a incastrare i ragionamenti di ognuno come ingranaggi perfetti, arrivando in modo rapido e lineare alle conclusioni esatte.
- Quando è stata fatta la chiamata al 911? - Domandò ancora Taylor.
- Circa mezz’ora fa. - Rispose Don per poi allontanarsi in direzione di Danny.
Mac tornò a guardare il corpo della donna. La sua esperienza gli suggeriva che quello fosse un delitto passionale, ma il marito aveva allertato la polizia, pensò quindi che fosse stupido commettere un omicidio e denunciarlo subito dopo. Non era esattamente il miglior piano per depistare i sospetti.
Flack tornò poco dopo accompagnato da Messer ed entrambi avevano un’espressione poco consona per la tragedia a cui stavano lavorando.
- Guardate qui. - Iniziò Don. - Cialis! - Mostrò una scatolina di medicinali tenuta cautamente con un guanto sfuso, in modo da non lasciare impronte.
- Al marito della signora serviva un piccolo aiuto. - Si aggiunse Danny. Nessuno parlò, tantomeno Taylor che stava ancora osservando la donna.
- Sarebbe un peccato buttarli. Mac? - Lo interpellò Flack. - Perché non li prendi tu? Sono sicuro che qualcuno apprezzerebbe molto. -
Peyton arrossì di colpo, rimanendo a testa bassa e non azzardandosi a scostare lo sguardo dal cadavere per evitare di farlo notare a tutti.
Taylor alzò gli occhi su Don, indeciso se rispondergli o ignorarlo.
- Ti garantisco che non ne ho bisogno. Grazie del pensiero. - Disse nel modo più diplomatico possibile.
Quinn, sorpresa, li guardava con un sorriso imbarazzato. - State veramente parlando di questo? -
- No. - Disse prontamente Mac per stroncare il discorso. - Vero, Flack? - Lo guardò seriamente.
- Va bene, va bene. Vado a posarlo. - Alzò le mani con aria innocente, un po’ indispettito perché nessuno tranne Messer era stato allo scherzo e Taylor sospirò, indeciso se sorridere e lasciarsi andare per un minuto o se fare il capo e tenerli in riga.
Danny tornò sulla scena poco dopo non riuscendo a trattenere uno sbadiglio, dettaglio che non sfuggì al detective.
- Com’è la paternità? - Domandò Mac rialzandosi. Lui spostò gli occhi sul capo.
- Bella, peccato però che da questo non ci si possa mettere in ferie. -
Taylor non trattenne un sorriso. - Abbiamo quasi finito, in laboratorio ti aspetta un caffè. -
- Noi andiamo. - Si intromise Peyton. - Hanno caricato il corpo sul furgone. Quando rientrerete probabilmente avrò qualche dettaglio in più da darti sulla donna. -
- D’accordo. - Rispose il detective. - A dopo. -
Lei e Quinn lasciarono l’appartamento prima di tutti lasciando che la squadra della scientifica finisse di raccogliere tutte le prove. Mac aveva già scattato le foto al suo arrivo, ma le avrebbe analizzate con più calma in ufficio, magari con qualche delucidazione in più ad autopsia finita.
Mezz’ora dopo tornarono in laboratorio e Taylor andò nel suo ufficio per iniziare a ragionare su quello che avevano, disponendo in ordine le foto che aveva scattato e iniziando a cercare informazioni sulla vittima. Rovistando tra i suoi effetti personali trovarono il portafoglio. La donna si chiamava Rachel Hill, 37 anni, agente immobiliare come gli aveva cortesemente suggerito il biglietto da visita nello stesso scompartimento della carta d’identità. Sposata con Bruce Nolan da sei anni, lui un geometra in carriera. Nessun figlio.
Mac si passò una mano sul mento, all’apparenza sembrava una famiglia come un’altra, ma tutti quegli anni di lavoro gli avevano insegnato a non lasciarsi ingannare dalle apparenze. Si alzò deciso ad andare in obitorio, se voleva fare qualche passo in avanti aveva bisogno di informazioni in più. Quando lui raggiunse le due donne vicino al lettino le salutò entrambe, rivolgendosi poi a Peyton.
- Dimmi che hai scoperto qualcosa. -
Lei sorrise. - Ovviamente sì. Ho trovato ecchimosi su tutto il corpo, ma principalmente su schiena e braccia. In più, c’erano lesioni sul cuoio capelluto nella zona della nuca. -
Mac provò a simulare la presa con le braccia come se avesse un corpo immaginario davanti a sé. Alzò il braccio sinistro all’altezza della testa tenendolo piegato, il pugno stretto, fingendo di stringere qualcosa. Con il braccio destro simulò di tagliare la gola all’aria.
- Quindi l’ha afferrata da dietro, tirandola dai capelli. Gli schizzi non l’avranno sicuramente colpito e presumibilmente l’assassino non si è ferito né sporcato. -
Lei annuì. - C’è dell’altro. Era incinta, approssimativamente quindici settimane. -
Taylor incassò la notizia trovando il tutto ancora più triste. Lei proseguì.
- Ti ho già prelevato un campione di DNA in modo da confrontarlo con quello del marito, quando lo convocherete… -
Lui prese la vaschetta di plastica con dentro il campione.
- Grazie. Tienimi aggiornato se scopri dell’altro. Vado a fare due chiacchiere con il marito. -
Dopo aver fatto un cenno con il capo ad entrambe, Mac lasciò l’obitorio per tornare al piano superiore. Quinn, nel frattempo, si era appuntata molte cose sul foglio della valutazione.
- Mac aveva ragione: sei molto brava. - Disse improvvisamente.
- La ringrazio. - Rispose sorridendo. Non riuscì a trattenersi al pensiero che lui avesse messo una buona parola per lei.
- Ah, dammi del tu. - Disse Quinn amichevolmente. - Sai, il posto che ora occupa Mac era conteso tra me e lui. Alla fine ha vinto lui. - Disse lasciandosi cullare dai ricordi. Peyton le lanciò un’occhiata, non aspettandosi minimamente una confessione così confidenziale da parte della donna.
- Beh, non è andata poi così male. Hai un sacco di responsabilità anche ora. Vi conoscete da molto, allora. -
Lei sorrise malinconica. - Oh, sì, da parecchio. Eravamo freschi di studio. -
Peyton capì immediatamente che tra i due c’era stato qualcosa. Gli occhi di Quinn parlavano chiaro, non si trattava semplicemente di un rapporto di lavoro o amicizia, ma decise di non domandare, forse per discrezione, forse per paura di scoprire cose che non voleva sapere. Decise di dedicarsi solamente alla donna sdraiata di fronte a lei che, in quel momento, aveva decisamente la priorità.

 

To be continued...

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > CSI - New York / Vai alla pagina dell'autore: vegeta4e