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Autore: Hazel92    14/04/2024    0 recensioni
Violet Tilton ha tutto quello che si potrebbe desiderare nella vita. Vive a New York, è una scrittrice di successo, ha dei buoni amici e due genitori fantastici. Una telefonata inaspettata però cambierà ogni cosa e Violet sarà costretta a mettere in discussione se stessa e le sue origini. Divisa tra la grande mela e una piccola cittadina della Pennsylvania, Violet si troverà a dover scoprire vecchi segreti, fare nuovi incontri e fronteggiare pericolose rivelazioni.
Genere: Romantico, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 10
 
Maxwell Sinclair era un mistero. Quando pensavo di essermi fatta un'idea sul suo conto, eccolo che mi spiazzava. In realtà questo mi dava sui nervi. Non poteva essere semplicemente il barista musone che avevo conosciuto il primo giorno? Detestarlo sarebbe stato molto più facile. Invece adesso mi ritrovavo a interrogarmi, contro la mia volontà sia chiaro, su chi fosse realmente. Il barista musone o il ragazzo premuroso che si portava una quasi sconosciuta a casa perché ubriaca e non in grado di guidare? E poi si aggiungeva la sorella. Magari era anche un bravo fratello. Sospirai senza rendermene conto attirando la sua attenzione.
- Che c'è? - mi chiese. Oh, niente. Pensai. Mi sto solo rendendo conto di quanto la tua doppia personalità ti renda incredibilmente affascinante.
- La mia macchina - invece dissi.
- La tua macchina cosa? - mi domandò lui guardandomi con l'immancabile sopracciglio alzato.
- Perché è qui? - di nuovo la stessa espressione.
- Avrei dovuto far salire in moto una che non riusciva neanche a starsene in piedi? - Ecco. Mi dissi. Se tu hai pensato che lui fosse incredibilmente affascinante, lui sicuramente pensa che sei incredibilmente stupida.
Preferii non rispondere e salii dal lato del guidatore. Maxwell Sinclair salì dall’altro lato e non potei fare a meno di guardarlo interrogativamente.
- Mi serve un passaggio al Sinclair's. Ho lasciato lì la mia moto - Giusto. Restammo in silenzio per il resto del tragitto, finché non iniziai a intravedere il parcheggio del Sinclair's.
- Allora - dissi schiarendomi la voce - che cosa ho combinato ieri sera? - Max si limitò ad alzare le spalle continuando a guardare fisso davanti a sé.
- Niente scenate imbarazzanti per le quali prendermi in giro per il resto della mia vita? - Questa volta mi guardò con i suoi penetranti occhi neri.
- Vedo gente ubriaca tutti i giorni, Violet. Ormai non mi sorprende più niente...- annuii accennando un finto sorriso. Avrei dovuto essere sollevata dal fatto che non ci fosse niente che valesse la pena ricordare nel mio comportamento, eppure ero quasi arrabbiata. Neanche da ubriaca riuscivo a catturare l'attenzione di Maxwell Sinclair. Oddio, ma che mi prendeva? Per quale diavolo di motivo volevo catturare la sua attenzione? Che diamine me ne importava?
- Però - all'improvviso aveva ripreso a parlare.
- Però cosa? - lo incalzai.
- Però hai nominato spesso un certo Ian - per poco non persi il controllo del volante. Accidenti, avevo fatto il nome di mio padre e speravo di non aver detto altro.
- Ah - dissi solamente. Mentre mi fermavo nel parcheggio del locale, lanciai un'occhiata a Max, tuttavia il suo sguardo era indecifrabile. Avrei voluto aggiungere qualcosa, ma i muscoli della mia bocca sembravano essersi paralizzati. In fondo che avrei dovuto dirgli? Che Ian era il mio vero padre di cui avevo scoperto l’esistenza da poco? Che era parte del motivo per cui ero andata ad ubriacarmi nel suo locale? No. Non me la sentivo di raccontargli queste cose. In fondo l’unica persona con cui mi ero confidata che non fosse strettamente coinvolta in tutta questa faccenda, era Alison. Non avevo detto niente neanche ad Asher, quindi perché avrei dovuto confidarmi con Maxwell Sinclair?
- Io devo andare – la sua voce era piatta. Non che questa fosse una cosa strana per lui, ma era… come dire? Più piatta del solito, ecco.
- Ok – lo osservai mentre apriva lo sportello e scendeva dalla mia auto. Solo allora mi riscossi e mi dissi che forse avrei dovuto aggiungere qualcosa. – Max – lo chiamai. Lui si voltò a guardarmi e per un attimo mi persi in quel nero così intenso.
- Grazie – dissi semplicemente. Lui annuì, poi si voltò e riprese a camminare verso la sua scintillante moto rigorosamente nera.
Mentre guidavo verso casa, mi resi conto di quanto quel ragazzo mi stesse incasinando la testa. Ero venuta lì per scoprire le mie origini, non per rimorchiare. Mi diedi mentalmente dell’idiota e promisi a me stessa che d’ora in poi non mi sarei fatta distrarre né da Maxwell Sinclair né da nessun altro. Mi stavo facendo tanti problemi per uno che probabilmente neanche mi sopportava e che tutto quello che aveva fatto finora lo aveva fatto solo perché era stato qualcun altro a dirglielo. Questo non voleva dire che lo avrei evitato di proposito o che non avrei mai più rimesso piede nel suo locale, perché andiamo, se non fossi più andata al Sinclair’s che altro mi restava da fare a Woodthon per divagarmi un po’? Però non mi sarei fatta più nessun film mentale e avrei fatto del mio meglio per scacciare ogni pensiero che lo riguardasse.
 
Appena rientrata dentro casa, mi precipitai sotto la doccia e guardandomi allo specchio non potei fare a meno di rimanere inorridita dal mio aspetto. Il mio primo istinto fu pensare “Oh mio Dio, Maxwell Sinclair mi ha vista in questo stato!”, ma poi mi ricordai cosa mi ero ripromessa circa cinque minuti prima di non farmi distrarre da Maxwell Sinclair. Non farti film mentali che comprendano te e lui, e di conseguenza non preoccuparti del tuo aspetto in sua presenza.
Con l’acqua fredda che mi scendeva addosso come alleata, riuscii a liberare la mente da cose futili e concentrarmi su quello che era stato il mio scopo fin dall’inizio. Non avevo così tante informazioni a disposizione, ma da qualche parte dovevo pur iniziare, no? Per fare ciò però avevo bisogno di un piano, e…come diavolo si faceva un piano? Io scrivevo fantasy, mica gialli! Però ne avevo letti un bel po’ e di certo non mi ero fatta mancare qualche bel poliziesco alla tv, così arrivai ad avere due opzioni: setacciare ospedali e stazioni di polizia della zona. Il giorno seguente avrei iniziato le mie indagini. Mi misi al computer e mi appuntai tutti gli indirizzi di ospedali nelle vicinanze. Per quanto riguardava la polizia invece, avrei cominciato dalla centrale della contea di Bradford. Woodthon era una cittadina troppo piccola per avere la sua centrale di polizia o un suo sceriffo, perciò faceva capo a quella di Bradford, che era la più vicina. Speravo solo di trovare persone disposte a darmi una mano nella mia folle ricerca. Magari sarei dovuta andare in uno di quei programmi televisivi dove le persone vanno per ritrovare i loro parenti o come nel mio caso per ricostruire la propria storia. Probabilmente avrei fatto molto prima, ma l’idea in fondo non mi allettava proprio per niente. Quella era la mia storia, il mio mistero, e lo avrei risolto da sola.
 
Mi appoggiai allo schienale della sedia, e rimasi a fissare lo schermo del computer persa nei miei pensieri. Avrei dovuto iniziare a scrivere sul serio qualcosa. Non potevo continuare a prendere in giro Claire, ma con tutto quello che mi girava per la mente come avrei fatto a trovare l’ispirazione e soprattutto la concentrazione necessaria a scrivere? Lasciai cadere la testa sul tavolo in un gesto di disperazione.
Persa nel silenzio di quella casa, non mi rendevo conto del tempo che scorreva intorno a me. Era come se chiusa lì dentro, il tempo per me si fermasse e scorresse solo per gli altri. Il che mi avrebbe fatto davvero comodo in quel momento, ma la suoneria del cellulare mi ricordò che non era così.
Il viso della mia migliore amica era comparso sullo schermo, e il mio primo pensiero fu chiedermi perché ci avesse messo così tanto a contattarmi dalla mia ultima e-mail.
- Ehilà – la salutai in un tono che lasciava intendere un “ce l’hai fatta a chiamarmi”.
- Sì, sì. Le ramanzine lasciamole a dopo – ovviamente Alison aveva già capito tutto – Hai già aperto l’e-mail? – aggrottai le sopracciglia.
- No – le risposi mentre cliccavo sull’icona della posta.
- Beh, sbrigati. Dovresti avere un e-mail di Claire – la mia amica sembrava eccitata, ed il fatto che la sua eccitazione riguardasse un e-mail da parte della mia agente mi metteva leggermente in agitazione. Aggiornai la posta e come prima e-mail comparve proprio quella che la mia amica aspettava con tanta ansia che leggessi.
- Allora? – mi incalzò – C’è? – riuscivo ad immaginarmela saltellare sul posto.
- Sì Ali, c’è. Ora se vuoi darmi il tempo di leggerla… - la mi amica si ammutolì ed io riuscii finalmente a leggerle l’e-mail. Quando arrivai alla fine rimasi per una manciata di secondi pietrificata a fissare lo schermo con gli occhi spalancati, poi mi ripresi e saltai in piedi.
- Oddio! – esclamai mentre dall’altro capo del telefono Alison urlava insieme a me – La Warner Bros vuole comprare i diritti del mio libro per farne un film! – non mi sembrava vero.
- Sì, sì, sì! Non è meraviglioso? Oddio, sono così orgogliosa di te Violet! –
- Grazie, Ali – ero felice di poter condividere con la mia migliore amica quel momento.
- Te lo meriti e poi ci voleva proprio in questo periodo una bella notizia, no? A proposito… mi dispiace tanto per tuo padre. Come stai? – avrei voluto evitare la domanda e limitarmi ad un’alzata di spalle, ma Alison non poteva vedermi, così non avevo altra scelta che rispondere.
- Così e così… mi sarebbe piaciuto conoscerlo, ma non posso farci niente – sentii Alison sospirare. Non era uno di quei sospiri che si fanno quando sei stanco o annoiato, era uno di quei sospiri che si fanno quando sei rassegnato e ti senti anche un po’ inutile.
- Beh – disse – tra una settimana sarai qua e potrai aggiornarmi meglio, ok? – giusto, l’e-mail diceva anche che era previsto un incontro con i rappresentanti della casa di produzione e a seguire una conferenza stampa per annunciare il lieto evento. Questo voleva dire che avevo pochi giorni per continuare le mie indagini qui a Woodthon e che dovevo darmi una mossa. Non sarei rimasta molto tempo a New York, ma in ogni caso avrei fatto meglio ad accelerare i tempi.
- Certo, ti racconterò tutto – promisi – Ah, e salutami Asher – ci salutammo ed io tornai a pianificare le mie tappe del giorno seguente. Mi aspettava una lunga giornata.
 
 
 
 
   
 
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