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Autore: lucille94    23/04/2024    0 recensioni
"A volte raccontare una storia è il solo modo per comprenderla."
Oscar è un fresco diciottenne che vorrebbe godersi l'estate della maggiore età con una frizzante vacanza a Ibiza con gli amici. Non sa che il suo destino lo attende in un luogo ben diverso e sotto un nome che non dimenticherà mai: Cassandra.
Il suo cammino incrocerà quello di lei, cominciato molto tempo prima e rimasto incagliato in una tragedia tutta da scoprire attraverso i ricordi di un'esistenza lontana come un sogno sul far del mattino, ricordi in cui entrambi si immergono grazie alla forza del legame che li unisce.
Dopotutto, se si sono incontrati, è per un puro e semplice motivo: Cassandra è morta.
E Oscar deve guidarla alla ricerca della propria storia attraverso le trame della sua memoria perduta.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Quando rincasammo scoprii, con sollievo, che i miei genitori erano usciti per andare al supermercato. Lo scoprii, per la precisione, quando misi il cellulare sotto carica: lì per lì non me ne ero accorto - avevo cose più importanti a cui pensare - ma nel bel mezzo del mio incontro con Cassandra la batteria doveva essersi scaricata completamente. Dunque, una volta letto il messaggio di mia madre che mi avvisava della cosa, mi rilassai non poco e, per prima cosa, andai alla credenza per mangiare qualcosa perché mi sembrava di meritare una merenda a base di nutella e fette biscottate. Mi armai di coltello, sedetti a tavola e accesi il televisore per mettere un po' di musica. Per Cassandra furono troppe cose nuove tutte insieme e sarebbe diventata bianca come un cencio se non fosse già stata tutta grigia di suo. Rimase zitta per un po', quindi mi domandò se potesse andare a riposare e le indicai la mia camera. L'unica raccomandazione che le feci fu di nascondersi sotto il letto al minimo rumore sospetto e la lasciai andare pensando che il riposo avrebbe schiarito le idee a entrambi.
Un'altra scoperta, per quanto molto poco sorprendente, fu che Cassandra non aveva nessuna umana necessità: non mangiava, non beveva, non dormiva... La sua esistenza doveva essere stata molto monotona fino al mio arrivo, e un po' mi faceva compassione. Accanto alla compassione, però, cominciavano ad affollarsi altri pensieri: che sarebbe stato di lei quando io me ne fossi andato? Quanto mi avrebbe vincolato la sua presenza? Quanto avrei rischiato tenendola in casa mia, con mia madre sempre indaffarata a pulire e rassettare per via del suo disturbo ossessivo compulsivo per l'ordine e con mio padre gran pantofolaio?
Non mi azzardavo a fare congetture; l'unico grande interrogativo che mi vorticava in testa, l'unico in grado di inquietarmi davvero, era molto semplice. Com'era morta Cassandra? Perché di questo si trattava in fin dei conti: lei era morta e la sua morte aveva in qualche modo a che fare con me, proprio con me, Oscar, il ragazzo del 21° secolo capitato per caso al castello in un giorno di pioggia.
Ma torniamo ai fatti: dopo una notte passata a rimuginare sul da farsi, sul far del mattino mi venne una gran voglia di uscire di nuovo. Era una voglia così intensa come non l'avevo mai provata, simile forse a quando si viaggia all'estero e non si vede l'ora di mettere il piede a terra. Feci colazione in fretta e poi tornai in camera da Cassandra, che mi aspettava appollaiata sul letto come un gatto curioso. I suoi occhi sembravano ancora più grandi quel giorno, eppure erano come vuoti, spenti nonostante tutto in lei facesse pensare a una grande emozione: non dovetti nemmeno invitarla a seguirmi, perché scattò in piedi non appena mi vide.
La parte difficile era, ovviamente, non farsi beccare dai miei: era presto, insolitamente presto anche per me, e loro dormivano ancora, quindi quel giorno ci andò bene.
C'è però una categoria di persone per cui la giornata comincia al sorgere del sole: gli anziani. E gli anziani hanno molte altre peculiarità, oltre al fatto di essere mattinieri. Sono, per esempio, smemorati per le cose recenti, ma hanno una memoria di ferro sul passato; sono, inoltre, estremamente pettegoli. La mia presenza in paese era già di per sé un argomento di discussione perché, da che ero bambino, non avevo mai messo piede nel paese dei miei antenati e questo era un elemento molto grave a mio carico, in più avevo dimostrato una certa insofferenza ai ritmi lenti della vita di campagna. Insomma, i vecchi mi sorridevano dicendomi quanto somigliassi a mio nonno, ma poi mi rimbrottavano come fossi un loro nipote disobbediente.
Fu così che, appena usciti di casa, mi diressi spedito in direzione del bosco pensando che a Cassandra facesse piacere tornare in un luogo conosciuto e, soprattutto, evitare le persone; tutto il contrario, o meglio, non avevo compreso come il luogo per lei conosciuto fosse proprio il paese. Me lo fece capire con un'occhiata molto eloquente, chiamandomi per nome e indicandomi di andare nell'altra direzione.
«Ma no, Cassandra!» le dissi in un bisbiglio. «Di qui possiamo andare, non di là! E se qualcuno ti vedesse?»
Lei fece spallucce e rispose: «Nessuno m'ha visto mai prima, perciò mi figuro che nessuno possa vedermi ora».
Me ne aveva già fatto qualche cenno e allora replicai: «Invece potrebbero eccome, se ti ho vista io potranno vederti tutti».
«Io vo per questa via, al castello non voglio più mai ritornare», sentenziò, girandosi di scatto. E fu in quel frangente che notai, esterrefatto, che non proiettava ombra. E benché fosse la cosa più ovvia del mondo, questo non mi confortò, anzi, mi fece salire un lungo brivido su per la schiena, come l'ennesima sveglia rispetto all'assurdità di ciò che mi stava capitando.
Cassandra, in ogni caso, era risoluta. A lunghe e distese falcate raggiunse presto lo sbocco della via sulla strada e solo allora si guardò intorno con aria stranita, come se non riconoscesse il posto. La sua titubanza mi permise di arrivarle presto accanto e, affiancandola, sussurrai: «Ti ricordi di questi posti? Beh, certo, saranno un po' cambiati...»
Con aria desolata, lei negò piano con la testa: «Miserella me, io non ricordo nulla...»
La sua risposta mi lasciò di stucco. «Come sarebbe a dire?»
«Egl'è così: io sperava che ritornando avrei riavuto indietro i ricordi della mia vita, ma così non è e... E questo mi riempie il cuore di malinconia».
«Non è possibile...» mi sfuggì, ma tacqui subito al sopraggiungere di un'anziana coppia che, tranquillamente, come se nulla fosse, mi salutò e proseguì la passeggiata. Tanto bastò a risollevare un po' l'umore di Cassandra, che si volse verso di me e sospirò: «Or vedi tu, ch'essi non mi vedono punto?»
Prese coraggio e imboccò la strada, procedendo verso destra. Osservava tutto con attenzione e per questo ero costretto a camminare piano, per non superarla; per non sembrare troppo strano cominciai anch'io a guardarmi attorno seguendo la direzione dei suoi occhi, quindi, lentamente, notai che si soffermava non tanto sulle cose moderne, quanto su quei brandelli di antico che avevano resistito ai secoli: architravi e stipiti in pietra con incisioni, immagini sacre e piccole edicole, volte ricurve sotto cui ci infilavamo.
Era lei a farmi strada, pur non sapendo bene dove si trovasse. Una cosa che compresi solo quando ci fummo inoltrati nel nostro viaggio di esplorazione fu che, quando avevo girato in solitaria due giorni prima, non avevo colto nulla del paese, non mi ero accorto di tanti piccoli dettagli che ora mi saltavano all'occhio spontaneamente. Era come se fossi altrove: scoprivo che il paese non era così piccolo come me l'ero immaginato, che c'erano stati palazzi di una certa nobiltà tempo addietro, con ampie finestre, portoni e strade sufficienti al passaggio di carrozze, con stemmi affissi sulle facciate o in corrispondenza di incroci. Dove ero stato fino a quel momento? Non avevo visto che una piccola porzione e avevo preteso che tutto dovesse essere piccolo, modesto e poco interessante.
«Oscar», mi chiamò a un tratto Cassandra, fermandosi di fronte all'ingresso di uno di quei palazzi. «Non senti tu quel che sento io?»
«Che cosa senti?» domandai.
Cassandra corrugò leggermente la fronte. «Questa gran solitudine...»
Mi diedi un'altra occhiata attorno: a differenza delle case modeste della zona dove io abitavo, questo "quartiere di bei palazzi" era effettivamente abbandonato a se stesso. Qualcuno ci viveva ancora, ma l'aspetto generale delle vie e degli edifici era quello di un grande passato dimenticato.
Come intuendo i miei pensieri, Cassandra riprese: «Egl'è come se io mi specchiassi su questi muri».
Riprendemmo a camminare, sempre piano, sempre fianco a fianco e con il naso all'insù, ma senza parlare, perché qualsiasi cosa si fosse detta sarebbe stata troppo stupida e troppo di circostanza.
   
 
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