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Autore: StarFighter    25/04/2024    3 recensioni
“Vuoi sposarmi?”
“Cosa?” il telefono quasi le cadde di mano, lo stupore le aveva bloccato le funzioni motorie.
“Vuoi sposarmi?” un respiro profondo, il suo temperamento mandava scintille anche a distanza. “È la terza volta che lo ripeto. Sei per caso sorda, Sango-san?” Un gentleman, come sempre.
C’erano due grossi problemi con quella frase: di sicuro non avrebbe sposato il suo capo e di certo lei non era Sango.
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A Business Proposal Au che partecipa al contest Inu-spiration, indetto su Tumblr dalla comunità feudalconnection :)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo V

 

 

Quando entrò nel bar scandagliò la sala, lasciando scorrere lo sguardo sugli altri clienti alla ricerca di qualcuno che potesse tenerle compagnia in quella serata per farle dimenticare almeno per qualche ora tutta l’assurda faccenda dell’appuntamento e del matrimonio. Aveva voglia di lasciare tutti i suoi problemi fuori dalla porta, scolarsi qualche drink e divertirsi.

I suoi occhi incrociarono quelli di un uomo al bancone che le rivolse un sorriso accattivante, lui alzò il bicchiere che teneva in una mano in un gesto che lei interpretò come un chiaro invito e non ci pensò molto prima di avvicinarsi e sedersi sullo sgabello alla sua sinistra.

“Beve per dimenticare o per divertirsi?”gli chiese civettuola, accavallando le gambe.

“Il confine tra le due cose è molto labile per quanto mi riguarda.” L’uomo seguì il movimento delle sue gambe e si lisciò la cravatta di un insolito viola melanzana “Se voglio divertirmi devo prima dimenticare.”

“Allora siamo in due.” Indicò con un gesto svogliato l’entrata del bar “Se i problemi potessero rimanere sulla soglia di quella porta per almeno un paio d’ore ne sarei felice.”

“Posso offrirle da bere?”- l’uomo la guardò con intensità- “Forse dimenticheremo cosa ci ha portati qui e riusciremo a divertirci assieme.” Quel perfetto esemplare di peccato ambulante che aveva davanti prese un sorso del liquido ambrato che gli riempiva il bicchiere, ingoiò e si leccò il labbro inferiore con fare sensuale.

Lei sentì un brivido percorrerle la spina dorsale ed ebbe la chiara visione di come sarebbe finita quella serata. Per fortuna abitava a pochi passi da lì e suo fratello era fuori città.

Una congiunzione astrale perfetta.

“Molto volentieri, signor?”

“Hoshikawa Miroku.” Le strinse la mano che lei aveva teso tra di loro con una presa ferma e calda e lei si ritrovò a pensare che la vita reale aveva bisogno di un tasto fast forward perché non poteva aspettare di infilarsi nei suoi pantaloni.

Quando lasciò la sua mano rovistò nella sua borsa alla ricerca del suo biglietto da visita e afferratolo glielo porse fiera. Adorava lo sguardo di velato timore che il suo nome incuteva negli uomini.

Lui lo accettò con entrambe le mani, ma quando i suoi occhi si posarono su quel semplice pezzo di carta il suo viso si adombrò.

“Qualcosa non va?” gli chiese, sinceramente preoccupata da quel cambio repentino d’espressione.

“A quanto pare abbiamo un amico in comune, Taijiya-san.”

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Sango era -per mancanza di una parola più adeguata- fottuta. Già, quella era l’unica parola che avrebbe potuto descrivere la situazione in cui si trovava. Forse affidarsi a Kagome era stato un errore, oppure il karma ce l’aveva con lei.

Doveva aver fatto qualcosa di molto brutto in una sua vita passata e ora ne pagava le conseguenza. 

L’uomo che le stava di fronte sembrava sul punto di urlare in faccia, ancor meno entusiasta di lei di trovarsi lì. Taisho Inuyasha non la intimoriva di per sé – le candide orecchie che si muovevano ad ogni minimo suono sulla sua testa erano troppo carine per suscitare in lei qualunque tipo di paura – ma quello che la terrorizzava era dover raccontare la verità a suo padre, raccontargli di come avesse ingannato il figlio dell’uomo d’affari più influente del Giappone, nonché suo potenziale marito.

“Che fortuita coincidenza incontrarci, non crede Taijia-san?”- continuava a rigirare tra le dita il bigliettino da visita che il suo assistente gli aveva prontamente offerto quando era arrivato –“ Anzi lo definirei proprio…com’è quella parola, Miroku?”

“Karma.”  

“Già, karma.”

Sango riusciva quasi a percepire la rabbia fluire da lui a fiotti, seguì con gli occhi l’irrigidirsi del suo braccio e sgranò gli occhi quando lui accartocciò senza ritegno il bigliettino nella sua mano.

“È di cattivo gusto, lo sa?” gli indicò il pezzo di carta sul tavolo tra loro “Lei crede di poter-”

“Sa cos’altro è di cattivo gusto? Mandare qualcun altro ad un appuntamento, mentire e farmi perdere tempo. Crede che questo sia un gioco?” le urlò contro in un crescendo umiliante. Era sicura che se avesse potuto percepire il suo youki lo avrebbe visto innalzarsi come una colonna di energia e dilagare nella sala del bar dove era avvenuto il loro sfortunato incontro. Anzi, fu quasi certa che il muro di bottiglie alle spalle del barman avesse cominciato a tintinnare.

Sango lanciò un’occhiata al suo affascinate assistente - Miroku- cercando di telegrafargli con gli occhi una richiesta di aiuto. Lui le scoccò solo un sorriso sornione, scrollando le spalle. Maledetto!

Era colpa sua, di quel sorriso e del suo bell’aspetto, se si ritrovava in quella situazione. Sango non aveva intenzione di sposarsi col primo arrivato, ma divertirsi una volta tanto era suo diritto, era una donna nel fior fiore degli anni dopotutto. E quell’uomo, Miroku, era stato il primo su cui avesse messo gli occhi da lungo tempo. Era il suo prototipo di uomo ideale, almeno dal punto di vista estetico: alto, vestito con abiti che accentuavano il suo fisico asciutto, un viso spigoloso che sembrava essere stato scolpito nel marmo, un sorriso accattivante e occhi furbi e brillanti che al primo sguardo sembravano averle promesso una notte di sesso spaziale.

Sembrava che gli dei lo avessero messo lì apposta per lei, appollaiato su uno sgabello del bar sotto casa sua con un bicchiere di whisky stretto tra le dita affusolate, pronto per essere cacciato come la più succulenta delle prede. Ed invece si era rivelato solo uno specchietto per le allodole, una trappola ben piazzata da quegli stessi dei in cui non credeva e che invece continuavano a farsi vivi ad intervalli di tempo nella sua vita.

“Mio padre non ne sarà contento e credo che anche il suo avrà da ridire.”

Taisho continuava a parlare ma alla menzione di suo padre Sango smise di ascoltare, le sue parole diventarono un brusio di sottofondo, la colonna sonora della visione che ebbe di suo padre che le urlava contro il suo incommensurabile disappunto. Ne era certa, questa volta l’avrebbe diseredata. Sarebbe finita a fare la lavapiatti in qualche ristorante di terza categoria, una reietta della società,  sarebbe morta sola e senza un soldo. E tutto per colpa sua e della sua maledetta pretesa di sposarsi per amore.

Al diavolo tutto!

Si morse la guancia con forza, quasi staccando via un pezzo di carne e fu sul punto di mettersi in ginocchio ed implorare perdono. Nonostante tutto era sicura che avrebbe potuto trovare un modo per aggiustare ogni cosa.

“Chi era quella donna?”

Quella domanda frenò il turbinio dei suoi pensieri, riportandola alla dura realtà.

Aveva analizzato ogni elemento di quella sgradevole equazione – suo padre, i Taisho, la sua eredità, il suo futuro- ma aveva dimenticato un pezzo fondamentale.

Kagome. La sua migliore amica.

L’amica che aveva accettato di aiutarla e suo malgrado si era ritrovata in qualcosa più grande di lei.

Non poteva confessare, Kagome avrebbe perso molto più di lei se fosse saltata fuori la sua identità.

“Un’attrice.” Sputò fuori senza pensarci su due volte.

“Un’attrice?” ripetè lui, come se avesse fiutato la bugia che le era appena uscita dalla bocca.

“Già.” Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e cercò di riacquistare un po’ di contegno. “Un’attrice che ho scovato in un annuncio e ho pagato per interpretare me.”

Taisho sembrò soppesare le sue parole, tamburellò le dita sul bancone “Quindi lei non sa chi sia quella donna.”

“No.”

“Sicura?”

“Assolutamente.” Le sembrò quasi deluso da quell’affermazione.

Lo vide arricciare le labbra in una smorfia e lo sentì imprecare senza tante cerimonie. Miroku roteò gli occhi come se fosse abituato a un tale turpiloquio.

“Mi ascolti, so di aver sbagliato e mi creda quando le dico che non era mia intenzione mettere nei guai nessuno. Sarei la prima a rimetterci se si venisse a sapere di questa storia.” Sperò vivamente di fargli pena, di riuscire a toccare le corde più profonde del suo animo e di poter trovare con lui una soluzione. “Lei sarebbe stato l’ennesimo appuntamento al buio organizzato da mio padre per piazzarmi al miglior offerente. Dubito sappia come ci si senta ad essere trattati come merce di scambio.” la sua voce suonò patetica anche alle sue orecchie. Perfetto, nulla faceva più paura agli uomini di una donna triste e penosa.

“Scherza, vero?” Inuyasha si sporse verso di lei con tale rapidità che Sango traballò sullo sgabello. Miroku tese un braccio per sostenerla e lei gli scostò la mano infastidita. “Sono stato a quattordici appuntamenti solo nell’ultimo mese, ho conversato con donne che so per certo avrebbero preferito essere ovunque pur di non stare in una stanza con me, donne a cui non importava nulla di me se non del prestigio del mio nome. Quindi sì, so meglio di lei come ci si sente ad essere trascinati al guinzaglio come un cane col miglior pedigree ad una mostra canina.”

Sango si morse le labbra per non sorridere a quell’infelice metafora, ma Miroku trattenne a stento una risata che coprì maldestramente con un colpo di tosse. Inuyasha si girò a fulminarlo con lo sguardo e poi tornò a voltarsi verso di lei sospirando pesantemente. “Ha capito cosa intendo!” 

Batté il piede in terra- una, due, tre volte- pizzicandosi il labbro inferiore tra l’indice e il pollice. Poi si passò una mano tra i capelli candidi e fece per chiamare il barman. Poi abbassò la mano e sbuffò. Sembrava incapace di rimanere fermo…come un cane in gabbia.

“Dannazione!” ringhiò alla fine, sbattendo il pugno chiuso sul bancone.

Sango sussultò ancora una volta e prese un sorso del cocktail che le aveva offerto Miroku. Cominciava a sentire un nodo che le stringeva pian piano la gola, sembrava che ad ogni respiro l’aria facesse più fatica ad entrare ed uscire. Le rimaneva una sola cosa da fare, calare l’asso nella manica che di sicuro le avrebbe permesso di vincere, l’ultima arma a sua disposizione.

Supplicare.

 “Non potrebbe dire a suo padre che il nostro secondo appuntamento è andato male e abbiamo deciso di non sposarci, mh? Di sicuro può capire la mia situazione e sono certa che raccontare questa storia non gioverebbe a nessuno di noi due. Io passerei per una pazza sociopatica e lei per un…”

“Idiota. È questa la parola adatta, vero Sango-san?”- sorrise amaro - “In tutta onestà avrei dovuto capirlo, quella donna non era convincente.”

“Non direi.” si lasciò sfuggire lei, compiaciuta. “C’è una proposta di matrimonio che la contraddice. O la mia am-” si stoppò e si schiarì la gola “o la mia attrice è stata più brava di quanto lei dice o lei è più disperato di quanto pensassi.”

“Posso assicurarle che quella donna ha rasentato il ridicolo.” La schernì.

“Allora perché chiedere di sposarla?” sibilò a denti stretti, incapace di capire quell’uomo e i meccanismi della sua mente.

“Ho le mie ragioni.” La folgorò con lo sguardo e quegli occhi di quel colore così innaturale le fecero quasi paura.

Miroku si sporse per sussurrargli qualcosa all’orecchio e sul viso del rampollo di Toga Taisho apparve prima un’espressione infastidita e poi uno strano spiraglio di speranza. Due canini affilati fecero capolino sulle sue labbra e Sango ebbe un brutto presentimento.

Quando Miroku tornò al suo posto, dritto come un fuso e peccaminosamente attraente alle spalle del suo capo, Inuyasha si rivolse a lei con ritrovato buon umore. “Sono disposto a mentire a mio padre e ritirare la proposta di matrimonio.”

A quell’affermazione le venne quasi da piangere. “Saggia scelta, mi creda.”

“Ma prima di farlo deve portarla qui.” Si aggiustò i polsini della camicia con nonchalance e Sango sentì il soffitto crollarle addosso.

 “Chi?”

“La donna che ho quasi sposato.”

 

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Il fatto che Taijia Sango continuasse a stare in silenzio e ad osservarlo con un’espressione atterrita sul volto, non faceva altro che aumentare la sua rabbia. Come aveva potuto fare una cosa del genere? Sperava di farla franca? Pensava che nessuno l’avrebbe mai scoperto?

Per sua sfortuna aveva incontrato lui sulla sua strada, o meglio Miroku.

Il messaggio che gli aveva mandato, con in allegato la geolocalizzazione di un bar poco distante dal suo appartamento, lo aveva trovato intento a buttarsi sotto la doccia. Ma quel abbiamo un problema aveva vinto sulla necessità di disfarsi dello sporco della giornata. Si era rivestito di fretta e furia ed era corso da Miroku, incontro all’ennesimo problema che si poneva sul suo cammino.

Quando era arrivato aveva trovato l’amico seduto al bancone del bar intento a flirtare con una donna e in lui si era instillato il dubbio che quel bastardo di Miroku l’avesse tratto in inganno per farlo uscire di casa e trascinarlo a bere.

Gli si era avvicinato pronto a sferrargli un pugno, incurante della sua ultima conquista: “Miroku se questo era solo un escamotage per farmi fare da spalla ti giuro che…”

“Ah, Taisho-san, ricorda Taijiya Sango?” e senza troppi preamboli gli aveva porto un biglietto da visita. Niente di stravagante, un font classico con caratteri chiari e lineari e una scritta bianca su fondo nero. Taijiya Sango, Taijiya Group.

Conosceva quel pezzo di carta patinato, lo aveva studiato bene per ore prima di decidersi a chiamare il numero di cellulare che c’era sopra. Aveva valutato tutti i pro e i contro prima di invischiarsi con la proprietaria di quel biglietto e di certo quella che aveva davanti non era la Sango che aveva incontrato lui. Questa era quasi anonima nella sua stereotipicità: tailleur scuro, tacchi lucidi neri e trucco appena accennato.

“Chi è lei?”

“Come scusi? C’è scritto sul biglietto, non ci vede?”

“Proprio perché ho due occhi funzionanti glielo sto chiedendo, chi è lei? Perché va in giro con una falsa identità? Sono stato ad un appuntamento con una certa Taijiya Sango del Taijiya Group qualche giorno fa e a meno che lei non sia una maestra dei travestimenti dubito siate la stessa persona.”

“Che cosa? Io sono l’unica e sola Taijiya Sango. Lei invece chi crede…” gli occhi della donna si erano posati sulle sue orecchie e si era ammutolita, “Oh cazzo” l’aveva sentita sussurrare a denti stretti.

Con un gesto veloce aveva recuperato la sua borsa ed era saltata in piedi come una molla, cercando di svignarsela. “Devo andare.”

Gli si era parato davanti, fermando la sua fuga, “Non credo proprio.” Si era congratulato mentalmente con se stesso per la calma apparente che aveva dimostrato.

“La prego, non renda ancora tutto più sgradevole.” Le aveva suggerito Miroku.

 “Prego si sieda Taijiya-san, se questo è il suo vero nome.” L’aveva invitata a riaccomodarsi mentre lui aveva preso il posto dell’amico. A quel punto il volto della donna aveva assunto la tonalità del mochi appena battuto, lattiginoso e appiccicaticcio.

E quello stesso viso pallido e spaurito continuava a fissarlo ancora adesso che le aveva proposto un compromesso.

“Ha detto che è un’attrice, giusto? Non le dispiacerà farmi avere un incontro con lei, averi bisogno anch’io del suo talento.”

La rabbia per essere stato preso in giro lo aveva accecato e il pensiero di non aver più carte da giocare in quella partita infinita con quel sadico di suo padre aveva mandato in crash il suo cervello. Per di più, il fatto di non potersi affidare all’alcol per obnubilare i sensi almeno un po’ l’aveva fatto imbestialire ulteriormente.

Poi Miroku gli aveva sussurrato all’orecchio come un moderno diavolo tentatore adagiato sulla sua spalla. Il suo piano non era fallito, era solo cambiato il mezzo con cui l’avrebbe messo in atto: non più con la collaborazione inconsapevole di una ricca ereditiera, ma con il contributo di una dipendente pagata e informata dei fatti. Non avrebbe nemmeno dovuto inscenare un matrimonio, sarebbe stato necessario qualche incontro con suo padre, un paio di cene con Sesshomaru e signora e la famiglia al completo si sarebbe rivoltata contro la sua scelta in fatto di donne.

 “Non posso.” La donna abbassò lo sguardo con fare pensieroso e si tormentò le mani. Fiutò il suo timore e anche se in un’altra occasione non avrebbe infierito, non poteva permettersi di lasciarsi sfuggire quell’opportunità. Sango aveva mandato all’aria il suo brillante piano e ora doveva almeno aiutarlo a porvi rimedio.

“Andiamo, mi sembra un buon affare. Rinuncio al matrimonio in cambio del numero di quella donna.” La incalzò “Mio padre ne sarà distrutto, ma al contrario il suo non verrà mai a sapere quello che lei ha fatto.”

 Il solo pensiero di dar noia al suo vecchio lo metteva di buon umore.

“È perfetto.” Cercò di farla ragionare Miroku e lei gli lanciò un’occhiata gelida.                 Quella era la faccia di una donna offesa ed umiliata e non avrebbe voluto trovarsi nei panni del suo amico. Forse lui si sarebbe disfatto di Taijiya Sango e non l’avrebbe più rivista, ma dal suo sguardo capì che lei l’avrebbe fatta pagare cara al suo fedele assistente.

“Mi deve almeno questo, Taijiya-san.”  tornò ad usare il suo cognome come segno di rispetto, averla chiamata per nome prima era stato un errore dettato dalla rabbia.

Si alzò, aggiustandosi la giacca e le porse la mano. Lei sembrò pensarci su, poi in un colpo solo finì il drink che aveva davanti. Prese un respiro profondo e lo imitò saltando giù con grazia dallo sgabello.

Fece per stringergli la mano, poi la ritrasse come se avesse deciso che quell’accordo non la convinceva “Deve promettermi che non la tormenterà, lei non ha colpa.”

“Si preoccupa molto per una che ha detto di non conoscere.”

“Me lo prometta.” Insistette con espressione grave.

Sango gli strinse la mano e invece di veder spuntare sul suo viso un sorriso, le sue labbra si piegarono all’ingiù come se avesse appena stretto un patto col diavolo.

E forse non aveva tutti i torti.

“Ha la mia parola.”

 

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Il cellulare vibrò nel silenzio della stanza, illuminando col suo bagliore il buio attorno a lei e il cuore le saltò in gola. Aveva inserito il numero di Taisho nella sua blacklist, ma il solo pensiero di poter ricevere ancora una sua chiamata o un suo messaggio la tenevano sulle spine.

 Lesse con gli occhi socchiusi, accecata dalla luce dello schermo.

Tutto risolto. Non preoccuparti.

Il sonno la reclamò all’istante e tornò a dormire con una sensazione di leggerezza sul petto.

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Tornare a casa da sola le sembrò giusto, una punizione adeguata per quello che aveva appena fatto. Si sfilò le scarpe e le lasciò all’entrata, gettò la borsa in un angolo e si diresse in bagno. Il tradimento aveva insozzato la sua coscienza e le aveva lasciato una sensazione di sporco addosso.

Aveva venduto Kagome al prezzo della sua libertà.

Si guardò nello specchio della toeletta e inorridì nel constatare che sul suo viso non c’era nulla che rimandasse a quell’orrendo crimine, si portava tutto dentro, un peso grosso e maleodorante che l’avrebbe presto schiacciata.  “C’è un posto col tuo nome giù all’inferno, Sango. Hai tradito la tua amica, mi fai schifo.”  Disse al suo riflesso e per la prima volta quella sera uscì verità dalla sua bocca.

 

 

 

 

Nda: grazie per le recensioni, i segui e preferiti che sono arrivati durante tutto questo anno e più di attesa. Se sono tornata su questa storia è anche merito vostro!! Sono più che sicura che ci siano errori e sviste che mi sono sfuggiti nella rilettura ma avevo bisogno di buttare fuori questo capitolo per decongestionare l’accumulo di idee e storie che si affollano nel mio cervello. Spero di poter buttare fuori qualcos’altro alla svelta, sinceramente. Alla prossima! :)


   
 
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