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Autore: oscar 82    25/04/2024    1 recensioni
Dal capitolo 1: "...Sta mentendo.
Ha voluto che fossero loro due da soli, dopo talmente tanto tempo che Merlin neanche più ricorda come sia essere ancora Merlin e Arthur - gli inseparabili, le due metà indivisibili che un Fato crudele ha legato con il filo spinato del segreto, un segreto che li ha feriti fino a dissanguarli senza rimedio".
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Un anno prima
 
 
 
 
 
Merlin ha percorso il pavimento del suo alloggio in lungo e in largo così tante volte, che - se solo vi avesse prestato attenzione - potrebbe riferire con esattezza da quante pietre è composto o quante scanalature siano presenti.
 
Sfortunatamente il suo pensiero è rivolto interamente a Gaius, a colloquio con il Re da tempo indeterminato. Ha smesso di contare le clessidre da un po’ ma i raggi del sole, provenienti dalle finestre in alto, sono sempre più obliqui. 
 
Inspira profondamente come per sforzarsi di respirare; per la prima volta sente il bisogno di sedersi. 
La magia scàlpita sotto la pelle e la fatica per contenerla - per non lasciarla andare -  è enorme, estenuante.
 
Ha bisogno di uscire, le pareti gli si stringono intorno e la stanza sta prendendo sempre più i contorni di una prigione.
La stessa cui è condannato da mezza luna, oramai. 

Isolato da tutto e da tutti – le uniche persone che gli è concesso di vedere sono il medico e Lancelot, correi di aver celato la sua identità di stregone, operante nel cuore di un regno che ripudia la magia.
Al fianco del Sovrano, notte e giorno da anni.
 
Si porta una mano alla gola. Non riesce nemmeno a deglutire per quanto è riarsa. 
 
Il cigolio dei cardini lo fa sobbalzare.
 
“Gaius! Finalmente!”
Con uno scatto quasi felino Merlin si fionda tra le braccia del suo mentore. Si allontana subito però, ansioso di scrutarne il viso.
“Come state? Vi hanno…”,
ma l’anziano dottore fa cenno di no con il capo.
 
“Accendi il fuoco, Merlin, si gela qua dentro”

dice, la voce è roca per la stanchezza.
 
Solo ora si accorge dell’aria rigida che invade la stanza. Allunga una mano verso il camino, senza pronunciare nemmeno una parola: se lo facesse, perderebbe il controllo sui suoi poteri, completamente alla mercé delle proprie emozioni. 
Potrebbe appiccare un incendio all’intero castello per quanta frustrazione ha accumulato.
 
Gaius si lascia cadere su una sedia accanto al fuoco.
 
“Cosa… Cosa vi siete detti?”
 
Gli occhi di Merlin - accucciato ai suoi piedi -  scrutano la sua figura alla ricerca di una luce, di un segnale che anticipi parole di speranza. Invano.
 
“Mi hanno fatto raccontare tutto quello che sapevo, Merlin. Tutto, sin dal tuo arrivo a Camelot”.
 
“E lui?
 
“Niente. Non ha mai parlato, si è limitato ad ascoltare in silenzio. È stato lo stesso, identico interrogatorio che ha subìto anche Lancelot. Mi spiace, ragazzo”.
 
Merlin scuote la testa, come se non volesse credere a quello che ha appena sentito. 
Si alza in piedi scattando, dandogli le spalle. Sta per crollare, lo sente dall’impercettibile tremolìo che lo attraversa -  come se non potesse più lottare contro la tensione magica che lo strema dall’interno. 
 
Quando i suoi occhi incontrano di nuovo quelli dell’anziano amico, brillano d’oro e di lacrime trattenute.
 
“Quindi cosa accadrà? Vi toglierà il titolo di medico di Corte? Perché non interroga me, perché non parla con me?”
e l’ultima domanda è quasi un grido, disperato e incontenibile.
 
Una brocca d’acqua cade e si disintegra in decine di cocci, mentre un vortice di vento, rapido, spalanca le finestre per poi richiuderle immediatamente.
 
“Merlin. Il Re non mi farà del male, come non lo ha fatto a Lancelot. Avrebbe già potuto ordinare la tua esecuzione - la nostra esecuzione -  se solo avesse voluto. Dagli tempo”.
 
Le parole di Gaius sono calme e misurate – a dispetto di come appare, visibilmente provato. Il mago le sente a malapena, le sue orecchie rimbombano dei battiti impazziti del proprio cuore e del sibilo crescente della magia che lotta contro la sua flebile volontà. 
 
Genōh. Genōh! intima allora perentorio, chiamando a raccolta tutte le sue ormai deboli forze per acquietare il suo stesso potere. 
 
“Tempo”,
sussurra appena. 
“Quanto ancora dovrò restare chiuso qui? È come essere nelle segrete, non cambia nulla. Non permette nemmeno a Gwen di rivolgermi la parola”,
le mani si stringono intorno allo schienale della sedia come per cercare un appiglio per stabilizzarsi. 
“Cosa avrei dovuto fare, uhm? Lasciare che Agravaine lo uccidesse? Ditemelo voi, Gaius”

conclude, la voce che si frantuma nello sforzo di frenare il pianto.
 
Il medico si muove per andargli incontro e prendergli il viso tra le mani, un gesto paterno che lo riporta indietro ai loro primissimi tempi insieme. 
 
“Tu non hai nulla da rimproverarti. Purtroppo Arthur ha scoperto di te nel peggiore dei modi e ora ha troppo con cui fare i conti. Lascia che si dedichi al suo matrimonio. Vedrai... dopo le nozze sarà disposto ad ascoltare le tue motivazioni”.
 
Merlin non può fare a meno di avvertire il suo cuore accartocciarsi, come un vecchio foglio di carta pergamena da buttare.
 
La magia torna a bruciare rovistando tra le sue debolezze, ma è un ultimo squillo: anche la sua linfa vitale sembra essere sfinita, arresa.
Forse è così che ci si sente quando arriva la morte, pensa.
 
“Conosco Arthur più di me stesso. Sta semplicemente cercando un modo per punirmi e credetemi, mi cercherà solo quando lo avrà trovato”.
 
 Le sue parole sono atone, fredde al pari del brivido che lo attraversa lasciandolo tremante pur di fronte al camino, alla ricerca di un conforto che nemmeno le fiamme possono dargli.
 
Non è quello, il calore di cui ha bisogno.
 
Gaius lo guarda, sospirando.
 
“Mangiamo qualcosa, ti va?”
 
Merlin gli è davvero grato per come riesce a gestire la situazione. Probabilmente sarebbe già impazzito se non ci fosse lui, o magari avrebbe commesso qualche irreparabile sciocchezza. 
Vorrebbe dirglielo, ma non trova fiato per rispondere.
 
Annuisce appena, benché lo stomaco sia chiuso da una morsa, continuando a fissare l’ondeggiare del fuoco senza realmente vederlo. 
 
“Posso unirmi a voi?”
 
La voce calda di Lancelot arriva come lontanissima; non lo ha sentito entrare. 
Il giovane sorride malinconico, la sua tunica grezza è impolverata di terra e Merlin potrebbe scommettere che ha spaccato legna tutto il giorno.
 
Non che gli sia concesso di fare molto altro, da quando è stato estromesso dalla Tavola Rotonda.
 
“Ma certo, accomodati. Mi metto subito all’opera”

e Gaius comincia a rovistare tra pentole e mestoli. Lancelot si avvicina al fuoco e Merlin sente una forte stretta su una spalla, quasi a tirarlo fuori dal torpore in cui è scivolato.
 
Lo guarda appena un istante, come per dargli il benvenuto; poi i suoi occhi tornano a naufragare tra le spire danzanti, i suoi stessi pensieri risucchiati dal fumo si annebbiano e lo portano lontano, dove c’è spazio per un’unica, silenziosa preghiera.
 
Arthur, ti prego. Parlami.
 
 
 
 
 
Nella penombra che avvolge le sue stanze, il Re vorrebbe tanto che il sonno lo inghiottisca così da dimenticare, anche per poche clessidre, l’incubo che sta vivendo a occhi aperti.
 Ma troppi sono i pensieri che lo agitano e d’improvviso la voce di Merlin gli squarcia la mente, come se fosse lì presente e vivo davanti a lui.
 
Sobbalza, spalancando gli occhi. È chiara, reale tanto che Arthur pensa per un momento che la ragione lo stia abbandonando.
 È paradossale - ora che finalmente Gweneviere ha accettato di sposarlo e che sta per avere ancora una famiglia -  soffrire in questo modo. Dovrebbe essere felice.
 
Non lo vuole ascoltare. Non lo ascolterà.
Merlin non ha alcun diritto di fargli così male.
 
 
******
 
 
Camelot è un tripudio di rosso, di drappi dorati, di fiori appena sbocciati in una primavera ancora fredda ma generosa. In ogni angolo si respira aria di festa: le nozze di Arthur Pendragon sono alle porte.
 
Tra due giorni il regno avrà una Regina. E non una Regina come tutte le altre, no. Una ragazza del popolo, l’umile figlia di un fabbro che tuttavia ha fatto breccia nel cuore del Re più desiderato di Albion. 
 
Tutto sembra andare per il meglio a Camelot malgrado il subbuglio degli ultimi tempi e Merlin ne è felice, nonostante tutto.
 
Dopo il colloquio di Gaius con la Corte, ha ricominciato a uscire di tanto in tanto,  per  accompagnarlo nelle visite agli ammalati; il medico - con suo gran sollievo - ha conservato la preziosa professione. 
Chissà che anche Lancelot non venga presto reintegrato tra i Cavalieri: magari Gwen potrà convincere il Re.
 
Almeno i suoi amici non pagheranno il peso delle sue colpe. È l’unica cosa che allevia la sua costante spina nel cuore; si consola al pensiero, dirigendosi verso il laboratorio con il cesto pieno di ampolle da riempire e indugiando ancora a osservare l’entusiasmo generale per i preparativi nella Città Bassa, attento a non attirare l'attenzione.
 
Sorride tra sé, un sorriso piccolo e affranto - come il suo cuore ferito. 
 
Sa che non potrà assistere alla celebrazione, né partecipare ai festeggiamenti. È ancora sospeso, in attesa, clessidra dopo clessidra. 
 
Arthur ha ignorato anche le sue suppliche a distanza; le ha sentite – lo sa, ne è sicuro – ma ha deciso di non ascoltare. Rabbia e frustrazione - divampanti in precedenza - hanno lasciato il posto nel suo animo a una rassegnazione densa e incolore, un sentimento che non fa parte di lui ma che lo aiuta in qualche modo a sopravvivere.
 
La magia scorre dentro alla medesima velocità, senza mutamento. Lenta, priva di palpiti: lontano da Arthur, il suo potere è come inebetito.
Non ha neanche voglia di usarlo per le formule mediche o per il fuoco. 
È come averlo perduto.
 
Sospira, poggiando il cesto sul tavolo. 
 
Sarà meglio mettersi subito al lavoro prima di cadere di nuovo nella trappola dei pensieri, prima di guardare ancora alla voragine che gli ha lasciato dentro l’assenza del Re: sembra d’essere strappato a metà, un senso di alienazione che lo stordisce e non può, non deve assecondarlo, altrimenti rischia di perdersi.
 
“Sei sicuro di voler fare tutto da solo?”
 
Gaius si è alzato dallo scrittoio. Gli si avvicina e non può trattenersi dall’esaminarlo con attenzione – Merlin legge perfettamente la preoccupazione tra le rughe che percorrono il suo viso. Vorrebbe far qualcosa - qualsiasi cosa -  per scacciarla via, per non impensierirlo.
 
“Per favore. Ne abbiamo già parlato. Riposate e preparatevi al meglio per questo evento. Siete andato a ritirare il vostro abito? Deve essere pronto oramai”,

dice senza smettere di allineare i recipienti. 
 
“Merlin… C’è ancora speranza. Io credo…”.
 
“Gaius. Non c’è alcuna possibilità che Arthur mi voglia al suo matrimonio”
taglia, con maggiore acredine di quanto in realtà volesse usare. Non può voltarsi a guardarlo, perché i suoi occhi sono già velati di lacrime. 
Maledizione, è un debole.
 
Inspira profondamente, dirigendosi verso il fuoco per controllare la temperatura del liquido da imbottigliare. 
 
“Passerò dalle lavandaie e controllerò le donne in attesa, allora”

fa, sfiorandogli solo leggermente una spalla prima di prendere la sua sacca e oltrepassare la porta. Merlin si sente quasi sollevato nel poter rimanere da solo. 
 
Comincia a stillare il liquido nelle bottigliette, una dopo l’altra. In passato avrebbe pagato per poterlo fare con la magia, in fretta,  per guadagnare anche una sola clessidra da spendere in compagnia di Arthur. 
 
Perché è vero, no? Ha sempre cercato di passare tutto il tempo con lui. Anche quando il Re era di cattivo umore - o addirittura irritato dalla sua presenza - Merlin non ha mai desiderato lasciarlo.
 
Arthur è il Sole, per Merlin: anche coperto dalle nubi o mascherato dalla pioggia, è sempre lì, immutabile. E Merlin ne ha disperatamente bisogno, necessita della sua luce, del suo calore.
 
Aspetta e basta, si ripete da giorni, fallendo puntualmente. 
Non c’è nulla di più innaturale di quella separazione.
 
“Non puoi fare questo da solo”, gli aveva detto Khilgarrah, anni prima. La verità è che Merlin fatica anche a respirare correttamente senza Arthur accanto; è disposto a sopportare e a subire la sua ira, la sua delusione: qualsiasi reazione o punizione purché gli parli e capisca perché lo ha fatto. Perché gli ha mentito tanto a lungo.
 
Si ferma a asciugare con un gesto di stizza le lacrime che infine non è riuscito a fermare. Forse il Sovrano ha intuito che questo - la distanza e il silenzio tra loro -   è già la più sottile e dolorosa delle punizioni.
 
Prosegue il suo lavoro senza sosta, la sera sta calando e Gaius probabilmente rientrerà a momenti. Gli sembra di sentire dei passi procedere verso l’alloggio, ma improvvisamente c’è qualcosa nel loro suono – una folata, una carica vitale che riconoscerebbe anche dall’oltretomba.
 
La magia inizia a correre nel sangue ruggente, come per prepararsi a deflagrare.
 
Merlin resta congelato quando la porta del laboratorio si spalanca.
Una bottiglia scivola via dalle mani schiantandosi al suolo, ma non ne avverte il rumore. 
L’ unica cosa che sente è il proprio palpito impazzito -  l’unica che vede è la figura che si staglia davanti ai suoi occhi.
 
“Arthur…”.
 
 
 
 


Nda - Soundtrack per questo capitolo: “Secrets” – One Republic
 
 
 
 
 
 
 
  
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