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Autore: Chemical Lady    27/04/2024    0 recensioni
[[ Spoiler su tutto Tokyo Ghoul :re - Presenza di personaggi OC nella storia ]]
La figura che troneggiava su di lei sembrava un angelo.
Distinta, si stagliava verso il cielo possente, spezzando il buio notturno con la sua bianca presenza. Il cappotto candido cadeva fino al terreno, immacolato ad eccezione di qualche piccola ma visibile goccia di sangue. Una costellazione vermiglia, spaventosa, che impregnava il tessuto sovrapponendosi ad altre più vecchie, marroni e rapprese, ad alta velocità.
Il volto, invece, pareva quello di un demone. Gli occhi dall'innaturale sclera nera spiavano impassibili e annoiati il solo superstite della squadra Hidaishi.
Riversa sul marciapiede, in una pozza della sua stessa urina, c'era una ragazza dai capelli neri, che spuntavano arruffati da sotto il casco della divisa antisommossa del CCG. Teneva gli occhi ambrati fissi su quelli del ghoul dalla maschera rossa, incapace di distoglierli.
Sto morendo , si diceva in una lenta litania. Sto morendo.
Aiko Masa, vent'anni sprecati a compiere scelte inutili, stava morendo.
[[ Quinx Squad center ]]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sasaki Haise, Sorpresa, Un po' tutti, Urie Kuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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僕は孤独さ – No Signal

Parte settima: Il caso Re.

 

 

 

 

Arima si era fatto strada fra i cadetti, scivolando silenzioso come un soffio di vento mattutino che appena piega i fili d'erba in una carezza.  Aveva sfilato fra le colonne di sedie, attirando l'attenzione solamente nel momento in cui era apparso nel campo visivo di una giovane ragazza, probabilmente del primo anno, che aveva lanciato come un cinguettio sorpreso alla vista della Morte Bianca fra loro. Lontano dal palco e dai riflettori che l’avrebbero reso la principale delle attrazioni. Non era andato lì per quello, ma per assistere.

Arima aveva proferito una sola parola, mentre ascoltava il discorso di Aiko.

Aveva prestato molta attenzione alla scelta delle parole, ma poi si era lasciato distrarre dal modo in cui esse venivano pronunciate. C'era un fuoco che bruciava ardente nelle iridi dorate di Masa, tanto giovane e sprovveduta, quanto rovinata. Nemmeno un Dio sarebbe riuscito a guarirla da quelle profonde ferite che la dilaniavano, nessuno sarebbe mai riuscito a sollevarla dal dolore in cui era sprofondato tanti anni prima e lui ne era consapevole.Conosceva il dolore, più a fondo di quanto avrebbe mai potuto ammettere. Rimase quasi affascinato dalla maniera in cui una persona che si era detta essere non qualificata a sufficienza da poter tenere un discorso, aveva poi ammutolito un'intera palestra piena non solo di giovani inesperti ma anche di veterani. Le sue parole erano come veleno, iniettato nelle orecchie di Matsuri;non erano una provocazione al sistema, non erano un gesto generoso di un agente con qualche anno di esperienza che voleva avvisare le giovani leve ciò che avrebbero incontrato sulla loro strada se non avessero adeguatamente scelto il loro posto. Quella era pura soddisfazione personale, egoismo e voglia di rivalsa verso Matsuri, e in esso rivide Eto. 

Nessuno gli era mai sembrato nemmeno lontanamente ambizioso e determinato quanto lo era stata Eto.

E poi eccola lì, stretta in un completo color avorio che non stava bene con la sua carnagione, ma con la testa alta di una regina che non ha intenzione di fare cadere la corona nemmeno davanti a un drago. 

In quel momento Arima lo capì. Se non si fosse sbrigato, se non avesse fatto le scelte giuste e se non avesse mosso pedine più velocemente su quella scacchiera che cambiava ogni giorno rendendolo quasi cieco nei confronti della sua avversaria, allora Eto avrebbe avuto un vantaggio e questo non poteva permetterlo. Doveva esserci un equilibrio. Si erano detti che se tre teste fossero cadute, allora tre avrebbero preso il loro posto. 

La ragazza che stava di fronte a lui, che parlava con quella veloce ricolma di tracotanza, avrebbe tranquillamente potuto essere regina, cavallo e torre. Nessun pezzo degli scacchi però poteva fare gli stessi movimenti degli altri. Persino la regina era vincolata. 

Quando le parole lasciarono spazio a un silenzio confuso fu lui a romperlo; alzò le mani e iniziò a batterle rivelando così la sua posizione, suscitando la rabbia di Marude, il disprezzo di Matsuri, e lo sgomento dei presenti. Assieme a quello sgomento però raccolse tutti i consensi come così facilmente vi diveniva. 

Attese che anche gli ultimi oratori parlassero prima di avvicinarsi ai suoi uomini. A quel punto successe qualcosa che nemmeno Arima aveva previsto. Masa alzò la sedia senza degnare nessuno di uno sguardo, si avvicinòa lui silenziosa facendo un piccolo inchino capo, e poi aveva preteso spiegazioni.

Lui era presente perché far tenere il discorso a lei?

Tutto però aveva un senso nei disegni di Arima. Si disse nella sua testa che era pronta per il passo successivo e guardando verso Koori lo fece capire anche a lui. Aiko era un pezzo degli scacchi fondamentale per Eto. Lei l'aveva plasmata esattamente come l'aveva voluta, per anni Arima era stato a conoscenza del fatto che Eto aveva tra le mani qualcuno che Kishou avrebbe scartato. Un fantoccio di pezza che lui non aveva creduto possibile potesse diventare una protagonista della guerra che sarebbe arrivata in futuro. E invece eccolo lì, il pezzo decisivo che lo avevano mandato in confusione. Re in angolo. Scacco. Poteva soltanto allineare i suoi alfieri e magari sacrificare un pedone, cercando di tenere Eto lontana. Però quella regina avrebbero potuto sfruttarla insieme. Dopotutto sulla scacchiera ce ne sono due e Aiko era abituata alla sua triste doppia vita. 

Arima se ne dispiacque, ma aveva sacrificato tanto per arrivare a quel punto. Avrebbe sacrificato ancora molto altro. Lei era soltanto un altro pezzo da mandare al macero. 

Ma non l'avrebbe lasciato fare a Eto, le avrebbe tolto la soddisfazione di muovere e farsi mangiare la regina. 

Aveva sacrificato tanto.

Avrebbe sacrificato ancora molto.

 

Capitolo quarantuno

 

«La libertà è decidere cosa farai per te stessa d’ora in poi.»

 

Questo era stato tutto quello che Arima le aveva detto mentre scendevano dall’elicottero. Lei aveva già il cappuccio calato sul capo per celare la sua identità al resto degli agenti accorsi nella tredicesima e il suo capo stava dirigendosi con passo sicuro verso Suzuya, che avrebbe coordinato lo smantellamento di un cospicuo – a detta loro- numero di Smoking Bianchi. Aiko aveva smesso di dispiacersi per loro fine quando la Morte Bianca l’aveva riportata alla realtà con quella frase. Di giorno in giorno, Masa si convinceva sempre di più che lui in un modo o nell’altro avesse scoperto tutto, che sapesse benissimo chi fosse e cosa avesse fatto. Non poteva riferirsi solamente al suo atteggiamento nichilista nella squadra Hirako, non dopo aver collezionato così tanti brillanti successi con  i Quinx. Sulla carta, lei aveva smesso di buttare la sua vita ma l’aveva messa a disposizione per gli altri. Per salvare membri della sua squadra e risolvere casi impossibili.

Che eroina… 

Che ipocrita. 

« Io, Sasaki e Rikai affiancheremo Arima nell’avanscoperta », spiegò Koori mentre si sistemava per bene il cappuccio così che le  ciocche del caschetto non scivolassero oltre il bordo. Uno del tre ragazzini che facevano parte della squadra, la sola femmina, lanciò uno sguardo sprezzante ad Aiko, prima di girare sui tacchi per avvicinarsi ad Haise, l’unico eccetto Arima a non nascondersi dietro a nessun capo di abbigliamento. Il solo a vestire il nero, fra loro. Aiko si chiese perché Rikai non pareva trovarla simpatica, ma soprattutto si chiese quanto pazzo fosse Arima a far partecipare a delle operazioni al limite del mortale dei quindicenni. « Yusa, Shio, Hirako e Masa, vi occuperete delle retrovie. Non fatevi male. »

Un ultimo sorrisetto sprezzante e poi il classe speciale li congedò. 

« Vedo che Koori non perde mai il suo schifoso sarcasmo nemmeno in missione », valutò Aiko, facendo ridacchiare il ragazzino dai grandi occhi verdi. 

« Il classe speciale Ui è divertente, infondo », le disse con la voce sottile tipica dei ragazzini che ancora non l’hanno totalmente cambiata. Shio le sorrise incoraggiante, alzando il pollice, prima di prendere le sue spade e scaldarsi un po’ i polsi facendole roteare. Anche Yusa prese la sua spada, sfilandole di fronte con lo sguardo puntato in avanti. Shio la adorava, Rikai la odiava. Yusa la ignorava. 

« Da uno a dieci quanto sono indesiderata qui? »

Take spostò gli occhi dal cellulare che aveva in mano, guardandola perplesso come se non fosse sicuro stesse parlando con lei. Poi inviò una gif a sua nonna, interrompendo la conversazione via chat con un grosso cuore di glitter. « Se sei qui è perché sei molto voluta. Arima poteva portarti dopo il festival, ad ogni modo. Non conosci nessuna formazione. Sarà un mistero come- »

« Sisì va bene, non starò fra i piedi», lo interruppe con un gesto della mano, prendendo a sua volta il telefono e trovandoci un messaggio di lamentele di Urie su quanto le feste potessero essere noiose. 

-Tu pensi proprio di non farcela a passare? Nemmeno per un saluto? Hige ci teneva.-

Aiko aveva sorriso intenerita, isolandosi da Take che le stava dicendo di non usare la kagune se non in un momento in cui non fosse possibile notarla troppo per preservare la sua identità. 

« Come se le quinque non ci smascherassero già abbastanza.»

« Quelle tecnicamente si possono prendere in prestito, ma una kagune è un po’ difficile sfilarsela dalla schiena. »

« Farò del mio meglio allora. Certo, in una squadra di soli uomini ogni tanto mi viene voglia di sbatterlo anche io sul tavolo, il mio organo predatorio, ma mi tratterrò.»

-Non credo, abbiamo risposto a un’emergenza : ( ti racconto dopo. E comunque, per amor di cronaca, se vuoi vedermi, non devi usare Hige come scusa ; ) scommetto che sei uno schianto. – 

Dopotutto, Urie stava lavorando molto su Matsuri per venire anche lui promosso, ma questo Aiko non glielo scrisse. In una condizione normale, lo avrebbe fatto senza pensarci due volte. Anzi, avrebbe iniziato il messaggio con quella provocazione, ma dopo la cassetta di Mei aveva abbassato parecchio la testa. Era certa che anche lui l’avesse notato, ma non avevano avuto molto modo di parlare. Aiko non sapeva nemmeno se avrebbero mai davvero parlato di nuovo. Lui l’aveva detto, che non voleva perdere più nessuno ed era pronto a macchiarsi della peggior ignavia per evitarlo.

-Fai attenzione, Ai. Ti aspetto a casa.-

Sorrise teneramente di fronte a quel messaggio, stringendo il telefono con entrambe le mani per qualche secondo, mentre si decideva se scrivere un altro messaggio o meno. Si guardò attorno e notò un paio di agenti che stavano vomitando per la tensione. Altri invece erano semplicemente nervosi, o rassegnati. Rivide se stessa in quel nervosismo, ma leei non era più così da un po’, anche se ogni volta che abbassava la guardia tornava ferita.

Non era scritto da nessuna parte che solo perché c’era Arima avrebbe riportato la pelle a casa.

Non c’era scritto da nessuna parte che pur usando tutta la sua forza senza più trattenerla, non sarebbe finita di nuovo in ospedale o peggio, in una casa.

Per cui seguì il suo cuore e digitò. Rilesse e inviò, col cuore che le batteva forte contro la protezione del petto, sotto al cappotto.

-A dopo. Ti amo, Kuki Urie.-

« Ci spostiamo ora », le disse Hirako, « copriamo le squadre Tsubashi e Maguchi dal versante ovest del complesso residenziale.»

Aiko annuì e si chinò per prendere le valigette, mentre il telefono le vibrava in mano. Guardò quasi colpevole Take, che impassibile, le disse che aveva dieci secondi per presentarsi in linea. 

Velocemente sbloccò il telefono e si sentì abbastanza delusa dalla risposta di Urie. 

-Ora sì che sono preoccupato.-

Aiko sospirò, liberando Aus delle costrizioni di metallo e impugnandola, mentre si chiedeva cosa si stesse davvero aspettando da lui, che faticava a dar fiato ai suoi sentimenti di persona, figurarsi al telefono. Fece per mettere via l’apparecchio per raccogliere la valigia di T-Human, quando questi vibrò di nuovo. 

Lesse dal display, senza aprire il messaggio e non riuscì a trattenere un sospiro accompagnato da un sorrisetto stupido, da ragazzina innamorata. 

-Ti amo, Aiko Masa. Ripresentati allo Chateau in un unico pezzo- 


 

« Yu, Shio, formazione 11!»

Aiko si sentiva un po’ stupida e lasciata da parte in tutto quel gioco di intrecci e incastri. Alla fine si erano sostituiti alle due squadre che dovevano coprire per facilitare la loro ritirata e si erano letteralmente messi a fare le pulizie di pasqua a metà ottobre; corpi di ghoul moribondi o già trapassati ricoprivano il pavimento a mattonelle scure del corridoio che stavano ripristinando per garantire un’uscita veloce alle squadre dell’avanscoperta. Aiko non aveva mai apprezzato abbastanza le squadre che permettevano a lei e gli altri colleghi delle precedenti avventure di potersene uscire fuori a fumare una sigaretta subito dopo uno scontro, invece di venir bloccata in una tenaglia mortale. Lei non si stava nemmeno sforzando troppo, limitandosi a non colpire i colleghi con la lunga impugnatura della pesante Aus, che mulinava e menava a destra e manca. 

Arima le aveva detto, sull’elicottero, che se avesse fatto come diceva lui, sarebbe stata promossa a speciale in cinque anni. Se fosse rimasta nella S3 anche dopo il matrimonio, se avesse desiderato far carriera, l’avrebbe messa a capo di una sua unità alla fine del percorso e allora avrebbe ottenuto quello che voleva. Fare di testa sua. 

La sola condizione era smettere di fingersi debole. Smettere di trattenersi.

Come lui facesse a sapere che si risparmiava era un bel mistero, ma le poche volte che non l’aveva fatto era andata a finire molto bene, come quando Labbra Cucite si era beffeggiata di Urie Kuki senza nemmeno farsi un graffio, o molto male come quando era finita sotto alle scarpe del suo Laoshi.

C’era però un che di catartico nel non dover calcolare ogni minima mossa. Nel lasciare che la sua kagune si allargasse e diramasse come le grasse ali di una falena per proteggere i suoi compagni, oppure che si irrigidisse come i rami di un albero per trafiggere sette nemici in un solo colpo. Gli insegnamenti di Eto davano finalmente i suoi frutti sotto gli occhi meravigliati dei bambini del giardino e quello sempre apatici di Take. Poi c’erano Aus e T-Human. Se la lancia era come una estensione del suo braccio, abutuata all’arma dalla graziosa Izanami, T-Human rimaneva ancora un mezzo mistero che non aveva senso sfoderare nella modalità spada e che nella modalità raggi non sapeva ancora usare. Pochi agenti erano portati agli ukako e lei non era evidentemente fra loro e il potenziale elettrico di T-Human rimaneva quindi inutilizzato.

Su quello Arima avrebbe avuto da ridire.

Con la coda dell’occhio Aiko vide Yusa retrocedere, stanco, per schermarsi dai colpi di un grosso koukako. Come se l’avesse previsto, impedì che cadesse a terra dopo aver pestato su un braccio e lo spostò con energia usando un sottilissimo ramo di kagune che con una precisione chirurgica lo alzò in aria e lo spostò di due metri. Poi prese la rincorsa, sciogliendo i legami rc per essere libera di muoversi e roteò la lancia nel palmo, tenendo le dita stese fino a che la lancia non ebbe l’inclinazione giusta. Poi ne infilzò due, chiedendo mentalmente scusa ai sottoposti di Naki, che morirono ancora incastrati nella sua arma. La ritrasse, sentendo ossa, legamenti e muscoli far un poco di resistenza prima di venire recisi dalla lama violetta, che roteo di nuovo per pulire dal sangue.

L’arma di Hairu non sarebbe potuta finire in mani più rispettose. 

« Corridoio ovest ripulito. Estrazione dei feriti sicura, ripeto: estrazione dei feriti sicura », comunicò Take nella trasmittente, mentre tutti si risistemavano i cappucci. 

Aiko fece per raccogliere la valigetta, ma Shio lo fece per lei, sorridendole contento mentre le si affiancava. Lei sorrise a sua volta, sistemandogli il cappuccio meglio sul viso.

Le piaceva quel piccoletto, metteva allegria.

« Se avessi sempre combattuto così, ci saremmo evitati un bel po’ di grane », le fece notare Hirako, mentre diverse unità mediche passavano attorno a loro. Aiko lo tirò di lato per permettere ai barellisti di fare il loro lavoro. 

« Non capisco cosa intendi, Arima mi sta insegnando a combattere così. »

« Come no. »

Take non insistette, però alzò il capo facendole cenno. 

Su una trave di sostegno a due metri da terra, Yusa li guardava con interesse, dondolando le gambe mentre sgranocchiava quella che sembrava una barretta. 

« Sto bene, ma non lasciatemi qui», disse loro, mentre Aiko si portava una mano sulla faccia.

Non si era nemmeno accorta di averlo portato in alto e non lontano, tanto era concentrata a non tranciare il suo corpo in due con la kagune. 

« Ti faccio scendere…. Appena siamo di nuovo soli», confermò facendo ridacchiare Shio e strappando un sorrisetto anche a Take. 

 

 

Le luci dello chateau erano spente quando entrò dalla porta principale, inserendo il codice dell’allarme prima che questo allertasse del suo ritorno tutto il vicinato. Si sedette lentamente sul gradino di legno, constatando che era quasi l’una di notte e quindi aveva difronte a sé ben sette ore prima di doversi presentare al campetto di atletica dell’accademia per provare ancora e ancora la routine della staffetta. Se la prese comoda, mettendo le valigette nel loro vano e appendendo il cappotto argentato. Lo guardò di nuovo con conflitto, da una parte onorata e lusingata mentre dall’altra certa che non servisse a niente. Non doveva rimanere nemmeno nella s3, in fin dei conti, no? Doveva sposarsi, fare  quattro mesi con Arima nemmeno fosse lui la sua luna di miele – dal momento che mai le avrebbe concesso il tempo per farne una- e poi tornare nei quinx, nella sua squadra. Alla sua routine. A passare ogni istante sveglia con Urie, come sua vice.

Da una parte, lo voleva con tutta se stessa. Era uno strazio accumulare poche ore giornaliere e sperare che il giorno libero fosse davvero libero. Dall’altro canto, quel capotto se lo era guadagnato. Perché Aiko non si era mai sentita all’altezza di niente nella vita, aveva vissuto con la sindrome dell’impostore tutta la sua dannata esistenza, ma da quando era entrata nella squadra di Arima, aveva fatto cose interessanti. Per il cielo, anche prima. Da quando aveva iniziato a lavorare anche per se stessa, per risolvere i casi per conto di Sasaki, quando aveva voluto trovare Nagachika e ci era riuscita. Quando aveva affrontato Tatara, salvata la diciannovesima, riportato a casa Seidou….

Lei se lo meritava di essere nella S0. Di essere accanto ad Arima.

La squadra che cammina sul filo della legalità non poteva che darle un posto in cui accucciarsi e aspettare che la fortuna finisse.

Perché magari nella vita non era brava a fare nulla che non fosse uccidere e smascherare gli altri, ma in quello era dannatamente brava o credeva di esserlo.

Per cui non sapeva se volesse tornare davvero indietro.

Per amore, credeva, avrebbe fatto qualsiasi cosa.

Ma l’Amore non avrebbe dovuto chiederle tanto.

Si fece un appunto mentale di parlarne con Urie seriamente, come due adulti, mentre infilava le ciabatte e sganciava il reggiseno da sotto la camicia. Iniziò anche a liberare i capelli dalle trecce che li stringevano al capo, mentre andava silenziosamente verso la cucina per uno snack pre-nanna. Un profumo molto più invitante di qualsiasi biscotto le arrivò subito al naso. Seppur nell’oscurità, avrebbe potuto dire dove si trovava Urie senza sbagliare di una spanna. In quel caso specifico, era sul divano e a giudicare dal respiro costante e rilassato, dormiva come un sasso. Si sporse per accendere una piccola lampada sul tavolino della poltrona e poterlo guardare.

Lui non si svegliò, segno che doveva essere parecchio stanco. Passò le dita delicatamente fra i suoi capelli, non forzando le ciocche ancora imprigionate da un leggero velo di lacca, prima di appoggiare entrambe le mani in grembo. Si sedette sul tavolino da tea per poterlo guardare meglio e in quel momento sentii tutto l’amore che provava per lui. Era destabilizzante, come cercare di mantenere l’equilibrio in un mare mosso. Eppure, allo stesso tempo, la rasserenava. Sarebbe stata casa sempre, se Urie fosse stato lì ad aspettarla.

« Hai intenzione di rimanere lì a fissarmi in silenzio ancora per molto?»

« …Perché devi sempre uccidere il romanticismo?»

« Guarda che non è normale fissare la gente così.  »

Pigramente, Kuki socchiuse gli occhi ancora velati dalla stanchezza, passando le iridi serpentine sulla compagna, quasi si stesse accertando che fosse per davvero tornare a casa tutta in un pezzo. Finiva sempre per farsi male o a trascinarsi a causa della stanchezza dopo turni così lunghi. Però gli sembrava stare meglio del solito. La pelle era chiara e tirata sul viso e quelle occhiaie non se ne sarebbero andate facilmente, ma gli occhi erano luminosi come non li vedeva da qualche settimana. Certo, dopo tutto quello che era successo con Noriko, c’era una ragione se Aiko sembrava sempre su un altro pianeta. Però quel giorno aveva assunto una nuova sfumatura. Urie non riusciva a levarsi dalla testa come si era inchinata al rettore della prima accademia per poi uscire, silenziosa ed educata, alle spalle di Arima. 

Avevano parlato tanto nei primi giorni alle dipendenze della Morte Bianca e Urie aveva scherzato sul fatto che l’avrebbe trasformata in uno dei suoi manichini senza cuore, come Ui e Hirako. Il gioco non era più divertente da quando aveva realizzato che stava succedendo veramente.

« Ora sei tu che mi fissi in silenzio, pervertito

« Sono solo sorpreso che tu possa sembrare così riposata dopo diciotto ore di turno, una dichiarazione scioccante di fronte ai cadetti e chissà quale emergenza.»

« Tu invece sembri davvero provato dalla giornata passata a leccare il culo sodo di Matsuri », gli rispose lei, passando la mano sulla sua fronte e poi verso la guancia in una carezza che gli fece chiudere gli occhi. « Perché non sei andato a dormire? »

« Non dormo mai quando sei in missione.»

Era reciproco, per cui Aiko piuttosto che lagnarsi, si sporse in avanti, alzandosi dal tavolino, per potersi piegare su di lui e baciarlo. Avrebbe poi proposto di andare a letto, se non fosse stata per la presa micidiale di Urie. Le sue mani prive di guanti la presero per i fianchi, quasi imponendole di sedersi su di lui mentre il bacio si animava sempre di più. Lei non si fece pregare. Non avevano molte occasioni per questo genere di passatemi. 

Non fu molto romantico, a dirla tutta. Fu quasi primitivo, con vestiti strappati di dosso senza nessuna cura, baci e morsi, schiene graffiate. Fu intenso e non durò nemmeno molto, ma era esattamente quello di cui entrambi avevano bisogno. I due si concessero di scendere dal picco del piacere lì, su quel divano, ansimanti, prima di prendere i loro vestiti e dirigersi al piano di sopra, ormai incuranti del poter venire sorpresi nudi per i corridoi.

Fu nel tempo che passò in bagno a rinfrescarsi e mettersi la camicia da notte che Aiko pensò alla situazione. Se fosse rimasta con Arima, quella sarebbe stata la loro norma. Scopate veloci sul divano, fameliche e desiderate per tutta la giornata, ma consumate velocemente a causa della stanchezza reciproca. Sarebbero state docce veloci passate a insaponare la schiena dell’altro e a ridacchiare dei segni delle unghie di Aiko lasciate sulla schiena di lui. Sarebbe stato rimanere seduta sul water con lo sguardo assente per dieci minuti, mentre Urie si lavava i denti accanto a lei.

Non era male, non le dispiaceva quella normalità. 

Ma era così poco tempo. 

Considerò che fra le moine di prima, il sesso e il prepararsi per mettersi a letto, non avrebbero passato più di quaranta minuti insieme, da soli. E quella sera erano fortunati perché lei era tornata ‘presto’. 

« Stai pensando così tanto intensamente che il mal di testa sta venendo a me ».

Urie prese posto sul letto accanto a lei, sul bordo, passandole la mano sulla spalla lasciata nuda dalla spallina della camicia da notte. In modo in cui la guardava non aveva bisogno di spiegazioni e Aiko si chiese quando erano diventati quel tipo di coppia che può comunicare a sguardi.

Quando avevano avuto il tempo di farlo succedere?

« Ho un paio di pensieri che mi ronzano per la testa e non so se vale la pena parlarne o meno »

« Parliamone, anche se non ne vale la pena ». 

La risposta del ragazzo la lasciò un po’ senza parole. Lasciò che lui le prendesse la mano nelle sue mentre si chiedeva cosa stesse succedendo. Lui non era mai stato così accondiscendere, così attento. Mai. Era passato dall’essere un ragazzino spocchioso a un adulto quasi decente quando aveva adottato per necessità i Quinx, ma non aveva mai vestito i panni del fidanzato perfetto. In quel momento invece si stava impegnando per esserlo e Masa si sentii in colpa. Quando lo stava effettivamente facendo preoccupare?

« Io non sarei autorizzata a parlarne con te perché ho firmato dei documenti ma…. Te ne accorgeresti lo stesso dal momento che sarò ancora meno a casa, d’ora in poi. Sono entrata nella S0. Stanotte ero con loro a coprire una grossa operazione nella tredicesima. Scusami. »

Urie prese quelle mortificate scuse e si accorse che non se ne faceva di nulla. Aiko non teneva gli occhi nei suoi, ma piuttosto fissava un punto imprecisato al centro del suo petto coperto solo da una canottiera nera. Si prese il suo tempo per assimilare la cosa e poi esalò un lungo respiro. 

« Sapevo ti saresti arrabbiato »

« Non sono arrabbiato, Aiko »

« Risentito, allora. »

Kuki le lasciò la mano e si voltò di tre quarti verso di lei, appoggiando le sue mani sopra ai gomiti della ragazza perché facesse lo stesso. « Aiko io non sono arrabbiato perché tu, ogni settimana se non ogni giorno, avanzi con la tua carriera senza aspettare nessuno. Certo, posso essere invidioso di questo, ma credo che tu meriti il punto a cui sei arrivata e che anche io ci arriverò solo dopo aver capito come rendere più funzionali Hige e Aura ». riuscì a strapparle un piccolo sorriso con quelle parole e in un certo senso, per lui era già una vittoria visto il periodo nero in cui si erano andati a infognare. « Però Aiko…. La S0 », prese un bel respiro. Non credeva che fosse abbastanza brava per quella squadra. Per le cose che, si diceva, facessero. Non c’erano fascicoli su di loro, non c’era niente di pubblico eccetto che Kishou Arima la dirigeva. Eventualmente, sapeva che l’avrebbe arruolata. Ma dannazione, non era con lui da nemmeno un mese e nel frattempo aveva anche scontato dei giorni al fresco. Che gioco stava giocando Arima? Urie aveva già capito che sotto c’era qualcosa. Non aveva capito che la salute di Aiko era precaria? Non era bastato quello che era successo a Noriko? L’aveva passata dalla prima linea all’essere lei, la bomba. E a Urie questo non stava bene, avrebbe voluto andare da Arima e parlargli, ma sapeva di non avere alcuna pretesa su Aiko. Non era sua moglie, non ancora, e anche se lo fosse stata avrebbe avuto il diritto di scegliere per se stessa senza vederlo mettersi in mezzo. 

« Non sono geloso o arrabbiato, ma preoccupato. Sono preoccupato da morire che quello che è successo con Tatara possa succedere nuovamente. Preoccupato che Noriko non sarà un incidente isolato e finirai col farti chiudere nella Cochlea. Preoccupato che Arima ti veda come vede Sasaki, ovvero una bella quinque da usare a suo piacimento, trascurando la tua necessità di dormire e mangiare decentemente.»

Aiko annuì, sentendo gli occhi umidirsi appena. « Credi che dovrei fare un passo indietro? »

Sarebbe stato bello se Urie fosse stato il classico fidanzato giapponese, che si aspetta che sua futura moglie abbia il tempo di curare del focolare domestico. 

Ma Urie non avrebbe preso le sue decisioni. « Devi fare quello che credi sia meglio per te », le disse passando una mano sul suo capo, prima di baciarle la fronte. Lei strinse l’altra nella sua, prima di accoccolarsi col capo nell’incavo della sua spalla.

Era il momento perfetto, allora, per parlare del vero elefante nella stanza.

« Ho anche paura che io possa non piacerti più in questa mia nuova versione tutta lavoro, lavoro, lavoro », sussurrò contro la pelle tesa della clavicola, stringendosi meglio a lui. « Che ti stancherai di non avermi mai attorno e che preferirai una fidanzata che invece puoi vedere quando vuoi. »

Urie si lasciò sfuggire una mezza risata che però non era molto convinta. « Tu mi sei comunque sempre tra i piedi in un modo o nell’altro», disse passando le braccia lunghe attorno al corpo di lei. « Poi per vederti, pranzare con te o costringerti a venire a casa quando sarai troppo stanca, posso sempre prendere l’ascensore. Non durerà per sempre, poi.»

Aiko strinse gli occhi, trattenendo appena il respiro. « … Andrebbe bene anche se io rimanessi nella S3?»

« Perché? Dove vorresti andare?»

Confusione, questo si palesò nella mente di Aiko. Si staccò da lui per guardarlo negli occhi, cercando di capire. « Credevo che una volta sposati…»

Fu il turno di Urie di essere confuso. Poi la confusione si tramutò in stupore. « Aiko, credi davvero che ti permetterò di buttare alle ortiche la più grande possibilità della tua carriera per tornare nei Quinx?? è assurdo. Quello che intendevo è che presto o tardi anche io entrerò nella S3, come ho sempre voluto. Devo solo sistemare i Quinx, renderli autonomi e poi io stesso riprenderò a fare carriera. Non rimarrò bloccato qui per sempre.»

« Oh» A questo non aveva pensato. I pensieri di Aiko erano stati catastrofisti perché non avevano tenuto conto dei desideri e delle mire di Urie. Aveva improvvisamente tutto più senso, eccetto una cosa. « Quindi il matrimonio è saltato?»

« Perché dovrebbe?»

« Non ci serve più, no? »

Urie prese un bel respiro, prima di guardarla attentamente. « Io voglio sposarti perché voglio che tu sia mia moglie, non perché mi serve. Altrimenti non lo avrei mai proposto. Tu vuoi sposarmi solo per questi stupidi piani per tornare allo Chateau, in cui sei comunque già tornata da settimane? »

Masa si sentiva stupida come mai in vita sua e la sindrome dell’impostore tornò a bussarle alle porte del cervello. Perché uno come Urie avrebbe dovuto accontentarsi di una come lei? Lei lo aveva sedotto, lei lo aveva trascinato in quella storia. Lei aveva mentito e mentito ancora. Non dubitava provasse affetto, ma non credeva l’amasse davvero. Quel messaggio ricevuto ore prima era un modo per farla felice, ai suoi occhi, non perché lo pensava davvero. Sarebbe stato spaventoso il contrario. 
 « Io voglio sposarti perché ti amo»

« Lo stesso vale per me »

« Ma da quando?»

« … Aiko ma hai assunto qualche droga, prima di rincasare? » Quando lei non rispose, lui si mostrò un po’ nervoso. Le sue spalle si alzarono e abbassarono rapidamente, mentre prendeva un po’ di distanza per guardarla negli in viso. « Lo so che non sono bravo a dimostrartelo, che non riesco ad essere un tuo fan sfegatato come lo era Itou e che magari non so esprimere i miei sentimenti in maniera nemmeno vagamente decente, ma…. Credevo lo sapessi. Cosa pensi che stiamo facendo noi due, un teatrino per passare il tempo?»

« Credevo tu tenessi a me, che ti piacessi, non pensavo che mi… amassi. »

C’era qualcosa di triste e rotto dentro Aiko Masa e Kuki se lo ritrovò di nuovo di fronte quella notte. Non stava dubitando di lui e si diede dell’idiota per non averlo capito subito. Dubitava di se stessa, per fatto che alla fine, nessuno l’aveva mai davvero amata a partire dalla sua famiglia. Le prese le mani nelle sue, con delicatezza, mentre si alzava in piedi. Lasciò che seguisse ogni suo movimento mentre si sporgeva per frugare nella giacca del completo elegante che aveva messo quella sera e nascondere nel palmo qualcosa. Poi si inginocchiò a terra, sempre senza lasciarle le mani. « Stasera la festa era molto bella», iniziò a dirle, mentre il cuore di lei correva nel petto e gli occhi le si sgranavano per lo stupore. « Il giardino dell’accademia era illuminato e hanno anche fatto i fuochi artificiali. Sarebbe stato più scenico darti questo lì, ma onestamente io preferisco che ci siamo solo io e te. Che sia una cosa nostra.» Allora le porse la scatolina rossa, aprendola per mostrare il piccolo anello con incastonato al centro un diamantino scintillante. « Ne abbiamo parlato in ogni modo possibile, abbiamo sfogliato ogni minima clausola del manuale della CCG sulle unioni fra colleghi, abbiamo concordato fosse la scelta più saggia per motivi pratici e poi ci abbiamo scherzato di nuovo su in ospedale ma non te lo ho mai davvero chiesto come si deve. Non lo ho fatto bene.»

Se la ricordava bene la loro conversazione in ospedale. Lei stava per ammettere cose che avrebbero portato Urie ad odiarla. Qualche giorno prima, stessa cosa. Cosa poteva fare? « Io voglio davvero sposarti, Kuki, ma … il peso che ho sulla coscienza-»

« Ne abbiamo già parlato. Puoi fare del tuo meglio ora per riequilibrare il karma o accettare le conseguenze ma ti prego, ti prego… Non rovinare tutto quello che abbiamo. È poco, ma per me è tutto adesso. Dopo aver perso Shirazu ho dovuto rivedere le mie priorità e so che qualsiasi cosa tu abbia fatto, ne sei uscita. So che qualsiasi cosa tu abbia fatto, stai rimediando. Per cui ti supplico, non dirlo a voce alta o diventerà vero e andrà tutto in pezzi.»

Urie glielo disse in ginocchio, tenendo gli occhi nei suoi e lei pensò solamente che fosse facile così, scaricare un giorno la colpa di tutto su questo singolo momento. Sarebbe stato facile dirgli ‘io volevo parlartene ma tu mi hai implorato di non farlo’, una volta scoperta. Per cui con codardia ingoiò il rospo e annuì, allungando la mancina per farsi mettere l’anello.

Non fu bello come sarebbe dovuto essere, non la fece piangere di felicità. 

Non successe nulla, aveva solo ottenuto un nuovo gioiello da esibire, un matrimonio che intanto avrebbero dovuto smettere di procrastinare. « Dopo il festival dobbiamo iniziare a buttare giù idee. Siamo in ritardo per l’autunno e se tu non vuoi sposarti per Natale, dovremmo posticipare alla primavera. »

Urie si rimise sul letto, stendendosi totalmente, improvvisamente sfinito. « Non abbiamo fretta, Aiko. Ci costerà una fortuna, ma alla fine tutti vogliono sposarsi durante il periodo della fioritura dei ciliegi, no? Porta bene.»

« A noi un po’ di fortuna potrebbe far bene», acconsentì lei, stendendosi accanto a lui, alzando la mano per guardare il riflesso della lampada sulla pietra. « è molto bello, grazie per avermelo preso. »

« Ho portato in giro Hige per tre ore, non riuscivo a scegliere », ammise lui, ottenendo il primo sorriso spontaneo della giornata. Si sporse verso di lei per catturarlo in un bacio, prima di spegnere la luce e accoccolarsi sul petto di Aiko, lasciando che fosse il battito del suo cuore a cullarlo verso il sonno. 

Finalmente in un letto non più vuoto e freddo. 

La mattina successiva fu piacevole svegliarsi uno nelle braccia dell’altro, prepararsi e vestirsi assieme in un silenzio delicato e famigliare. Lui preparò la colazione mentre lei controllava le email lavorative di entrambi, leggendo ad alta voce e digitando risposte veloci. C’era il festival sportivo quel weekend e nient’altro aveva importanza, se non si fossero ovviamente verificate delle emergenze nel mentre. Parlarono delle solite cose. Urie le disse che non aveva ancora idea di dove si trovassero Seidou e Senza Faccia, mentre lei parlava dei membri della S0 senza scendere nei dettagli. Urie stesso indovinò tre di loro senza fatica o pensarci troppo, dal momento che erano tutti i migliori uomini di Arima.

C’era un obbligo di segretezza, certo, ma sarebbe diventato suo marito…. Poteva scucirgli qualcosa, sapeva che Urie sarebbe stato muto come una tomba.

Pian piano tutta la casa si svegliò e loro smisero di parlare di lavoro e accolsero uno a uno i membri dei quinx che a turno fecero le solite domande a Masa su come si sentisse, su come stesse andando nella s3 e sulla dannata staffetta a squadre.

Fu un bellissimo modo di iniziare la giornata, tutti assieme attorno al tavolo. Fu solo quando Aiko ricevette un messaggio di Arima, che sarebbe passato a prenderla per allenarsi nella corsa, che sentì un pelo di amarezza. Andava bene comunque, però. Avrebbero cenato assieme per un paio di sere consecutive, visto che al fine di essere al massimo, Arima li voleva riposati. 

Dopotutto il caso Re era così lontano da vedere una soluzione da poter venir lasciato a macerare per settimane, volendo. Non c’erano tracce sul Re, non avevano nessuna idea di dove si fosse cacciata Hakatori e nessuno degli Smoking Bianchi aveva tradito il loro leader, Naki. 

Erano in stand by in attesa di una potenziale minaccia, ma non stavano indagando e non si sarebbero allenati dopo le sei di sera. 

Nemmeno il Quinx avevano casi aperti e aprirne uno prima del festival sarebbe stato controproducente soprattutto per Matsuri che voleva esibirli. Nemmeno fossero una sua creazione. Nemmeno non li avesse considerati per mesi una spesa inutile per la CCG.

Urie la accompagnò alla porta e lei prese il badge dal cappotto, che però lasciò lì assieme alle quinque dal momento che non sarebbe stata di servizio. Infilò il badge nella tasca dei pantaloni da corsa, prendendo un paio di scarpe da ginnastica che non era nemmeno sicura fossero sue o di Ginny, mentre Urie guardava il trench.

« Questo è nuovo. »

« Sì, me lo hanno dato ieri. »

« è come quello di Hirako ».

Aiko trovò interessante quella scelta di frasario del compagno. Avrebbe potuto dire che era identico a quello di Arima. Avrebbe potuto ricordargli quello di Hairu dal momento che avevano anche la stessa taglia.

Invece parlò di Hirako.

Masa sogghignò appena, mentre notava un’auto fin troppo famigliare accostarsi al vialetto. Prese le due tazze portatili di caffè e si sporse per baciare il fidanzato. « Non sprecare troppo tempo ad essere geloso del mio superiore o vi faremo davvero il culo, al festival. »

« Dovrebbe essere un’occasione per unirci, non per inutile competitiva. »

« Tu sei l’ultima persona che può arguire chiunque sull’essere competitivi. Ci vediamo stasera.»

Urie alzò una mano, facendo un cenno anche alla macchina. Arima aprì la portiera rispondendo al ragazzo con un cenno, prima di prendere una delle due tazze. Erano solo le otto ma probabilmente quello era il secondo per lui. 

« Quello è nuovo? », le chiese la morte bianca facendo un cenno verso l’anulare della mancina.

Aiko lanciò uno sguardo all’anello, prima di annuire. « Ho ricevuto tante cose nuove, ieri. »

« Congratulazioni.»

« Grazie, Arima »

« … Spero non te lo abbia dato ora per distrarti, Aiko-chan. »

« … Siete entrambi assurdi. Non è sana questa competività»

 

 

 

Aiko non aveva dimenticato il messaggio di Mei. Aveva ancora con sé la chiavetta che avrebbe potuto inchiodare Eto e le prove per dimostrare che Furuta Nimura era un fantoccio, un bambino di V, che aveva fatto cose indicibili. Aveva lei stesso visualizzato il contenuto digitale, utilizzando un portatile non tracciato della ccg, di quelli che Komoto pulisce e formatta costantemente per evitare fughe di notizie. Aveva duplicato della chiavetta, inserendo tutto ciò che aveva su Eto in tre copie, mentre l’originale era la sola a poter incriminare anche Nimura. Voleva che quella rimanesse una sua arma personale, non le sarebbe servito per ripulirsi la coscienza e la fedina penale ma, come aveva detto Mei, sarebbe stato un ottimo diversivo per dare a Marude ottimo materiale per distrarlo. E magari, darsi alla fuga.

Le tre chiavette andavano però distribuite in modo che almeno una andasse trovata. L’ufficio della S3 poteva essere sia integro che marcio in ugual misura, ai suoi occhi. Come il gatto di Schrodinger, non c’erano prove che Arima fosse interegerrimo come tutti pensavano. Aveva tante ombre, lo Shinigami Bianco, a partire proprio da ciò che era successo a Mei. Lui doveva averla uccisa e Aiko si era anche chiesta se l’avrebbe trovata nel loro deposito quinque, se mai si fosse decisa a scendere e scoprirlo. 

Né lei né Aizawa avevano ancora trovato il coraggio. 

Ne avevano parlato, quando aveva lasciato a lui la prima chiavetta e lui l’aveva buttata in un cassetto della sua scrivania, in obitorio, in mezzo a tante altre simili.  Ne avevano parlato solo quella volta e poi avevano smesso di vedersi. Lei troppo presa dal lavoro e lui quasi a tratti incredulo che, così vicina ad Arima, non stesse facendo nulla per vendicarla.

Mei con lei era stata giusta, le aveva messo in mano delle armi, ma lei lavorava ancora per il suo assassino. Così, Aizawa si era semplicemente allontanato. Chiuso nel suo mutismo, con l’alcool come compagno o Nobunaga a controllare che non facesse stupidaggini, aveva del tutto perso il suo brio. Masa sapeva di averlo tradito.

C’erano dentro assieme, dall’inizio.

Lui sapeva di Aogiri, anche lui era un’arma, ma che poteva ritorcesi contro di lei. 

Ma lei aveva scelto la S3, non che avesse avuto troppa scelta alla fine.

Stare nella S3 era come ritornare a lavorare per Aogiri, ma passando dalle torture psicologiche del suo Laoshi agli spossanti allenamenti di Arima. L’avrebbe uccisa, allenarsi a quella maniera, se non fosse stata una quinx. 

Però non voleva nascondersi dietro a un dito, Aiko. Sapeva benissimo che Arima aveva ucciso Mei. Sapeva che Arima era in V. sapeva che era invischiato nella peggiore merda possibile, ma la stava facendo diventare forte e Aiko aveva imparato, grazie ad Eto, che non conta essere circondati da amici leali, non conta essere amati, non conta essere rispettati, non conta nemmeno essere ritenuti virtuosi o preservare la dignità. 

La sola cosa che conta, è il potere.

Il potere che Arima le avrebbe dato.

Solo una volta pronta, allora, avrebbe deciso come agire, perché non ne aveva idea.

 

La seconda chiavetta l’aveva nascosta allo Chateau, in un posto che sapeva nessuno andava mai a toccare per nessun motivo: l’altare di Shirazu, nella piccola capannina del giardino, sul retro. Quella l’avrebbero trovata solamente se fosse morta e allora, per fare spazio anche alla sua foto, avrebbero mosso quella dell’ex caposquadra facendo così cadere una lettera. 

Era il vent’uno ottobre e la morsa dell’inverno iniziava a stringersi attorno al suo collo mentre piegata in avanti, chiedeva scusa a Shirazu per quello stupido trucchetto. Raccolse il suo Dao, mentre si alzava, mettendolo alla cintura, prima di uscire. Fuori casa, avvolti nei loro cappotti, c’erano i bambini del giardino ad aspettarla. Saiko stava servendo loro del tea caldo quando Aiko li richiamò, invitandoli nella piccola palestra a loro disposizione.

I quinx erano quasi tutti al lavoro, eccetto il vice capo squadra e Ginny, le quali avevano scherzato sul fatto che Aiko doveva essersi prestata come babysitter in quel freddo mattino, invece di riposare per il festival del giorno seguente. Erano però rimasta sbarordite dalla velocità di quei tre ragazzini, dal loro modo di usare la quinque, da quanto rapidi fossero ad attaccare i punti ciechi di Aiko.

Ad ammutolirle definitivamente, però, era stata proprio la loro amica. Sembrava muoversi semplicemente per linee rette, avanti e indietro, di lato e in obliquo, schivando ogni singolo colpo e usando il dao solo per bloccare gli attacchi. Code di fuoco verde sfrecciavano ovunque, si scomponevano in avidi rami, creavano alberi aguzzi che si dissolvevano in una pioggia di brillanti. Era quasi perfetta e ogni volta che uno di quei bambini talentuosi la colpiva, lei non si scomponeva. Non un capello le usciva dallo chignon basso, non una volta aveva sgranato gli occhi o corretto il respiro. Il suo sangue cadeva a terra mentre la pelle riprendeva a rimarginarsi.   

« Shio, eri in ritardo sullo scambio. Se avessi voluto, avrei potuto colpire Rikai allo stomaco con un solo colpo. Yusa, tieni le mani più vicine sull’elsa e sii più deciso quando affondi, oggi non mi hai nemmeno sfiorata. Da capo ora, schema otto.»

 

 

« Non l’ho mai vista muoversi così. »

« Sarà il duro addestramento con il classe speciale Ar- »

« Sai anche tu che nessuno può imparare a combattere così in nemmeno un mese! Smettila di far finta di niente e togliti il prosciutto dagli occhi, stupid Macho Man, quella è la tua ragazza!»

Saiko presente in ufficio nel suo giorno libero voleva dire guai, per questo Urie aveva mandato tutti in pausa pranzo anticipata. Poi le aveva chiesto di scendere per prendere un caffè, certo che sarebbe iniziato un discorso che lui non voleva affrontare. E così era andata. 

« Mi hai detto che combatteva meglio di tre ragazzini di quattordici anni, Saiko. se fosse il contrario, mi preoccuperei. »

La ragazzotta gonfiò le labbra scocciata. Perché non ascolta mai??« La spada la usava un modo diverso e non è nemmeno la solita spada! era grossa e curva, sembrava difficile da maneggiare ma lei la ruotava in mano come se fosse fatta di polistirolo! Ti ricordi quando le insegnavi l’Aikido? Era rigida come un manico di scopa e questo è successo meno di un anno fa e-Urie mi stai ascoltando?»

Il caposquadra di era fermato, in mezzo al corridoio, mentre lei avanzava e parlava a ruota libera. I suoi occhi erano fermi a terra, come inespressivi. « una lama curva e massiccia come quella di un dao cinese?»

Saiko parve pensarci su. « Può essere, non sono sicura di sapere come sia fatto un dao cinese.»

Urie portò la tazza alla bocca, mentre nella sua testa rivedeva una donna vestita di bende che brandiva un dao. A ogni sua sferzata con Ginsui, lei si muoveva armoniosamente, come se stesse danzando sull’acqua. 

« Aiko non può essere così sfrontata e stupida », valutò con razionalità. Doveva esserci qualcosa dietro che lui non conosceva, un elemento  mancante che gli impediva di collegare i punti. « Magari ha preso lezioni da Arima, non possiamo saperlo e non ci interessa saperlo. Abbiamo di fronte un weekend stressante. Concentrati sulle tue abilità, Yonebaiashi, non su quelle di Masa.»

E concluse, tornando in ufficio.

Aveva tutta l’intenzione di non pensarci più, ma i guai non facevano altro che ripresentarsi ancora e ancora.

 

 

Nakarai Keijin era un ottimo osservatore. Gli era sempre piaciuto il birdwatching perché sarebbe potuto rimanere per ore e ore fermo seduto su un ramo di un albero con un cannocchiale in mano a studiare gli uccelli muoversi attorno a lui, indisturbati dalla sua presenza.

In quel preciso momento, le due colombe che stava studiando erano parecchio noiose. Hirako Take parlava con il suo solito tono lento e noioso e Aiko Masa stava in piedi al suo fianco, lo sguardo assente oltre le vetrate, fingendo di ascoltarlo. Come di suo solito.

Dall’incidente di Noriko, Nakarai non l’aveva mai persa d’occhio.

A essere del tutto onesti, non aveva mai smesso di tenerla d’occhio da quando aveva lasciato la squadra Suzuya. Si era un po’ rimproverato di non averla tampinata quando era la sua partner, ma ai tempo aveva pensato fosse solo una piccola ingrata, un po’ viziata e con un grande ego. Aveva compreso che probabilmente era una mela marcia quando Arima l’aveva già accolta nel suo abbraccio.

Questo però non l’aveva fermato dal volersi fare un’idea su chi davvero si nascondesse dietro quella falsa facciata.

La ragazza gentile che si scusava sempre quando, in accademia, aveva un comportamento inadeguato? La vittima dell’attacco alla ventesima che aveva costantemente bisogno di qualcuno a sostenerla perché non crollasse? L’annoiata recluta della squadra Hirako, sul filo dell’insubordinazione ma con un talento unico per le scienze forensi? La caotica investigatrice della squadra Quinx pronta a tutto per risolvere casi e mostrare a tutti quanto valesse? La fin troppo ossequosa partner nella squadra Suzuya, che per amore avrebbe smosso mari e monti ma che non aveva mai formalmente detto a nessuno del suo fidanzamento con un collega? Oppure la seria, rigida, inflessibile partner di Kishou Arima, sempre pronta a seguire il suo sempai senza fare domande?

Sei persone diverse che si erano alternate in un arco temporale troppo breve.

Perché non tutti se ne fossero accorti, che quella donna non faceva altro che recitare, per Nakari rimaneva un mistero.

« Hai scoperto qualcosa?»

Una voce alle sue spalle lo costrinse a voltarsi di tre quarti solo per spiare la silohuette elegante, delinata dal camice bianco di Leah.

« Io no, tu? »

« Ho sentito parlare Urie e Yonebayashi. Lei diceva che Masa avrebbe imparato a usare una spada chiamata dao da Arima e molto velocemente.»

Leah si era offerta di aiutarlo a far luce su quella faccenda. Anche Leah aveva visto che qualcosa non andava quando le era stato portato via il caso di Shukumei Kurei, ma dubitava che Itou fosse invischiato in qualcosa di losco, pensiero che Narakai condivideva.

Arrivati a quel punto era solo una questione di cosa potevano o non potevano dimostrare.

Nakarai aprì il fascicolo che teneva in mano, sfogliandolo velocemente mentre si voltava verso di lei. Battè il dito sulla pagina, prima di passarglielo.

A Leah si illuminarono gli occhi.

« Labbra Cucite combatteva con il dao. »

« Ora dobbiamo solo trovare delle prove. »

 

 Continua....

  
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