Capitolo
2
Raccontai il mio sogno a Matt senza fermarmi e,
soprattutto, senza guardarlo. Avevo troppo timore di vedere la sua espressione,
anche perché non volevo pensasse che stessi esagerando o enfatizzando un sogno
che poteva non avere nessun significato. Tuttavia Matt rimase in silenzio, ad
ascoltarmi, senza interrompermi o farmi domande. Quando terminai, rimanemmo in
silenzio per un po’. Alla fine mi feci coraggio e alzi lo sguardo per vedere il
suo volto. Era assorto e sembrava parecchio concentrato.
-Fin troppo dettagliato per un sogno-
Mi disse. Mi trovai ad annuire
-Lo so, è per questo che dopo praticamente non riesco
più a dormire. Sono così spaventata che ho paura di risognare la stessa cosa-
Lui rimase in silenzio ancora qualche secondo, prima
di farmi una domanda del tutto inaspettata
-Sei sicura che sia solo un sogno?-
Lo guardai perplessa.
-Che cosa intendi?-
-Sembra più la descrizione di un avvenimento reale che
non una rielaborazione di informazioni generate casualmente dal tuo cervello-
-Credo di essere abbastanza certa di non avere mai
vissuto l’esperienza di essere rincorsa da non so chi e di avere temuto per la
mia vita-
Matt mi guardò scocciato
-Questo lo avevo dato per scontato-
-Quindi cosa potrebbe essere altro che non un sogno?-
-Non lo so. E non ho ancora capito chi sia questo Mathew-
-Ancora con quel nome? Come te lo devo dire che non
conosco nessuno che si chiami così?-
Matt mi guardò, alzando le mani, come a chiedere scusa
-Ho capito, va bene. Allora è un doppio mistero-
Lo guardai senza aggiungere niente. Era vero. Non
avevo mai conosciuto nessuno con quel nome, nemmeno nei miei anni in America.
-Non so proprio perché mai io abbia chiamato quel
nome… insomma l’unica persona che conosco con un nome simile sei tu-
Lui mi guardò senza dire niente. Finimmo di mangiare
in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Prima che me ne rendessi conto,
la prima delle tre campanella suonò, segnalando l’imminente
fine della pausa pranzo. Non so se fosse una cosa comune di tutte le scuole, ma
il nostro liceo aveva tre campanelle che segnavano la fine della pausa, forse
un modo per far si che ogni studente avesse il tempo
per finire il suo pranzo con calma prima di iniziare le lezioni pomeridiane.
-Sarà meglio andare-
Matt annuì. Ci alzammo in silenzio e ci avviammo verso
la porta. Prima di uscire, però, Matt mi afferrò per il polso, facendomi
voltare. Lo guardai negli occhi e lo vidi come indeciso, combattuto su
qualcosa. Alla fine mi guardò serio
-Di solito ho il sonno leggero-
Lo guardai perplesso
-Cosa?-
-Se ti dovesse ricapitare il sogno e avessi bisogno di
qualcosa io… ho il sonno leggero, puoi chiamarmi. Ti risponderò-
Lo fissai sconvolta, credo persino di avere spalancato
la bocca incredula. Ma quelle parole, dette sicuramente per il forte senso di
protezione che contraddistingueva Matt fin da quando era piccolo, mi scaldarono
il cuore. Mi ritrovai a sorridergli, grata
-Grazie, lo farò-
Lui semplicemente annuì, ma vidi un accenno di sorriso
sul suo volto. Mi lasciò andare il polso e indicò la porta
-Meglio uscire separati. Vai prima tu. Non vorrei mai
che qualcuna delle mie “fan” ci vedesse e pensasse…-
Non finì la frase, ma non ce ne fu bisogno. Matt era
il cantante di una band, dopotutto, una band che stava anche iniziando a
riscuotere un notevole successo, soprattutto a scuola, e le sue fan si erano
improvvisamente moltiplicate nel giro di pochissimo. E la più sfegatata di
tutte era Jun Motomiya,
sorella di Davis, non che mia compagna di classe. Mi ritrovai ad annuire
-Credo tu abbia ragione. Vado io per prima allora-
Matt annuì. Feci per aprire la porta, ma un pensiero
improvviso mi attraversò la mente. Mi voltai verso di lui
-Possiamo tenere questo segreto?-
Lui mi guardò perplesso
-Ho mentito a Izzi prima di venire qui-
Gli ammisi, leggermente imbarazzata. Lui non disse
niente, ma vidi una leggera sorpresa sul suo volto
-Lo so, lo so, non dire niente. È solo che… se volevo
venire qui, non dovevo farglielo sapere. Così mi sono inventata che dovevo
parlare con la professoressa di matematica, dato che non è proprio la mia
materia preferita… e so che una parte di Izzi non mi ha creduto, però ecco se
tu potessi… si insomma evitare di dire che io e te eravamo insieme oggi sarebbe
meglio-
-Non è che io e Izzi parliamo di queste cose-
-Lo so, solo che… temevo che se glielo avessi detto,
avrebbe iniziato a tormentarmi, chiedermi il motivo di questo incontro, il
perché dovevamo vederci solo noi due e alla fine so che mi avrebbe seguito
venendo qui. E se fosse stato qui con noi, noi non avremmo parlato realmente,
cioè io non avrei mai potuto dirti la verità, sul sogno e tutto il resto
insomma… non sarebbe servito a niente se lui fosse stato qui-
-Perché? Dopotutto è il tuo migliore amico, no?-
-Lo è davvero?-
La domanda mi uscì così spontanea che colse di
sorpresa persino me, oltre a Matt. Vidi uno sguardo strano sul suo volto, un
misto di curiosità, meraviglia e perplessità. Non so perché, ma mi sentii in
imbarazzo e arrabbiata con me stessa. Mi trovai a scuotere la testa,
-Scusa Matt, non sono in me in questi giorni. Vado in
classe ora-
Non gli diedi tempo di dire niente altro, mi avvia
veloce verso la porta e non mi voltai indietro, perché sapevo che se mi fossi
voltata e lo avessi guardato negli occhi, sarei scoppiata a piangere. E non
volevo farmi vedere ancora così disperata davanti a lui.
Il pomeriggio si rivelò peggio della mattinata. Una
sequenza interminabile di tediose lezioni pomeridiane, in cui sembrava che
semplici sessanta minuti fossero diventati centoventi. Fu con una sorta di
sollievo miracoloso che accolsi il suono della tanto agognata campanella, il
segno inconfutabile della conclusione di quella giornata. Mi alzai grata e non
persi tempo a raccogliere le mie cose. Volevo uscire da lì il prima possibile e
arrivare a casa, buttarmi sul letto e smettere di pensare a qualsiasi cosa. Se
mai ne fossi stata capace. Tuttavia il mio piano andò subito a infrangersi
quando il sorriso smagliante di Izzi comparve nella mia visuale
-E' stata una pausa pranzo
produttiva?-
Lo guardai un attimo perplessa
-Come?-
-Non hai parlato con la professoressa di matematica? È
stato utile?-
Mi trovai ad annuire, conscia che se volevo mantenere
segreto il pranzo con Matt, avrei dovuto continuare a mentirgli
-Si, certo-
-Mi fa piacere. Sei stata via tutto il tempo e non
abbiamo avuto modo di parlare ed ero curioso-
Il suo sorriso fu come un colpo al mio cuore. Izzi era
mosso dalle più nobili intenzioni, lo sapevo, ma nell’ultimo periodo era
diventato un po’ troppo asfissiante nei miei confronti. E la cosa, stavo
notando, mi stava facendo sentire leggermente soffocata
-Non devi preoccuparti così tanto Izzi… so badare a me
stessa-
Lui mi guardò un attimo perplesso
-Lo so che sai badare a te stessa solo che… credo sia normale
preoccuparmi per te. Siamo amici dopotutto-
Il suo viso leggermente rosso dall’imbarazzo mi fece
provare una sorta di stretta allo stomaco. Si, io e Izzi eravamo amici, ci
conoscevamo da tanto tempo ormai, ma non sapevo per quale motivo sentivo come
una sorta di stretta al cuore ogni volta lo vedevo sorridermi così. Ero
talmente a disagio che non sapevo cosa rispondergli, quando una mia compagna di
classe lanciò una sorta di grido e prima che potessi capire cosa stesse
succedendo mi senti chiamare dall’ultima voce che mi sarei mai aspettata
-Mimi-
Non disse niente altro, ma bastò per farmi accelerare
i battiti del mio cuore in un modo totalmente imprevisto, e quasi inquietante.
Mi voltai e mi trovai a vedere, fermo sulla porta della mia classe, Matt,
casualmente appoggiato contro il telaio della porta. Mi stava fissando, quasi
divertito, forse, dal mio sguardo meravigliato. Mi fece solo un cenno con il
capo e io, come rapita, mi trovai ad afferrare cartella e tutto e a dirigermi
veloce verso di lui
-Matt, che ci fai qui?-
-Cambio di programma-
Disse solo, come se quelle tre parole potessero avere
un qualche tipo di senso logico in quel momento. Inutile dire che in quel
momento, tutti i presenti in classe fissavano allibiti sia Matt che me. Certo, tutti
sapevano che eravamo amici fin da piccoli, ma non era mai successo che Matt
venisse fino alla mia classe, per me soprattutto. E la stessa meraviglia era
disegnata sul volto di Izzi, che fissava Matt e me perplesso.
-Perché sei qui?-
Quasi gli bisbigliai. Lui sorrise, visibilmente
divertito dal vedermi in quello stato
-Era più veloce che non mandarti un messaggio-
-Cosa?-
Gli domandai, quasi sull’orlo di una crisi di nervi.
Lui a quel punto tornò serio
-Sai, per una che mi ha chiesto il favore di darle
ripetizioni di matematica non sei molto cortese-
-Ripetizioni di matematica?-
Izzi, che si era avvicinato in silenzio, mi guardò
perplesso
-Hai bisogno di ripetizioni?-
Mi chiese. Mi trovai inconsciamente ad annuire e,
peggio, a blaterare cose
-Si, infatti. Parlando con la professoressa mi sono
resa conto che le cose da ripassare sono tante e piuttosto che fare tutto da
sola e perdermi nelle cose, ho chiesto a Matt una mano. Ci siamo incrociati per
caso in corridoio e, come quasi fosse destino, gli ho chiesto questo favore-
-Potevi chiedere a me-
Lo sguardo addolorato di Izzi fu come una coltellata
ricevuta in pieno petto. Stavo quasi per ritrovarmi a cedere e raccontare in
realtà tutto quanto, quando la voce di Matt mi fermò
-Tu hai il club di informatica quasi ogni pomeriggio o
sbaglio? E poi sarà utile anche a me ripassare un po’. Allenamento per i test
d’ingresso all’università-
La tranquillità con cui Matt stava raccontando quella
bugia mi fece capire subito che si era preparato con cura la storia da vendere
agli altri sul perché mi era venuto a prendere in classe. Solo che ancora non
capivo il motivo del perché lui si era presentato lì e quali fossero le sue
reali intenzioni.
-E tu non hai le prove della band?-
La domanda di Izzi suonò troppo severa e accusatoria per
quella situazione, tuttavia Matt rispose con calma
-Ho un paio d’ore libere prima delle prove-
Questo sembrò decretare per Matt la fine della
discussione, tanto che mi lanciò un’occhiata e si voltò verso la porta
-Ti aspetto fuori-
Mi disse, prima di uscire. Prima di perdere altro
tempo e ritrovarmi a balbettare cose insensate, mi voltai sorridente verso Izzi
-Allora io vado. Ci vediamo domani, va bene?-
Non diedi tempo di rispondere e uscii veloce, diretta
verso Matt. Lo afferrai per il braccio e lo tirai mentre continuavo a camminare
-Non sapevo fossi così entusiasta di stare con me-
Disse ironico Matt. Si stava decisamente divertendo
troppo per quella situazione così assurda. Oppure lo conoscevo veramente troppo
poco da non sapere come fosse in realtà e stavo osservando il vero Matt per la
prima volta. Ma non era tempo di scherzare
-Non è divertente. E poi dove sono finiti i discorsi
sul non farci vedere insieme?-
Lui si fece serio. Si liberò facilmente della mia
mano, non che opposi molta resistenza a quel gesto, onestamente, e prendemmo a
camminare con calma
-Lo so quello che ho detto-
-Allora perché siamo qui insieme?-
Lui si prese qualche secondo per rispondermi. Sembrava
combattuto
-Mi crederesti se ti dicessi che ho una brutta
sensazione?-
-Brutta sensazione?-
Ripetei quasi a pappagallo. Lui sembrò non farci caso,
ma annuì, serio.
-Che cosa intendi?-
-Non so perché ma, da quando ci siamo lasciati prima,
non ho fatto altro che continuare a pensare a quello che mi hai descritto-
-Parli del mio sogno?-
-Si. Non so perché ma, ho come l’impressione che ci
sia un particolare mancante-
-Cosa te lo fa pensare?-
-Non lo so-
-E questa brutta sensazione da dove viene allora?-
-Non lo so-
-Non sei molto d’aiuto-
-Me ne rendo conto, è una cosa che non capisco nemmeno
io. Ma sono sicuro solo su una cosa, non dovevo lasciarti sola oggi pomeriggio-
Mi trovai ad arrossire a quelle parole. Non so bene se
fu la frase di Matt stessa a farmi imbarazzare o il sentirmi responsabile per
quella situazione. Camminammo in silenzio e senza dire altro e ci trovammo dopo
pochi minuti fuori dalla scuola e solo allora, con mio grande sgomento, mi resi
conto del numero incredibile di persone che ci stavano fissando, principalmente
ragazze della nostra scuola che guardavano me e Matt perplesse e che presero a
bisbigliare tra di loro al nostro passaggio.
-Non farci caso… se le consideri è peggio-
-Ma è sempre così?-
-Intendi dire avere mille paia di occhi che guardano
cosa faccio, cosa dico, con chi sono? Si, più o meno è sempre così-
-E come fai a sopportarlo?-
-Amo troppo fare musica. Non voglio certo smettere per
colpa di adolescenti poco responsabili-
Lo fissai ammirata e anche divertita. Ricordavo troppo
bene quanto tempo era stato preso in giro Matt per colpa di Jun
nel gruppo, ma evidentemente la sua passione superava di gran lunga quanto io
potessi mai immaginare.
-Hai intenzione di farlo seriamente?-
Lui si voltò verso di me, perplesso.
-La musica intendo. Hai intenzione di diventare un
professionista?-
Lui non rispose subito. Continuò a camminare, in
silenzio. Credetti di avere chiesto qualcosa che non dovevo o a cui non volesse
rispondere, soprattutto a me. Dopotutto si era vero, ci conoscevamo fin da
bambini, ma di certo non si poteva dire che fossimo così legati dal parlare del
più o del meno o da raccontarci i nostri sogni per il futuro in modo serio.
Anzi, probabilmente, era anche la prima volta che parlavamo così tanto e in
modo così sincero tra di noi, quindi non ci rimasi male per la sua mancata
risposta, anzi la diedi per scontata. Quindi la mia meraviglia fu decisamente
tanta quando Matt mi rispose
-Ci stiamo pensando. Non mi immagino fare altro,
onestamente, se non continuare a cantare e suonare. Non mi ci vedo in un futuro
a fare un rispettabile lavoro di ufficio. L’idea di vivere della mia musica è
ciò che mi elettrizza di più. Ma non è facile, la concorrenza è molto più spietata
di quello che può sembrare. Sai quanto è stato difficile trovare dei posti dove
poterci esibire? La fortuna è che stiamo iniziando ad avere un seguito
discreto, quindi molti locali ora sono più predisposti ad accettarci, ma non è
sempre stato così. Però abbiamo lavorato molto per arrivare dove siamo adesso e
non vorrei farlo finire così, solo perché è più accettabile andare
all’università e trovare un lavoro canonico. Amo la musica, perché non dovrei
avere il diritto almeno di tentare?-
-Io credo tu l’abbia questo diritto. Anzi, dovresti
provarci. Se è quello che vuoi veramente fare e sei disposto ad accettare
rischi e pericoli per realizzare il tuo sogno dovresti farlo. Non credo nessuno
abbia il diritto di potere scegliere per te la tua vita, solo tu puoi farlo,
perché solo tu sai cosa è meglio per te-
Matt mi guardò meravigliato poi sorrise
-Sei la prima a dirmi una cosa simile, sai?-
-Sul serio?-
Matt annuì
-Solo mio fratello e Tai si
sono dimostrati comprensivi fino ad ora. Non posso dire lo stesso dei miei
genitori-
-Non ti sono di supporto?-
-No, non è questo solo che… sono preoccupati credo.
Sanno quanto possa essere difficile un futuro stabile nel mondo della musica,
credo vogliano solo indirizzarmi verso qualcosa di più certo-
-Come ogni genitore, direi, dovresti vedere mia madre.
È impazzita quando le ho detto che ancora non avevo deciso cosa volessi fare-
-Hai ancora tempo per pensarci no?-
Mi trovai a scuotere il capo
-Si e no. Da un lato è vero, ho ancora tutto l’anno
prossimo per decidere seriamente, ma di certo non brillo molto come studentessa
e le migliori università hanno dei test molto difficili, come sai e con la mia
media attuale non è così facile. Già alcuni professori mi hanno fatto notare
che prima scelgo cosa fare, prima posso recuperare. Alcuni mi hanno detto che
altrimenti non riuscirei a recuperare in un solo anno. E così mia madre è
entrata in modalità “farò di tutto per mandare mia figlia in una buona università”.
È un miracolo che non mi abbia già iscritto in un qualche doposcuola-
-Ma tu hai qualcosa che vorresti fare?-
Lo guardai e per la prima volta, stavo per dire a voce
alta quello che avrei veramente voluto fare della mia vita a qualcuno. Si
perché dato che Matt mi aveva parlato con estrema sincerità, mi sembrava logico
rispondere con la stessa trasparenza. Anche se la cosa mi metteva leggermente a
disagio
-Vorrei diventare una botanica-
Matt si fermò di colpo e mi guardò ad occhi sgranati.
Mi sentii arrossire
-Ti prego, non guardarmi così…-
Mormorai imbarazzata. Lui alzò le mani in gesto di
scusa, ma continuò a fissarmi meravigliato
-Botanica? Sul serio?-
-Si, perché sarebbe solo il primo passo per il mio
progetto-
-E quale sarebbe questo progetto?-
-Vorrei aprire un vivaio e coltivare i miei fiori
personalmente-
Gli occhi blu di Matt si spalancarono e poi lo vidi
scoppiare in un’enorme risata. Lo fissai allibita
-Yamato Ishida! Io mi
confido con te e tu scoppi a ridere?-
Lui continuò a sogghignare
-Scusa, hai ragione solo… mi sarei aspettata tutto da
te, tranne questo-
-Perché? Credi che non sia capace?-
-Non ho detto questo, solo che, non so, pensavo
volessi fare una facoltà umanistica tipo-
-E questa è la stessa identica cosa che pensa dovrei
fare mia madre. O izzi. O chiunque voglia darmi
suggerimenti non richiesti sul mio futuro-
-Qualcosa però mi dice che alla fine farai quello che
vuoi, senza che nessuno ti possa fermare. Sei sempre stata così dopotutto-
-Non saprei… è devastante a volte fermarmi e vedere
che non c’è nessuno che creda possa fare quello che voglio. Insomma, mi sono
spesso domandata “ma se tutti continuano a consigliarmi di fare una determinata
cosa non vorrà dire che sia la scelta migliore?” Infondo sono persone che mi
conosco bene, quindi dovrei fidarmi no?-
-Io non credo. Voglio dire, puoi veramente dire che
quelle persone ti conoscano così bene da sapere effettivamente quale sia la
cosa migliore per te? Credo che solo tu lo possa sapere. Poi è ironico che tu
ti faccia influenzare da quello che pensano gli altri, quando fino a due minuti
fa mi hai consigliato di decidere da solo perché solo io so cosa sia meglio per
me. Se vale in un senso, il discorso, vale anche nell’altro, quindi vale lo
stesso anche per te-
Non replicai, e riprendemmo a camminare in silenzio. Mi
persi nei miei pensieri talmente tanto, che non mi resi minimamente conto di
dove eravamo fino a quando non mi trovai di fronte l’ingresso della stazione.
-Dove stiamo andando?-
-A cercare delle risposte direi-
-Risposte?-
-Informazioni sui sogni per la precisione-
-E dove li troveremmo queste informazioni?-
-Per iniziare direi una biblioteca. Così possiamo fare
due cose contemporaneamente-
-Due?-
-Ho detto no che ti avrei dato ripetizioni di
matematica. Andiamo, così mentre tu studi matematica io cerco qualcosa-
Lo guardai meravigliata e divertita al tempo stesso.
-Perché fai tutto questo?-
Domandai sinceramente curiosa. Sapevo fin troppo bene
che Matt era una persona disposta a fare qualsiasi cosa per aiutare gli amici,
ma in quel momento mi sembrava che stesse facendo fin troppo per me. Lui si
limitò a fissare fisso davanti a se e a non
rispondermi. Forse in quel momento non lo sapeva nemmeno lui il perché si stava
spingendo così tanto per me, ma come potevamo immaginare, fermi sul binario in
attesa del treno l’incredibile svolgersi di eventi che avremmo affrontato?
-Grazie comunque, per tutto-
Anche questa volta non mi rispose, ma vidi un leggero
accenno di sorriso spuntargli sul volto. E mi ritrovai a sorridere anche io.
Ovviamente quel giro alla biblioteca si rivelò
inutile, almeno per quello che riguardava il mio sogno. Non che in realtà mi
fossi aspettata di trovare qualcosa, dopotutto che cosa ci poteva essere di più
sotto? Invece il mio studio della matematica subì un’improvvisa accelerata e,
devo ammettere, Matt era decisamente bravo a farmi capire quella materia. Così
mi trovai ad uscire soddisfatta dalla biblioteca, al contrario di Matt, che
sembrava contrariato
-Non ti aspettavi sul serio di trovare qualcosa,
vero?-
-Certo che no-
-E allora perché hai una faccia così corrucciata?-
-Non so di cosa parli-
Lascia perdere il discorso, non volevo certo mettermi
a discutere per una cosa del genere. Tuttavia, nonostante tutto quanto, mi
sentivo soddisfatta
-Hai fatto anche fin troppo per me oggi-
-Ti sei confidata, direi che era il minimo che potessi
fare-
-Allora è una fortuna che mi sia confidata con te. Non
so quanti avrebbero fatto lo stesso-
-Tu sei piena di amici Mimi-
-No che non lo sono. Tolti voi non è che frequenti
altre persone-
-Andiamo, avrai qualche compagno di classe…-
Scossi velocemente la testa
-No invece. Mi ritrovo sempre e solo con Izzi-
-Cos’è ti tiene segregata dal resto della classe?-
So che Matt disse quella frase in modo scherzoso, ma
per qualche motivo, liberò un pensiero che forse si era già formato nella mia
testa. Mi ritrovai a guardarlo e senza che potessi fare altro, inizia a
piangere. Vidi lo stupore e un misto di terrore sul suo viso, ma senza aggiungere
niente, mi afferrò e mi abbracciò stretta. Rimanemmo così per qualche tempo.
Non so se si sentisse imbarazzato o a disagio, dopotutto eravamo praticamente
in mezzo alla strada, ma non disse assolutamente niente, si limitò a stringermi,
come aveva già fatto in infermeria. Quando fui abbastanza in grado di calmarmi
mi staccai da lui e mi trovai a fissare il suo sguardo preoccupato
-Inizio a pensare di essere io a farti piangere. Due
giorni su due, è un record-
Sorrisi e lo fece anche lui, poi si rifece subito
scuro in volto
-Posso fare qualcosa per te?-
Mi trovai a scuotere il capo, decisa
-No, non ti preoccupare-
Lui mi guardò poco convinto
-Veramente, non ti preoccupare. È un problema mio nel
caso, non ci pensare-
-Difficile dopo quello che ho appena visto-
-Matt, per favore-
Lui si limitò ad annuire, anche se dai suoi occhi vidi
che non era molto convinto. Mi ritrovai a sorridergli in un vano tentativo di
fargli vedere che stavo bene, ma anche questo sembrò provocare poco effetto.
Tuttavia Matt lasciò perdere il discorso e io mi ritrovai a sospirare di
sollievo. So che il mio sospiro non gli passò inosservato, ma facemmo entrambi
finta di niente. Concludemmo così il nostro pomeriggio insieme, camminando
silenziosi verso la stazione io diretta a casa, lui alle prove della band. Ci
salutammo sulle scale, dato che dovevamo prendere due linee diverse, e mi
trovai a pensare che mi dispiaceva lasciarlo andare via così, perché avrei
voluto passare ancora del tempo con lui. Fu forse quello a spingermi a seguirlo
per le scale e ad afferrarlo
-Matt aspetta-
Lui mi guardò meravigliato. Io mi trovai ad arrossire
ma riuscii in qualche modo a sostenere il suo sguardo
-Posso veramente telefonarti se stanotte ho ancora
quell’incubo?-
Lui mi sorrise e annuì
-Si che puoi-
-Grazie-
E
presa da un raptus di pazzia, mi affrettai a dargli un bacio sulla guancia,
cosa che lo lasciò decisamente sorpreso ma che lo fece anche diventare rosso in
volto
-Cosa…-
Bofonchiò. Io mi allontanai svelta e mi ritrovai a
ridere divertita. Mi fermai in cima alla scala dove voltandomi lo vidi ancora
fermo e rosso in viso, una mano appoggiata sulla guancia dove lo avevo baciato
-Un piccolo ringraziamento per oggi. A domani-
Mi voltai veloce e sparii il più velocemente
possibile. Ero stata incosciente a dargli quel bacio e ora mi stavo rendendo
conto di quello che avevo appena fatto. Tornai a casa e quando mi guardai allo
specchio, avevo ancora le guance arrossate dall’imbarazzo.
È incredibile come a volte, il nostro sesto senso ci
faccia percepire le cose prima ancora che accadano. Ero assolutamente certa che
quella notte avrei rifatto lo stesso incubo che mi stava tormentando, per
questo stavo procrastinando il mio andare a dormire. Contrariamente ad ogni mio
principio personale, mi misi alla scrivania e tirai fuori il mio libro di
matematica. Se dovevo affrontare un incubo era decisamente meglio farlo con
qualcosa di più tangibile, quindi tanto valeva fare qualche esercizio di matematica
in più. Incredibilmente, le cose che mi aveva spiegato Matt quel pomeriggio non
solo me le ricordavo, ma mi avevano permesso di risolvere tutti i compiti senza
problemi. Ero talmente esaltata per questa cosa, che non feci caso quando
sentii il mio telefono squillare e senza esitazione risposi
-Pronto?-
-Mimi ciao-
Istintivamente mi sentì gelare. Izzi non mi chiamava
mai, al massimo ci scambiavamo dei messaggi sporadici. Per cui mi preoccupai
tantissimo sentendolo
-Izzi è successo qualcosa?-
Non rispose subito, lasciandomi pensare a mille cose
orribili che potevano essergli accadute o stragli accadendo
-No tranquilla, tutto bene-
-Oh-
La mia risposta lo dovette lasciare perplesso, perché
sentì una sorta di imbarazzo nella sua voce. Il silenzio si fece sempre più
pesante, tanto da farmi domandare se fosse ancora in linea
-Izzi, ci sei?-
-Si si scusa… è solo che… mi sento un po’ un idiota in
questo momento-
Capì immediatamente che voleva sapere cosa fosse
successo con Matt. Mi ritrovai leggermente infastidita, come se non potessi
pensare di avere altri su cui contare al di fuori di Izzi.
-Matt è stato un ottimo insegnante. In mezz’ora mi ha
fatto capire praticamente l’intero programma che abbiamo fatto quest’anno. Mi
sono trovata molto bene a studiare con lui. Era questo che volevi sapere, no?-
-Sembri infastidita-
-Lo sono infatti-
-E' che non capisco-
-Cosa?-
-Perché sei andata da Matt e non sei venuta da me-
-Sono obbligata forse a chiedere aiuto solo a te?-
-Non ho detto questo è solo che…-
-Izzi, non esisti solo tu nel mio mondo. Per fortuna
ci sono un sacco di persone su cui posso contare e Matt è una di queste. Mi ha
visto in difficoltà e si è offerto di darmi una mano e ho accettato, tutto qui.
E per tua informazione, ho intenzione di chiedergli ancora una mano. E con
questo spero che questa conversazione sia finita qui. Buonanotte-
Non gli diedi il tempo di ribattere. Chiusi il
telefono e per la frustrazione lo lancia contro il cuscino del mio letto. Fino
al giorno prima non mi sarei mai immaginata di rispondere così a Izzi o di
sentirmi così tanto infastidita e oppressa da lui. Era bastato parlare un
giorno con Matt per farmi vedere alcune cose che forse avevo cercato di
ignorare per troppo tempo. E con quel senso di frustrazione, rabbia e anche
leggera angoscia mi misi a dormire, sperando che almeno quella sera i miei
sogni decidessero di lasciarmi in pace.
Il sole sul viso mi fece aprire gli occhi. Mi ritrovai
a fissare un soffitto che non riconobbi. Spaventata mi alzai di scatto dal
letto, guardandomi intorno spaventata. Ero in una stanza, molto elegante e
raffinata. La tappezzeria sulle pareti era di un verde delicato, e il mobilio
era quasi interamente bianco, creando una armonia tra il piacevole e rilassante
all’interno della stanza. Tre grandi finestre la illuminavano e le tende, di
una tonalità di verde leggermente più scura rispetto alle pareti, erano state
lasciate aperte, in modo da far entrare la luce del sole. Mi alzai titubante.
Non avevo minimamente riconosciuto quel posto, non ero a casa mia. Mi guardai e
vidi che indossavo un abito da notte, una finissima camicia di morbido cotone,
leggermente troppo grande per me, che sapevo non appartenermi. Preoccupata mi
avvicinai ad una delle finestre e mi ritrovai a fissare un bellissimo giardino.
Ero sicuramente all’interno di una residenza nobiliare, ma non sapevo a chi
appartenesse e perché mi trovassi lì. Mi trovai improvvisamente agitata e
angosciata. Cosa era successo? L’ultima cosa che ricordavo era che ero seduta
sulla mia carrozza in compagnia della mia cameriera personale e poi… i banditi,
l’assalto, i colpi di arma da fuoco. Mi trovai preda del panico. Ero forse
stata rapita? Ma se fossi stata rapita non mi sarei ritrovata in un posto del
genere. Mi diressi verso la porta della stanza. Se ero prigioniera l’avrei
trovata chiusa a chiave. Ma se fosse stata aperta? Feci per afferrare la
maniglia, quando dei leggeri colpi alla porta mi fecero sobbalzare per la
paura.
-Miss? Siete sveglia? Posso entrare?-
La voce era di una donna, forse più precisamente una
ragazza. Non percepii nessun tipo di pericolo in quella voce, così mi trovai a
rispondere, quasi inconsciamente
-Si, prego-
La porta si aprì e con mia sorpresa mi trovai ad
osservare una giovane cameriera. Indossava un semplice abito chiaro e un
grembiule bianco coordinato alla cuffietta per capelli. Quando mi vide in
piedi, mal celò un certo stupore, ma si affrettò a farmi un inchino
-Miss, prenderete freddo solo con quella camicia da
notte. Se mi permettete, vi aiuto ad indossare una vestaglia-
Detto questo si diresse verso una poltroncina dove
sopra, appoggiata, era stata posta una meravigliosa vestaglia di seta,
finemente ricamata con un motivo floreale. Mi aiutò ad indossarla e me la
strinse dolcemente alla vita. Poi accennò alla stessa poltrona
-Se gradite, miss, vi ho portato qualcosa da mangiare.
Il nostro signore si è premurato di farvi mangiare e aiutarvi in tutto quello
che potete desiderare e quando sarete pronta, vi incontrerà per parlare-
Quella ragazza non mi diede il tempo di ribattere.
Veloce fece un cenno e un’altra cameriera, che era rimasta fuori dalla stanza, che
entrò con un vassoio su cui vidi pane, carne, frutta, verdura e addirittura un
piatto di zuppa fumante. Non mi ero accorta di essere molto affamata e guardai
quel vassoio con gratitudine. Senza aspettare di nuovo una mia risposta, le due
cameriere si inchinarono e uscirono, lasciandomi di nuovo sola. Mi buttai sul
cibo, affamata. Mangiai quasi tutto, voracemente. Era tutto squisito e quando
finii mi sentii immediatamente sollevata. Poco dopo, le due cameriere
rientrarono portando un abito di un tenue color giallo mattutino. Le guardai un
attimo perplesse. Ora che avevo mangiato e mi ero un attimo tranquillizzata e
che avevo capito anche di non essere stata rapita, volevo avere delle risposte
alle mille domande che mi stavano passando per la testa
-Dove mi trovo?-
La cameriera mi guardò un attimo titubante, prima di
rispondermi
-Siete a Hollyok Manor,
miss. Ma non vi preoccupate, il lord vi dirà tutto non appena lo vedrete. Non
temete miss, qui siete al sicuro-
Non aggiunge niente più, mi vestirono e mi
pettinarono, nel silenzio più assoluto. Il vestito giallo era sorprendentemente
della mia taglia, anche se leggermente datato rispetto alla moda odierna.
-Miss, da questa parte. Il lord vi sta aspettando-
La cameriera mi fece strada. Uscii dalla stanza e mi
trovai a percorrere un corridoio largo e luminoso, finemente arredato. Non
incontrammo nessuno lungo il percorso, che non fu molto lungo. Arrivammo presto
ad una scalinata e scendemmo. Ci ritrovammo in un ampio salone, con marmo sia sul
pavimento che sulle pareti. Il soffitto era decorato con affreschi e mi trovai
ad osservare uno stemma, posto al centro della stanza. Uno scudo, attraversato
trasversalmente da una fascia verde con un lupo in posizione araldica. Non feci
però in tempo a pensare a chi appartenesse quello stemma, che la cameriera si
affrettò veloce verso una porta. Bussò e senza esitare, come aveva fatto con
me, mi annunciò al misterioso lord di quel maniero.
-Milord, la miss è qui-
Anche questa volta non aspettò risposta, semplicemente
abbassò la maniglia e aprì la porta. Feci un passo avanti, verso la porta
aperta per incontrare il misterioso signore.
E in quel momento mi svegliai
Mi sveglia di colpo, nel cuore della notte. Il buio
della mia stanza si attenuò non appena i miei occhi si abituarono all’oscurità.
Afferrai rapida il telefono, per controllare l’orario. Erano le cinque e mezza
di mattina. Mi tirai a sedere confusa. Per essere un sogno, era stato fin
troppo dettagliato. Ma la cosa che mi aveva lasciato confusa non era l’elevato
livello di dettagli, quanto le sensazioni che avevo provato in quel sogno. La
paura, confusione, il senso di smarrimento e di incertezza. Erano quelle
sensazioni che mi lasciavano sempre stupefatta o confusa. Come il senso di
paura che provavo con l’altro sogno. Erano fin troppo reali in certi momenti.
Mi trovai a scuotere il capo incredula di quello che stavo pensando. Mi alzai
decisa ad andarmi a sciacquare il volto e riprovare poi a dormire. Tuttavia,
nonostante gli sforzi, non riuscii a riprendere sonno. E così, perplessa
persino delle mie azioni, mi trovai a mandare un messaggio. Alle cinque e
quarantadue di mattina.
“Vediamo se hai veramente il sonno così tanto leggero
come dici”
Mi trovai a sorridere mentre lo inviavo. Già mi
immaginavo il sorriso divertito che avrei avuto più tardi quella mattina,
quando avrei preso in giro Matt per il fatto che aveva continuato a dormire
nonostante ciò che mi aveva detto, ma ancora una volta, mi trovai stupita da
quel ragazzo. Dopo poco tempo, mi arrivò un messaggio di risposta
“Dovresti sapere che non mento quasi mai”
Guardai meravigliata e sinceramente stupita lo schermo
del mio telefono e quel messaggio. Era confortante sapere che c’era qualcuno
sveglio come me in quel momento con cui parlare. Anche se una parte di me si
sentì subito in colpa
“Ti ho svegliato… scusa”
“Sono stato io a dirti di farlo no? Non ti devi
scusare. E poi ero già quasi mezzo sveglio”
“Brutto sogno?”
“Non proprio… Solo strano”
“Allora siamo in due stanotte. Anche io ho fatto un
sogno strano”
“Non era lo stesso che mi hai raccontato?”
“No, questa volta no. Era come se avessi continuato lo
stesso sogno…”
“Continuato?”
Mi trovai a guardare perplessa lo schermo. Come potevo
spiegargli che avevo la sensazione di avere continuato il sogno che avevo
fatto, ma non dal punto dove lo avevo interrotto, ma avendo fatto un tipo di
salto temporale, senza sembrare un discorso pazzo e assurdo? Così mi venne in
mente l’unico modo che potevo farlo senza sembrare strana. O almeno non troppo
“Colazione vicino alla scuola, così ne parliamo. Ti
va?”
Vidi che aveva letto il messaggio e che era ancora
online, ma ci mise qualche minuto a rispondermi. Inizia a preoccuparmi,
pensando di avere chiesto qualcosa di troppo complicato o assurdo, quando mi
arrivò la sua risposta
“Il parco vicino alla scuola, quello con lo scivolo a
forma di pinguino. Sai dov’è?”
Mi trovai ad annuire. Avevo capito perfettamente di
che posto stava parlando
“Si so dov’è”
“Alle sette e mezza al pinguino. Porta il caffè”
“Perché lo dovrei portare io scusa?”
“Sei tu che hai fatto l’invito o sbaglio? Tocca a te
oggi”
Mi trovai a sorridere non sapendo nemmeno io bene il
perché.
“Va bene, ma solo per questa volta”
“Vedremo…”
Non risposi a quel messaggio, perché sapevo che non ce
n’era bisogno. Appoggia il telefono di nuovo sul comodino e mi trovai a
sorridere. Era stranamente piacevole sapere che ci saremmo visti prima della
scuola, anche se solo per parlare di sogni assurdi e sensazioni strane. Ma era
terribilmente confortante sapere di potere contare su qualcuno per poterne
parlare. E fu così che per la prima volta da molto tempo, quando la sveglia
suonò, mi ritrovai elettrizzata all’idea di uscire.
Il parco era stranamente
silenzioso quella mattina. La giornata era piacevole, una bella mattinata di
primavera dove il sole scaldava leggermente l’aria, facendo già pregustare una
voglia di estate. Quando arrivai Matt era già lì. Era seduto su una panchina,
le cuffie nelle orecchie e stava mimando il gesto di suonare una chitarra, il
suo strumento. Mi avvicinai. Con l’intento di prenderlo di sorpresa, ma fu
tutto inutile. Aprì prontamente gli occhi guardandomi beffardo
-Saresti un pessimo ninja-
Mi limitai a fargli la linguaccia, poi gli porsi la
sua tazza fumante di caffè
-Come promesso-
Mi sedetti vicino a lui sulla panchina. Presi un sorso
del mio caffè e mi voltai a guardalo
-Mi dispiace veramente averti svegliato-
Gli dissi un po’ mortificata. Lui mi regalò uno dei
suoi accenni di sorriso e si limitò a sollevare la tazza di caffè
-Il caffè perdona tutto-
-Venduto per del caffè, chi lo avrebbe mai detto-
Questa volta ridacchiò leggermente, ma si limitò poi
ad una veloce alzata di spalle, come a dire, che ci posso fare?
-Nuova canzone? Quella che stavi provando?-
Lui annuì
-Si, o almeno ci provo-
-Problemi?-
-Niente di insormontabile. Passerà-
Lo guardai mentre bevve un altro sorso di caffè, perso
nei suoi pensieri.
-So che non sono forse la persona più adatta ma… se
hai bisogno di sfogarti su qualcosa, io ci sono. Magari non potrò consigliarti
in alcun modo, ma posso assicurarti che dire ad alta voce alcune cosa aiuta a
sentirsi meno pesante-
Lui mi guardò impassibile. Era difficile capire cosa
stesse passando per la sua testa, Matt non era mai stato un ragazzo di molte
parole, tuttavia notai un impercettibile cenno con il capo, che interpretai
come un grazie.
-Dicevi di una continuazione del sogno?-
Matt spostò la conversazione su di me, dato che era
proprio il motivo per cui eravamo lì quella mattina. Mi ritrovai ad annuire
-Si, è stato strano-
-Non che il resto lo sia da meno…-
-Lo so. Ma questo lo devi ascoltare-
Gli raccontai il sogno e lui, come la volta
precedente, mi ascoltò in silenzio, senza dire una parola. Una volta che ebbi
finito, mi sembrò assurdo persino a me stessa quello che avevo appena detto.
-E' tutto così senza senso…-
Dissi, più a me stessa che non a lui, per la verità.
Matt mi guardò invece perplesso
-Hai detto che eri in una casa nobiliare-
-Più una tenuta, ad essere esatti. Ci saranno stati
almeno due acri di terreno visibile ad occhio nudo. Decisamente era una tenuta
nobiliare-
-E hai parlato di un milord-
-Mi sono svegliata prima di poterlo vedere, ma si-
-Quindi eri in Inghilterra-
La semplice constatazione di Matt mi fece sobbalzare.
Lo guardai allibita
-Cosa?-
-E' ragionevole dedurlo-
-In effetti può essere. Dopotutto anche il nome che mi
hanno detto sembrava anglofono-
-Nome?-
Matt mi guardò meravigliato. Annuì convinta
-Si, te l’ho detto no. Quando ho parlato con la
cameriera, mi ha detto il nome del posto dove mi trovavo che è…-
Ma proprio quando stavo per dirlo, mi bloccai. Improvvisamente
non riuscivo più a ricordarmi quel nome, che sapevo, però di avere saputo fino
a quella mattina, anzi, fino a pochi secondi prima di dirlo ad alta voce.
-Che nome, Mimi?-
-Matt non me lo ricordo-
Lui mi guardò, ma invece di guardarmi come fossi una
pazza si fece improvvisamente molto serio e pensieroso. Non ci fu però molto
tempo per continuare a parlare, perché la suoneria del mio telefono interruppe
quel momento. Veloce, mi affrettai ad afferrare il cellulare e sbiancai nel
vedere non solo che era Izzi che mi stava chiamando, ma che erano, ormai, le
otto passate
-Siamo in ritardo-
-Direi proprio di si-
Disse Matt. Si alzò e mi guardò
-Pronta a correre?-
-Io odio fare esercizio fisico-
Lui ridacchiò
-Non abbiamo scelta però-
-E andiamo-
E senza aggiungere altro, ci mettemmo a correre, il
più velocemente possibile, verso la scuola.
Arrivammo per miracolo prima della chiusura dei
cancelli. Non avemmo nemmeno il tempo di salutarci o di dire niente,
semplicemente ci separammo, ognuno diretto verso le proprie aule. Arrivai in
classe appena in tempo, pochi secondi prima dell’arrivo della professoressa in
aula. Sentii lo sguardo di Izzi su di me, ma feci di tutto per ignorarlo. Ora
avevo altro a cui pensare. Inghilterra. Come era possibile che stessi facendo
quel tipo di sogni incentrati su un paese con cui non avevo assolutamente nulla
a che fare? Insomma, l’unica cosa che poteva collegarmi, prendendola molto alla
lontana, era che avendo vissuto per alcuni anni in America parlavo fluentemente
in inglese, ma questo poteva bastare a farmi fare quel tipo di sogni?
Assolutamente no. Non avevo parentele, non avevo nulla che mi collegasse a
quella terra e improvvisamente mi ritrovavo a sognare una tenuta di campagna
inglese, di cui ricordavo chiaramente nel sogno mi veniva detto il nome, ma
ora, da sveglia, era l’unico dettaglio che non riuscivo a ricordare. Ricordavo
perfettamente la sensazione della vestaglia di seta quando me l’avevano fatta
indossare e non riuscivo a ricordare un nome. Era una cosa assurda. E totalmente
senza senso. E folle. Mi trovai persa nei miei
pensieri e improvvisamente si fece l’ora della pausa pranzo. Mi alzai come
fossi imbambolata. Avevo passato un’intera mattinata a rivivere il sogno che
avevo fatto quella notte e quello che ci eravamo detti io e Matt. Era come se
avessi una possibile soluzione sotto gli occhi ma che non fossi in grado di
vederla. E la cosa mi stava facendo diventare terribilmente frustrata. Anche
perché una parte di me voleva disperatamente sapere perché. Perché avevo
iniziato a fare quei sogni? Per quale motivo? E soprattutto, potevano avere un
qualche significato? Una parte del mio cervello mi diceva che mi stavo facendo
venire paranoie non necessarie, ma dall’altra parte… c’era qualcosa che mi
spingeva inesorabilmente a domandarmi perché. Tuttavia, la fame dettata anche
dall’orario, mi fece ricordare che non potevo fermarmi solo a pensare ai sogni,
ma che dovevo preoccuparmi anche di cose più tangibili. Così mi diressi verso
la sala mensa, dove non avrei certamente trovato un cibo stellato ma adeguato
sufficientemente per sfamarmi.
-Mimi, aspettami-
Il suono del mio nome mi fece voltare inconsciamente,
e vidi venirmi incontro Izzi. Non ero certamente dell’umore adatto per vederlo,
ne tantomeno avevo voglia di
parlare con lui. Ma non che avessi molte possibilità di evitarlo, così mi
fermai e lo aspettai
-Stamattina sei arrivata in ritardo-
Mi disse, in modo un po’ impacciato. Annui
-Si, colpa del sonno-
Dopotutto non gli avevo proprio detto una bugia, ma mi
limitai a non aggiungere altro. Lui mi guardò un attimo indeciso, ma poi
continuò, imperterrito a parlarmi
-Capita a tutti ogni tanto. Se vuoi, domani mattina
posso…-
-E' stato un caso. Non sei
stato proprio tu a dirmi che una volta non fa la regola?-
Lo lasciai decisamente spiazzato con la mia risposta.
Non sapevo nemmeno io perché mi sentissi così tanto irritata con lui, ma più
cercava di parlare e sembrare gentile, più la cosa mi infastidiva. Arrivammo in
caffetteria e mi misi dietro alla fila di alunni che si era formata. Izzi si
mise di fianco a me, in silenzio. Restammo così per qualche secondo, prima che
lui tornasse alla carica
-So che non dovrei ma… ho per caso fatto qualcosa per
farti innervosire?-
Lo guardai e una parte di me si sentì mortificata
dentro. Izzi, in fondo, non aveva fatto niente di male. Cioè, a parte essere
forse leggermente iper protettivo nei miei confronti, ero io quella che gli
stava mentendo. Però era vero, c’era un leggero sotto testo nelle sue frasi che
mi dava terribilmente fastidio. Sospirai, un po’ esasperata
-Non hai fatto niente, Izzi, tranquillo-
-Sicura?-
Annuì
-Si Izzi, ne sono sicura-
Lui mi sorrise, e io mi limitai a fare un cenno di sorriso, sperando di chiudere lì
la conversazione. Ma sembrava che Izzi non volesse mollare il colpo
-Allora, mi dicevi che studiare con Matt è stato
utile-
-Molto. È stato un ottimo insegnante-
-Onestamente non me lo sarei mai aspettato da lui-
Il tono della sua voce mi fece voltare verso di lui e
lo guardai, leggermente arrabbiata
-In che senso scusa? Non ti aspettavi che avrebbe
aiutato me? È questo che stai insinuando?-
Ammetto che ripensandoci, la mia reazione è stata del
tutto esagerata. Ma c’era qualcosa, una sensazione che non mi piaceva affatto,
che mi aveva fatto reagire così. La mia reazione stupì Izzi che si affrettò a
spiegarsi
-No certo, non intendevo questo. È solo che non è da
lui offrirsi volontario per aiutare qualcuno. E poi non è che voi due abbiate
tutto questo gran rapporto, mi pare, da giustificare…-
-Giustificare? Giustificare cosa? Il fatto che voglia
semplicemente aiutarmi perché, non saprei, siamo amici? Questo non basta
forse?-
-Ma voi due non parlate quasi mai-
-Matt non parla quasi mai con nessuno, ma non vuol
dire che non lo consideri un buon amico proprio come te-
Lui mi guardò esterrefatto e poi si intristì. Fu con
quasi un filo di voce che mi parlò
-Vuol dire che non c’è differenza nel nostro rapporto
tra me e lui per te?-
-Siete entrambi miei amici, Izzi-
Fu a quel punto che successe tutto in pochi attimi.
Con la cosa dell’occhio vidi Matt entrare in caffetteria. Era con Tai e Sora. Insieme stavano chiacchierando, o meglio dire,
sembrava che Tai stesse tenendo uno dei suoi
monologhi. Matt sembrava non prestare particolarmente attenzione, perché lo
vidi vagare con lo sguardo per la stanza. Poi mi vide e i nostri sguardi si
incrociarono. Fu un secondo, ma mi vide. E nello stesso istante Izzi mi afferrò
il polso, stringendolo con forza. Mi fece male quella presa. Mi voltai verso di
lui
-Izzi mi fai male-
-Sul serio? Stai dicendo veramente che io per te non…-
Non riuscì a sentire il resto della frase, perché
all’improvviso, fu come se mi sentissi catapultata verso un posto lontano.
Sentii delle voci attorno a me, poi il rumore si acquietò, ma ricordo ancora
adesso ciò che provai. Ebbi come la sensazione di essere stata sbattuta
violentemente contro un muro e poi la voce di un uomo, che mi aggrediva
-Tu non puoi amarlo, ma non capisci? Solo io ti posso
amare, non lui. Tu devi amare me, non lui, me, mi hai capito? Amami-
E con quell’eco tremendo nelle orecchie e una
sensazione di terrore assoluta, persi completamente i sensi, e sprofondai in un
silenzio assoluto.
Quando riaprii gli occhi ci misi qualche secondo a
capire dove fossi. Ero sdraiata su un letto e una luce calda aranciata aveva
come acceso la stanza in cui mi trovavo. Ci misi qualche secondo prima di
capire che mi trovavo in infermeria. Ero sdraiata sul letto, ed ero sola. Mi
misi a sedere, perplessa. Perché mi trovavo in infermeria? Ricordavo di essere
andata in caffetteria per pranzo, di avere parlato con Izzi e poi, quella voce
terrificante nelle orecchie e la paura che avevo avuto e poi, niente più. Cosa
mi era successo?
-Sei svenuta-
Mi voltai verso la voce e vidi, senza troppa sorpresa
devo ammettere, Matt. Era fermo vicino alla porta dell’infermeria e mi
guardava, preoccupato
-Che ore sono?-
-Le sei ormai-
Sgranai gli occhi per la sorpresa. Erano passate
cinque ore? Lui si avvicinò, prese la sedia della scrivania dell’infermiera e
si sedette vicino al mio letto.
-Sei svenuta in piena caffetteria, davanti a tutti.
Hai spaventato un bel po’ di gente-
Sentii le guance calde, segno del mio imbarazzo. Tra
tutte le cose che potevano succedere, che fosse capitato davanti a tutti era la
cosa peggiore
-Immagino i pettegolezzi che si diffonderanno adesso-
-Fregatene, non vale la pena pensarci-
-Facile dirlo per te, che sei praticamente un idolo di
questa scuola-
-Idolo?-
Mi domandò, leggermente divertito in verità. Lo
guardai con l’espressione più truce che riuscì a fare, ma alla fine mi trovai a
sorridere. Poi sospirai
-Sono svenuta davanti a Izzi-
Lui annuì
-Devo averlo terrorizzato-
-Abbastanza. Era parecchio preoccupato. E non solo
lui, anche gli altri-
-Tai e Sora? Vi ho visti
entrare in caffetteria insieme-
Lui annuì
-Ma non solo. C’erano anche Yolei,
Kari e mio fratello-
-Praticamente tutti quanti-
Lui annuì.
-Immagino debba una spiegazione a tutti-
-In realtà no….-
Lo guardai perplessa
-Izzi ha detto qualcosa sul fatto che gli avevi detto
che avevi dormito male. E dato che anche l’altra volta hai detto così, tutti
hanno dato per scontato che tu abbia dei problemi a dormire ultimamente-
-Che non è propriamente falso-
-Esatto-
Lui mi guardò come fosse in attesa che aggiungessi
qualcosa. Lo guardai perplessa
-Ho fatto qualcos’altro?-
-Sbaglio o ti avevo detto di chiamarmi se avevi
problemi a dormire?-
Lo guardai allibita
-Ma l’ho fatto! Ti ho scritto stamattina no?-
-Si, stamattina. Ma perché non l’hai fatto prima?-
-Perché dormivo! Ti ho scritto quando mi sono
svegliata-
-Non sei molto credibile dato che sei svenuta davanti
a tutti-
-Ma non è stato per la mancanza di sonno è stato
perché…-
Mi bloccai a metà frase. Giusto, perché ero svenuta?
Mi guardai inconsciamente il polso e ricordai quella sensazione di paura che
avevo provato. Guardai Matt e lo vidi
che mi guardava preoccupato
-Mimi cosa è successo?-
-Ho avuto paura-
Fu tutto quello che riuscì a dire.
-Paura?-
Annuii
-Si… è stato tutto così rapido ma… ricordo di averti
visto, poi Izzi mi ha afferrato il polso e ho sentito quella voce-
-Voce?-
-Si, la voce di un uomo. Era arrabbiato e ho come
avuto la sensazione… come se fossi dentro al sogno. Non l’ho visto ma… l’ho
percepito-
Matt non parlava, mi fissava solo con i suoi occhi
azzurri impenetrabili. Eppure, anche se non riuscivo a capire cosa stesse
pensando, sapevo che non mi stava credendo pazza. E così, continuai a
raccontare
-Mi sentivo come se fossi in trappola, la schiena
appoggiata contro un muro, freddo e sentivo la presenza di quest’uomo che mi
stringeva il polso e mi faceva male e mi diceva solo una sola frase,
all’infinito-
-Che frase?-
Lo fissai dritto negli occhi e ripetei quelle parole
che ancora mi rimbombavano nella testa
-Tu devi amare me, non lui, me. Solo io posso amarti.
Amami-
Ripetere quelle parole mi fece rabbrividire, per la
paura e per la sensazione di dolore che mi lasciarono dentro. La mia vista
iniziò a sfocarsi, perché sentivo le lacrime che iniziavano inesorabili, a
sgorgare. Mi coprii gli occhi con le mani e inizia a piangere, ma dopo poco,
sentii le braccia di Matt avvolgermi. Mi lasciai andare contro di lui e
ricambia il suo abbraccio, mentre affondai il mio viso nel suo petto. Piansi
non so per quanto, ma so che ad un certo punto le lacrime smisero di scendere e
io mi trovai solo ad essere cullata da Matt, in un abbraccio che nessuno dei
due sembrava volere sciogliere. E fu così, in quella posizione, che ci
trovarono Tk e Kari. Ci accorgemmo di loro, perché ad
un tratto, sentimmo il suono di qualcuno che si schiariva la gola.
Istintivamente mi ritrassi da Matt e mi trovai a fissare i miei due amici. Kari ci guardava perplessa, come se si stesse domandando se
effettivamente ci aveva visti abbracciati, mentre Tk aveva sfoderato uno dei
suoi migliori sorrisi e fissava me e suo fratello sorridente
-Disturbiamo?-
Ci chiese, sornione. Matt si alzò dal letto e fulminò
il fratello con lo sguardo. Ne io e ne Matt
rispondemmo alla domanda anche perché Kari, da ottima
osservatrice quale era, vide subito i miei occhi rossi e si precipitò da me,
preoccupata
-Mimi tutto bene? Perché hai pianto?-
Le feci un debole sorriso
-Sto bene, non è niente di che, sul serio-
-Ma hai pianto-
Annuii. Lei mi guardò preoccupata, poi guardò Matt
-Cosa le hai detto per farla piangere?-
-Perché dovrei essere stato io?-
-Diciamo che non brilli proprio per eleganza e tatto,
fratellone-
Matt fulminò di nuovo Tk con lo sguardo, poi guardò
me, in cerca di aiuto
-Ragazzi Matt non c’entra. Mi stava solo consolando a
dire la verità-
-Consolare? Lui? Il lupo solitario per eccellenza?-
-Si, proprio quello che ho detto-
Tk guardò il fratello meravigliato
-I miracoli possono accadere sul serio allora-
Questa volta Matt diede una gomitata al fratello, che
si finse fintamente ferito in modo grave. La scenetta provocò sia in me che in Kari una risata, e l’atmosfera nella stanza si fece molto
più leggera. Tuttavia Kari non era facile da
distrarre, e poco dopo, mi afferrò la mano e mi guardò, preoccupata
-Mimi è successo qualcosa? Hai un problema? Perché ci
stiamo veramente iniziando a preoccupare e…-
Scossi la testa, decisa
-No Kari tranquilla. È solo
veramente mancanza di sonno, niente di più, sul serio-
Cercai di tirare fuori uno dei miei sorrisi più
convincenti, ma lo sguardo poco convinto della mia amica mi fece capire che non
ero stata molto brava.
-Kari, sul serio, non è
niente e…-
-Credo dovresti dirlo anche a loro-
Le parole di Matt mi bloccarono. Lo guardai, stupita.
-Non credo sia necessario-
-Invece io direi di si. La
cosa si sta facendo preoccupante-
-Non direi invece-
-Disse la ragazza che è appena svenuta-
Non trovai niente da controbattere, ma lo fissai poco
convinta. Intanto Tk spostava l’attenzione da me al fratello, visibilmente
perplesso
-Dirci cosa scusate?-
-Quello che le sta succedendo-
Kari
mi guardò preoccupata
-Sei malata? È per questo che sei svenuta?-
Scossi la testa nervosamente
-N non sono malata-
-Sei incinta?-
Tutti e tre guardammo Tk sconvolti. Matt gli diede uno
schiaffo sulla testa
-Ti sembra una domanda da fare?-
Tk guardò me e lui con il suo sguardo da cagnolino
bastonato
-Scusate ma non è così impensabile. Insomma, Mimi è
una delle ragazze più bella della scuola, no? Non è strano pensare che possa
avere… insomma, è svenuta poi e…-
-Ammirevole come vedi una ragazza svenire e pensi ad
una gravidanza. Complimenti per il maschilismo Tk-
Disse Kary, arrabbiata. Lui
la guardò pentito
-Scusate, non volevo offendere. È solo che, a quanto
pare Mimi deve dirci qualcosa, ha appena pianto è svenuta… è facile
fraintendere-
-Non hai tutti i torti in effetti-
-Mimi!-
Disse scioccata kary,
guardandomi con i suoi occhi marroni. Le sorrisi
-Vi posso confermare che non sono incinta, anche
perché bisognerebbe avere una controparte maschile per esserlo e io non ce
l’ho. Non è questo il problema-
-Allora cosa ti sta succedendo?-
La voce preoccupata di Kary
mi fece provare un profondo senso di disagio. Stavo veramente per coinvolgerli
in qualcosa che non sapevo cosa fosse? Guardai di nuovo Matt. Lui mi incoraggiò
con lo sguardo e, riluttante, abbassai lo sguardo, sconfitta
-Non lo so nemmeno io onestamente cosa mi stia succedendo.
Solo che… sto facendo dei sogni strani-
-Sogni?-
Chiese Tk.
-Si, sogni. Inquietanti, terribilmente dettagliati e
completamente assurdi-
-Che cosa hai sognato?-
Stavo per raccontare tutto, quando la porta della
stanza si aprì all’improvviso e Izzi comparve nella stanza. Si precipitò verso
di me, visibilmente preoccupato
-Stai bene?-
Lo guardai e annui. Lui sospirò di sollievo. Era
visibilmente contento che stessi bene, anche se vedevo ancora la preoccupazione
nel suo sguardo.
-Ti ho portato la cartella. Ho raccolto le tue cose,
spero non manchi niente-
Gli feci un cenno con il capo come ringraziamento. Lui
a quel punto spostò lo sguardo sugli altri
-Che stavate facendo qui?-
Tk si affrettò a fare uno dei suoi soliti sorrisi
contagiosi
-Solo venuti a vedere come stava la nostra amica Mimi.
Siamo stati in pensiero tutto il pomeriggio per lei, giusto Kari?-
Kari
assecondò le parole di Tk
-Si esatto. E dato che l’abbiamo vista sveglia, ci
siamo molto tranquillizzati. Anche se, nonostante le sue proteste, l’abbiamo
alla fine convinta a tornare a casa in nostra compagnia. Stavamo giusto per
andare a prenderle la cartella, giusto Mimi?-
Non so perché quei due si inventarono
quella scusa, ma colsi l’occasione al volo. Non volevo stare da sola con Izzi,
e qualcosa mi diceva che se avessi fatto in un altro modo, mi sarei trovata a
tornare a casa con lui e non avrei retto alla sue
mille domande, finendo così per raccontargli quello che mi stava succedendo. E
sapevo dentro di me che Izzi non dovevo metterlo al corrente dei miei sogni,
non in quel momento almeno. Così mi trovai a sorridere a Izzi
-Esatto. Mi hanno convinta dicendomi di fermarci a
prendere un gelato lungo la strada-
-E dato che ho un ottimo fratello maggiore, Matt si è
offerto di pagarcelo, giusto Matt?-
Matt mal celò lo sguardo di disapprovazione verso suo
fratello, ma assecondò anche lui tk.
-Mi sono offerto “solo” di pagarlo alle ragazze. Al
tuo ci dovrai pensare tu-
-Ma come? Non ero il tuo fratellino preferito?-
-Inizio seriamente a pensare che era meglio fossi rimasto
figlio unico-
Lo scambio tra i due fece ridacchiare sia me che Kari. Izzi invece, nel frattempo, rimase come impassibile.
Fissò serio Matt, come volesse cercare di capire qualcosa dal suo volto. Non
persi tempo e mi affrettai ad alzarmi. Presi dalle mani di Izzi la mia cartella
e lo guardai cercando di essere il più naturale possibile
-Grazie mille Izzi per avere preso le mie cose. Sono
in debito con te-
Lui arrossì un poco alle mie parole e scosse la testa
-Non dire assurdità. L’ho fatto con piacere. Anzi,
dato che sono libero, pensavo che magari potevo venire con voi e…-
-Tu prendi la linea verde per venire a scuola no?-
La domanda colse tutti di sorpresa. Ci girammo a
guardare Matt. Lui nel frattempo si era avvicinato a me e mi aveva preso la
borsa dalle mani. Feci per protestare, ma un suo sguardo mi fece desistere. Poi
si frappose fra me e Izzi.
-Cosa c’entra che linea prendo?-
Chiese Izzi un po’ troppo duramente forse. Matt
continuò a fissarlo, tranquillo
-Noi quattro usiamo tutti la blu, dato che abitiamo
nello stesso quartiere. Tu invece abiti nella direzione opposta. Sono già le
sei di sera, se venissi con noi e tutto si farebbe molto tardi per te per
tornare a casa-
-Sono un uomo, Matt, grazie per la preoccupazione ma
sono certo che se anche dovessi prendere il treno alle otto da solo non avrei
problemi…-
-Ma tua mamma sarebbe in pensiero no? Meglio evitare
per oggi, non credi?-
Se c’era un argomento che faceva sempre zittire Izzi
era quando qualcuno nominava sua madre. Le voleva molto bene e non avrebbe mai
fatto nulla per farla preoccupare. E anche questa volta, la frase di Matt andò
a colpire a segno. Chinò il capo e si trovò a trovarsi d’accordo con le parole
di Matt, anche se sapevo lo stava facendo contro voglia
-Credo tu abbia ragione. Va bene, allora ci vediamo
domani. Mi raccomando però, dovesse succedere qualcosa…-
-Ti avvisiamo subito, non ti preoccupare-
La freddezza delle parole di Matt fece molto più male
ad Izzi che non se gli avesse tirato un pugno in pieno petto. Lo vidi abbassare
le spalle e sconfitto, ci salutò e sparì dall’infermeria. Senza che me ne
rendessi conto, lascia andare un sospiro di sollievo e mi sedetti sul letto,
improvvisamente molto provata.
-Chi mi spiega cosa è appena successo?-
Chiese Tk mentre ci guardava visibilmente perplesso e
turbato. Io e Matt ci scambianno un’occhiata ma
risposi io
-Lasciate che vi racconti tutto e vi spieghi-
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Ciao a tutti!
Eccomi con un nuovo capitolo. So che non sono continua
con gli aggiornamenti, cerco di fare del mio meglio per scrivere nel minor
tempo possibile, ma non voglio scrivere qualcosa di fretta, e male, solo per
pubblicare prima. Quindi spero perdonerete il tempo passato dall’ultimo
aggiornamento, spero di fare meglio la prossima volta.
Intanto grazie a tutti voi che avete dedicato del
tempo a leggere la mia storia, grazie di cuore e se volete farmi sapere cosa ne
pensate, per darmi suggerimenti o consigli, o critiche, lasciate pure un
commento. Io intanto vi ringrazio per essere arrivati fino a qui, e spero ci
vedremo ancora al prossimo capitolo. Un bacio a tutti, dalla vostra
Juls