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Autore: Helena89    20/09/2009    3 recensioni
Una mamma che gli da il bacio prima che esca di casa, che gli dica di stare attento, che gli cucini la cena, lui non c'è l'ha più. Ma la ricorda.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Billy Black, Jacob Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola one-shot sulla mamma di Jacob. Su si lei non si sa molto, solo dell'incidente e della bara chiusa con i chiodi. 
E qui nasce la mia storia. In un pomeriggio noioso, con un Jacob Black 
troppo triste e un ricordo troppo vivo nel cuore.

Ormai il cuscino ha preso la forma del viso, addattandosi ai suoi lineamenti.
Jacob Black stringe la mano a pugno, con il fiato caldo che soffia sul suo braccio. E' triste, triste, triste. Fottutamente triste. Gira la testa, cercando di pensare senza mal di testa, e agita il piede sul fondo del letto, perdendosi nei ricordi.
Quando era più piccolo la mamma aveva portato a casa una casetta di un film di Harry Potter. Si ricordava benissimo che a un certo punto, un vecchio mago barbuto di cui non ricordava il nome, aveva detto “La felicità si può trovare anche negli attimi più tenebrosi... se solo qualcuno si ricorda di accendere la luce”, e la madre aveva sospirato dicendo “Parole sante, parole sante”. Poi l'aveva guardato e aveva sorriso. Quattro mesi dopo era morta.
Ricorda benissimo quel momento. Era seduto sul tappeto di casa sua, con un giornale di macchine in mano, e la TV accesa, sintonizzata sulla soap-opera che puntualmente, ogni sera alle sette e trenta, Rachel e Rebecca seguivano con una tale dedizione che a lui appariva ridicola. Suo padre era poco lontano da loro, seduto al tavolo con il giornale in mano, quando il telefono era squillato. Jacob era saltato in piedi, strillando “Rispondo io!” e si era precipitato alla parete, per prendere la cornetta.

“Pronto?”, aveva detto con la sua vocina allegra, forse già troppo sviluppata per un bambino di otto anni. Per qualche istante dall'altra parte venne il silenzio, poi una voce roca aveva sussurrato, in modo tanto angosciato da fargli venire i brividi sulla pelle:
“Jake?”.
“Si?”. Il bambino non riusciva a decifrare quella voce, e si girò interrogativo verso Billy, che stava ancora leggendo il giornale.
“Sono.. sono Charlie Swan, il papà di Bella..”.
Jacob sorrise. Che bello, magari aveva chiamato per dire che passava a trovarlo con la figlia. Charlie continuò:
“C'è.. c'è papà?”.
“Si, vuoi che te lo passo?”. Come era triste il papà di Bella – non potè fare a meno di pensare -, e chissà come mai. Ma non se ne preoccupò più di tanto, e senza aspettare la risposta di Charlie, si voltò verso il padre, porgendogli il telefono. Billy si alzò, e afferrò la cornetta.
“Pronto?”.
Jacob rimase sotto di lui, a fissarlo. Sentì il mormorio dall'altra parte del telefono, e il padre assunse uno strano cipiglio.
“Dimmi Charlie”. Per qualche istante non sentì niente, poi di nuovo il mormorio. Billy fissò Jacob, e annuì, con una strana luce negli occhi.
“Vai avanti..”. Jacob era abbastanza confuso. Non capiva tutto questa mistero e questa preoccupazione. Ma non importava, se ne sarebbe occupato dopo, a fine telefonata. Si diresse di nuovo verso il divano, per vedere se nella soap-opera Tracy aveva lasciato Mark, ma un gemito soffocato lo fece fermare a metà strada. Si girò spaventato, appena in tempo per vedere il padre gemere, e aggrapparsi al tavolo, inarcando la schiena. Le iridi erano spalancate, e gli occhi tremendamente vuoti. Lasciò cadere il telefono per terra, con ancora il mormorio di Charlie che continuava a parlare, mentre gemeva senza sosta. Anche Rachel e Rebecca se ne accorsero, e si alzarono, spaventate.
“Papà? Papà?”. Rebecca si avvicinò tremante, mentre Rachel rimase immobile, vicino a Jacob.
L'uomo si girò a fissarla, ancora tremante, e le strinse il braccio.
“Papà che succede?”, sussurrò Rebecca con gli occhi lucidi. Jacob strinse le mani. Magari era successa una cosa brutta alla figlia di Charlie, ecco perchè suo papà era così spaventato. Per circa un minuto Billy non fu in grado di parlare, poi si avvicinò a Rebecca, e, con una voce da far accapponare la pelle a chiunque la ascoltasse, sussurrò:

“La mamma è morta.”.

Per trenta secondi nessuno si mosse, poi Jacob si alzò, divincolandosi dalle braccia di Rachel, e si sedette sul divano, lo sguardo perso. Serrò la mascella, e respirò tremante. Mamma è morta. Non ci sarà più.
Due giorni dopo ci fu il funerale. Piangevano tutti, stretti attorno alla sua bara, chiusa con i chiodi. Rachel e Rebecca singhiozzavano, abbracciate al papà. Jacob no. Lui stava fermo, e fissava davanti a se, senza dire o fare niente.

Erano passati otto anni. Quasi metà della sua vita passata senza l'affetto di una madre. Fissa l'orologio, contastando che erano le sette e diciotto. Fra dodici minuti, nove anni prima, inziava la soap-opera preferita delle sue sorelle, e, circa dieci minuti dopo l'inizio il telefono squillava, e un dispiaciuto Charlie Swan annunciava che la polizia aveva trovato il corpo della mamma, sdraiato sull'asfalto.
E ora, Jacob Black, sente di avere bisogno di una madre. Di una mamma che gli da il bacio prima che esca di casa, che gli dica di stare attento, che gli cucini la cena. Vorrebbe quella donna che non ha più, che gli manca. Si ricorda il suo odore, che spesso sentiva sul suo pigiamino, quando si addormentava abbracciato a lei. La sua voce, quando giocavano a nascondino, e lei faceva finta di non vederlo raggomitolato dietro la poltrona. Tutte le volte che tornava a casa e portava un film nuovo, e quando lui aveva confidato alla mamma che le piaceva una sua compagna di classe, e lei gli aveva detto ridendo “Oh, Jake, non iniziare già a quest'età.. Quando sarai adolescente di ragazze che ti vorranno ne avrai a file, tanto diventarai bello..”, e poi lo aveva abbracciato.
No mamma, mi dispiace. Non è andata così. La ragazza che mi piace sta per sposarsi, e non vuole me.

E poi, Jacob Black, stressato, stanco e triste come mai in vita sua, scoppia a piangere.

  
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