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Autore: ailinon    20/09/2009    3 recensioni
Nel lontano rinascimento, un ragazzo con una grande e sola passione: la poesia e la lettura.
La sua vita a Firenze, lo condurrà a conoscere molti personaggi importanti.
Dalla sagace intelligenza di Pico, alla filosofia di Marsilio.
Dalla gioia di vivere di Giuliano de Medici, alla grandezza di Lorenzo il magnifico, suo fratello.
Fino alla superbia della famiglia de Pazzi.
Ma uno su tutti saprà cogliere l'essenza del suo animo...
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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Capitolo 66 – LA GIUSTIZIA DEL POPOLO

Capitolo 66  LA GIUSTIZIA DEL POPOLO

 

Davanti a palazzo Pazzi c’era un vero e proprio campo di battaglia. La piazza del pelagio non era nulla al confronto.

Sangue e morti giacevano a terra, uccisi a colpi di spada, o lanciati dalle finestre.

I vetri e i suppellettili del palazzo nobiliare erano stati spaccati, o rubati.

Alcuni uomini giacevano ancora stesi all’ingresso dell’androne, feriti e moribondi. Un tanfo infernale dominava la via.

Con orrore videro un cadavere nudo, ricoperto di ferite ed ematomi, impiccato ad una delle finestre del palazzo.

 «E’ Francesco de Pazzi!» esclamò Pico, nascondendo il viso nella tunica di Girolamo.

Il sangue del cadavere, pesto e gonfio, scivolava a terra macchiando l’architrave dell’entrata del palazzo.

Malgrado l’odio che gli amici provavano per quell’uomo, quella vista li atterrì.

 «Chi è stato a far questo? Non posso credere che Goffredo…»

 «Il popolo» rispose Goffredo, uscendo dall’androne del palazzo, strascinandosi stancamente. Era ammaccato e sfinito.

Gli amici gli corsero incontro: «Goffredo!»

«Abbiamo tentato di portare Francesco de Pazzi al Bargello ma, la gente l’ha trovato prima di noi, e l’ha trascinato fuori dal letto, pestato a sangue e poi impiccato»

 Agnolo fissò quello che era stato Francesco de Pazzi, e con rabbia disse: «Era quello che meritava!»

 «Nessuno merita una cosa simile…» mormorò una voce, avanzando nel buio dell’androne. Camminava appoggiato ad un vessillo macchiato di sangue. La bandiera di Giuliano. Lui stesso aveva il volto macchiato e i capelli arruffati dalla battaglia.

«Forse neanche un assassino simile… Neanche Giuliano avrebbe voluto una simile tragedia…» e indicò il palazzo insudiciato di cadaveri. «Tutti quelli che erano anche solo legati al nome dei Pazzi sono stati ricercati e… Scannati! Dal popolo… I servi, donne, uomini, bambini!» esclamò. Quindi si coprì il volto, piangendo.

Poliziano gli andò accanto e gli cinse le spalle, stringendolo contro di sé.  Avvertì il tremore del suo corpo.

«Andiamo via di qui!» affermò. Pico, Goffredo e gli altri li seguirono, muti

«Non c’è più nulla da fare in questo posto» mormorò il capitano, arrancando penosamente.

***

 

Lorenzo taceva, seduto sullo scranno del gonfaloniere di giustizia nell’enorme cancelleria del Bargello.

I priori e il podestà erano accanto a lui.

Gli occhi del signore de Medici, vestito di un severo lucco nero, erano gelidi e distanti mentre guardava i congiurati. 

Diversi erano i comportamenti degli uomini che avevano ucciso suo fratello Giuliano.

Jacopo Bracciolini se ne stava in piedi, immobile e sprezzante. Il Francezi si guardava in giro come un topo in trappola, come lo stesso prete che aveva tentato di assassinare Lorenzo, Stefano da Bagnone.

L’arcivescovo Salviati gridava, dicendo che non potevano trattare così un prelato di santa madre chiesa. Invece, il cardinale Riario, tremava spaventato.

 Lorenzo li fissava tutti, freddo come il ghiaccio. «Sapete cosa avete fatto?» chiese, senza emozione.

I prigionieri scoppiarono in proteste e pianti.

 Cesare Petrucci s’intromise, leggendo una lunga pergamena: «Non mentite! Abbiamo catturato il capitano Montesecco fuori dalle mura, e lui ha confessato tutto la vostra congiura!»

«Assassini» decretò Lorenzo, lapidario.

 I prigionieri impallidirono al suono della sua voce.

«Morirete tutti come avete ucciso mio fratello!» esclamò, stringendo i pugni: «Anzi! Morirete tutti come cani, quali siete!» e sbattè i pugni sul bracciolo dello scranno.

 «Pietà ser de Medici! Pietà!» urlò il vicario di Firenze, gettandosi al piedi di Lorenzo.

L’uomo lo guardò con disgusto.

 «Non potete farlo!» urlò il Salviati: «Il Montesecco mente! Fatecelo vedere!»

 «Zitto vecchio! Ormai è finita! Ci ucciderà tutti!» gridò il Bracciolini, con disprezzo: «Maledetto tiranno!»

 Lorenzo scattò in piedi, con i pugni serrati ai fianchi: «Io, tiranno?! Chi di noi ha ucciso in questa sala?!» urlò, facendo tremare anche i vecchi soldati del palazzo: «Ora basta! Portateli via! Via dalla mia vista! Tutti! Tutti via

 Il Petrucci osservò le guardi obbedire prontamente agli ordini del de Medici. Ormai tutto il popolo di Firenze sembrava pendere dalle labbra di Lorenzo.

«Cosa ne faremo? La gente si è assiepata fuori dal palazzo, da quando hanno catturato il capitano Montesecco. Non accennano ad andarsene» spiegò il gonfaloniere: «Molti sono ancora armati…»

«Non li faremo andare via a mani vuote» disse Lorenzo, e senza scomporsi aggiunse: «Impiccate questi bastardi ai piombatoi del palazzo»

 Nella sala scoppiò il finimondo. Urla e grida di disperazione e protesta, che però non sfiorarono neppure il volto glaciale del de Medici.

 «Messer Lorenzo!» implorò Girolamo Riario, nipote del papa: «Io sono appena arrivato a Firenze! Vi prego! Non sapevo nulla di tutto questo!»

Il giovane cardinale era bianco come un cencio, ed era ancora difeso dai diaconi di Firenze.

Furono questi a intervenire in sua difesa: «Ser Lorenzo! Sua eminenza dice il vero! Sarebbe stato ucciso anch’esso dai Pazzi se non l’avessimo portato via noi dalla chiesa!»

Girolamo annuì soltanto, sotto lo sguardo di Lorenzo.

 «Anche il Montesecco, nella confessione, ha parlato di sua eminenza come una buona scusante per attirarvi in trappola» lo difese il gonfaloniere, con alcuni priori.

Lorenzo scosse una mano: «Volete farmi credere che non sapeva? E’ impossibile!» esclamò: «Quei maledetti hanno tentato più volte di trovare me e Giuliano insieme, per ucciderci! E ora mi dite che LUI, il nipote della mente dietro tutto questo, non sapeva?!» scattò, alzandosi in piedi.

 «E’ vero vostra signoria!» implorarono i preti, stringendosi accanto al diciassettenne.

Lorenzo si mise a camminare avanti e indietro, meditabondo. D’improvviso decise: «Va bene. Lui, rimettetelo in carcere. Fin quando non ne saremo certi, potrà restare in vita»

In verità pensava che quel ragazzetto presuntuoso, poteva tornargli utile nel caso il papa avesse mosso altre truppe contro di lui.

Un utile merce di scambio” pensò, anche se avrebbe preferito ucciderlo.

Quelle persone non erano altro che bestie, e come tali andavano trattati.

 «Per gli altri, che non ci sia da attendere!» riprese: «Li ho visti io stesso alzare i pugnali! Che muoiano tutti come traditori!» tuonò, dando loro la schiena, mentre venivano portati via.

***

 Il popolo rumoreggiò nel cortile del Bargello, e un attimo dopo delle guardie trascinarono all’interno del palazzo un vecchio dagli abiti miseri e stracciati. Il volto pesto e livido, tanto che faceva pena a vederlo.

I capelli bianchi, sparsi sulla fronte.

 «E’ Jacopo de Pazzi!» urlarono i soldati della città: «Lo abbiamo pescato mentre tentava di uscire dalle porte, travestito da contadino!» risero, strattonandolo per il colletto.

 L’anziano, con le mani legate come un Cristo flagellato, guardò Lorenzo dritto in viso, senza paura né rimpianto.

Il suo atteggiamento era fiero malgrado i vestiti e il viso lacero.

Lorenzo tornò a sedersi al suo scranno, con lenta compostezza. «E così tentavate di scappare, ser de Pazzi? Dopo quello che avete fatto?»

 L’uomo non si fece intimorire e non si scompose: «So quel che ho fatto. E so quel che avete fatto voi. Ho ucciso vostro fratello, e voi avete ucciso mio nipote»

 Lorenzo serrò le labbra: «Non osate paragonare la mia giusta vendetta, con il vostro vile tradimento!»

 «Sapevo quel che mio nipote voleva fare. Non mentirò. Tuttavia non sono pentito!» lo incalzò il de Pazzi: «Voi spadroneggiate su Firenze, e fate tutto quello che volete, solo per favorire i vostri interessi!»

«Come voi facevate i vostri! Siamo banchieri! Questo era il nostro duello!» ribatté Lorenzo: «Ma qualcuno ha preferito una guerra ignominiosa a una onesta sfida!»

Fissando in viso il volto del vecchio nobile, aggiunse: «Non starò oltre a spiegare i miei gesti ad un assassino!» decretò: «Che sia appeso con gli altri!»

***

 

   
 
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