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Autore: Mex    20/09/2009    2 recensioni
“Mi sta dicendo che finalmente è riuscito a trovare Atlantide?” il professor Sorni si tolse gli occhiali ed iniziò a ripulirli di nuovo, per la terza volta, lo faceva sempre quando era nervoso. I suoi occhietti miopi si puntarono in quelli del giovane dottor Daniel Jackson.
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa volta non potrete lamentarvi. Ho finito un capitolo e ve lo pubblico. Vi annuncio che anche il prossimo è in cantiere. Spero che non pecchi in nulla. Ho voluto inserire una piccolissima scena per Najara, in pratica è un flash. Spero proprio che ti piaccia. Finalmente sono riuscita ad arrivare a questo punto! Posso anticiparvi che nel prossimo capitolo ci sarà un po’ più di movimento (speriamo bene). Se avete suggerimenti fatemi sapere.




V capitolo: Trasloco e saluti

Bibibip-bibibip. Alice aprì gli occhi. Era riuscita ad addormentarsi solo un paio di ore prima, ed adesso alle 6.30 del mattino del 3 settembre iniziava la sua nuova vita. La ragazza per l’ennesima volta dovette farsi coraggio. Si alzò dal letto e si preparò per fare una colazione veloce per poi ricontrollare per la millesima volta che tutto fosse pronto ed in ordine. Infilatasi la divisa, uscì.
La base era animata da una frenesia fuori dall’ordinario, mancava meno tre ore all’ora zero e tutti cercavano di fare gli ultimi aggiustamenti. Trovò una mensa più o meno vuota, i tavoli lindi ed in ordine erano popolati da poche persone immerse ognuna nei suoi affari e nessuno fece caso a lei mentre prendeva una tazza di caffé, un po’ di pane e una confezione di marmellata di albicocche.
Guardava disgustata il suo caffé che le sembrava acqua sporca, quando un’altra delle ormai troppo frequenti fitte alla testa la colse. Chiuse gli occhi e li strinse massaggiandosi le tempie. Non duravano mai molto ma erano sufficienti per deconcentrarla e farla bestemmiare mentalmente contro il dolore. “Anche tu con il mal di testa?”  lei sollevò gli occhi e si trovò davanti un sorridente e sempre più spettinato Maggiore Sheppard “Più che altro sono fitte che passano subito, fortunatamente” lui si portò alle labbra la tazza di caffé “Ultimamente succede anche a me. Deve essere tutta questa agitazione- indicò la sedia davanti a lei- Posso sedermi?” lei annuì ed abbassò gli occhi verso il pane. Sheppard si sedette appoggiandosi alla spalliera, si mise una caviglia sul ginocchio opposto e ci appoggiò sopra il polso della mano libera. Sembrava avesse trovato un equilibrio tutto suo. Scrutò la ragazza che non sollevava lo sguardo su di lui. Perfetto, aveva capito, toccava a lui iniziare un discorso: “Come va la testa?” lei finalmente smise di contemplare la marmellata spalmata sul pane e gli rispose che il dolore era passato. “Sai cosa dobbiamo aspettarci dall’altra parte?” Alice fece una smorfia di disgusto mandando giù una sorsata di caffé “Bleah…siete la potenza più grande del mondo, ma non sapete assolutamente fare un caffé!” lui si mise a ridere “Penso sia questione di abitudine. Dai non è così tremendo!” lei lo guardò dubbiosa “Comunque, so molto poco, mi dispiace. Ho paura che andremo alla cieca. L’unica cosa che ho potuto fare è stato confermare la tesi del dottor Jackson. Gli Antichi intendevano impacchettare la loro città-astronave ed andare in un’altra galassia. Se sia ancora lì o meno questo non lo so” lui poggiò la tazza sul tavolo “Ma il mito di Atlantide non parlava di una città oltre le colonne d’Ercole sommersa da un grande cataclisma?” Alice appoggiò entrambi i gomiti sul tavolo “Le colonne d’Ercole una volta erano considerate il confine del mondo conosciuto, quindi penso che figuralmente possano essere anche considerate quelle della Terra. L’ubicazione in un’altra galassia è virtualmente giusta, oltre il nostro mondo. Ma il perchè del cataclisma e di come la nostra mitologia ne sia venuta a conoscenza, questo non saprei dirlo. Forse lì è successo qualcosa e alcuni Antichi sono tornati per rifugiarsi o il progetto è fallito. L’unico modo per saperlo è andare lì tra…-si guardò l’orologio- oddio sono in assoluto ritardo. Ci vediamo dopo, Maggiore” questo si portò due dita alla fronte per salutarla, poi guardò l’orologio. Le 7, mancavano due ore, poteva stare ancora tranquillo per un po’, in effetti doveva solamente mettersi lo zaino in spalla, il giubbotto antiproiettili, prendere il suo P90 e il rimanente dell’equipaggiamento, cosa da dieci minuti prendendosela comoda. Tutti erano pronti, anche la piccola Indiana Jones lo era. L’aveva vista di persona il giorno prima supervisionare l’imballaggio delle sue ultime attrezzature tra queste anche tutto l’occorrente per la datazione al carbonio 14 e qualche zappa e piccone per lo scavo. Era arrivato proprio mentre cercava di far valere le sue ragioni con il Colonnello Sumner che voleva lasciarle lì metà dell’equipaggiamento, cosa che riuscì a fare solo in piccola parte. Indiana poteva essere molto decisa e ferma anche se non sembrava a prima vista. Aveva sostenuto anche abbastanza bene il poco tatto del Colonnello che aveva fatto capire ad entrambi che lui non li voleva lì, ma erano presenti solo grazie all’intercessione della Weir. Sheppard perchè il suo stato di servizio in Afghanistan non era proprio da definirsi immacolato, la Satriani perchè era troppo giovane e considerata un peso inopportuno.
Mentre si dirigeva al suo alloggio Alice incontrò Jack e Daniel in compagnia di un uomo di colore altissimo con un simbolo dorato sulla fronte “Pulce, eccoti qui. Tutto bene? Preparato tutto?” “Stavo proprio andando a sistemare le ultime cose, Jack” “Aspetta solo un attimo, ti voglio presentare uno dei miei migliori amici. Il Jaffa Teal’c. Teal’c questa è la piccola Alice Satriani” Alice stese la mano con un sorriso enorme: “Ho sentito molto parlare di lei, maestro”. Il Jaffa ignorò la mano e si inchinò: “È un onore conoscerla Alice Satriani”. La ragazza ritirò la mano imbarazzata, non capendo se dovesse inchinarsi anche lei o meno. Sapeva tutto sui Jaffa e su Teal’c ma non come si dovesse salutarlo senza arrecargli offesa involontariamente.  Fu tirata fuori dall’impaccio da una voce che proveniva dalle sue spalle: “Non ti preoccupare, non si è offeso. Teal’c, nonostante tutti questi anni, non ha ancora adottato molte delle nostre usanze”. Quando Alice si voltò vide una donna, un militare accostarsi a loro. Bionda, non troppo alta e con un sorriso luminosissimo, non poteva essere nessun altro che Samantha Carter, il genio dell’astrofisica e grandissima amica di cui Daniel le aveva parlato moltissimo. Jack infilò le mani in tasca nella sua posizione abituale “Ciao, Carter. Da dove spunti?” “Dal laboratorio. McKay voleva controllare le ultime cose. È più isterico del solito.- si rivolse alla ragazza- Molto piacere sono Sam Carter, tu devi essere Satriani. Sei molto fortunata ad far parte di questa missione” “Così mi hanno detto più volte. Ho sentito molto parlare di voi due. È un vero onore conoscere la squadra al completo” La voce di Rodney McKay si fece sentire all’altoparlante: “Sam, se pensi di fuggirmi e non finire il lavoro te lo puoi scordare! Torna subito qui o, se succederà qualcosa per la tua negligenza, ci avrai tutti sulla coscienza!” Jack si portò le mani al volto “No, non riesco proprio a sopportarlo. Facciamo una cosa, ti accompagno, Carter. Non può manipolare così la gente! Ci vediamo dopo, piccola” I due si allontanarono. “Daniel ti posso chiedere una cosa” “Dimmi tutto, Alice” la ragazza si avvicinò di più all’archeologo ed abbassò la voce: “C’è qualcosa tra loro due? Appena è arrivata Jack è cambiato, gli si sono illuminato gli occhi” Non fu Daniel a risponderle ma Teal’c: “Infatti” Fu l’unica risposta che ricevette mentre tutti e tre osservavano la coppia che si allontanava.  
 
Alle nove in punto, duecento persone si riunirono nella sala di imbarco con tutto il materiale, provviste, speranze e coraggio. Alice guardava l’anello di pietra da dietro le spalle dei militari che formavano la prima e la seconda squadra di imbarco, l’una comandata da Sumner, l’altra da Sheppard, secondo in commando. Lei sarebbe passata col terzo ed ultimo gruppo ossia i civili. Non era preoccupata per l’attraversata, nella testa le era stato scritto come fosse perfettamente sicuro il passaggio. Era affascinata. Quel monumento in pietra era il simbolo della conoscenza, del potere, unico cimelio di una razza scomparsa da millenni. Poteva capire la venerazione che molti popoli extramondo gli tributavano, lei stessa si sarebbe inchinata se non avesse avuto nella testa ogni singolo particolare di come fosse stato costruito.
Man mano che il momento si avvicinava, mille dubbi iniziavano ad affollarle la mente. Lo zaino si faceva sempre più pesante per le sue ginocchia tremanti e il borsone e la valigetta le sfuggivano dalle mani sudate. Cercò di respirare a fondo per calmarsi, ma una mano rassicurante le si poggiò sulla spalla. Si voltò e vide il dottor Beckett in una uniforme simile alla sua (solo con bande gialle e la bandiera della Scozia). Le fece un sorriso e lei glielo restituì girandosi poi a guardare la Weir che si era fermata in mezzo alla rampa che portava allo stargate. “Dopo fatiche e sacrifici siamo giunti a questo punto. Un momento storico. Alcuni hanno lavorato una vita per essere qui, altri vi si sono trovati in mezzo, ma tutti siamo orgogliosi di rappresentare i nostri paesi e la Terra. Siete duecento volontari, i più preparati, i più meritevoli, i più coraggiosi. Abbiamo un’unica possibilità, non dobbiamo sprecarla. Il passaggio dovrà essere attraversato il più velocemente possibile. C’è qualcuno che vuole tirarsi indietro? È l’ultima occasione- tutti si guardarono in giro, ma nessuno alzò la mano- bene. Buona fortuna a tutti noi” Si spostò e dalla sala di controllo iniziarono ad inserire la sequenza. “Primo simbolo inserito, secondo simbolo inserito, terzo … quarto … quinto … sesto … settimo - le strutture iniziarono a tremare, qualche apparecchio andò in sovraccarico con una pioggia di scintille- ottavo simbolo inserito!- il passaggio si aprì con la solita onda di energia- il wormhole è stabile!” La sala scoppiò in un applauso scrosciante. Avevano superato il primo ostacolo e dall’altra parte c’era ancora uno stargate funzionante.
Fu inviato il M.A.L.P. ed Alice pensò che dovesse essere tutto apposto poiché dopo qualche minuto la voce di Jack risuonò negli auricolari che ognuno portava: “Prima squadra, fuori!”. Il Colonnello Sumner imbracciò il P90 e disse: “Ok, prima squadra di sicurezza, seguitemi. Maggiore ci segua solo dopo aver ricevuto il mio segnale” questo annuì. Sumner, la sua squadra e la dottoressa Weir scomparirono nel circolo azzurro elettrico.
Ci fu un momento di tensione. Nessuno parlava dall’altra parte, era come se il collegamento fosse stato interrotto. Poteva essere che avessero incontrato una popolazione ostile? O che ci fosse qualche gas o virus letale che i dati della sonda non avevano rilevato? Erano morti? O svenuti? Oppure … “Sheppard, passi con la seconda squadra” Alice fece un sospiro di sollievo e vide che il Maggiore attraversava con la sua squadra il passaggio, pronti ad ogni evenienza.
Ma la Satriani non era l’unica ad essere agitata. Al suo lato destro Rodney cercava di autoconvincersi che la traversata non avrebbe avuto effetti collaterali e che ogni suo pezzetto sarebbe stato rimesso al suo giusto posto. Al lato sinistro il dottor Beckett si inclinò verso di lei e le chiese a bassa voce: “Per caso nella tua banca dati non si dice cosa si prova?” lei gli rispose con un sussurro: “Durante, niente. Ma all’arrivo bisogna stare attenti perchè si viene sbalzati fuori e all’inizio si prova una sensazione di freddo dovuta alla compressione ed alla decompressione quasi istantanea delle molecole” lui guardò il passaggio dubbioso e spaventato: “Compressione…  decompressione… non è una cosa naturale” fu lei che questa volta gli batté una mano sulla spalla per fargli coraggio.
La voce di Jack si fece ancora sentire: “Signori prego, accomodatevi” ecco toccava a loro. Vide che pian piano i carrelli carichi di materiali venivano spinti su per la rampa e sparivano in un’altra galassia. Tutti gli scienziati chi da solo, chi in coppia, alcuni anche in gruppetti di tre o quattro facevano il grande passo. Arrivò anche il loro turno. Alice si voltò per un’ultima volta per salutare Jack e Daniel. Entrambi dalla sala di controllo le fecero gesti di saluto. Davanti a lei Rodney e Carson erano appena passati. Si voltò e con un ultimo saluto lasciò la Terra.
Fu scaraventata fuori violentemente, ma sarebbe rimasta in piedi se qualcosa non l’avesse ostacolata. Si ritrovò, perciò, a rotolare un paio di volte fino a fermarsi supina. Un fortissimo senso di nausea la colse ed un disarmante capogiro le impedì di sollevarsi. Si mise a sedere e si prese la testa tra le mani ghiacciate. La sensazione era orribile. Tutto intorno a lei girava, le orecchie le fischiavano ed era come se fosse stata immersa nell’acqua ghiacciata. E c’era gente che lo attraversava anche due, tre volte alla settimana, roba da matti!
Passarono un paio di secondi prima i brividi cessassero, quando si fu calmata riuscì ad alzarsi e guardarsi intorno. Era uno spettacolo da mozzare il fiato. La città stava pian piano riprendendo vita, riattivandosi dopo millenni. Alla scarsa luce Alice riuscì ad individuare le caratteristiche di quella che sapeva essere la sala di imbarco alla quale si affacciava la sala di controllo per mezzo di un balconcino. La semplicità era la regola d’ordine per gli Antichi, ma nonostante l’ambiente non avesse decori, l’incredibile altezza del soffitto che culminava con una torre, la forma ottagonale e l’elegante scala ad una decina di metri dallo stargate, la rendevano stupenda.
Vide anche l’oggetto o meglio la persona che l’aveva fatta cadere a terra. Rodney era ancora sdraiato a terra a poca distanza dallo stargate lamentandosi di qualsiasi cosa che la sua ipocondria galoppante gli stava suggerendo. Beckett finalmente riuscì a farlo tacere e rimettere in piedi.
La dottoressa Weir chiamò l’ SGC “Generale O’Neill, la base di Atlantide vi manda i suoi saluti da Pegaso” “Avete trovato bel tempo, lì?” Tutti sorrisero “Abbastanza buono, grazie” “Bene, ancora una cosa. La signorina Satriani potrebbe avvicinarsi per un attimo allo stargate?” La ragazza si voltò verso Elizabeth e questa annuì. Quando Alice si trovò davanti all’anello una mano sbucò fuori seguita subito dal viso di O‘Neill, le fece l’occhiolino e le piazzò in testa un cappello identico a quello di Indiana Jones “Questo, pulce, è un regalo da parte mia e degli altri della squadra. E questa- le mise in mano una bottiglia di champagne- è per battezzare la baracca. Ci sentiamo presto, Comando Atlantide. Buona fortuna.” Jack sparì, non senza aver arruffato per un’ultima volta i capelli alla sua piccola amica dopo aver fatto un ultimo saluto generale ed il passaggio si richiuse.






Rieccomi. È venuto il momento dei ringraziamenti. Vi ringrazio tantissimo per leggere questa fanfiction e mi scuso per gi errori che ho trovato nel capitolo precedente. L’ho pubblicato dopo averlo riletto superficialmente e qualcosa è scappato, speriamo che questo non abbia gli stessi errori. Un ringraziamento particolare a Najara e a Bamboletta per i loro commenti gentilissimi e anche a Lel che se anche non ha commentato so bene che ha già letto questo capitolo. Saluti ed alla prossima.

P.S.Vi consiglio di portare degli asciugamani per il prossimo capitolo (ops spoiler?)
  
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