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Autore: Solitaire    20/09/2009    5 recensioni
nemmeno noi siamo solo logica e calcolo, per il semplice fatto che si arriva a un punto dove non c’è alcuna logica né alcun calcolo e la differenza è fatta solo dalla nostra volontà
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riku, Roxas, Zexyon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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XIV

 

XIV

 

 

“Perché non posso andare con loro, Xemnas?”

“Mi stai chiedendo di renderti conto delle mie azioni?”

“Ti sto chiedendo il motivo di una decisione arbitraria e senza ragione, che ricade su di me. Perché?”

“Tu servi qui.”

“No, non è vero. Ho già passato più di un mese a Oblio e questo non ti ha impedito di mandarmi a chiamare quando avevi bisogno. Perché questa volta è diverso?”

“Perché la situazione è cambiata. Abbiamo scisso il gruppo in due, non possiamo permetterci altre perdite. Sarà già abbastanza gravoso accollarci i compiti di coloro che si allontanano.”

“Ma qui io non faccio mai niente. Se non hai bisogno di me per sterminare heartless o qualsiasi altra cosa vuoi togliere di mezzo, potrei anche non esistere.”

“Non temere. C’è abbastanza lavoro per chiunque. Finora abbiamo potuto permetterci di esentartene solo perché, insieme, potevamo sopperire alla tua assenza. Adesso dovrai darti da fare.”

“E come?”

“Con qualsiasi cosa si renda necessaria e sia nelle tue possibilità, come per tutti noi. Roxas, è pieno inverno e lo sarà per almeno altri tre mesi. Vuol dire che in ogni momento possiamo trovarci di fronte un’emergenza, anche ben più grave dello sfondamento della serra.”

“Allora perché non avete rimandato il progetto Oblio sino a una stagione più favorevole?”

“Perché non è necessario e perché non sappiamo quanto durerà l’inverno. Qualche mese, se siamo fortunati, ma è già capitato che durasse un intero anno. Questo pianeta ha cicli irregolari, nemmeno noi siamo in grado di prevederli. Rimandare il progetto Oblio… non avremmo saputo sino a quando e Zexion è stato uno di quelli che ha insistito per farlo partire subito.”

 

Roxas si incupisce.

 

“Tu non vuoi che vada con loro.”

“Ovviamente no. Di cosa abbiamo discusso, finora?”

“Perché?”

 

Nessuna sottomissione, artigli pronti a essere sguainati anche subito e il tono di chi considera tatto e diplomazia solo inutili artifici comportamentali adatti a forme di vita inferiori. Tempo perso a dividerlo da quello che vuole ottenere.

E’ una delle sue diversità. Gli manca la circospezione, la quasi sofferenza con cui i nobody si relazionano gli uni agli altri.

E’ convinto, o spera, o si illude, che, prima o poi, stare accanto a Zexion gli permetterà di ricomporre i suoi ricordi. O Zexion stesso glielo ha fatto credere perché fosse più gestibile. Comunque sia, Roxas non ha posto per altre considerazioni e non esiste modo perché si arrenda senza intavolare una battaglia.

Ma, fin dall’inizio, Xemnas sapeva che, in questa storia, il ragazzino avrebbe rappresentato un problema.

 

“Te l’ho già spiegato. Non ho intenzione di ripetermi.”

“Non è una spiegazione logica. Non è una soluzione logica!”

 

voglio andare con loro

 

“E quale sarebbe la soluzione più logica?”

“Tenere Axel e mandare me. Lui non ha niente di utile da fare a Oblio, mentre qui sa come muoversi, come tutti voi. Tranne me. Il mio lavoro è con loro e adesso se ne vanno.”

 

Xemnas si volta verso il terzo individuo presente nello studio.

Saïx non ha fatto nulla per attirare la sua attenzione, ma è qui ed è più che sufficiente. In questa circostanza, rappresenta solo un’ulteriore sorgente di disturbo.

L’uomo è immerso nella lettura di quello che scorre sullo schermo del palmare che tiene sulle ginocchia. Non ha ancora detto una parola e non mostra il minimo interesse a Roxas, così come Roxas non ha dato cenno di riconoscere la presenza di Saïx. Naturalmente, sono sempre stati più che consapevoli l’uno dell’altro, come Xemnas stesso è dolorosamente conscio di entrambi.

La pace del suo santuario è una cosa fragile, una distesa d’acqua specchiante che qualsiasi intrusione può agitare.

Non ha mai avuto difficoltà a gestire la presenza di Saïx. Ma averli tutti e due, qui, nello stesso spazio ristretto, è al limite di quello che adesso può sopportare.

 

“Il tuo lavoro? Bambino, quello è solo un uso che Zexion fa di te e della tua condizione. Il lavoro è suo e non mi sembra che Zexion abbia richiesto la tua presenza a Oblio. O ricordo male? Eravamo presenti tutti quando tu hai chiesto di accompagnarli. Quando ho detto no, lui non ha obiettato.”

 

Le luci nella stanza fluttuano e bizzarre distorsioni visive si originano a mezz’aria. Niente di troppo evidente. Xemnas ha solo l’impressione che le immagini siano state dipinte su un vetro, frantumato e rimesso insieme in modo non perfetto.

Un fenomeno curioso.

 

“Perché?”

 

Voglio andare con loro!

 

“Roxas, ti prego, dammi almeno un po’ di credito. Non prendo le mie decisioni solo per fare torto a te. Ti assicuro che ci sono motivi molto più importanti dei tuoi stati d’animo e, anche se può sembrarti strano, l’universo non ti ruota intorno. Se solo mi fosse possibile, preferirei di gran lunga farti sentire sempre a tuo agio.”

 

vogliovoglioandareandareandareandareandareandareandare con loro

 

Un leggero ticchettio, quando Saïx picchietta l’estremità di una penna sul palmare. Ha abbandonato il suo artificioso disinteresse.

 

VOGLIO ANDARE CON LORO!

 

!!!BASTA!!!

 

“Chiedi, quando vuoi qualcosa.”

“Ho chiesto!”

“Hai preteso.”

“Ho chiesto e mi hai risposto no.”

“Una richiesta può avere molte risposte, non necessariamente tutte di tuo gradimento. Ma se vuoi accettare solo quella che ti sei messo in testa, allora è inutile chiedere.”

 

Di solito, Roxas è più accorto. E’ freddo e astuto, usa la manipolazione e il convincimento. Una bizzarra forma di manipolazione, priva di artifici e retorica, diretta sino alla ferocia e brutale, ma che, non di meno, gli consente di ottenere sempre quello che desidera con il minor sforzo possibile.

Lui stesso ha sempre trovato molto più semplice ed efficace concedergli quello che chiede, piuttosto che intestardirsi su rifiuti senza una vera ragione e, finora, Roxas non ha mai approfittato oltre un limite accettabile.

Adesso, nel suo atteggiamento, non c’è nulla di ragionevole o accettabile.

 

E’ cambiato, nel breve tempo della sua esistenza.

Quanto tempo?

Sei mesi? Sette? Otto?

non ricordo

Eppure, proprio lui ha trovato il bambino incosciente nelle strade della Città del Crepuscolo.

Un anno?

E’ stato un po’ prima dell’inverno. Ricorda il giorno in cui Zexion li ha chiamati nel suo studio. Allora, aveva pensato che l’inverno si stesse approssimando e, a quel punto, era già passato un po’ di tempo dalla nascita di Roxas.

Qualche mese?

Unico di tutti loro, non è mai stato bravo a misurare il tempo a mente. Gli hanno detto che dipende dalle sue memorie frantumate, ma non è sicuro di crederlo. Roxas non ha nessuna difficoltà, in quello, pur soffrendo di una forma di amnesia ben più grave della sua. 

non ricordo

Non è solo non sapere quanti mesi giornianni? sono trascorsi. Può arrivarci con il ragionamento, ma quel lasso di tempo resta solo un concetto intellettuale. Non ne ha consapevolezza.

Un tempo sufficiente a cambiare Roxas.

 

i nobody non cambiano

E’ cambiato.

Impossibile!

E’ cambiato.

E’ Roxas?

 

Guarda il ragazzo e quello si trasforma. 

Di fronte a lui ha un estraneo. L’aspetto è quello di Roxas, il corpo, la voce, sono di Roxas, ma Roxas non c’è.

Se potesse, Xemnas si meraviglierebbe di quello che vede, ma quello che prova è solo curiosità e un nascente senso di allarme.

 

Saïx continua a scandire il tempo con la precisione di un metronomo.

 

“Anch’io manco di molti ricordi.” mormora Xemnas “Anni fa, mi sono svegliato in un mondo che non conoscevo e non sapevo chi ero. Non ho mai ritrovato il mio passato. L’ho cercato e quello che ne ho ottenuto è questo. Due volte ho dovuto ricostruire la mia vita e ricominciare da capo.”

 

Se Roxas fosse più attento, meno ferocemente e completamente accentrato in sé stesso, si accorgerebbe che Xemnas sta cercando una soluzione indolore, di placarlo a costo di offrirgli anche il suo passato, il suo tesoro più prezioso. Un terreno comune su cui incontrarsi.

Ma non può funzionare. Non c’è spazio a possibilità di compromessi, una volta tolte le ragioni per volere accettare un compromesso.

 

“La tua storia dovrebbe convincermi a non farmi troppe domande?”

“A volte è meglio.”

 

Sputa quelle parole che lasciano in bocca il sapore d’acido di un crimine imperdonabile, qualcosa che strappa un altro frammento della sua anima.

 

Saïx appoggia il palmare sul divano, si alza, si avvicina di qualche passo alla scrivania di Xemnas.

Si potrebbe credere che lo abbia fatto casualmente.

 

“Siamo noi per come siamo.” esclama Roxas “La nostra Identità, la nostra Personalità. Il nostro potere. E, allora, anche la nostra memoria, la nostra volontà. Zexion mi ha portato a Radiant Garden. Gli ho chiesto se è il suo mondo. Ha detto di non saperlo, però parla della vita di Ienzo come fosse la sua. Non parla di lui, parla di . Anche se dice di non sapere, non fa differenza fra loro due. Zexion ricorda di essere stato Ienzo, vuole essere Ienzo. Tutti voi fate così. Io no. Io so dove è la differenza. Lui non era me.”

“Cosa sei, allora?”

Chi sono! Roxas.”

“Roxas… sono solo lettere messe insieme. Solo un modo per chiamarti.”

“No.”

“Senza Cuore, non potrai mai essere altro.”

“No!”

“Solo la copia imperfetta di un originale distrutto.”

“Non è vero. Perché continui a ripeterlo?”

“Perché è così.”

“Tu sei niente!” sibila il ragazzo “Tu e anche tu, perché dite di esserlo. Io no. Io sono me stesso, non copia di nessuno. Io non lo voglio, un Cuore. Non mi interessa. Dico di sì perché lo dite voi, ma non è vero. Ho già la mia mente, ho la mia anima. Non voglio ricostruire una vita che non è mia.”

 

La voce, congelata in quella sua ambigua condizione d’età, fra i toni acuti dell’infanzia e quelli più profondi di un improbabile adulto, si spezza in uno stridio quasi doloroso.

 

“Se non vuoi essere umano, allora perché sei così ossessionato dal tuo passato?”

“Perché voglio capire cosa rendeva Lui così meritevole di esistere. Voglio capire perché devo restare prigioniero nell’oscurità. Voglio sapere cosa ho perso e decidere se tutto questo vale la pena di non vivere. Perché voglio conoscere il guscio vuoto che mi sono lasciato dietro.”

 

Saïx studia Roxas con una fissità che riflette quella del ragazzo stesso.

Qualunque movimento di Roxas, le pupille contratte di Saïx lo seguono. Nessun fremito, nessun distogliere lo sguardo, neppure per un istante.

Come se vedesse solo lui, di tutto quello che sta intorno. Ed è così, per Saïx. In questo momento, esiste solo il suo possibile bersaglio.

Anche lui ha percepito l’alieno.

 

“Non sempre abbiamo quello che vogliamo. Anche meno spesso ci è risparmiato quello che non vogliamo. Ma dobbiamo sopravvivere con quello che ci troviamo.”

 

Roxas evoca uno dei keyblade e lo allunga verso Xemnas. Saïx muove un passo e il secondo keyblade è subito alla sua gola.

Xemnas ferma l’uomo con un cenno e si mette fra i due.

 

“Cosa stai facendo, Roxas?”

 

Il ragazzino guarda i keyblade come se non sapesse cosa siano né perché li stringe in mano.

Li abbassa subito, con una fretta che tradisce la confusione.

 

“Questi appartengono ai Cuori. Lo dicono tutti. Lo dite anche voi. Solo i Cuori più forti sono scelti dai keyblade. Allora perché sono qui, da me? Perché tu hai potuto usarne uno?”

 

Xemnas sente improvvisamente freddo. 

 

“Roxas…”

 

Ma non è il nome giusto. Non è Roxas, quello che ha di fronte.

E’ una cosa estranea, una cosa che non conosce. Una cosa imprevedibile.

 

“Perché vi sbagliate! Voi, i Mondi, tutti. Io sono la prova che sbagliate e, se sbagliate in questo, potete sbagliarvi su ogni cosa.”

 

il mioCuoreRoxasRoxasRoxas nonRoxas

 

“Per voi queste cose contano più di un essere vivente? La loro scelta è indiscutibile? Bene, hanno scelto me. Allora sono io a decidere cosa farci.”

 

Vuole/vogliono impedirti di riavere luceVitaCuore Fermalo!

 

E’ una voce che conosce e sussurra alla sua mente. Una voce che è, quasi, sua.

Il freddo cresce ed è un freddo generato da lui stesso.

 

“Prendili, te li regalo. Fa il lavoro da solo.”

 

ilmioCuore dove

 

Ed è finalmente sicuro dell’identità dell’essere che gli sta davanti nonRoxas nonRoxas NONROXAS

 

Il ragazzo lancia le due armi contro una parete. L’urto è un rumore di vetri spezzati che copre il tintinnio della loro dissoluzione.

 

“Io esisto!”

 

Nemico!

 

L’entità aliena che ha preso il posto di Roxas è scaraventata da una mano invisibile contro lo stesso muro dove si sono schiantati i keyblade.

Si rialza subito. Avanza. E sibila. Come farebbe un gatto, come un serpente. Come... un crepuscolare. Il suo stesso modo di muoversi, per qualche attimo, è identico al loro ondeggiare fra le dimensioni, perché sembra spostarsi a scatti e, a ogni passo, salta una frazione di spazio.

Rivolta lo stomaco, quel riflesso di una condizione mostruosa che minaccia tutti loro. Che, paradossalmente, Roxas è il solo a non dovere più temere.

 

Il ragazzo non si muove con la sua spaventosa accelerazione. La sorpresa lo ha trattenuto, ma già una serie di filamenti incandescenti si intrecciano intorno a lui a disegnare un mandala di luce, mentre artiglia la struttura fisica dell’universo per attingere alla sorgente del suo potere.

Onde di Forze si scontrano in due flussi contrari.

La Luce ha energia e violenza, ma il Nulla, quel quinto, elusivo mattone portante dell’esistenza, quello che non ha Polarità né Complementare, è il telaio su cui le altre Forze intessono trame e orditi per formare la realtà. Può mimare e assumere le proprietà di tutte, inserirsi nei loro schemi e annientarli.

Il Nulla, nella sua omogenea informità, disfa il rigoroso ordine matematico della Luce.

L’adolescente è scagliato di nuovo contro la parete e picchia con violenza uno zigomo. Questa volta, privato della sua energia, è vulnerabile e si affloscia sul pavimento. Si porta la mano allo zigomo tagliato e si osserva le dita insanguinate. Batte le palpebre torpidamente, costretto in una lentezza che per lui è un veleno.

Xemnas lo solleva di peso per i capelli e per un braccio, con tale noncuranza che quasi gli sloga la spalla.

 

fermalo sussurra la voce che è quasi la sua fermaloschiaccialozittisciloSCHIACCIALO

 

Il ragazzo chesembramanonèRoxas si divincola, percuote e artiglia con la mano libera. Nonostante la sua forza, sorprendente persino per un nobody, i colpi non hanno effetto.

 

“Tu farai quello che devi fare. Come ognuno di noi! Mi hai capito?”

 

“Xemnas…”

 

E’ un’altra voce, questa. Senza ambiguità. Saïx. 

Ma è facile ignorarlo.

 

Nel suo dibattersi alla cieca, la cosa nonRoxas lo colpisce in volto. Sorpreso, Xemnas grugnisce e lo lascia cadere.

 

“Quello che dobbiamo fare, oppure quello che tu vuoi farci credere sia necessario?” geme il ragazzo.

   

La sua voce termina in un urlo, quando il Nulla si stringe intorno a lui.

Una stretta leggera, un velo di ghiaccio intorno al cuore, e il nemico rantola a terra. 

 

urla e urla e urla

 

La rabbia nonrabbia adesso è straripata e non può fermarla.

 

ilmioCuore

 

“Xemnas.” esclama Saïx, inascoltato.

 

devotrovarlo

 

“Tu non me lo impedirai!”

 

urlaurlaurlaurla

 

Imprigionata nel pugno del suo pensiero, l’anima di quell’essere è un gomitolo di filo sottilissimo. Xemnas ne trova l’estremità e lo sfila, lo riduce, lasciandolo minuscolo, indifeso, solo, mentre lo spazio si dilata infinitamente.

 

“Xemnas!”

 

Saïx chiama il suo nome e la parola scivola sulla corazza dove si è chiuso. Non può toccarlo, non può raggiungerlo.

 

nemiconemico fermalo ilmio Cuore

 

Il ragazzo soffoca nel Nulla e adesso non emette più un fiato, ma nella sua mente grida, una forma sempre più piccola, sempre più insignificante, unica creatura vivente rimasta nell’universo, alla deriva in un’immensità gelida, desolata, incolore come il grigio fra i Mondi.

Una voce a urlare sola nel vuoto e nessuno a rispondere.

 

fermalofermaloschiaccialofermalofermalo

 

Ma Saïx si intromette fra lui e il suo avversario, proprio come lo stesso Xemnas ha fatto pochi istanti prima, dove non può ignorarlo.

Vagamente, Xemnas si chiede se anche lui è un alieno, un pericolo, qualcosa avvolto in un nome e un aspetto familiari e ingannevoli. La risposta è quasi positiva. Ma non abbastanza. 

Libera Roxas dalla morsa di Nulla.

 

Roxas? E’ Roxas?

 

Il ragazzino si stringe le braccia e le mani. Batte i denti. Sui capelli, intorno agli occhi, alla bocca e al naso ci sono particelle di ghiaccio opaco.

Nonostante l’evidente disorientamento, sta già rialzandosi.

 

“Sono io quello che non sa accettare le risposte che non piacciono? Dimmi una cosa, Xemnas. Se davanti a te avessi la prova che ti sbagli, la riconosceresti? Oppure continueresti a vedere solo quello che vuoi vedere?”

 

Saïx gli tende una mano per aiutarlo. Il ragazzo si ritrae prima che possa anche solo sfiorarlo.

 

“Io ti invidio, Roxas. Sei il più fortunato di tutti noi.” mormora l’uomo.

“E come?”

“Quando guardi dietro di te, non vedi nulla.”

“Allora perché ti rifiuti di ascoltare Zexion? Lui ti vuole dare quello che ho io.”

 

C’è qualcosa di strano in Roxas.

E’ Roxas?!

I frammenti di ghiaccio su di lui si stanno sciogliendo. Non diventano acqua, ma un fluido vischioso. Dove si era formato quel ghiaccio, i colori, la densità, lo sostanza, sono spariti. Buchi, non nella materia, ma nella qualità.

Anche i capelli sono impastati di quella poltiglia collosa e sono diventati fili fragili e secchi. Sbiaditi.

 

“Tu non capisci niente!” stride Roxas all’indirizzo di Saïx.

 

I rivoli che colano torpidamente lungo le guance del ragazzo e gocciolano dalle punte dei capelli ne sottraggono la vita.

E’ una strana lebbra di scolorimento che consuma l’essenza dell’entità Roxas. Quello che resta è una crisalide vuota dopo che l’insetto è volato via.

 

“Roxas, stai pensando di raggiungerli.” esclama Xemnas “Non farlo. Se lo riterrò necessario, ti sottoporrò a cancellazione e ricostruzione mentale. Ti farò imprimere una personalità più adeguata alle nostre esigenze. Ricomincerai da capo e, questa volta, mi assicurerò che sia qualcosa di cui ho il controllo. Preferisco non fare niente del genere, ma ricorda che a noi, di te, servono solo i keyblade.”

 

Ombre di espressioni si susseguono sul volto infantile. Fantasmi incompleti e distorti di rabbia, confusione, stupore, paura. Atteggiamenti che sono il dolore di un arto amputato.

Niente di abbastanza definito, mentre l’adolescente fruga nella sua memoria e nella sua esperienza per trovare il modo di reagire a quanto successo, incapace di esprimere quella situazione aliena alla sua concezione, ma non trova nulla di adeguato, nulla che abbia senso.

Spalanca uno dei sentieri dell’ombra e lo attraversa, infrangendo per la prima volta la regola non scritta che vieta di teletrasportarsi così bruscamente accanto a uno di loro senza preavviso o congedo. Una regola che alcuni si fanno vanto di ignorare, ma che Roxas ha sempre rispettato meticolosamente.

 

Xemnas preme il dorso della mano sul naso e una scia di sangue gli macchia la pelle.

Indebolito o no, Roxas è riuscito a ferirlo. Una cosa di cui tenere conto. Tradisce quella che potrebbe essere la vera forza del ragazzo. 

Il Custode.

Uno dei Custodi.

 

“Lo hai messo in pericolo.” dice Saïx, placidamente intento a osservare il portale in fase di dissoluzione.

“Pericolo? Devo essermi perso da qualche parte. Qui in pericolo eravamo noi. Non ho mai visto un comportamento simile in un nobody.”

 

sembrava…

 

“Non capisco neppure come sia stato anche solo possibile. A lui, poi. Tra tutti, Roxas è quello per cui una cosa del genere è più inverosimile.”

 

furioso? Assurdo.

 

Cosa?

 

“Si è difeso, Xemnas. Non è la prima volta che reagisce con una certa violenza.”

“Una cosa è tirare un pugno a qualcuno. Non ha mai attaccato nessuno in questo modo. Non ha mai usato i keyblade.”

“Lo ha fatto, invece.”

“Solo i primi tempi. Anche tu non eri proprio un modello di comportamento, i primi tempi. Ha smesso appena ha capito quanto tutti noi temiamo quelle cose. Persino in un gioco, ha preferito abbassare le armi e farsi sconfiggere, piuttosto che puntarle su di me.”

“Solo perché non considerava la provocazione sufficiente. All’inizio non discriminava fra gradi di disturbo. La sua unica reazione a qualsiasi forma di disagio era l’aggressione, perché non aveva sufficiente patrimonio cognitivo per fare altrimenti. Ora valuta e risponde in modo graduato alla gravità della minaccia. Fino a questo momento, evidentemente, niente ha raggiunto un livello tale per cui ha considerato necessario rispondere in un modo simile. Questo non significa che, alle giuste condizioni, non ne sarebbe stato capace e le condizioni giuste gliele hai offerte tu.”

“Io non l’ho minacciato.”

“Proibire è un atto di violenza, Xemnas. Esiste solo perché lo è. Altrimenti, la proibizione stessa non sarebbe tale. Il tuo è stato un attacco alla sua volontà e sappiamo tutti molto bene come la nostra specie considera qualsiasi forma di restrizione alla propria volontà. E hai cercato di dare una giustificazione razionale alla proibizione, una menzogna che è stata percepita come tale, con cui hai rafforzato la tua ostilità nei suoi confronti e aggiunto un insulto alla sua intelligenza.”

“Una menzogna non è necessariamente ostile.”

“No? La parola serve a comunicare. Se con essa trasmetti un’informazione falsa, quello che mi comunichi è che le tue intenzioni sono avverse nei miei confronti. Tra l’altro, Roxas comincia a mettere in discussione la nostra infallibilità e tu, oggi, non hai fatto altro che confermare una simile idea.”

 

Ha la chiara impressione che Saïx lo stia redarguendo.

Dovrebbe reagire, in qualche modo, ma non avrebbe senso. Saïx ha ragione e forse è proprio lui che può comprendere meglio di chiunque cosa ha innescato quella situazione inammissibile. 

La particolare condizione di Saïx è dovuta a un meccanismo omeostatico che regola la stabilità del suo sistema mentale. Accumula energia psichica fino al punto in cui essa raggiunge il dispositivo effettore, che la scarica in un’ondata violenta e breve e riporta le condizioni al disotto del livello di tensione.

Quello che è successo a Roxas è forse analogo?

Nel suo caso, una retroazione positiva, che rinforza e autoalimenta l’effetto dello stimolo. Non un meccanismo raro, in caso di sistemi di risposta a situazioni in cui necessita una rapida modifica dallo stato iniziale di quiete.

Se davvero Roxas ha rilevato una situazione di pericolo, vera o presunta che fosse, la cosa avrebbe senso.

 

Può essere una spiegazione. Almeno sarebbe una spiegazione

 

Ma, al momento, c’è una cosa più pressante che richiede la sua attenzione.

La parete dove ha scagliato Roxas è macchiata da una chiazza di informità, simile a un alone di unto incolore.

Dalla sua rabbia nonrabbia, Xemnas si è portato dietro il Nulla.

 

“Roxas non è più decifrabile ora di quanto non lo fosse all’inizio.” prosegue Saïx, mentre torna a sedersi sul divano “Al contrario. Man mano che il suo mondo interiore si è fatto più complesso e il suo campo di valutazione meno lineare, diventa sempre più facile incorrere nella possibilità di superare i confini di ciò che considera accettabile. Quello che prima era solo una netta differenziazione fra due aree, bianca e nera, è poi diventata una scacchiera composta da un numero sempre maggiore di caselle colorate. Ora è una miscela di frammenti tanto amalgamati da non essere più distinguibili l’uno dall’altro. Sta ampliando il suo campo di percezione di pericolo e, se prende il suo maestro come esempio, lo amplierà ancora. Per Zexion non esistono difesa e attacco, non come concetti differenti. Per lui, sono tutt’uno.”

“La migliore difesa è un attacco preventivo?”

“Mi avete detto voi che aveva ucciso tutti gli abitanti umani della città dove si era risvegliato.”

 

Xemnas sta per ribattere che è la stessa cosa fatta da lui, ma non è vero. Saïx aveva ucciso solo coloro che lo avevano aggredito direttamente.

 

“Le cose si sfumano per chi conosce pensieri e intenzioni, Saïx. Per Zexion non c’è differenza fra considerare, valutare, decidere e agire. Un pensiero ostile è un’azione ostile a cui reagire prima che sia messa in atto. Cosa che, dal nostro punto di vista, giudichiamo come attacco preventivo, per lui è solo un mezzo di difesa.”

“Tutti noi, in una misura o nell’altra, siamo in grado di avvertire spesso le intenzioni di chi ci circonda. La vera differenza con Zexion è che noi non ascoltiamo appieno gli avvertimenti che giungono per quella sorgente. Siamo fermi al concetto che un pensiero non ha rilevanza, sino a quando non si trasforma in un’azione concreta. Ma Roxas non ha ragione per riferirsi a un metro di valutazione prettamente umano ed è stato cresciuto da Zexion. Non sarebbe poi così sorprendente se adottasse i suoi sistemi di riferimento.”

 

Controlla la parete.

L’impronta di Nulla non si ritira. Non si ritira affatto. Si dilata e, da essa, si allungano tentacoli molli e slavati.

Saïx sembra non vederli.  

 

“Non stupirti per le azioni di Roxas. Tu hai fatto la stessa cosa. Non è lui il problema più immediato. Sei tu. Lui si è fermato prima di arrivare a conseguenze estreme. Tu no. Hai perso il controllo, Xemnas, e lo hai fatto perché voleva opporsi alla tua volontà.”

“Lui ci ha minacciato con…”

 

non ricordo

 

“I keyblade.”

 

I keyblade?

Tienilitienilitienili

 

“Quando ha sguainato i keyblade, ero io quello pronto a spezzargli il collo per difendermi. Tu gli hai parlato.” replica Saïx “Invece, lo hai colpito quando era disarmato. Per quello che ti ha detto. Per quello che le sue parole implicavano. Perché hai considerato i suoi pensieri una violenza molto superiore o, forse, un pericolo più concreto, di quello delle armi.”

 

I keyblade?

Non ricordo

 

“Hai perso il controllo.” ripete Saïx.

“Me lo hai già detto. Capita, persino a noi.”

“Non deve capitare a te. Tu non sei nessuno di noi. Dovresti ripeterti quello che hai appena detto a Roxas. Farai quello che devi.”

“Io so benissimo qual è il mio posto, Saïx. So chi sono. Non ho bisogno che tu o chiunque altro me lo ricordiate.”

 

Io sono

Mi ha attaccato. Questo lo ricordo

 

“Allora ricordartelo non farà male a nessuno.”

 

Chi sono?

Mi ha attaccato con i keyblade i keyblade i keyblade

vero? 

 

La massa di Nulla occupa ora quasi tutta la parete. Le sue propaggini si estendono sul pavimenti, i muri, nell’aria, si allungano nello studio, simili a quelle di un anemone marino.

Toccano, palpano, esplorano. Avvolgono le cose.

Saïx le ignora, anche se una di esse striscia accanto ai suoi piedi.

 

Xemnas Io sono Xemnas(Xehanort) 

 

“Roxas è uno specchio senza distorsioni. Guardare in lui ti costringe a vederti per quello che sei realmente, senza illusioni. Ho guardato in quello specchio e il riflesso che ho visto è stato…”

 

Xehanort(Xemnas)

 

“Ansem.”

 

Nessuno

 

La ferita si è chiusa quasi subito, ma il sangue uscito non ha neanche cominciato a evaporare e gli intasa il naso. Apre i cassetti della scrivania in cerca di qualcosa che possa servire per ripulirsi.

Inutile. In quei cassetti c’è di tutto, tranne quello che cerca.

 

nessunonessunonessunonessunonessunonessuno

 

“Mi fa male la testa.”

 

Sono Nessuno. Il mio Cuore? XemnasXehanortAnsemNessuno

 

“Lo faresti o è stata solo una minaccia?” chiede Saïx.

“Cosa?”

“Cancellargli la mente.”

 

Il Nulla continua la sua opera di invasione.

Può chiudere gli occhi, voltarsi da un’altra parte, cercare di concentrasi su un pensiero differente.

Non importa, vedesentefiuta tocca sempre quella cosa che si espande.

Le sue appendici non si limitano a esplorare. Si insinuano nelle cose. Si diramano in esse e le cambiano. Ne sostituiscono le molecole, una per una.

Si lasciano dietro solo simulacri incolori. Sembrano uguali all’originale, ma sono spenti, vuoti. Immagini sbiadite e fragili. Castelli di sabbia asciutta, pronti a disfarsi al primo soffio di vento.

Immagina che dovrebbe avere paura.

 

“Posso presumere che, sul tuo mondo, non facevate nulla di simile.”

“No.”

“Da noi si usava, Saïx. In genere, come sistema di punizione. Era una delle sentenze più gravi cui poter essere condannati. Talvolta ci si ricorreva per casi clinici, anche se ben raramente una personalità talmente alterata da avere bisogno di una ricostruzione veniva lasciata vivere. L’eutanasia era una soluzione più semplice e molto più pietosa. In fin dei conti, anche l’integrazione di personalità è una forma di morte. Una forma estremamente sgradevole. Persino ai condannati veniva spesso lasciata scelta fra essa e l’esecuzione capitale, quando non occorreva preservare determinate capacità del soggetto.”

 

Ansem

parlaparla parla

Xehanort

parla e non pensare.

Xemnas

parla e non guardare

Nessuno

 

“Non stiamo parlando di cambiare un rubinetto, Saïx. Se fosse possibile costruire artificialmente una personalità completa e autosufficiente, credi che Zexion avrebbe perso tanto tempo con Roxas? Si sarebbe limitato a fornirlo di quello che serviva. Gli individui sono il risultato di uno sviluppo continuo, una combinazione tra fattori ambientali e innati in evoluzione. Non si può creare una personalità alternativa e differente e scambiarla con quella naturale preesistente. Neppure il più capace degli ingegneri psichici sarebbe in grado di progettarla in tutte le sfaccettature che la compongono. Tra l’altro, le personalità hanno una percentuale di derivazione biologica. Da quella non si esula. Puoi smorzare e rendere inattiva una personalità, ma non eliminarla fino all’ultima traccia, ottenere un contenitore vuoto e riempirlo con quello che ti fa comodo. A prescindere da ogni altra considerazione, ci sarebbe anche il problema di chi potrebbe farlo. Il solo fra noi in grado di portare a termine un trapianto psichico, dubito che ci sarebbe d’aiuto, in questo caso.”

“C’è Naminé.”

“Soltanto un pazzo lascerebbe una bambina ritardata giocare con la mente di qualcuno solo perché ha il potere di farlo, salvo che non consideri il soggetto perduto in partenza o non gli importi nulla di lui. Sarebbe come dare da effettuare un trapianto vascolare a un cuoco visto che sa usare un coltello. Anche ammesso che Naminé sia in grado di effettuare materialmente l’operazione, non significa che può progettare un elemento sostitutivo compatibile e adeguato da trapiantare. Le personalità integrate devono assimilarsi nell’ospite alla perfezione. Qualsiasi vestigia della personalità originale può creare un conflitto irrisolvibile, se quella artificiale presenta qualche elemento di incompatibilità. Se tutto va bene, una sindrome da rigetto psichico termina con la riemersione della personalità originaria e due coscienze non condividono lo stesso corpo. O una delle due è soppressa oppure, prima o poi, tenteranno di annientarsi. Altrimenti, puoi scegliere. Schizofrenia, risultanza di una terza personalità inaspettata, catatonia, demenza, morte. La personalità integrata può anche essere carente in qualche aspetto e quello che ne scaturisce è un idiota sbavante. La casistica è ampia.”

“Quindi, è stata solo una minaccia.”

“Quello che Ansem aveva minacciato di fare a me, a noi, se non avessimo obbedito. Come vedi, non riesco a liberarmi di lui.”

 

Mentre si secca, il sangue che ha in faccia tira la pelle. Comincia proprio a dare fastidio.

Forse troverà qualcosa di utile a toglierselo di dosso in uno degli altri mobili.

Esista un attimo prima di toccare un armadio che, adesso, è un gomitolo di filamenti e festoni di Nulla.

Si decide e ha la sensazione di far passare la mano attraverso uno strato di gelatina fredda, un po’ adesiva. Ma non lascia tracce su di lui e, comunque, non è proprio come gelatina.

mercurio?

Alle sue spalle, Saïx lo fissa inquisitivo.

 

“Quello che viene fatto è cancellare quanto più profondamente e quanto più possibile i ricordi preesistenti, imbottire il soggetto di farmaci psicoattivi, sopprimere determinate funzioni cerebrali, programmare un’esistenza virtuale con il maggior numero di dettagli, azioni, reazioni, abitudini, integrarla con quella naturale, in modo tale che la sinergia fra esse dia un risultato, inserire il soggetto in un ambiente controllato per evitare variabili impreviste e tenere pronti antagonisti psichici per annullare eventuali effetti collaterali indesiderati. Cancellare la memoria riduce il rischio di incompatibilità, ma è come abbattere il sistema immunitario di un individuo sottoposto a trapianto di organi per impedire il rigetto. Rimane sempre un sistema che indebolisce l’organismo. E parlo di esseri umani. L’architettura mentale dei nobody è drasticamente differente. Non ho idea fino a che punto e se la cosa funzionerebbe su uno di noi. Certo non mi metterei a sperimentare proprio sul solo che non possiamo neppure sognarci di sostituire.”

 

I tentacoli stanno avvolgendo il divano. Entrano nelle fibre di stoffa e le rimpiazzano. Accarezzano Saïx, viscidi e languidi, ma scivolano su di lui senza parassitario.

 

“Sì, è stata una minaccia, una che non posso neanche considerare di mettere in atto. E’ vero, Saïx. Solo logica od opportunismo ci permettono di piegare la nostra ostinazione alla necessità e, anche così, sai bene quanto è difficile. Ma, questa volta, la logica è dalla sua parte e il timore lascia il tempo che trova. Roxas non mi teme. Non ha ragione di temermi, né me, né alcun altro di noi. L’ho minacciato nella sola cosa in cui posso minacciarlo. Ha detto a chiare lettere cosa importa a lui. Probabilmente, si accorgerà presto che la mia è stata solo una minaccia a vuoto, ma non sapevo come altro farmi ascoltare. E proprio tu hai detto che Roxas sarà colui che unirà Marluxia a Zexion.”

“Continuo a esserne convinto.”

“Lo sono anch’io, ma non possiamo rinunciare a lui e questo vuol dire che gode di immunità. Roxas è in una condizione di privilegio. Se non mi ascolta così, che dovrei fare? Ucciderlo? Che otterrei, a quel punto?”

“Stavi per farlo.”

 

non ricordo perché

I keyblade? Tienilitienilitienili

niente Cuori Cuori Cuori Cuori CuorE

 

Anche nel resto dello studio, la ricerca non ha dato esito. Possibile che non ci sia un fazzoletto da nessuna parte?

Alla fine, si rassegna a tamponarsi la faccia con la manica della camicia.

Lo studio è addobbato da ragnatele di Nulla.

Xemnas affonda di nuovo nella poltrona. Anch’essa, adesso, è solo un simulacro.

Si chiede se sosterrà il suo peso. Ma se anche non lo facesse, non vede che importanza potrebbe avere.

E’ solo curioso sui limiti di portanza di quella materia-ombra.

La poltrona non ha cedimenti.

Dovrebbe portare qualcuno di quegli oggetti sostituiti in laboratorio per far analizzare la loro struttura. Appurato che possiedono una certa resistenza, ci sarebbe da conoscere elasticità, viscosità, duttilità, malleabilità.

 

“Ha ragione, Saïx. Dal suo punto di vista, ha ragione. In senso puramente logico, avrei dovuto tenere Axel e permettere a lui di andare a Oblio. Mi meraviglio che nessun altro abbia fatto una simile obiezione.”

“Axel ha chiesto di accompagnare Marluxia e Larxene. Passano gran parte del loro tempo insieme, la sua richiesta non ha sorpreso nessuno.”

“Axel sa cosa deve fare e come. Non sarebbe mai stato così trascurato da lasciare che gli ordinassi una cosa simile di fronte a tutti. A quel punto, sarebbe stato davvero troppo evidente. Credi che mi accorga adesso di Marluxia?”

“E tu credi che avrebbe fatto differenza? Per chi? Ormai il solo a cui sono disposto concedere la neutralità è Demyx. Luxord mantiene il suo preteso disinteresse, per quello che vale. E’ solo una messinscena.”

 

Saïx sembra avere poca voglia di lasciarlo, a costo di prolungare una conversazione esaurita.

Ma va bene così.

In quel mondo di viscidume incolore che sostituisce poco per volta la realtà, Saïx è ancora vero, originale. La sola cosa che non cambia.

 

Xemnas si sfrega le tempie e subito si ferma. E’ un gesto inutile per dissipare il dolore, ne ha anni di esperienza. Però non riesce a evitarlo. Si controlla, ma basta un istante di disattenzione e ricade in quel vizio puerile. 

 

“In una cosa ti sbagli. Non ho perso il controllo. Sapevo benissimo quello che stavo facendo ed era proprio quello che volevo fare. Il solo problema è che volevo distruggerlo.”

 

Ma Saïx lo sa. Per questo lo ha fermato.

Chissà quanti si sono resi conto di quello che ha fatto, se qualcuno se ne è reso conto.

Se a qualcuno importa.

 

“La nostra personalità è dovuta ai ricordi della vita umana. Roxas non ha ricordi, quindi non dovrebbe avere una vera personalità. Era così fino a quando Zexion non lo ha preso con sé.”

“Credi che Zexion abbia plasmato Roxas a sua immagine?” chiede Saïx.

“E’ quello che ho sempre pensato. Ha coltivato il ragazzo come più gli ha fatto comodo. Roxas è, in realtà, solo opera sua. Ma Zexion inverte la questione. Dice che siamo entità indipendenti. Che ci comportiamo come le nostre controparti perché lo ricordiamo. Che, a causa di quei ricordi, non riusciamo a sviluppare appieno il potenziale della nostra individualità. Roxas lo dimostra, proprio perché manca di buona parte della memoria, non sa come si comporta Sora e sviluppa la sua propria personalità, ben diversa da quella dell’umano.”

“Per quel poco che ne so in materia, è una teoria altrettanto valida di quella conformista. Tra l’altro Naminé, che, quando è stata trovata, era nelle stesse condizioni di Roxas e a cui non è stato certo fatto il lavoro fatto a lui, che, addirittura, non ha quasi contatti con noi, mostra comunque una certa individualità. Non spiccata quanto quella di Roxas, ma non è assente.”

“Naminé è dotata di grandi doti telepatiche, Saïx. Le manca il contatto fisico, ma non si può dire lo stesso di quello mentale. Forse le è bastato per sviluppare la personalità che possiede.”

“Allora, a questo punto, mi chiedo quale sarebbe la differenza con un essere umano. Tu stesso mi hai appena ricordato che, anche per loro, la personalità è indotta dalla combinazione dell’ambiente con i fattori congeniti.”

“Quindi, tu gli credi.”

“Ha realmente importanza?”

“Dici di no?”

“Xemnas, stiamo lavorando con ipotesi, speculazioni, congetture. La tua ipotesi, quella di Zexion, quelle ereditate dai Mondi. Tutte non verificate e, allo stato attuale delle cose, non verificabili. Non possiamo neppure confidare nell’esperienza empirica, poiché noi stessi siamo l’oggetto dell’esperienza e, di conseguenza, falsiamo il dato. Quindi, il loro valore è identico, ossia nullo. Il solo comportamento logico sarebbe aspettare fino a quando non fossimo in possesso di maggiori evidenze a sostegno dell’una o dell’altra. Purtroppo, questo ci è precluso. Quello che sappiamo con certezza è che non possiamo restare in questo stato. Nessuno di noi, salvo Roxas, ha ragionevoli possibilità di mantenere a lungo la propria forma. Dobbiamo decidere ora cosa fare.”

“Ma senza il supporto della conoscenza, cosa ci resta? Perché per te io sono più credibile di loro?”

 

Saïx non pronuncia nessuna delle parole che potrebbero dare risposta a quelle domande.

 

Sembrava lo avessero verniciato. Sembrava gli avessero strappato la pelle per sostituirla con un viscido strato bagnato di pittura rossa.

Fissavano quella creatura minacciosa e agonizzante, incapace di arrendersi all’oblio.

Non erano soli.

Non erano i soli a pagare il prezzo di quello che avevano liberato. 

 

“Non è questo il punto, Xemnas. Qualunque cosa siamo, la sola cosa che conta è se vogliamo continuare a restare così.”

 

èstato SONONESSUNO lui haattaccatolui

 

A questo punto, gli resta da sapere una cosa. Guarda il sangue che gli macchia il dorso della mano.

Non è sangue. E’ quel torpido e denso liquido mercuriale.

Chiude il pugno. Il flettersi di muscoli, tendini e ossa è quello solito. Sì, la dinamica è corretta, ma è solo il movimento di piani senza profondità, il piegarsi di un foglio di carta.

Anche lui si sta svanendo, sostituito da una sua copia di Nulla. Un involucro pieno di fluido vischioso.

 

“Di tutti noi, tu sei il meno interessato alla nostra condizione.” afferma Xemnas.

“Probabile.”

“Perché? Non hai mai provato curiosità? Non perché, in qualche modo, la cosa ti possa essere utile. Solo per sapere.”

“No. Non mi importa della natura di qualcosa che non avrebbe neppure dovuto essere mai esistito.”

“Sei uno scienziato anche tu. Essere un nobody non ha cambiato questo fatto. Continui il tuo lavoro, anche più di prima. Passi tutto il tempo che hai a studiare stelle che sai non esisteranno in breve tempo.”

“Le stelle sono sempre le stesse. Io no.”

 

il mio Cuore

devo trovarlo devo trovarlo devo trovarlo devo trovarlo devo trovarlo devo trovarlo

io devopossodevodevodevodevoVOGLIOtrovarlo

 

Non riesce a ricordare cosa provava quando ha colpito Roxas. Forse perché non ha provato niente. Ma non ricorda neanche cosa ha pensato. Non ricorda perché lo ha colpito. Può solo supporre che, in quel momento, gli è sembrata una buona ragione.

Le mani gli tremano.

Le intreccia e ci appoggia il mento. Un modo come un altro per nascondere quella reazione incontrollabile e paradossale.

 

“Qualche volta, in questi anni, ho pensato di lasciare il comando proprio a Zexion. Mi chiedo cosa sarebbe successo, se lo avessi fatto.”

“Zexion è molto capace ed è realmente interessato al benessere di tutti noi. Ci sono ottime probabilità che sarebbe stato una buona guida.”

“Migliore di me?”

 

Saïx scopre i denti e sibila.

 

“Ti credi così infallibile da essere al di sopra di ogni critica?”

“Se lo fossi, non saresti qui a chiedermi una cosa simile.”

 

Il Nulla ha rimpiazzato quasi tutto quello che lo circonda.

Nel vedere quei simulacri prendere il posto della sua esistenza, ha solo il desiderio di uscire dallo studio per capire se il fenomeno prosegue anche all’esterno. 

In cielo, soprattutto.

 

 

* * *

 

 

Nei cataloghi stellari di Xigbar e Saïx, la regione di spazio è classificata come NbiNion117/dals.

E’ una nebulosa a emissione, in una giovane dimensione nascosta fra le anse periferiche della rete dei Mondi. Una nube di polvere e plasma, che racchiude al centro un fitto ammasso stellare aperto, ricco di supergiganti blu, causa della ionizzazione del gas e della sua inconsueta luminosità.

In quella nebbia rarefatta c’è la formazione celeste più impressionante. Una serie di nubi di idrogeno molecolare e polveri, alte anni luce, plasmate dall’azione del vento stellare sulle zone di maggiore condensazione della nebulosa.

Le onde d’urto della radiazione ultravioletta delle grandi, roventi stelle dell’ammasso centrale, consumano gli elementi più leggeri della nebulosa e scolpiscono polveri ed elementi pesanti in forme spettacolari, in una ripetizione siderale del processo di erosione geologica.

Appaiono come pilastri fatti di immani nembi temporaleschi di ribollente Oscurità, dalle superfici disseminate di veli luminosi e vapori incandescenti. Colonne di fumo che si innalzano in forme contorte dal mare nero dello spazio.

I pilastri del cielo racchiudono nel loro cuore semi di stelle.

 

La coscienza disincarnata scivola fra le aurore spettrali e si tuffa nel nucleo di una delle colonne per osservare i processi di genesi.

In quell’incubatrice celeste, gli embrioni stellari si nutrono della materia stessa delle nubi e accrescono la loro massa, in attesa di raggiungere il limite dopo il quale potrà attivarsi la fusione nucleare che darà loro vita.

Probabilmente, sono destinate a morire prima ancora di nascere. Se non tutte, almeno molte di esse.

La marea di Luce frange contro i pilastri, li consuma e scopre i globuli gassosi delle protostelle. Senza il guscio protettivo di Oscurità, esse non sopravvivranno, cannibalizzate dalla furia delle loro sorelle già nate.

 

Ma c’è qualcuno, con il suo involucro fisico, con lui.

Con il procedere dell’amputazione dei legami con la vita umana, le sue capacità si accrescono e si affinano, e può spingersi sempre più lontano, a mente nuda, senza quasi più necessità di usare i magnificatori mentali per esplorare i Mondi. Ma, anche adesso, non può recidere il legame con il suo corpo.

Non importa quanto sia profondamente addentro nel mondo mentale, o profondamente addormentato. Una parte di lui è sempre all’erta, i suoi sistemi di allarme e di autopreservazione sempre attivi, sempre pronti a destarlo, più efficienti di qualsiasi mezzo artificiale.

Colpirebbe qualsiasi estraneo osasse violare il suo santuario, qualsiasi estraneo osasse scoprirlo nel sonno, ma questa presenza non è estranea e non è una minaccia. Lo chiama indietro, nel mondo materiale, e Zexion deve abbandonare la serenità dello spazio e apre gli occhi nel buio del suo studio.

 

La piccola figura è raggomitolata nella vecchia poltrona imbottita dove usava sedersi quando lo sottoponeva alle sedute di analisi, ed è paradossale ricordare quanto, allora, odiava quella poltrona, mentre, adesso, appare quasi volere affondarci dentro.

Ha una ferita aperta su una guancia e la sua mente è serrata con una forza che dissuade a intervenire.

 

“Roxas, perché sei qui?”

 

Il ragazzo sta facendo una cosa nuova. Piange.

Non ci sono lacrime, né singhiozzi, certo, ma gli schemi mentali tremano sul punto di una rottura rovinosa. Il suo pensiero si intreccia in un lamento continuo, ripetitivo.

La voce, naturalmente, è chiara e fredda come sempre.

 

“Tu sei Ienzo?”

 

Ancora quella domanda. Quella a cui non ha mai risposto.

 

“Non lo so. Non l’ho mai capito.”

 

dimmi di no

 

“Non posso dirti quello che vorresti, o che vorrei io. Posso dirti solo quello di cui sono sicuro.”

 

è questa la risposta, dopo tutti gli anni che hai speso dietro le tue ricerche, dopo avere gettato la tua umanità, il tuo mondo, gli universi nelle tenebre? 

 

“E’ la sola che posso offrirti.”

 

Anche se la voglia è tanta.

Dirgli quello che vuole sentirsi dire. Credere che, per una volta, la sua voce non ha portato sofferenza.

Credere a una menzogna.

E sapere che resterà, comunque, una menzogna.

 

“Vai a dormire, Roxas. E’ tardi e sono stanco anch’io.”

 

Roxas non si muove, se non per acciambellarsi anche più strettamente.

Dovrebbe allontanarlo. Non tenta di scoprire perché è in quelle condizioni. E’ ininfluente. Il ragazzo deve smettere di usarlo come rifugio di emergenza ogni volta che qualcosa lo contraria. Deve proprio smettere di cercare un rifugio. 

Potrebbe farlo sprofondare nel sonno, lo voglia o meno. Potrebbe fargli dimenticare persino di avere pensato di essere venuto da lui. Potrebbe creare un universo mentale dove Roxas ha quello che vuole, per un tempo lungo una vita intera

illusione

e tornare a vagare fra i pilastri del cielo. Abbandonare, per un po’, la terra, come se non lo riguardasse.

 

illusioneillusioneillusioneillusioneillusionillusionillusionill

 

Una che neppure lui può padroneggiare.

 

E’ davvero stanco e non trova la forza né la voglia di obbligare Roxas ad andarsene.

Tanto, domani partirà con Lexaeus e Vexen per raggiungere Oblio. Marluxia e Larxene sono già nel loro nuovo dominio, Axel li seguirà in pochi giorni con Naminé e, a quel punto, saranno ufficialmente divisi.

Lui e Roxas hanno ognuno la propria strada da seguire, ed entrambi corrono verso la tempesta.

Si siede alla scrivania e prende a sé il rebus basato sulle sequenze numeriche, quello iniziato il giorno del suo primo esperimento vittorioso con le illusioni concretizzate, così tanti mesi prima.

Non accende le luci. Roxas sembra felice di restare al buio e la luce non serve.

Chiude una delle sequenze con il numero giusto e passa alla prossima. Non è ancora riuscito a completarlo. A questo punto, non è più neppure sicuro di riuscirci.

 

Va avanti così tutta la notte. Roxas non si addormenta. Non dice più nulla e quasi non si muove, ma, ogni volta che lo guarda, Zexion si accorge che gli occhi del ragazzo sono spalancati, fissi sul cielo esterno, sulla neve che continua a cadere. Sull’inverno che ancora non accenna a placarsi.

Monotona, ossessiva e incessante, la nenia mentale.

 

 

RoxasRoxasRoxasRoxas io sono Roxas Roxas RoxasRoxasRoxas sono qualcuno sono me stesso niente altro

 

 

 

 

* * * * * * * * * * * * *

 

 

 

Scusate il ritardo. Le altre volte era semplice pigrizia. Purtroppo, questa volta è stato davvero causato da fattori indipendenti dalla mia volontà. Approfitto dell’occasione per ringraziare ancora e sempre tutti i naviganti di queste burrascose acque. Nuovi e vecchi. ^__^

 

Per prima cosa, i Pilastri della Creazione che Zexion rimira esistono davvero, nella nebulosa Aquila. Temo proprio di non avere fantasia sufficiente per immaginare qualcosa del genere, né, garantisco, ho la capacità di descriverli adeguatamente.

 

Bene, è finita la seconda parte di questa storia che comincia ad assomigliare a un poema epico. Da domani, si arriva finalmente alla rivolta. Non vi aspettate che mi metta a sviscerarla a fondo. Giuro che ho provato a dare senso a quel pastrocchio. Mi sono arresa, con disonore e senza condizioni. Quando mi sono accorta che cominciavo a considerare Sora e il suo bestiame da compagnia come i più razionali del gruppo, ho capito che dovevo smettere, prima di danneggiarmi irreparabilmente il cervello. Non esiste ragione, umana o disumana che sia, del perché si comportino in quel modo. Eccetto una. Marluxia dava via roba pesante e tutti se ne erano fatti in dosi abbondanti.

Tanto sappiamo tutti quello che succede, no? Nel giro di qualche capitolo, l’Organizzazione XIII sarà diventata il Country Club VIII, coloro alla cui morte abbiamo assistito saranno morti, Sora ficcato in coma e DiZ a piede libero.

Wendy? Sono a casa, amore.

 

Chris: non ho intenzione di abbandonare, dovessi rimetterci anima e cuore. Tanto la prima me la sono già venduta e non sono troppo sicura dell’esistenza del secondo. Mi tengo mente e corpo, che a quelli ci tengo. A proposito, grazie per la segnalazione ^__^

 

Guarda, sono davvero felice che il capitolo ti sia piaciuto, ma ti assicuro che è piaciuto tanto anche a me da scrivere. Avevo bisogno di sfogarmi e il mio Zexion cominciava a sembrare una balia. Anche se posso ben sperare che nessuno dirà mai che è tenero e puccioso. Giuro che per un po’ ho creduto di avere le allucinazioni, ma sono andata a rivedermi le parti dove compare nel gioco. Ho proprio ragione io. Zexy non ha proprio nulla di timido, silenzioso, triste e tutto quello che gli viene associato di solito. E non è nemmeno basso e gracile come leggenda vuole, tra l’altro.

 

Se i 13 avessero attaccato in modo sensato, le fibbie della cintura di Sora le avrebbe usate Larxene per farsene una collana.

Cioè, hanno dalla loro Xigbar e Luxord. Spazio e tempo. Parliamone. Che senso ha avere il potere di Xigbar e limitarsi a saltellare come una cavalletta sul campo di battaglia?

E Rox? Perché il piccoletto dovrebbe giocare con quelle balorde lame di luce? Perché il suo potere dovrebbe limitarsi allo spettro visibile?

Eh, sì. Sono proprio brava, io, a uccidere. Come favola della buona notte, papà mi raccomandava di non andare mai all’assalto diretto in campo scoperto contro chi è asserragliato in una postazione elevata e di non farmi mai sorprendere costretta alla difesa. Non so che pensava avrei dovuto fare da grande, ma mi è servito per le fanfic ^__^

Sarei disposta a offrirmi ai 13 come consulente bellica. Però le condizioni di ingaggio le voglio trattare con Demyx o Roxas. Per quanto assolutamente adorabile trovo Zexion, e con lui non disdegnerei certo uno scambio di opinioni in campo scientifico, quando si tratta di fregare il prossimo preferirei mi stesse molto lontano ^__^

 

DtmyRoom: Naminé… ecco, devo dire che questo tuo commento ha sorpreso me. Mi fa molto piacere che lo hai notato, solo che non credevo di avere fatto una cosa particolare. Se i nobody si creano da quello che resta di corpo e anima, nel caso di Naminé c’è una piccolissima incongruenza. Cioè che il corpo di Kairi se ne stava pacificamente in coma. Quindi Naminé non è il nobody di Kairi.

Non si possono gettare le basi di un universo virtuale poi non essere coerenti ad esse. Se no, è solo pessima caratterizzazione ^__^

 

Vero, odio Topolino. Beh, odio per modo di dire. Non provo grandi slanci emotivi per qualcosa che non esiste. Però sì, nell’ambito del gioco, lo odio. Eh, che devo dire? Immagino che se odiassi Vexen o Xehanort nessuno ci troverebbe nulla di strano. Loro mi piacciono, invece ^__^

Tornando a Topolino, sì, ha un aspetto buffo, sono d’accordo. Ha una voce poco seria, vero. Allora, per un attimo, chiudi occhi e orecchie. Fa finta che Mickey non abbia l’aspetto di Mickey, né la voce di Mickey, e non viva nel castello Disney. Pensiamo ora a quello che fa e predica.

Vuole segregare i mondi. Lui, però, non ha problemi ad arrivare a Radiant Garden.

Vuole vietare la ricerca sull’oscurità. Sulla base di… niente. Se non aveva prove di quello che diceva, il discorso non aveva senso. Se le aveva, doveva presentarle. Se le aveva e non le ha presentate, allora è stato criminale.

Vuole distruggere persone trincerandosi dietro il proclama che tanto non esistono. Non parlo solo dei 13. Ci si chiede mai che fine fanno gli altri nobody una volta scomparsi i loro capi? Davvero qualcuno crede che Topolino & c. li abbiano lasciati in pace?

Non obietto che li combattano come nemici. Topolino e gli eroi hanno tutto il diritto di difendere sé stessi. E’ sul concetto che sta alla base che ho parecchie riserve. Non mi sono inventata io la sparata di DiZ (che prima dice che non esistono, poi che non hanno diritto di esistere. Dice che non hanno emozioni, però vuole che Roxas riversi il suo odio a Sora. Il nostro Saggio ha gravissimi problemi di coerenza), o quella di YenSid. E Topolino segue la loro politica.

Poi la simpatica affermazione che combatte l’oscurità non perché la odia, è solo che fa paura. Una cosa fa paura e, invece di cercare di capirla, si parte in quarta per distruggerla? Ma complimenti, un atteggiamento che definirei illuminista.

Queste cose non cambiano perché fatte da qualcuno con un aspetto ridicolo.

 

Comunque, a parte il mio giudizio personale, finora nella storia si è sentito solo il punto di vista di Zexion e dei suoi colleghi. Non puoi pretendere che siano benevoli verso il ratto.

Vedrai che quando darò voce alle ragioni dell’altra parte, l’opinione sarà diversa ^__^

Spero di riuscire a essere obiettiva, almeno.

 

Rixika: come potrei mai ucciderti? Anzi, continua pure, non farti scrupoli ^O^

 

Perché Xemnas non vuole far sapere a Roxas di Sora? Ah, dovresti chiederlo a Nomura. Diciamo che Xem, talvolta, ha delle uscite davvero… originali. Cerchiamo di immedesimarci in lui. Vuole il suo Cuore. Non riesce a concepire nessun’altra pulsione per un nobody. Avrà pensato che se Roxas avesse saputo di Sora, sarebbe scappato per unirsi a lui  e così avrebbe perso il loro custode. Peccato che è scappato proprio perché non gli hanno raccontato la verità fin da subito :-(

 

Lieta che ti piaccia l’impressione che Rox lascia sul superstite. Mi sarebbe piaciuto da pazzi vedere Roxas in modalità search and destroy contro i mondi umani. Deve fare davvero impressione trovarselo contro. Insomma, con quel musino, quell’età, quell’aspetto, al massimo viene voglia di coccolarlo. Ma ci sarà bene una ragione per cui è considerato uno dei più forti guerrieri dei 13 e non credo sia a causa dei boccoli biondi e gli occhioni azzurri.

Purtroppo, dubito fortemente che il nuovo gioco mi soddisferà in questo senso e le notizie che ho non mi rassicurano in merito.

 

Concordo in pieno con la tua opinione sul rapporto Roxas/Sora. Sora fa il generoso una volta che Roxas è svanito. E’ come le scuse di DiZ. Facile, con qualcuno che non esiste più.

Non penso che, se Rox e Sora si fossero conosciuti da vivi, le cose sarebbe state così pacifiche. Non penso si sarebbero amati. Non penso si sarebbero neanche tollerati. A parte che, come dici tu, sono troppo diversi, Sora non crede neppure che i nobody siano esseri viventi. Ci manca un filo che, quando uno di loro si rivolge a lui, si ficchi le dita nelle orecchie facendo LALALALA. Dubito avrebbe riservato un trattamento migliore a Roxas solo è perché stato lui a farlo venire al mondo.

Sono più possibilista sul contrario, ma non tantissimo. Nel senso che sono più disposta a credere che, al limite, sarebbe stato Roxas a tentare una coesistenza. A quel punto, Sora lo avrebbe assalito sparando fuori qualche vaccata sull’esistenza e l’altro, giustamente, avrebbe reagito come una iena.

Se la cosa ti fa felice, ti anticipo che nella mia storia i due si odieranno ferocemente, per molte ragioni, alcune già definite, altre ancora da venire. Ma si odieranno, di un odio implacabile. Al punto che diventerà una cosa risolutiva per il futuro di entrambi. Come già insegnava quella buon’anima di DiZ, odiare serve.

 

Giodan: mi lusinghi, ma... troppa fatica. Poi non potrei più fare quello che voglio. E pensa, se fossi una vera scrittrice, a voi mancherebbero le mie storie ^O^

 

Max: cerco di evitare l’effetto disneyano della morte pulita. In KH muore un numero spropositato di persone e non si vede una goccia di sangue. Non discuto. E’ un gioco per bambini e ci sono cose da fare per lanciarlo sul mercato. Io, invece, sono libera. Al massimo, alzerò il rating.

Mi piace la violenza e che sia piuttosto cruda. Non è che mi piace lo splatter. Lo splatter è esagerazione. Voglio solo una sensazione di realismo, anche se la situazione, come qui, è chiaramente irreale.

A un certo punto, nel gioco, Roxas e Riku passano una nottata a suonarsele con pesanti armi di metallo piene di lame e spunzoni, con una ferocia e un’ostinazione invereconde. Per tacere di corse sui grattacieli (sulle pareti dei grattacieli), possessioni pseudodemoniache, trasformazioni, colpi di energie strane.

Saltano fuori belli come il sole, senza un livido, un capello fuori posto o uno strappo nei vestiti.

Garantito che quanto dovranno recitare nella mia versione di quella scena, non ne usciranno così splendenti. Sono creature sovrumane, resistono a parecchi colpi prima di crollare. Sputeranno sangue, alla lettera.

 

Il tuo commento su Marluxia è così gratificante. Sono certissima che lui lo apprezzerebbe.

Vedi, Marluxia è un personaggio che gode di una fama poco lusinghiera. Assolutamente immeritata e dovuta solo all’aspetto. E quello che penso io del giudizio dovuto all’aspetto non è un mistero, ormai.

Te l’avevo detto che avevo un personaggio analogo a Cornelia. Potresti prendere spunto, no? Non ti faccio neppure pagare i diritti d’autore ^O^

 

 

  
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