Videogiochi > Final Fantasy VII
Segui la storia  |       
Autore: Frances    24/09/2009    0 recensioni
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
[Rufus x Tifa]
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rufus Shinra, Tifa Lockheart
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Parte IV -  Inconsistency//Prison



 



Tifa deglutì, battendo le palpebre velocemente. Sperò solo che il rumore rimbombante che proveniva dal suo stomaco vuoto non fosse abbastanza forte perché altri tranne lei potessero sentirlo.



Rufus ShinRa era seduto all'altra estremità del tavolo, i gomiti puntati sul legno e le dita che si intrecciavano fra loro a far da sostegno al suo mento appuntito. La guardava con la testa leggermente inclinata, come in una sorta di paziente attesa.



Troppo paziente. Tifa deglutì ancora, mentre sentiva la salivazione aumentarle in bocca.



Per quanto si sforzasse di tenere il mento alto ed un'espressione del tutto immobile, l'odore speziato del cibo le solleticava il naso in maniera insostenibile. Non aveva il coraggio di abbassare lo sguardo, perché aveva l'impressione che sarebbe bastato quello - il semplice contatto visivo con il piatto che fumava davanti a lei - a farle perdere completamente il controllo.



Era una prova di resistenza. Certo, non mangiava da quasi due settimane, o forse di più. Aveva bevuto, ma era riuscita a resistere fino a quel momento...non avrebbe ceduto proprio adesso. Anche se quella carne sembrava così maledettamente gustosa...



Rufus sospirò, modificando l'intreccio che univa le sue dita, poi tornò a fissarla con quel suo sguardo insopportabile. La sua attesa era diventata trepidante.



« Mangia.» ordinò, con voce piatta.



In risposta, Tifa si limitò a serrare con più forza le labbra.



Cercava in tutti i modi di resistere, tenendo le mani sul grembo, sotto il tavolo, decisa a non mostrare a nessuno che stava stropicciando fra le dita la stoffa del vestito. Era un modo per distrarsi, anche se il tintinnio metallico delle manette che cozzavano fra loro le ricordava immediatamente che era ancora prigioniera.



E che era una prigioniera che veniva trattata come una maledetta principessa.



L'espressione tranquilla di Rufus non subì un solo cambiamento:



« Ho detto di mangiare.» ripeté, lo sguardo che diventava ancora più penetrante. I suoi occhi azzurri erano spaventosi. Tifa aveva l'impressione che potesse trafiggerla con lame di ghiaccio solo guardandola.



O magari poteva costringerla ad obbedirgli con un solo battito di ciglia, facendole credere di non aver mai desiderato fare altro fin da quando era nata.



Lo odi, Tifa. Odi lui e tutto ciò che rappresenta.



Doveva ricordarsi di ripeterselo, ogni volta che lo guardava. Lei lo odiava. Quegli occhi minacciavano di farla diventare completamente pazza.



« No.» scosse violentemente il capo ed alcune ciocche scure le ricaddero armoniosamente sul petto. Per un attimo il profumo di vaniglia dei suoi capelli le obnubilò l'olfatto, ma non seppe dire quale dei due odori fosse più sgradevole: quello del cibo che non avrebbe mangiato, o quello del bagnoschiuma con cui era stata lavata da quelle donne di cui non conosceva il nome e ricordava a malapena il volto.



Il principe della ShinRa sospirò ancora, questa volta sembrava stanco:



« Qual è esattamente il particolare che non ti è chiaro, signorina Lockheart?» le mani si divisero e si poggiarono elegantemente sul tavolo, l'una sull'altra « Ho il compito di assicurarmi che tu sopravviva. E se non mangi morirai. Cosa dovrei fare?» scosse il capo; una ciocca di capelli biondi gli scivolò sulla fronte, sfuggendo alla sua impeccabile acconciatura impomatata. Tifa non aveva mai sopportato quel genere di cose, il modo affettato con cui quegli untuosi uomini d'affari si tiravano indietro i capelli solo per sembrare più affidabili. Eppure c'era qualcosa di diverso, qualcosa che non le dava affatto fastidio nel modo in cui quei capelli biondi carezzavano il collo di quell'uomo e nobilitavano il suo volto.



Tifa ricambiò lo sguardo, per quanto odiasse guardarlo negli occhi. Sapeva che almeno il proprio cipiglio era rimasto lo stesso, anche se le guance le si erano fatte leggermente più incavate. Sapeva di aver stampata in volto solo cinica ostinazione.



« ...devo imboccarti?» il tono con cui Rufus le pose quella domanda la fece quasi arrossire. Sembrava pronto a farlo davvero, se si fosse rivelato necessario.



« Ti morderei.» si affrettò a dire con rabbia, cercando di convincersi che l'idea di farsi imboccare come una bambina dalle mani di quell'uomo disgustoso non fosse affatto invitante. Eppure quella carne era così...



Era una situazione insopportabile che si ripeteva ormai da più di sette giorni. Il principe non mangiava mai con lei, si limitava a guardarla mentre se ne stava immobile sulla sedia, ammanettata, aspettando che cedesse ed afferrasse le posate d'argento.



Tifa ancora non riusciva a capacitarsi di tutte le assurdità che si stavano susseguendo così rapidamente in quelle lunghe e sofferte settimane. Non capiva perché ogni mattina, svegliandosi fra le lenzuola vaporose di quel letto fin troppo grande, non trovasse altri abiti da indossare se non quei vestiti lunghi ed attillati che le mettevano in risalto le forme, lasciandole scoperte le spalle. Non capiva perché venisse trattata con tanto riguardo, perché sembrava che tutti si sforzassero di compiacerla o di renderle il soggiorno più piacevole, a cominciare dalle donne che le facevano trovare la vasca ricolma di acqua e di schiuma alla mattina presto e poche ore prima del tramonto, o che si offrivano di dipingerle le unghie e di truccarle gli occhi, di pettinarle i capelli fino a farli rilucere.



Tutto ciò la irritava; odiava il frusciare dei lembi di quegli abiti che le sfioravano le caviglie, odiava svegliarsi la mattina e ricordarsi di aver dormito nel letto di una regina, con le mani immobilizzate dalle manette. Odiava guardarsi allo specchio e vedere le labbra rosse, le guance un po' smunte rese più vivaci da un lieve rosa artificiale, gli orecchini di brillanti che le ricadevano sul collo rifrangendo la luce ovunque intorno a lei.



E odiava il modo in cui Rufus la guardava. La costanza e l'impegno eccessivo con cui inspiegabilmente si assicurava che lei non morisse. Le sembrava così assurdo che lui stesse facendo tutto ciò solo per preservarla...per essere certo che suo padre potesse riceverla viva.



Non era sicura che l'attuale situazione fosse preferibile a quei giorni trascorsi nella cella di Midgar. Almeno lì la trattavano com'era giusto che fosse, la ignoravano, non si preoccupavano dei graffi sulla sua pelle chiara o dei vestiti sudici.



Gli occhi le si ridussero in fessure mentre continuava - provava - a sfidare il suo improbabile e raffinato carceriere.



Era una criminale. Aveva violato la legge in qualsiasi modo possibile: perché quell'uomo cercava si trasformarla nella fanciulla imprigionata nella torre più alta del castello?



La cella...la fame...la morte. Era quello che meritava. A che scopo rinchiuderla in una prigione di velluto?



Tirò su con il naso mentre lo guardava sollevarsi dalla sua sedia, lasciando scivolare le mani grandi sul legno levigato e soffocando un gemito di insoddisfazione.



« Vorrà dire che ti lascerò sola.» annunciò in un soffio, con una sorta di pacato rimpianto a velargli la voce « Pensi di riuscire a buttar giù anche un solo boccone? Forse il fatto che io sia qui ti mette in...» fece una pausa «...soggezione?»



Per fortuna le guance di Tifa erano già rosse per il trucco. Ma il sangue le era salito al volto per la rabbia, ne era certa. Per lo sdegno. Tutta quella gentilezza era insolita.



« Non toccherò niente lo stesso.»



Gli angoli della bocca di Rufus si incurvarono appena verso l'alto. I suoi sorrisi erano rari e non duravano più di qualche istante, ma ogni volta che le labbra scoprivano appena i denti bianchi, disegnando sul suo volto di marmo una dolce linea obliqua, Tifa si dimenticava per un attimo di respirare.



I suoi sorrisi la uccidevano. Erano indecifrabili, seducenti, perfetti.



Irresistibili.



Cercò disperatamente le giuste parole per insultarlo ancora, per convincerlo definitivamente ad andare via. Distraiti, Tifa Lockheart, pensò, mentre stropicciava con più forza la stoffa plissettata dell'abito bianco. Ignoralo. Se non lo avesse fatto, probabilmente sarebbe caduta definitivamente vittima del suo maledetto sorriso.



« Non è mia intenzione turbarti più del necessario.» l'altro la zittì con voce vellutata, senza farle neppure aprir bocca « Tornerò fra qualche ora, rischio di ritardare alla riunione.» diresse svogliatamente un dito verso di lei mentre le voltava le spalle « Non uscirai di qui fino a quando quel piatto non sarà vuoto.»



Fu colta dall'impulso incontrollato di alzarsi dalla sedia e corrergli incontro, forse per prenderlo alle spalle e fuggire dalla porta aperta. Tuttavia rimase immobile dov'era, seguendolo con gli occhi mentre le ampie porte si chiudevano dietro di lui, anche se l'odore della carne le faceva girare la testa.



Un'interferenza fastidiosa le faceva cambiare idea ogni volta che pensava ardentemente di deturpargli il viso a suon di pugni.



Rimase in silenzio per qualche minuto, decisa a non farsi tentare dalla stanza vuota. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di trovare quel piatto vuoto. Rufus ShinRa non aveva ancora capito di che pasta era fatta.



Continuava fermamente a crederci mentre senza neppure pensarci lasciava che le sue mani scivolassero sulla forchetta e sul coltello d'argento, carezzandoli.



...quella carne era davvero buona come sembrava. O forse era la fame a farla sembrare la cosa più deliziosa che avesse mai...



« Finalmente.» una voce le fece sollevare lo sguardo di scatto, allarmandola.



Non lo aveva visto entrare, non aveva sentito un solo rumore, eppure lui era di nuovo lì, seduto su di una sedia, questa volta molto più vicino a lei. Si teneva il mento con una mano, la guardava con gli occhi azzurri seminascosti dalle ciglia lunghe e folte, un leggero ghigno divertito a increspargli le labbra.



« Continua pure.» le concesse facendole un rapido cenno del capo, quando si accorse che si era bruscamente interrotta, « E' bello constatare quanto fossi effettivamente affamata, sai?» il sorriso maligno si fece più ampio e soddisfatto « Pensavo che davvero avresti resistito fino a morire.»



Tifa sentì un improvviso bisogno di rimettere, ma non poté fare altro che mandare giù frettolosamente la forchettata di carote che si era poco prima messa in bocca. Le posate tremarono nelle sue mani ammanettate, collidendo e tintinnando appena contro il bordo del piatto.



Quel uomo era così. Sotto quella maschera di affascinante uomo d'affari, si celava un mostro. Un mostro che le avrebbe affondato gli artigli nella carne per farla gridare di vergogna e dolore fino a che non le fosse rimasto fiato nei polmoni. Un mostro dagli occhi azzurri e la bocca invitante che la spingeva sull'orlo della perdizione ad ogni sguardo.



Si trattenne dallo sputargli in faccia.



« Dov'è finita la tua riunione urgente, signor ShinRa?» ringhiò, lasciando ricadere la forchetta ed il coltello nel piatto ormai vuoto. Alla fine Rufus aveva ottenuto ciò che voleva e lei non se n'era neppure accorta. Il morso della fame si era leggermente attenuato, ma anche adesso sentiva che lo stomaco ne pretendeva ancora.



Gli occhi chiari dell'altro si fecero di colpo ingenui:



« Mi perdoneranno un ritardo, non credi?»



Tifa digrignò i denti:



« Tutti i maledetti ShinRa se la prendono comoda con i ritardi, non credi?»



Rufus ci mise qualche istante ad afferrare a cosa si riferisse, poi si passò una mano sul volto, fermandola sulla bocca come a voler nascondere qualcosa.



« Il ritardo di mio padre è eclatante. Hai davvero ragione.» mormorò, soprappensiero, dopo qualche istante d'esitazione « Ma almeno tu sopravvivrai ancora qualche giorno.» Lei avrebbe voluto semplicemente sollevare il coltello a usarlo come un pugnale.



Poi lui allungò una mano in un gesto quasi casuale. La prima reazione di Tifa fu quella di ritrarsi, ma poi lasciò che quelle dita lunghe le sfiorassero la guancia. Batté le palpebre più volte. Non sapeva come e perché non riuscisse a muoversi.



Il pollice di Rufus seguì lentamente la linea dolce del suo zigomo, poi scese a toccarle l'angolo della bocca. Tifa si sforzò di tendere le labbra, ma sembrava che delle spesse catene le avvolgessero tutto il corpo, non solo i polsi.



« Dovevi essere davvero affamata, Tifa.» le pulì delicatamente la pelle, sporcandosi i polpastrelli di farina. La polverina bianca che ricopriva quel pane fresco che lei aveva mandato giù senza neppure sentirne il sapore. Tifa si chiese se quel bastardo fosse mai uscito davvero dalla stanza...e se l'avesse osservata fin dall'inizio, per il semplice gusto di assaporare quella prima vittoria.



« Non è servito imboccarti, dopotutto.» il suo tono era basso, quasi intristito.



Quando quelle dita la lasciarono, Tifa si sentì di colpo più leggera. Le catene si erano dissolte.



Non smise di fissare le pieghe brusche che faceva assumere al vestito mentre lo stringeva nei pugni. Quell'abito così ridicolo ed elegante che lui la obbligava a indossare.



Fece finta di non vederlo mentre la salutava e scompariva nuovamente fuori dalla stanza. Si alzò in piedi di scatto, rossa di vergogna, oltraggiata e sconfitta, furente di rabbia. Evitò di incontrare gli occhi di tutti quegli inservienti apparsi dal nulla che si proponevano di accompagnarla nella sua stanza.



Ci si chiuse da sola, girando la chiave nella toppa. Un altro privilegio offerto a quella principessa prigioniera. Peccato che Rufus fosse l'unico ad avere una chiave identica alla sua.



Si sfilò il vestito bianco dalla testa, gettandolo sul pavimento e calpesatandolo a piedi nudi. Senza curarsi di mettersi addosso qualsiasi altra cosa, afferrò le lenzuola fresche del letto e le tirò via con un solo strappo deciso. Le lasciò ricadere assieme ai cuscini, poi si trascinò fino al piccolo bagno privato, ignorando le mattonelle gelide che le ferivano le piante dei piedi.



Si chinò sul lavandino, aprendo il getto d'acqua e mettendovi sotto le mani a coppa. Si lavò la faccia con furia, strofinando forte. Ignorò il trucco che lentamente le si scioglieva dalle labbra e dagli occhi, disegnandole delle cupe lacrime nere lungo le guance.



Non voleva che la puzza del Mako contaminasse anche lei. Non voleva. Non voleva avere addosso quell'odore stomachevole.



Poi, guardandosi allo specchio, si accorse di ogni cosa. Ogni particolare andò al suo posto in quell'intricato maledetto quadro di incongruente prigionia.



Quanto ancora doveva aspettare, prima che potesse andarsene da lì? Prima che potesse togliersi le manette, anche solo per trasferirsi alla Prigione del Deserto?



Continuando a quel modo, Rufus non avrebbe smesso di guardarla, di contemplare la sua opera.



La stava lentamente trasformando nella sua personale, bellissima bambola di porcellana.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: Frances