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Autore: war    26/09/2009    1 recensioni
Fra gli esorcisiti, per combattere il Conte del Millennio e i Noah, viene inviato dal Vaticano un aiuto, giunto direttamente da quel Dio che a volte ci si dimentica di amare... La strada da percorrere è una sola: ed essa è sempre stata perfettamente delineata davanti ai nostri piedi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Fine secolo XIX

Roma
Stanze private di Sua Santità - ore 11.50 p.m.


Seguendo le istruzioni del Camerlengo, all'ora prestabilita, risalii le scale che conducevano fuori dagli Archivi Vaticani. Osservai la statua di Michele, Serafino del Fuoco, che brandiva la spada e la puntava dritta in un punto davanti a se. Qualcosa mi suggerì che non gli somigliava molto, tranne forse per l'atteggiamento fiero e impavido. Osservai le colonne della piazza, che disegnavano il cerchio perfetto e sospirai in direzione del Cardo che si allontanava dal Palazzo Pontificio.
Alla luna mancava solo uno spicchio per essere piena e la luce che gettava sulle pietre chiare era comunque più che sufficiente per farmi procedere senza accendere la lanterna.
Mi mossi fra le ombre, cercando di non disturbare troppo le Guardie Svizzere che stavano svolgendo il loro compito. Una di esse mi riconobbe e mi rivolse un cenno del capo. Ricambiai il saluto e proseguii oltre.
Arrivai fino alle porte degli Appartamenti Papali e chiesi di essere annunciata.
- Ti stanno aspettando... - mormorò il capo delle Guardie, fissandomi in modo ostile, come se disapprovasse non solo il mio essere donna e introdotta un un ambito che a lui non era così accesssibile, ma provasse un antipatia elettiva verso di me.
- Con permesso. - dissi facendo un mezzo inchino e lasciandomi inghiottire dalle ombre della gigantesca porta di legno scuro.
Il Camerlengo, un sacerdote intorno ai trentacinque anni mi sorrise dal fianco destro della poltrona nella quale era sprofondato il Papa. Quell'uomo poteva benissimo essere un gladiatore più che un uomo di chiesa. Era muscoloso, possente e aveva i tratti del viso spigolosi,che prendevano qualcosa di piuttosto rapace quando si osservava troppo a lungo il suo naso aquilino.
Però mi fidavo di lui. Più che di chiunque altro, forse più del Papa stesso. Perchè il Camerlengo non era solo colui che muoveva le pedine sulla scacchiera, ma era anche colui che per primo si metteva in gioco. La posizione che ricopriva era dovuta ai meriti conseguiti sia sul campo che negli uffici, quindi non potevo che ammirarlo.
Il camino era acceso, fornendo più luce delle candele e delle lampade a olio; il tappeto rosso, intarsaito con disegni persiani era perfettamente disposto sotto il basso tavolino con le gambe rivestite in oro simili a zampe di leoni. Vedevo solo un pezzo della scacchiera, dove le Torri, il cavallo, l'Alfiere e la Regina erano ancora allineati.
Alcune pedine erano state mosse.
Mi avvicinai in silenzio.
- Vostra Santità, Camerlengo... - salutai con un formale inchino.
- Bentrovata Angel Cielo. - mi salutò l'ecclesiastico con minori poteri.
Il Papa non disse nulla, si limitò a fare un cenno della mano,affinchè prendessi posto alla sinistra della sedia e lo potessi vedere in volto.
Mi chinai a baciare l'anello, sorregendo con delicatezza la sua mano rovinata dallo scorrere degli anni.
Per un momento, quando il Papa mi aveva fissato con i penetranti occhi azzurri da dietro le lenti degli occhiali da presbite, avevo creduto che mi stesse dicendo di mettermi sulle tracce della famiglia Noah ed eliminarne i componenti. Praticamente una follia suicida. Però erano secoli che mi si addestrava negli assassini, quindi era una probabilità che non mi sentivo di scartare. Le parole che segirono mi fecero intendere che evidentemente non era ancora il momento.
- Sarebbe stato meglio per te non tornare indietro. Dopo quello spiacevole incidente avresti semplicemente potuto far perdere le tue tracce, ormai sei diventata brava a diventare invisibile... - mi disse l'alto prelato con aria afflitta.
- Forse. Ma... Quale che sia l'alternativa a questa esistenza per il momento non cattura il mio interesse.- risposi.
Mi ero portata la mano all'orecchino a forma di croce che pendeva alla mia sinistra. Un dispositivo di controllo della mia Innocence. Era il frutto di anni di studio del mio padre adottivo, conosciuto in tutto il mondo con il nome di Leonardo Da Vinci... Dopo di lui nessuno era stato in grado di costruire qualcosa di analogo, nessuna mente era stata tanto geniale ed evoluta, tanto brillante. La sua morte era stata un grandisima perdita, e cosa ancora più angosciosa era che parecchi suoi scritti segreti erano andati persi, sottratti dalla massoneria o da qualche altra setta. Per fortuna nessuno si era ancora dimostrato sufficientemente intelligente da riuscire a decifrarli o applicarli. Ma quello era un caso che io non stavo più seguendo da molto, moltissimo tempo. Dopo la sua fuga in territorio francese anche i miei contatti con lui si erano interrotti. La comunicazione epistolare era troppo poco sicura. C'era stato qualcosa nei suoi ultimi dipinti che mi aveva suggerito delle intuizioni ma ciò che avevo scoperto mi ero guardata bene dal renderlo noto ed in ogni caso non potevo verificare quelle teorie senza destare sospetti. Avevo tenuto la cosa in sospeso, mi ci dedicavo solo sporadicamente e non appena qualche ecclesiastico cominciava a fare domande archiviavo il tutto adducendo la solita, impeccabile scusa della nostalgia o della curiosità.
Mentre la Chiesa lavorava per farmi diventare la perfetta macchina di morte, dal momento che avevano scoperto che da quando si era attivata la mia Innocence non ero invecchiata di un singolo giorno e pareva fossi immortale, Leonardo, lavorava per non farmi perdere la mia umanità e per scoprire il segreto della mia longevità, che lui riteneva essere legato al mio sangue. Ma i suoi studi, in quel senso dovevano procedere molto cautamente, che il rischio di essere dichiarati eretici era sempre in agguato così come la caccia alle streghe e agli stregoni.
Dopo l'allontanamento di Leonardo mi ero fatta carico di proteggere il suo studio e i suoi assistenti che stavano realizzando le Chiuse sul fiume Adda. Fu il primo incarico che fallii miseramente.
< i>Sento il loro sangue che grida vendetta dalla terra che continuo a calpestare
Se avessi sbloccato il controllo...
Forse quell'Akuma di livello tre non ne avrebbe uccisi così tanti... Forse sarei morta io.
Ma ancora non osavo giungere a tanto, non osavo sfidare un ordine impartitomi. Il clero era stato chiaro: troppo pericolosa e instabile, la mia Innocence doveva restare bloccata, mai superare il livello uno.
Io stessa avevo paura; non degli Akuma che combattevo già da molti anni, ma di me e di quel potere.
Mi ero costretta ad allontanare quei pensieri. Non si viveva di forse e di ma e il passato è passato. Una vita spenta non può essere riaccesa.
- Hai un nuovo incarico - mi annunciò il Pontefice
- Quando inizio? - chiesi
- Fra tre giorni. Prima devi accompagnarmi a Milano, ci sono affari che richiedono la mia attenzione. Nel frattempo cerca di capire quanto Federico Sforza sa e riferisci. Sarai sostituita nel tuo compito di osservatrice da Padre Lukas. Dopodichè tu partirai immediatamente per Londra. Farai rapporto una volta ogni quindici giorni direttamente al Camerlengo. Quando ti sarà impossibile contattarlo telefonicamente dovrai trovare una scusa qualsiasi e passare da Roma. Non è necessario ti ricordi che non puoi permetterti di passare altri cinquant'anni nelle segrete del Vaticano affinchè il tuo volto venga dimenticato o comunque ti si creda una persona diversa. I tempi sono quasi maturi e tu sei indispensabile in prima linea. -
Certo, come no! Facile! Cosa ci sarebbe mai voluto?
Mi tenni fra i denti il mio sarcasmo.



Milano -
Piazza Duomo ore 11.45 a.m.



- Ehilà! Meno male che è andato tutto bene! Ero così teso per la visita di Sua Santità che non sono nemmeno riuscito a fare colazione! - mi salutò con una pacca sulla spalla Federico, il figlio del Conte.
Era un rampollo della famiglia degli Sforza, ma non abitava nel castello, abbandonato da più di un secolo. Era toranto a Milano in vista del suo fidanzamento e poichè la futura contessa si era innamorata della città avevano acquistato una casa signorile nei pressi di Porta Venezia, vicino ai giardini.
Il mio compito di osservatrice si sarebbe concluso entro poche ore, e presto sarei stata sostituita da un'altro incaricato della Chiesa. Ad ogni modo, pareva che le Famiglie appartenenti al Patto - stipulato nel 1505 e in gran segreto nei Sotterranei del Vaticano - si stessero in qualche modo muovendo. O forse era solo che con l'avvicendarsi del millennio l'antica battaglia sarebbe tornata in superficie, almeno per qualche tempo.
Federico Sforza (Milano) si era da poco fidanzato con Lucrezia, esponente del ramo cadetto dei Visconti (Pavia). Anche i Gonzaga (Mantova) e i Borgia (Roma) si erano spostati di nuovo sotto le luci della ribalta, sebbene non si fossero appoggiati ad un titolo nobiliare ma avessero puntato sull'economia, finanziando banche e progetti scentifici.
I discendenti dei Dogi, che avevano governato Genova (Adorno) e Venezia (Loredan), stavano ricreando il loro impero navale, chi nell'Adriatico e chi nel Ligure.
Gli unici che non si erano ancora gettati nel nuovo panorama mondiale erano i Suardi (Bergamo.)
Proprio come un paio di secoli prima, anche Federico aveva chiesto qualche favore alla Chiesa, per spianarsi la strada. Il tutto era avventuto dietro lauta ricompensa, versata nelle casse pontificie, sotto forma di donazioni e quindi incontestabili. Tutti avevano la coscienza pulita o ripulita. Pensai a quella vecchia scritta: "quando la monetina va giù, l'anima va su" messa su un'offetoio in legno di ulivo. Cercai di staccarmi da quei pensieri: tardare ulteriormente la risposta non sarebbe stato appropriato...
Al momento la situazione era pefettamente sotto controllo. Sua Santità stava solo dando una lucidatina alle pedine prima di disporle sulla scacchiera ed iniziare la partita.
- Tanto non morirai certo di fame - ribattei osservando la pancia piuttosto rotonda che si poteva vedere sotto il panciotto verde smeraldo e i volant della camicia. Un gusto fin troppo barocco per la faccia rubiconda del ragazzo. Linee più sobrie ne avrebbero allungato la figura non esattamente filiforme e lo avrebbero reso meno pingue.
- Quanta irriverente maleducazione! - s'imbronciò lui per poi sospirare sconfitto.
- Ti hanno già assegnato la prossima missione? - mi chiese sollevando lo sguardo verso le lontane Alpi.
- Me l'hanno comunicata l'altra sera. A quanto pare la Dark Religious ha bisogno di aiuto, gli Akuma appaiono sempre più numerosi e pare che il loro livello sia in continua evoluzione. La situazione è peggiore di quanto ci aspettassimo. - ammisi.
Quelli erano segreti su cui gli Sforza avevano già messo le mani, quindi non era un problema parlarne.
- E dei Noah? Sono apparsi tutti e quindici? -
Lasciai cadere il fatto che fossero solo quattordici e porbabilmente l'ultimo di essi, noto anche come il compositore, aveva tradito la causa del Conte Del Millennio. Erano informazioni molto riservate ed io non ero certo l'ingenua che si lasciava cavare le notizie di bocca.
- Non sono informata. L'unica deduzione che posso trarre, dato l'incremento di Akuma, è che il conte del Millennio ha già iniziato a fare le sue mosse. -
- Dicono che l'esorcista di nome Allen Walker abbia in se le memorie del Quattrodicesimo? Ne sai nulla? -
- Mai sentito quel nome prima d'ora - mentii con nonchalance.
I rapporti a tale proposito erano a dir poco inquietanti. Forse quel ragazzino non aveva in se solo le memorie... Forse era il Quattordicesimo...
- Dai Angel! Siamo sulla stessa barca! Raccontami qualcosa- sbuffò lo Sforza spazientito.
- Su questo argomento credo tu sia più informato di me... Mi dispiace. - sospirai facendo spallucce.
- Figuriamoci se l'Angelo Assassino è tenuto all'oscuro di qualcosa! - borbottò lui.
- Non è gentile chiamarmi col nome del mio incarico. - prostai un po' stizzita. Non era una qualifica piacevole. - In ogni caso, mi dicono solo quello che serve alle mie missioni ed evidentemente la storia dei Noah e del Quattrodicesimo non ha pertinenza con i miei attuali compiti. -
- Però il tuo incarico esiste fin dall'anno Milleduecento... - borbottò Federico.
- E tu pensi che io conosca tutto il passato dell'Angelo Assasino? O che abbia seicento anni? - domandai gonfiando le gote.
- Uffa Angel! E' ovvio che so benissimo tu non hai seicento anni. Probabilmente è un ruolo che si tramanda di persona in persona... E per qualche ragione, tipo quella che regola l'eredità dei Bookman anche il nome non viene cambiato... Però pensavo ci fosse qualcosa, tipo un diario o un prontuario... - borbottò
- Insomma qualcosa tipo un manuale d'uso o un diario segreto dei miei predecessori? - domandai inarcando un sopracciglio.
Lui gonfiò le gote rubiconde in uno sbuffo. - Va bene, ho cpaito che non esiste niente di tutto questo! -
Era così lontano e al tempo stesso così vicino al vero...
- Stai diventando intelligente - annuiii col capo.
- Che insolente! Io sono intelligente! Smettila di girarci attorno e dimmi qual'è il tuo nuovo incarico! - cercò di cambiare argomento lui.
- Magari a pranzo... Ti anticipo che l'ordine viene direttamente da Vostra Santità.- ammisi.
- Ueilla! Che onore! Hai scomodato addirittura il Papa? E' davvero vecchio come si dice? - Lo fulminai con lo sguardo.
Rugoso era rugoso, calvo era calvo e grasso era grasso... Ma a sessant'anni si poteva davvero considerare una persona vecchia? Io che ne avevo davvero seicento o giù di lì, come mi dovevo sentire!?
- Non è giovane, ma la sua mente è lucida, acuta e brillante. Sa quello che fa e come muovere le sue pedine. - ammisi
- Ancora con questa storia? Non siamo le sue pedine... Lui ci vuole bene! - borbottò Federico scontento della mia visione della faccenda. Ero sul punto di ribattere che avrebbe dovuto passare qualche tempo a Roma, in Vaticano e vedere le cose che avevo visto io per giudicare, ma non lo feci. Federico non era un cattivo cristiano, era solo troppo ingenuo. L'ignoranza di certi fatti non era imputabile a lui ma a chi, come me, era abile nel gettar fumo negli occhi o nel lasciare dette solo mezze verità che con le giuste instradazioni potevano portare alle conclusioni auspicate dal Vaticano. Insomma potevo considerarmi un burattino che manovra altri burattini. Se la cosa non mi avesse urtato nel modo in cui lo faceva, avrei potuto trovare il tutto molto, molto divertente. Ad ogni modo Federico non solo non immaginava ma nemmeno poteva ritenere possibile le sotterranee e tentacolari manovre delll'ordine ecclesiastico. D'altronde era sempre stato così: persino nel Concilio di Nicea erano stati i religiosi, in accordo con Costantino, a scegliere cosa sarebbe dovuto essere scritto nella Bibbia. Quali erano le verità e quali erano le eresie. I testi apocrifi e tutto il resto.
La mia longevità, dovuta all'Innocence che possedevo, mi avrebbe messa in guai molto grossi se la Chiesa non fosse intervenuta, salvandomi da un processo per stregoneria ed evitandomi i tormenti di un bel rogo. Avevo un debito con i religiosi. Un debito che avevo creduto di poter estinguere ma che avevo presto scoperto, e a mie spese, che non sarebbe stato semplice cancellare.
- Allora a pranzo sui Navigli? - chiese Federico entusiasto.
- Aggiudicato! - sorrisi
- Prego Madamoiselle. - fece sfoggio di galanteria aprendomi la portiera della carrozza.


Il tragitto si svolse in silenzio, io parevo incantata dalle vie di Milano e dal suo brulicare di persone lungo i marciapiedi, in realtà stavo pensando a cose molto meno leggere.
I nuovi ordini erano quelli di raggiungere il quartier generale della Dark Religious ed entrare a far parte del gruppo di Esorcisti. Tenere in tal modo sotto controllo sia Allen Walker, che Lenalee Lee la cui Innocence aveva rivelato creare delle particolari mutazioni nella sincronizzazione con l'individuo compatibile.
Ovviamente a Federico non avrei detto tutto questo, mi sarei limitata ad informarlo che Gli Esorcisti volevano il parere di un esperto in materia religiosa per un problema che era insorto nei loro ranghi ma di quale fosse la questione nello specifico non la conoscevo nemmeno io e avrei dovuto aspettare di essere a Londra per scoprirla. Era una manipolazione della realtà accettabile.



Inghilterra -
Railway Dover - London ore 18.00


Osservai il sole che stava calando dietro l'orizzonte. Il treno sferragliava sui binari, sentivo nell'aria gli odori della campagna che venivano soppiantati da quello della città. Londra brillava di luce propria nell'imbrunire. Mi alzai in piedi, decisamente stanca di stare seduta sul legno della panchetta dello scompartimento di seconda classe e passai una mano nei capelli, cercando di ravvivare i miei capelli nero rossastri. Rifeci il fiocco di stoffa che risultò un po' gualcito dato che non avevo avuto particolare cura per esso e cercai di lisciare le pieghe della camicia bianca. Indossavo pantaloni neri aderenti e infilati negli stivali alti fino al ginocchio e pieni di fibbie. Il tutto era correlato da una cintura costituita da una fascia di raso rosso. La giacca era piuttosto semplice, nera con il collo a punta sul quale erano ricamate delle rose rosse, e bottoni argentati. Era lunga fino a metà coscia con la doppia allacciatura. Quel fiocco era un vero schifo. Lo sciolsi, lasciando che i lembi di stoffa penzolassero come una cravatta. Molto meglio!
Quando scesi in stazione notai gli sguardi di disapprovazione di molte nobildonne e sospirai ignorandole. Certo non ero vestita alla moda e da vera Lady, ma se questo mi permetteva di portare a casa la pelle non me ne poteva fregare di meno!
Presi il foglio gualcito e lessi di nuovo l'indirizzo. La grafia del Camerlengo era pessima come ogni volta, bisognava lavorare un po' di fantasia per interpretarla.
Mi strinsi nelle spalle. Era maggio e mentre a Milano si godeva di una temperatura già buona in quel posto faceva un freddo becco, per non contare la nebbia che era già scesa sulla città e dava al tutto una dimensione onirica a mezzo fra la dolcezza e l'inquietudine.
Osservai il signore che stava accendendo le lampade a petrolio dei lampioni stradali, evitai che la carrozza lanciata a discreta velocità mi schizzasse con l'acqua della pozzanghera e mi chiesi se quello che era saltato nel Tamigi fosse un gatto o un topo di fogna. Dato che il mio inglese non era eccellente e non volevo farmi ridere alle spalle come l'ultima volta che ero stata in città decisi di evitare le domande. Le avrei fatte solo se mi fossi trovata praticamente disperata. A dire il vero non era il mio inglese ad essere così pessimo, ma gli inglesi stessi ad essere talmente snob da fingere di non capire quando sentivano un accento straniero. Mi stavano giustappunto su quel posto sito fra le natiche.
Strinsi fra le dita la valigia nera di piccola taglia e cercai di orientarmi come meglio potevo. Avevo appuntamento alla taverna del Piccolo Giglio alle otto di sera. Avevo più di un'ora a disposizione, quindi non sarei arrivata tardi. Il Camerlengo mi aveva detto che sarei stata ricevuta da un'esorcista, riconoscibile per la sua uniforme con appuntata la Rose Cross argentata.


La locanda era discreta, con i vetri pultiti e interrotti da regolari listelli di legno scuro. La luce che si spandeva sui tavoli era giallastra, dovuta alle candele che poggiavano su un lampadario in ferro battuto sferico e suddiviso a spicchi come la ruota di un carro. I tavoli erano puliti e il pavimento era coperto da paglia che conservava ancora l'odore di erba e sole. Mi azzardai a chiedere un boccale di birra rossa. La donna, con il grembiule e la cuffietta bianca mi osservò con disapprovazione
- Troppo giovane per gli alcolici - mi disse decisa.
- Ho diciannove anni! - protestai. Non potevo dire di averne seicento ma di sicuro non potevo dimostrarne quindici! Sgranò gli occhi ma sostenne con veemenza
- Lo dicono tutti, ma con me non attacca! Ne hai tredici al massimo se sei un ragazzo, quindici sei sei una femminuccia. - ribattè sicura. Quindici al massimo!?! Una mocciosa! E come sarebbe a dire se sei una femminuccia?! Era in dubbio pure quello!?!? Ma perchè?! Perchè ?! Non potevo dimostrare almeno diciannove anni e avere due belle tette grosse come meloni!?! Fui tentata di mostrare un documento (falso) ma fui altrettanto certa che quella non se lo sarebbe bevuto e volevo evitare di farle chiamare la polizia.
- Sidro? - chiesi speranzosa.
- Succo d'arancia! - dichiarò il donnone.
Sospirai abbattuta.
- Una tazza di tea? - chiesi facendo gli occhi languidi, quelli da cucciolo. Ero in ritardo mostruoso pr una simile richiesta ma dato che la birra mi era stata interdetta...
- Con una bella fetta di torta di mele offerta dalla casa! Dai l'idea di non fare un pasto decente da giorni! - sorrise soddisfatta la matrona, sparendo poco dopo.
Che potevo farci se non avevo i fianchi rotondi e le forme procaci? Non ero piatta come una tavola ma il taglio della camicia lo nascondeva bene. Sospirai riconoscendo che il mio aspetto era davvero androgino, fin troppo.
Quindici anni. C'era da finire in depressione. E non avevo fatto niente per sembrare giovane! La prossima volta avrei fatto uso di rossetto, cipria e mascara! E poi avrei passato tutto il tempo a fuggire gli sguardi diretti perchè in quel modo i miei occhi avrebbero messo in allarme più di una persona. E tutti mi avrebbero fissato per capire se ero davvero una donna o un travestito. Dicevo dei miei occhi... Erano semplicemente verdi, ma in uno di essi c'era una macchia scura, un monogramma. (Il Marchio dell Bestia, come si credeva nel Medioevo! E il marchio di Caino, quando si dava la caccia alle streghe. Tsk! )
Un nuovo cliente entrò in quel momento. Riconobbi immediatamente il portamento fiero e ferino di un cacciatore, di un guerriero. Indossava una specie di uniforme nera e argento. Prima ancora di vedere la sua decorazione, appuntata sulla giacca, seppi che era l'esorcista.
Alzai il braccio, per richiamare la sua attenzione.
Venne verso di me, con la lunga coda che gli ondeggiava dietro le spalle ampie, gli occhi allungati tipici delle popolazioni orientali, le labbra strette in una linea sottile e una katana appesa al fianco.
- Einghel Chielo? - domandò storpiando il mio nome in modo buffo.
- Esattamente. Lei è? -
- Yu Kanda -
- Va bene se la chiamo Kanda? Ricordo che forse in oriente sia usanza... -
- Ai. - confermò.
- Mi chiami pure Angel. Abbiamo tempo per un tea? - chiesi addocchiando la donna che stava arrivando con l'ordinazione.
Lui parve seccato ma si sedette comunque.
- Posso portare qualcosa anche a lei? - Chiese la matrona addolcendo la voce e sbattendo le ciglia verso il mio compagno.
Ringraziai la mia faccia di tolla che mi permise di non fare una piega e addentai la torta. Gli inglesi in cucina erano una pena, ma almeno la pasticceria era accettabile, per mia fortuna!
Kanda aveva allontanato la donna con un cenno di diniego poi era rimasto in silenzio ad osservare l'ambiente.
- Ho finito - gli dissi lasciando le monete sul tavolo e alzandomi in piedi.
Lui spinse il denaro verso di me e mise mano al suo portafoglio. Galanteria maschile.
- Lasci perdere. Sua Santità mi rimborsa le spese - lo informai ghignando mefistofelicamente.
Lui corrugò la fronte poi si alzò e si diresse verso l'uscita.
Non mi rimase altro da fare che riprendere il mio bagaglio e seguirlo.


  
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