2.
Era stata in giro abbastanza a lungo da aver perso
tutte le speranze. Non sarebbe riuscita a mettere
insieme tutti quei quattrini in tempo. Aveva provato
a cercare un lavoro veloce, ma le avevano proposto
una truffa telematica. Aveva provato a vendere parte
delle provviste che aveva a bordo del Coyote, ma
apparentemente nessuno era interessato alle derrate
alimentari per il viaggio di un'astronave. Senza
che avesse messo in giro esplicitamente la voce, le
si erano presentati diversi strozzini offrendo
ciascuno i propri discutibili servizi. Li aveva
individuati subito tutti, aveva esperienza in quel
campo.
Temeva quello che stava per fare, ma non credeva di
avere troppa scelta. Ancora un'ora e sarebbe scaduto
l'affitto dell'approdo. Sarebbe venuto il momento di
pagare i soldi della tangente e andare via. Avrebbe
dovuto tentare un'azione di forza. Le dolevano le
budella dalla paura al solo pensiero. D'accordo,
finché rimaneva vicina a La Tana nessuna astronave
avrebbe aperto il fuoco su di lei. Ma non poteva
starsene lì fuori per sempre. Poi non aveva nemmeno
una garanzia che non sarebbero state proprio le armi
di quell'incrocio fra astronave e stazione spaziale
ad aprire il fuoco su di lei.
Scacciò di malavoglia ogni lugubre pensiero,
concentrandosi sulla cosa più facile da fare. Anzitutto,
tornare a bordo della sua corvetta. Fece un largo
giro per arrivare fino al suo punto di attracco,
per vedere se qualcuno la stava seguendo. Era stata
minacciata da uno degli strozzini e la prudenza
non era mai troppa. Ma non notò nessuno e concluse
che certi trucchi funzionano solo nei romanzi. Appena
giunse in vista dell'ingresso del tubo ombelicale
pressurizzato, si accorse della presenza di una figura
nota. Strinse i denti: appollaiata su un largo parapetto
a poca distanza dal suo approdo c'era la ragazza dai
dread viola chiaro. La stessa che si era offerta di
aiutarla e che aveva dimostrato di averla spiata quel
tanto che basta da conoscere tutti i suoi
problemi. Cominciò a pensare che come ultima spiaggia
non era da scartare, ma subito passò in rassegna
tutti i possibili rischi che avrebbe corso. Aveva
solo bisogno di una piccola spinta e sarebbe affondata
e probabilmente quella ragazzina intendeva approfittare
di ciò.
I loro occhi si incrociarono e Miki la vide sorridere,
alzare una mano e agitarla in segno di saluto. Aveva i
capelli simili a serpenti rosa buttati all'indietro;
la borchia ossea sulla fronte sgombra scintillò. Contrariamente
a quanto si aspettava non saltò giù dal corrimano per
venirle incontro. Eppure era certa che non fosse lì
per caso. Decise di ignorarla e si infilò dritta
nella stretta camera di equilibrio del condotto
pressurizzato flessibile che univa il Coyote a La
Tana.
Giunta al portello sollevò il braccio sinistro e
scostò la manica della tuta scoprendo la pulsantiera
di comando, a forma di bracciale lungo e stretto. Sfiorò
i tasti che comandavano la pressurizzazione della camera
di equilibrio della sua corvetta, ma non accadde
nulla. Il piccolo ologramma rosso che il bracciale
proiettò a pochi centimetri di distanza fu come una
doccia fredda. “Accesso negato”.
Miki riprovò più volte, furiosa. Galleggiava priva di
peso in un tubo ombelicale vecchio, lurido e bucato,
aveva un debito indesiderato di milleduecento crediti
con una organizzazione criminale di chiaro stampo mafioso
e adesso era perfino chiusa fuori dalla sua astronave. Stentava
a credere che le stesse succedendo tutto questo. Poi ebbe
improvvisa una ispirazione: rivide con gli occhi della mente
la ragazzina seduta sul parapetto che le sorrideva
smorfiosa. Concluse in meno di un battibaleno che quella
stronzetta ne doveva sapere qualcosa.
Si precipitò più velocemente che poté lungo il tubo
flessibile, dimentica perfino della paura che potesse
squarciarsi da un momento all'altro e catapultarla nel
vuoto dello spazio a causa della piccola perdita chiusa
maldestramente dalla toppa. Tornata sul pontile cercò
immediatamente la ragazzina e la trovò proprio dove
l'aveva lasciata. Le andò incontro a grandi passi
attraversando decisa l'ologramma difettoso della
poliziotta, scattato nuovamente a vuoto. Era decisa a
farsi valere. La vide scendere dal parapetto,
un'espressione strafottente stampata sul viso.
- Sei stata tu! - le sibilò contro. Era troppo alta,
non sarebbe riuscita a intimidirla semplicemente
fissandola negli occhi.
- Certo. Sono bravina con queste cose.
- Restituiscimi il controllo della mia nave! - cercò
di non alzare troppo la voce: non era il caso di
attirare l'attenzione.
- Mi prendi a bordo con te?
- Cosa? Non se ne parla nemmeno!
La ragazzina incrociò le braccia sul petto e cominciò
a guardarsi intorno ostentando finta indifferenza. Avrebbe
voluto cancellarle dalla faccia quel sorriso provocatorio
a forza di schiaffi.
- Vado dalla polizia portuale – minacciò con voce
asciutta.
- Ah, gli stessi che ti hanno chiesto di pagare il
pizzo... che gli dici? Che sei rimasta chiusa fuori?
Fu un duro colpo per Miki. A quanto pareva la stronza
ne sapeva una più di lei. Si arrese.
- Che cosa vuoi esattamente? - chiese, sconfitta. Sentì
le spalle incurvarsi un po' in avanti e si risollevò
subito.
- Andare via di qui. Questo posto è diventato troppo
stretto e caldo per me. Prendimi a bordo e scappiamo
su Prometeo o su Apollo.
- Non ho i soldi per partire – replicò subito.
- Questo non è un problema – disse la ragazzina
sorridendo beffarda.
Aveva imbarcato un mostro. Un fottuto genietto,
ecco cos'era. Si era interfacciata alla rete di
La Tana collegandosi al sistema principale
della sua corvetta usando un adattatore e due piastre
craniche a contatto. Aveva la nuca rasata e tatuata
con uno strano disegno che le scendeva lungo il
collo per scomparire sotto gli abiti. Le sembrò
un'astronave. Lì aveva appoggiato le piastre che
le garantivano il contatto con quelle che evidentemente
aveva installate sotto l'epidermide del cranio. Aveva
il cervello cablato, la piccola. Una volta dentro il
computer del Coyote era balzata fuori a una
velocità impressionante assaltando la rete della
stazione viaggiante. Dopo trenta secondi era già
alle prese con i sistemi difensivi della banca e
dopo un minuto stava deviando dei fondi. Miki, che
capiva qualcosa di cyber-crimine, riconobbe almeno
due schemi di attacco diversi portati avanti
contemporaneamente ad altre operazioni complesse
che lei non era nemmeno in grado di capire a cosa
servissero. La guardò in viso: alla luce ambiente
della sua nave, netta e più intensa di quella della
stazione, vide il volto di una bella ragazzina dagli
occhi obliqui e leggermente a mandorla, con un
impertinente nasino all'insù. Aveva le labbra carnose
dipinte maldestramente di nero e un poco schiuse a
mostrare i denti bianchi e regolari. Le palpebre
truccate con colori cupi erano quasi del tutto
abbassate a mostrare solo una sottile falce
bianca. Aveva già notato la lucida borchia ossea
sulla fronte e in posizione simmetrica una curiosa
cicatrice tonda; probabilmente le borchie avvitate
dentro le ossa del cranio erano state due e quella
a destra doveva essersi spezzata. Dopo pochi minuti
poté constatare che quel mostriciattolo aveva
terminato di coprire alla perfezione le tracce
della sua incursione e stava già tornando
indietro.
- Fatto – disse destandosi dalla trance del
cyberspazio in un battito di ciglia. Miki sentì
l'invidia stringerle il petto: lei aveva bisogno
di diversi minuti solo per riprendersi dai porno
VR che usavano un banale stimolatore corticale
per darle le blande sensazioni tattili. La vide
dare uno strattone ai cavi delle sue piastre e
quelle si staccarono e le caddero sulle spalle,
in mezzo ai lunghi dread viola. Arrotolati i cavi
intorno all'adattatore in modo piuttosto negligente,
infilò tutto quanto nella tasca della mimetica.
- Passerà un bel po' prima che si accorgano
di qualcosa, ma meglio andarcene via subito. Non
si sa mai.
- Hai rimesso a posto i codici di ingresso
alla camera di equilibrio? - le chiese, ansiosa
di veder sistemato quell'importantissimo
dettaglio. La ragazzina sbuffò annoiata.
- Seee, seee... l'ho fatto, tranquilla!
- Sarò tanto più tranquilla quanto più
lontana starai dal ponte di comando.
- Ponte di comando? Questo stanzino?
- Fuori. Devo salpare – le ingiunse Miki, decisa. Chi
denigrava il Coyote non aveva diritto a
occupare il sedile del comandante.
- Non vuoi una mano?
- Sai eseguire le manovre? - chiese lei
retorica.
- No... sono così difficili?
- Fila via. Qua comando io – ma non ne era più
sicura. Al pensiero di ciò che la ragazzina
poteva fare con un terminale, non avrebbe più
dormito tranquilla fino a quando non l'avesse
sbarcata da qualche parte.
Stentava a crederci: stava finalmente lasciando
La Tana. Con tutto quello che le era
successo, non poteva che esserne felice. Eppure
un po' le dispiaceva: l'avventura con Morgan,
ora che se l'era lasciata alle spalle, sembrava meno
spaventosa e più rocambolesca. Si chiese se
avrebbe mai trovato qualcuno disposto a credere
a tutto ciò che aveva da raccontare.
La manovra di abbandono dell'ormeggio era
andata alla perfezione: ormai ci stava prendendo
la mano e le sembrava di aver passato tutta la
vita al timone di un'astronave. In realtà erano
stati il computer di bordo e Controllo di La Tana
a portarla fuori, ma lei aveva supervisionato la
manovra minuto per minuto, mantenendo tutto sotto
controllo. Si sentiva soddisfatta. L'ultima cosa
da sistemare era quell'indicazione “No Go” di fianco
all'indicatore dell'acqua potabile. Ma sarebbe
bastato razionare il prezioso liquido e forse ancora
prima di giungere ad Apollo l'allarme sarebbe
rientrato. Lasciò il computer alle prese con una
rotta di allontanamento standard e si alzò dalla
poltrona di comando per andare a sdraiarsi un
po'. Sarebbe stata necessaria quasi un'ora per
raggiungere una posizione ottimale per passare
alla velocità FTL. L'ultima cosa che desiderava
era iniziare il viaggio con una collisione.
Percorse il breve tratto di corridoio spinale
che la separava dalla sua cabina, già pregustando
il tepore della sua morbida cuccetta speciale. La
sua cabina era la più grande di tutte e anche...
occupata! Guardò incredula il suo nuovo equipaggio
sdraiato sopra le coperte, vestito di tutto
punto. Le suole degli stivali anfibi avevano già
sporcato la coperta termica. Come se non bastasse
quell'impertinente aveva alzato di un bel po' la
temperatura della cuccetta e dormiva un sonno
apparentemente piuttosto profondo. L'aveva persa
di vista per soli venti minuti, più o meno.
Miki si sentì avvampare le guance di rabbia. Era
nel suo letto! Inconcepibile. Lo aveva fatto apposta,
non c'era dubbio. Il Coyote non era così grande
da non poter trovare il bagno o un letto in caso di
emergenza. Non c'era alcuna necessità di usurpare la
branda altrui. La squadrò per un lungo momento: era
alta ma esile e non sembrava più pesante dei manubri
che era solita alzare in palestra. Non aveva ancora
cambiato la gravità artificiale dall'ultima volta, ma
anche impostata a undici decimi sollevare di peso la
ragazzina e scaraventarla da qualche parte non
sarebbe stato un problema.
Fece un passo in avanti intenzionata a mettere in
atto ciò che stava pensando, ma si fermò subito. Le
sembrò un atto eccessivo: tutto sommato le aveva
appena saldato un debito di milleduecento crediti
nei confronti dei mafiosi di La Tana, gente
senza nome né volto né coscienza. Stizzita, non le
rimase altro da fare che afferrare il suo riproduttore
VR portatile e andarsene negli alloggi dell'equipaggio.
Qui scoprì che Morgan aveva fatto in tempo a occupare
una cuccetta e a lasciarla sfatta. Ingoiato anche quel
rospo Miki rassegnata si dedicò a riassettare tutto
quanto il suo ex disordinato compagno di avventure
aveva lasciato a soqquadro.
Era sdraiata finalmente e stava armeggiando con le
memorie del suo lettore VR quando sentì dal ponte di
comando il segnale di chiamata. Malvolentieri si lasciò
scivolare fuori dalla cuccetta che aveva appena
cominciato a scaldarsi e scalza com'era si precipitò
a rispondere. Si stava chiedendo chi poteva mai
essere e quando vide lo schermo dei sensori ebbe
un sospetto: il contatto era della stessa classe
dell'astronave che l'aveva pedinata fino a La Tana.
- Coyote – disse abbandonandosi nella poltrona
di comando e iniziando formalmente la conversazione
come voleva il protocollo. Non c'era collegamento video
ma ugualmente chiuse un po' il velcro della sua camicia
da astronauta.
- Ferma i motori e consegnaci la ragazzina. Non fare
l'eroe, non ti conviene.
Prima che potesse capire il significato di quelle
parole sentì la poltrona cui era tanto affezionata
vibrare leggermente sotto le sue natiche e contemporaneamente
vide accendersi numerose spie di allarme, gialle e rosse. Dopo
il primo istante di terrore Miki gettò immediatamente le mani
sui comandi per cercare di capire cosa stesse succedendo. Aveva
una perdita di pressione nella stiva principale che si era
dimenticata di decomprimere. Le pompe dell'aria funzionavano
ancora e le azionò immediatamente nel disperato tentativo di
salvare tutta l'aria possibile. Tacitò altri allarmi: aveva
danni a diversi sistemi secondari, ma nulla di irreparabile. Poteva
ancora navigare. Ovviamente non aveva dubbi su cosa era
successo: per quanto inconcepibile le potesse sembrare,
le avevano sparato qualcosa addosso. Istintivamente fermò
i motori e lasciò che il Coyote procedesse per
inerzia. Il pensiero del plasma che abbandonava i condotti
di alimentazione dei motori la tranquillizzò: la sua non
era certo una nave da battaglia, non poteva incassare
proiettili esplosivi e pretendere di volare senza
problemi. Una minima perdita di plasma avrebbe potuto
significare il disastro. Lanciò subito la diagnostica
dell'intero sistema.
Pensò di inoltrare immediatamente una chiamata di soccorso
sul canale standard delle forze di polizia, ma si rese
conto di avere troppa paura per farlo. Era a circa tre
unità astronomiche dalla Terra e nel tempo che i soccorsi
avrebbero impiegato per giungere fin lì, se mai fossero
partiti, di lei e della sua nave sarebbe rimasto ben
poco. Era in balia di quegli sconosciuti. Perché non
era a bordo del Raja insieme ai suoi amici? L'avrebbero
protetta. Quella pazza di Cuba, la IA della Vortex
Procellae, aveva svariati gigawatt di armi a bordo:
perché non era lì con lei adesso? Strinse i denti fino
a farli scricchiolare: le venne in mente anche il Secondo
del Raja, e sentì scaldarsi il petto. Pensò a quel suo
modo di fare rassicurante, al suo sguardo placido ma
deciso e immaginò il calore del suo petto ampio e
forte. Lui l'avrebbe protetta.
- Hai spento i motori.
Miki sobbalzò nella sua poltrona. Nello specchio del
portello di accesso al ponte di comando era apparsa
improvvisamente la ragazzina. Le labbra tinte di scuro
spiccavano drammaticamente sul volto sbiancato dalla
paura. I dread colorati di viola le ricadevano
disordinati dandole l'aspetto di una bambina spaventata
a morte.
- Li conosci? - le chiese indicando la traccia sullo
schermo del radar di poppa.
- Vuoi consegnarmi a loro? - fu la risposta della
ragazzina che si teneva aggrappata con una mano alla
paratia come se non riuscisse a stare in piedi da
sola.
- Ci stavo proprio pensando: mi hanno appena sparato
addosso! - esclamò Miki pensando di aver trovato
qualcuno con cui dar sfogo alla sua paura. Ma di
fronte allo sguardo liquido di quegli occhi sgranati
dallo spavento dovette aggiungere immediatamente di
non stare dicendo sul serio. Gli strumenti le segnalarono
una comunicazione in ingresso, ma non volle
rispondere. Aveva paura di udire nuove minacce. Poi,
come un'improvvisa illuminazione, le venne in
mente un'idea.
- Cosa stai facendo adesso? - le chiese la ragazzina
vedendola armeggiare freneticamente con i sistemi
energetici di bordo. A prima vista sembrava che avesse
intenzione di far saltare tutto: chiunque si sarebbe
preoccupato vedendo i pannelli di comando illuminarsi
di rosso.
- Vai a legarti in cuccetta: sto per attivare la
propulsione FTL in un modo un po' brusco.
- Fossi matta. Sto qui con te.
- Vai dietro, ti dico. E non nella mia cuccetta,
eh! - la incalzò mentre le sue mani danzavano veloci
sugli strumenti e i suoi occhi saettavano da uno
schermo all'altro.
- Non se ne parla. Ti do una mano.
Prima che Miki riuscisse a voltarsi, la giovane
aveva applicato alla propria nuca rasata le piastre
gemelle e stava armeggiando con la sua interfaccia
di connessione.
- Cosa stai facendo? Staccati dal computer, mi serve
per calcolare una rotta!
Per tutta risposta quella strizzò gli occhi e
piegò la bocca in un'espressione di dolore. Poi
con un gesto di stizza rimosse le sue piastre di
connessione.
- Questa merda di nave non ha un impianto di
trasmissione degno, non riesco nemmeno a connettermi
a loro!
- Questa merda di nave tra poco ti salverà il culo –
disse Miki risentita. Stava inserendo le coordinate
col cuore in gola. Non aveva tempo di controllarle e
sperò con tutto il cuore che i sistemi di sicurezza
e di controllo della navigazione della sua nave fossero
adeguati.
- Cos'hai intenzione di fare? - le chiese la ragazzina
petulante. Era davvero spaventata e Miki si sentì forte
per questo, anche se il solo pensiero di essere fatta
nuovamente bersaglio di qualche tipo di arma le faceva
tremare i polsi e lo stomaco.
- Tre balzi FTL consecutivi. Aggrappati.
Miki azionò i motori comandando direttamente il
passaggio alla velocità FTL. Gli smorzatori inerziali
del Coyote ressero il colpo a stento e molte
sollecitazioni furono trasmesse allo scafo e ai suoi
occupanti. Miki si era sentita strizzare il corpo
dalle cinture che la legavano alla poltrona del
comandante e la ragazzina era ruzzolata a terra. Il
primo salto durò quasi un minuto per via della enorme
quantità di plasma accumulata nel distributore a
geometria variabile del Coyote. Cercò di
uscire dalla velocità FTL nel modo meno brusco
possibile ma aveva fatto male i conti col plasma:
se avesse decelerato normalmente non le sarebbe
rimasta energia sufficiente per eseguire il secondo
salto abbastanza rapidamente. Perché quella strategia
fosse efficace, avrebbe dovuto saltare molto in
fretta. Quindi decelerò più rapidamente che poté
mandando nuovamente a gambe all'aria la ragazzina
che si era appena rialzata da terra.
- Resta giù! - le gridò per superare il clacson di
allarme che le indicava l'eccesso di plasma nel
sistema di alimentazione dei motori. Poi passò
nuovamente alla velocità FTL.
Lo scossone fu così brusco che tutto vibrò e le
luci ambientali rimasero spente fino a quando il
computer interruppe da solo l'alimentazione ai
motori poiché erano state raggiunte le coordinate
di destinazione. Il secondo salto ebbe una
conclusione più dolce, ma aveva risparmiato
plasma a sufficienza per il terzo e ultimo
balzo.
- Aspetta! - la implorò la ragazzina supina
sul pavimento, freneticamente in cerca di un
appiglio. Ma Miki comandò immediatamente l'ultimo
salto.