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Autore: Mannu    02/10/2009    0 recensioni
Miki è costretta su una stazione spaziale clandestina, La Tana, da un debito che non può pagare. Ilah è obbligata ad abbandonare il suo rifugio su La Tana a causa di un debito che non può pagare. Si può pensare a un accordo?
Nota: Il personaggio di Ilah non è completamente mio ma è stato realizzato in stretta collaborazione con Cassiana. Molte parti di questo racconto sono il frutto del suo lavoro. A Cassiana vanno tutti i miei più sentiti ringraziamenti per le idee, la pazienza e il lavoro fatto. A Cassiana va anche la metà dei complimenti (e delle critiche) che questa storiella dovesse ricevere.
Addendum: il titolo era "Miki & Ilah" ed è stato modificato successivamente in "Ogni debito... è un debito". Di nuovo... grazie a Cassiana! Un altro debito!
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ferraglia spaziale'
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Ogni debito... è un debito - 2
2.

Era stata in giro abbastanza a lungo da aver perso tutte le speranze. Non sarebbe riuscita a mettere insieme tutti quei quattrini in tempo. Aveva provato a cercare un lavoro veloce, ma le avevano proposto una truffa telematica. Aveva provato a vendere parte delle provviste che aveva a bordo del Coyote, ma apparentemente nessuno era interessato alle derrate alimentari per il viaggio di un'astronave. Senza che avesse messo in giro esplicitamente la voce, le si erano presentati diversi strozzini offrendo ciascuno i propri discutibili servizi. Li aveva individuati subito tutti, aveva esperienza in quel campo.
Temeva quello che stava per fare, ma non credeva di avere troppa scelta. Ancora un'ora e sarebbe scaduto l'affitto dell'approdo. Sarebbe venuto il momento di pagare i soldi della tangente e andare via. Avrebbe dovuto tentare un'azione di forza. Le dolevano le budella dalla paura al solo pensiero. D'accordo, finché rimaneva vicina a La Tana nessuna astronave avrebbe aperto il fuoco su di lei. Ma non poteva starsene lì fuori per sempre. Poi non aveva nemmeno una garanzia che non sarebbero state proprio le armi di quell'incrocio fra astronave e stazione spaziale ad aprire il fuoco su di lei.
Scacciò di malavoglia ogni lugubre pensiero, concentrandosi sulla cosa più facile da fare. Anzitutto, tornare a bordo della sua corvetta. Fece un largo giro per arrivare fino al suo punto di attracco, per vedere se qualcuno la stava seguendo. Era stata minacciata da uno degli strozzini e la prudenza non era mai troppa. Ma non notò nessuno e concluse che certi trucchi funzionano solo nei romanzi. Appena giunse in vista dell'ingresso del tubo ombelicale pressurizzato, si accorse della presenza di una figura nota. Strinse i denti: appollaiata su un largo parapetto a poca distanza dal suo approdo c'era la ragazza dai dread viola chiaro. La stessa che si era offerta di aiutarla e che aveva dimostrato di averla spiata quel tanto che basta da conoscere tutti i suoi problemi. Cominciò a pensare che come ultima spiaggia non era da scartare, ma subito passò in rassegna tutti i possibili rischi che avrebbe corso. Aveva solo bisogno di una piccola spinta e sarebbe affondata e probabilmente quella ragazzina intendeva approfittare di ciò.
I loro occhi si incrociarono e Miki la vide sorridere, alzare una mano e agitarla in segno di saluto. Aveva i capelli simili a serpenti rosa buttati all'indietro; la borchia ossea sulla fronte sgombra scintillò. Contrariamente a quanto si aspettava non saltò giù dal corrimano per venirle incontro. Eppure era certa che non fosse lì per caso. Decise di ignorarla e si infilò dritta nella stretta camera di equilibrio del condotto pressurizzato flessibile che univa il Coyote a La Tana.
Giunta al portello sollevò il braccio sinistro e scostò la manica della tuta scoprendo la pulsantiera di comando, a forma di bracciale lungo e stretto. Sfiorò i tasti che comandavano la pressurizzazione della camera di equilibrio della sua corvetta, ma non accadde nulla. Il piccolo ologramma rosso che il bracciale proiettò a pochi centimetri di distanza fu come una doccia fredda. “Accesso negato”.
Miki riprovò più volte, furiosa. Galleggiava priva di peso in un tubo ombelicale vecchio, lurido e bucato, aveva un debito indesiderato di milleduecento crediti con una organizzazione criminale di chiaro stampo mafioso e adesso era perfino chiusa fuori dalla sua astronave. Stentava a credere che le stesse succedendo tutto questo. Poi ebbe improvvisa una ispirazione: rivide con gli occhi della mente la ragazzina seduta sul parapetto che le sorrideva smorfiosa. Concluse in meno di un battibaleno che quella stronzetta ne doveva sapere qualcosa.
Si precipitò più velocemente che poté lungo il tubo flessibile, dimentica perfino della paura che potesse squarciarsi da un momento all'altro e catapultarla nel vuoto dello spazio a causa della piccola perdita chiusa maldestramente dalla toppa. Tornata sul pontile cercò immediatamente la ragazzina e la trovò proprio dove l'aveva lasciata. Le andò incontro a grandi passi attraversando decisa l'ologramma difettoso della poliziotta, scattato nuovamente a vuoto. Era decisa a farsi valere. La vide scendere dal parapetto, un'espressione strafottente stampata sul viso.
- Sei stata tu! - le sibilò contro. Era troppo alta, non sarebbe riuscita a intimidirla semplicemente fissandola negli occhi.
- Certo. Sono bravina con queste cose.
- Restituiscimi il controllo della mia nave! - cercò di non alzare troppo la voce: non era il caso di attirare l'attenzione.
- Mi prendi a bordo con te?
- Cosa? Non se ne parla nemmeno!
La ragazzina incrociò le braccia sul petto e cominciò a guardarsi intorno ostentando finta indifferenza. Avrebbe voluto cancellarle dalla faccia quel sorriso provocatorio a forza di schiaffi.
- Vado dalla polizia portuale – minacciò con voce asciutta.
- Ah, gli stessi che ti hanno chiesto di pagare il pizzo... che gli dici? Che sei rimasta chiusa fuori?
Fu un duro colpo per Miki. A quanto pareva la stronza ne sapeva una più di lei. Si arrese.
- Che cosa vuoi esattamente? - chiese, sconfitta. Sentì le spalle incurvarsi un po' in avanti e si risollevò subito.
- Andare via di qui. Questo posto è diventato troppo stretto e caldo per me. Prendimi a bordo e scappiamo su Prometeo o su Apollo.
- Non ho i soldi per partire – replicò subito.
- Questo non è un problema – disse la ragazzina sorridendo beffarda.

Aveva imbarcato un mostro. Un fottuto genietto, ecco cos'era. Si era interfacciata alla rete di La Tana collegandosi al sistema principale della sua corvetta usando un adattatore e due piastre craniche a contatto. Aveva la nuca rasata e tatuata con uno strano disegno che le scendeva lungo il collo per scomparire sotto gli abiti. Le sembrò un'astronave. Lì aveva appoggiato le piastre che le garantivano il contatto con quelle che evidentemente aveva installate sotto l'epidermide del cranio. Aveva il cervello cablato, la piccola. Una volta dentro il computer del Coyote era balzata fuori a una velocità impressionante assaltando la rete della stazione viaggiante. Dopo trenta secondi era già alle prese con i sistemi difensivi della banca e dopo un minuto stava deviando dei fondi. Miki, che capiva qualcosa di cyber-crimine, riconobbe almeno due schemi di attacco diversi portati avanti contemporaneamente ad altre operazioni complesse che lei non era nemmeno in grado di capire a cosa servissero. La guardò in viso: alla luce ambiente della sua nave, netta e più intensa di quella della stazione, vide il volto di una bella ragazzina dagli occhi obliqui e leggermente a mandorla, con un impertinente nasino all'insù. Aveva le labbra carnose dipinte maldestramente di nero e un poco schiuse a mostrare i denti bianchi e regolari. Le palpebre truccate con colori cupi erano quasi del tutto abbassate a mostrare solo una sottile falce bianca. Aveva già notato la lucida borchia ossea sulla fronte e in posizione simmetrica una curiosa cicatrice tonda; probabilmente le borchie avvitate dentro le ossa del cranio erano state due e quella a destra doveva essersi spezzata. Dopo pochi minuti poté constatare che quel mostriciattolo aveva terminato di coprire alla perfezione le tracce della sua incursione e stava già tornando indietro.
- Fatto – disse destandosi dalla trance del cyberspazio in un battito di ciglia. Miki sentì l'invidia stringerle il petto: lei aveva bisogno di diversi minuti solo per riprendersi dai porno VR che usavano un banale stimolatore corticale per darle le blande sensazioni tattili. La vide dare uno strattone ai cavi delle sue piastre e quelle si staccarono e le caddero sulle spalle, in mezzo ai lunghi dread viola. Arrotolati i cavi intorno all'adattatore in modo piuttosto negligente, infilò tutto quanto nella tasca della mimetica.
- Passerà un bel po' prima che si accorgano di qualcosa, ma meglio andarcene via subito. Non si sa mai.
- Hai rimesso a posto i codici di ingresso alla camera di equilibrio? - le chiese, ansiosa di veder sistemato quell'importantissimo dettaglio. La ragazzina sbuffò annoiata.
- Seee, seee... l'ho fatto, tranquilla!
- Sarò tanto più tranquilla quanto più lontana starai dal ponte di comando.
- Ponte di comando? Questo stanzino?
- Fuori. Devo salpare – le ingiunse Miki, decisa. Chi denigrava il Coyote non aveva diritto a occupare il sedile del comandante.
- Non vuoi una mano?
- Sai eseguire le manovre? - chiese lei retorica.
- No... sono così difficili?
- Fila via. Qua comando io – ma non ne era più sicura. Al pensiero di ciò che la ragazzina poteva fare con un terminale, non avrebbe più dormito tranquilla fino a quando non l'avesse sbarcata da qualche parte.

Stentava a crederci: stava finalmente lasciando La Tana. Con tutto quello che le era successo, non poteva che esserne felice. Eppure un po' le dispiaceva: l'avventura con Morgan, ora che se l'era lasciata alle spalle, sembrava meno spaventosa e più rocambolesca. Si chiese se avrebbe mai trovato qualcuno disposto a credere a tutto ciò che aveva da raccontare.
La manovra di abbandono dell'ormeggio era andata alla perfezione: ormai ci stava prendendo la mano e le sembrava di aver passato tutta la vita al timone di un'astronave. In realtà erano stati il computer di bordo e Controllo di La Tana a portarla fuori, ma lei aveva supervisionato la manovra minuto per minuto, mantenendo tutto sotto controllo. Si sentiva soddisfatta. L'ultima cosa da sistemare era quell'indicazione “No Go” di fianco all'indicatore dell'acqua potabile. Ma sarebbe bastato razionare il prezioso liquido e forse ancora prima di giungere ad Apollo l'allarme sarebbe rientrato. Lasciò il computer alle prese con una rotta di allontanamento standard e si alzò dalla poltrona di comando per andare a sdraiarsi un po'. Sarebbe stata necessaria quasi un'ora per raggiungere una posizione ottimale per passare alla velocità FTL. L'ultima cosa che desiderava era iniziare il viaggio con una collisione.
Percorse il breve tratto di corridoio spinale che la separava dalla sua cabina, già pregustando il tepore della sua morbida cuccetta speciale. La sua cabina era la più grande di tutte e anche... occupata! Guardò incredula il suo nuovo equipaggio sdraiato sopra le coperte, vestito di tutto punto. Le suole degli stivali anfibi avevano già sporcato la coperta termica. Come se non bastasse quell'impertinente aveva alzato di un bel po' la temperatura della cuccetta e dormiva un sonno apparentemente piuttosto profondo. L'aveva persa di vista per soli venti minuti, più o meno.
Miki si sentì avvampare le guance di rabbia. Era nel suo letto! Inconcepibile. Lo aveva fatto apposta, non c'era dubbio. Il Coyote non era così grande da non poter trovare il bagno o un letto in caso di emergenza. Non c'era alcuna necessità di usurpare la branda altrui. La squadrò per un lungo momento: era alta ma esile e non sembrava più pesante dei manubri che era solita alzare in palestra. Non aveva ancora cambiato la gravità artificiale dall'ultima volta, ma anche impostata a undici decimi sollevare di peso la ragazzina e scaraventarla da qualche parte non sarebbe stato un problema.
Fece un passo in avanti intenzionata a mettere in atto ciò che stava pensando, ma si fermò subito. Le sembrò un atto eccessivo: tutto sommato le aveva appena saldato un debito di milleduecento crediti nei confronti dei mafiosi di La Tana, gente senza nome né volto né coscienza. Stizzita, non le rimase altro da fare che afferrare il suo riproduttore VR portatile e andarsene negli alloggi dell'equipaggio.
Qui scoprì che Morgan aveva fatto in tempo a occupare una cuccetta e a lasciarla sfatta. Ingoiato anche quel rospo Miki rassegnata si dedicò a riassettare tutto quanto il suo ex disordinato compagno di avventure aveva lasciato a soqquadro.
Era sdraiata finalmente e stava armeggiando con le memorie del suo lettore VR quando sentì dal ponte di comando il segnale di chiamata. Malvolentieri si lasciò scivolare fuori dalla cuccetta che aveva appena cominciato a scaldarsi e scalza com'era si precipitò a rispondere. Si stava chiedendo chi poteva mai essere e quando vide lo schermo dei sensori ebbe un sospetto: il contatto era della stessa classe dell'astronave che l'aveva pedinata fino a La Tana.
Coyote – disse abbandonandosi nella poltrona di comando e iniziando formalmente la conversazione come voleva il protocollo. Non c'era collegamento video ma ugualmente chiuse un po' il velcro della sua camicia da astronauta.
- Ferma i motori e consegnaci la ragazzina. Non fare l'eroe, non ti conviene.
Prima che potesse capire il significato di quelle parole sentì la poltrona cui era tanto affezionata vibrare leggermente sotto le sue natiche e contemporaneamente vide accendersi numerose spie di allarme, gialle e rosse. Dopo il primo istante di terrore Miki gettò immediatamente le mani sui comandi per cercare di capire cosa stesse succedendo. Aveva una perdita di pressione nella stiva principale che si era dimenticata di decomprimere. Le pompe dell'aria funzionavano ancora e le azionò immediatamente nel disperato tentativo di salvare tutta l'aria possibile. Tacitò altri allarmi: aveva danni a diversi sistemi secondari, ma nulla di irreparabile. Poteva ancora navigare. Ovviamente non aveva dubbi su cosa era successo: per quanto inconcepibile le potesse sembrare, le avevano sparato qualcosa addosso. Istintivamente fermò i motori e lasciò che il Coyote procedesse per inerzia. Il pensiero del plasma che abbandonava i condotti di alimentazione dei motori la tranquillizzò: la sua non era certo una nave da battaglia, non poteva incassare proiettili esplosivi e pretendere di volare senza problemi. Una minima perdita di plasma avrebbe potuto significare il disastro. Lanciò subito la diagnostica dell'intero sistema.
Pensò di inoltrare immediatamente una chiamata di soccorso sul canale standard delle forze di polizia, ma si rese conto di avere troppa paura per farlo. Era a circa tre unità astronomiche dalla Terra e nel tempo che i soccorsi avrebbero impiegato per giungere fin lì, se mai fossero partiti, di lei e della sua nave sarebbe rimasto ben poco. Era in balia di quegli sconosciuti. Perché non era a bordo del Raja insieme ai suoi amici? L'avrebbero protetta. Quella pazza di Cuba, la IA della Vortex Procellae, aveva svariati gigawatt di armi a bordo: perché non era lì con lei adesso? Strinse i denti fino a farli scricchiolare: le venne in mente anche il Secondo del Raja, e sentì scaldarsi il petto. Pensò a quel suo modo di fare rassicurante, al suo sguardo placido ma deciso e immaginò il calore del suo petto ampio e forte. Lui l'avrebbe protetta.
- Hai spento i motori.
Miki sobbalzò nella sua poltrona. Nello specchio del portello di accesso al ponte di comando era apparsa improvvisamente la ragazzina. Le labbra tinte di scuro spiccavano drammaticamente sul volto sbiancato dalla paura. I dread colorati di viola le ricadevano disordinati dandole l'aspetto di una bambina spaventata a morte.
- Li conosci? - le chiese indicando la traccia sullo schermo del radar di poppa.
- Vuoi consegnarmi a loro? - fu la risposta della ragazzina che si teneva aggrappata con una mano alla paratia come se non riuscisse a stare in piedi da sola.
- Ci stavo proprio pensando: mi hanno appena sparato addosso! - esclamò Miki pensando di aver trovato qualcuno con cui dar sfogo alla sua paura. Ma di fronte allo sguardo liquido di quegli occhi sgranati dallo spavento dovette aggiungere immediatamente di non stare dicendo sul serio. Gli strumenti le segnalarono una comunicazione in ingresso, ma non volle rispondere. Aveva paura di udire nuove minacce. Poi, come un'improvvisa illuminazione, le venne in mente un'idea.
- Cosa stai facendo adesso? - le chiese la ragazzina vedendola armeggiare freneticamente con i sistemi energetici di bordo. A prima vista sembrava che avesse intenzione di far saltare tutto: chiunque si sarebbe preoccupato vedendo i pannelli di comando illuminarsi di rosso.
- Vai a legarti in cuccetta: sto per attivare la propulsione FTL in un modo un po' brusco.
- Fossi matta. Sto qui con te.
- Vai dietro, ti dico. E non nella mia cuccetta, eh! - la incalzò mentre le sue mani danzavano veloci sugli strumenti e i suoi occhi saettavano da uno schermo all'altro.
- Non se ne parla. Ti do una mano.
Prima che Miki riuscisse a voltarsi, la giovane aveva applicato alla propria nuca rasata le piastre gemelle e stava armeggiando con la sua interfaccia di connessione.
- Cosa stai facendo? Staccati dal computer, mi serve per calcolare una rotta!
Per tutta risposta quella strizzò gli occhi e piegò la bocca in un'espressione di dolore. Poi con un gesto di stizza rimosse le sue piastre di connessione.
- Questa merda di nave non ha un impianto di trasmissione degno, non riesco nemmeno a connettermi a loro!
- Questa merda di nave tra poco ti salverà il culo – disse Miki risentita. Stava inserendo le coordinate col cuore in gola. Non aveva tempo di controllarle e sperò con tutto il cuore che i sistemi di sicurezza e di controllo della navigazione della sua nave fossero adeguati.
- Cos'hai intenzione di fare? - le chiese la ragazzina petulante. Era davvero spaventata e Miki si sentì forte per questo, anche se il solo pensiero di essere fatta nuovamente bersaglio di qualche tipo di arma le faceva tremare i polsi e lo stomaco.
- Tre balzi FTL consecutivi. Aggrappati.
Miki azionò i motori comandando direttamente il passaggio alla velocità FTL. Gli smorzatori inerziali del Coyote ressero il colpo a stento e molte sollecitazioni furono trasmesse allo scafo e ai suoi occupanti. Miki si era sentita strizzare il corpo dalle cinture che la legavano alla poltrona del comandante e la ragazzina era ruzzolata a terra. Il primo salto durò quasi un minuto per via della enorme quantità di plasma accumulata nel distributore a geometria variabile del Coyote. Cercò di uscire dalla velocità FTL nel modo meno brusco possibile ma aveva fatto male i conti col plasma: se avesse decelerato normalmente non le sarebbe rimasta energia sufficiente per eseguire il secondo salto abbastanza rapidamente. Perché quella strategia fosse efficace, avrebbe dovuto saltare molto in fretta. Quindi decelerò più rapidamente che poté mandando nuovamente a gambe all'aria la ragazzina che si era appena rialzata da terra.
- Resta giù! - le gridò per superare il clacson di allarme che le indicava l'eccesso di plasma nel sistema di alimentazione dei motori. Poi passò nuovamente alla velocità FTL.
Lo scossone fu così brusco che tutto vibrò e le luci ambientali rimasero spente fino a quando il computer interruppe da solo l'alimentazione ai motori poiché erano state raggiunte le coordinate di destinazione. Il secondo salto ebbe una conclusione più dolce, ma aveva risparmiato plasma a sufficienza per il terzo e ultimo balzo.
- Aspetta! - la implorò la ragazzina supina sul pavimento, freneticamente in cerca di un appiglio. Ma Miki comandò immediatamente l'ultimo salto.
   
 
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