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Autore: Tsukuyomi    03/10/2009    7 recensioni
Salve a tutti! Finalmente prendo coraggio e pubblico.
Questa fanfic mi ronza in testa da tanto di quel tempo che ormai si scrive da sola.
Per il momento avrete sotto agli occhi dei futuri Gold Saint, ancora bambini e innocenti (più o meno), alcuni ancora non si conoscono e altri sì, alcuni sono nati nel Santuario e altri no, alcuni dovranno imparare il greco e, di qualcuno, non si sa per quale recondito motivo, non si conosce il nome. Spero che apprezziate. La storia è ambientata ai nostri giorni, per cui, le vicende conosciute avranno luogo nel futuro.
Genere: Comico, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Les enfants terribles Poco prima che Akylina si dirigesse all'aeroporto, Sion la convocò per spiegarle in cosa consistesse la missione; l'incontro fu breve e sbrigativo, le disse solamente che sarebbe stata affiancata da un suo vecchio amico, che l'avrebbe aiutata a portare via il bambino dal territorio russo.
Mentre scendeva le scalinate delle dodici case, pensierosa, si scontrò con Leurak che saliva, con l'intento di andarle incontro.
Lui rischiò di rotolare per la scalinata, ma lei fu pronta ad afferrargli il braccio.

«Non ti farebbe male guardare dove metti i piedi, lo sai?» la prese in giro.
«Lo stesso vale per te.» 
«Ehilà, siamo nervosucce. Dai che ti accompagno all'aeroporto, rischieresti di non superare il viaggio senza una dose di mia presenza prima di partire.»
«Mmm.»

Arrivarono in fretta all'aeroporto, entrarono nell'enorme struttura e si diressero a passo lento verso il check-in, in rispettoso silenzio; ognuno perso nei propri pensieri.
«Che hai? Mi sembri triste.» le chiese Leurak, interrompendo il vociare frenetico dei presenti, attutito dalla loro silenziosità.
Non rispose, ancora immersa nelle sue riflessioni.

Il giorno prima, quando Galgo le aveva dato la notizia della sua prima vera missione, aveva gioito. Per un solo istante.
Finalmente avrebbe potuto dimostrare a tutti ciò che era in grado di fare, avrebbe condotto un prescelto in terra di Grecia, finora compito svolto dai Silver e da uno dei soldati più anziani.
Ma fu solo per un secondo.
Non immaginava come avrebbe potuto condurre un bambino in Grecia.
Se si fosse trattato di un comune bambino forse avrebbe avuto meno pensieri, dopotutto lei stessa, inconsapevolmente ne portò uno entro le mura del Santuario.
Non sapeva fosse un prescelto, ma raccoglierlo e portarlo all'interno non fu difficile.
Poi si soffermò a considerare la gravosità del suo compito.
I tre discepoli dei compagni e i bambini che già si trovavano nel Santuario mostravano comportamenti infantili, da bambini comuni, generalmente.
Solo a volte sembravano essere superiori a qualunque cosa, e i quei momenti aveva la certezza assoluta  che quell'infantilismo era legato solo ed esclusivamente alla loro giovane età. Erano già soldati, erano nati soldati.
Con il tempo avrebbero assorbito e accettato completamente la loro condizione, così come avrebbe fatto la creatura che si accingeva ad andare a prendere.
La mente le si affollava di immagini terribili, nelle quali non riusciva a interagire col piccolo, lo figurava mentre scappava, mentre la snobbava e mentre inveiva contro di lei. Erano pensieri assurdi, ne era cosciente, dopotutto si trattava di un bambino di tre anni. Quale motivo avrebbe potuto avere per non prestarle attenzione.
Ma si trattava della sua prima missione importante.
Un incarico delicato ed elitario; finora affidato solo a chi aveva esperienza.
«Ehi, sorda. Mi stai ascoltando?» Sentì la voce di Leurak, inizialmente lontana e soffusa, poi sempre più vicina e squillante.
Quando si sentì strattonare per un braccio, si ridestò come se fosse caduta in un sogno.
Si guardò rapidamente a destra e a sinistra, come se cercasse di ricordare e riconoscere il luogo in cui si trovava.
Si sentì smarrita finchè non incrociò, per un solo e fuggente istante lo sguardo di Leurak.
«Uh, sì, ehm, no. Scusami, dicevi?» disse, scuotendo la testa.
«Che hai?» Le chiese preoccupato il ragazzo. Aveva notato già dalla sera prima che la sua mente era un turbinio di pensieri e insicurezze.
Immaginò che anche lei pensasse ciò che pensava lui, che non fosse sicura di aver fatto la scelta giusta. Mentre tentò di domandarle cosa la impensierisse in quel modo, lei rispose.
«Pensavo al bambino.»
«Bambino? Sei incinta?» iniziò a ridere, sicuro di causare una reazione violenta.
All'affermazione di una presunta gravidanza Akylina scattò, rivolgendo al ragazzo un colpo di borsa.
«E di chi dovrei essere incinta?»
«Galgo? Ho visto come lo guardi.»
«Lo guardo esattamente come guardo te, ilithie
«Attraverso una maschera?»
«Spiritoso.»
«Dai, lo sai che gioco. Potrei anche essere geloso del fatto che tu guardi un altro uomo, ma te la farò passare liscia questa volta, solo perchè ti aspettano un milione di ore d'aereo.»
«Sei geloso? Leurak, cosa stai cercando di dirmi?»
«Che non puoi azzardarti a cercare un altro coinquilino!» scampò alla domanda.
Si misero a ridere prima di ripiombare nel silenzio e nelle preoccupazioni.
«Allora, me lo dici cos'hai?»
«Sono preoccupata. Il viaggio sarà lungo e non so come comportarmi col bambino.» rispose lei mestamente.
«Col bambino ti devi comportare esattamente come ti comporteresti con tutti gli altri bambini del mondo. Smettila con queste seghe mentali e goditi il viaggio. Se non altro potrai riposare un po’.»
«Mi sento insicura. Ho una marea di paure.»
«Senti, le paure sono quelle che ci spingono ad andare avanti tutti i giorni. Superarle e trovarne di nuove è la base della vita.»
«E io che pensavo che fosse l’istinto di sopravvivenza!»
«Sbagliavi, come sempre. Dopotutto da una donna non ci si può aspettare niente di più. Ma da quand’è che potete diventare guerrieri? Dovreste rimanere in cucina.»
Leurak sapeva che il discorso avrebbe fatto infuriare l’amica che gli avrebbe rovesciato sopra una valanga di insulti, ma era l’unico modo che aveva per farle smettere di pensare a quanto si sentisse inadeguata in quel momento. 
Dopo diversi minuti di grida, venne chiamato il volo per Mosca. Doveva andare.
Lui la accompagnò fino al punto d’imbarco e la salutò con un forte abbraccio.
Lei fece un passo avanti, per poi fermarsi e voltarsi a guardare l’amico.
«Leurak … dimmi che sto facendo la cosa giusta.»
«Stai facendo la cosa giusta. E, inoltre, solo un’idiota rifiuterebbe un viaggio spesato. Muoviti che altrimenti l’aereo parte senza di te.»
Akylina sorrise malinconica e si avviò nel lungo corridoio che l’avrebbe portata direttamente a bordo del mezzo. Si sedette e controllò il cellulare. Stava per spegnerlo, come richiesto dal comandante dell’aereo, ma arrivò un messaggio: “Finalmente posso dormire e sfasciare la casa. Avverti quando torni che la ricostruisco. Ah, forse potresti trovare delle piume sul tuo letto al tuo ritorno. Ma non sono stato io.”
Si lasciò andare ad un sorriso, mentre spegneva l’apparecchio.
Leurak sapeva come ridarle il sorriso e sapeva anche come farsi volere bene. Era un ragazzo meraviglioso, sempre disponibile verso tutti e non si tirava mai indietro quando c’era da dare una mano. 
Il volo sembrò durare almeno dodici ore in più della durata effettiva.
Arrivata all’aeroporto di Mosca, ritirò il suo bagaglio e si diresse a passo sicuro verso l’uscita. Chiamò un taxi e si fece portare direttamente all’ambasciata francese, mostrando al conducente un opuscolo dell'amasciata stessa. Il bambino si trovava lì.

Si avvolse nel cappotto appena scese dal Taxi.
Non faceva ancora freddo, ma aveva abbandonato da poco un clima mediterraneo e tiepido a favore di temperature più basse.
Tirava vento freddo, probabilmente proveniente dalla non lontana Siberia. le sembrava che piccole lame le ferissero il viso, spingendola a cercare riparo nel bavero.

Entrò nel palazzo e si diresse verso l'usciere e chiese di un uomo; il contatto di Sion.
L'usciere contattò telefonicamente l'interessato e le chiese gentilmente di aspettare.

Dopo pochi minuti un uomo alto e robusto le si avvicinò.
La scrutò attentamente.
«La signorina Akylina, immagino.»
Lei confermò e tese la mano all'uomo.
Con una stretta decisa si presentò, e venne subito al punto.
«Yuri Sokolov. Sion mi ha spiegato a grandi linee il problema. Un uomo enigmatico, non c'è che dire. La prego di seguirmi, le mostrerò il bambino.»
Prima di voltarle le spalle chiese all'usciere di contattare l'ambasciatore in persona, presentando Akylina come una lontana cugina del bambino giunta appositamente dalla Francia. L'uomo annuì e prese in mano l'apparecchio, mentre Yuri invitò Akylina a seguirlo.
«Il bambino si trova al piano superiore, con lui ci sono alcuni assistenti sociali e un interprete, ma non è intenzionato a parlare. Credo si sia chiuso in un ostinato mutismo, sicuramente conseguenza del forte trauma che ha vissuto. Devi farlo parlare e convincerlo a seguirci, poi penserò a tutto io. Non c'è tempo per espletare il tour burocratico, per cui prenderemo strade traverse.»
«Eh? Mi scusi, ma cosa intende dire?» chiese.
«Il bambino è già stato destinato ad un orfanotrofio, forse ci sono già alcune pratiche di adozione in corso, è necessario agire in fretta. Rapiremo il bambino.»
«C-cosa? Rapire? Ma non basta che lo adotti io?»
Akylina si trovò a domandarsi come Galgo, João e Dioskoros avessero fatto a portar via dalle loro patrie gli altri bambini, pensava che li avessero adottati, in un modo o nell'altro, non aveva preso neanche lontanamente in considerazione la possibilità del rapimento.
«Akylina, Sion mi ha spiegato che questa è la prima missione importante che ti viene affidata, so che sei stata scelta perchè conosci il francese. La maggior parte delle persone che lavora qui è di nazionalità francese, come lo è il territorio. Il tuo compito è semplice: devi fare in modo che il bambino si fidi di te. So da dove vieni e so cosa succede ad Atene, so chi è Sion e so che gli devo un grosso favore. Io penserò a portarvi fuori di qui, non fare domande, fai quello che ti dico e in men che non si dica sarai di nuovo in Grecia, con il bambino.»

La giovane era allibita. Non riusciva a credere che si stesse accingendo ad infrangere la legge.
Era necessario
allontanare gli assistenti sociali e sperare che il bambino si fidasse di lei. Yuri le sarebbe stato accanto tutto il tempo e, sempre lui, li avrebbe accompagnati all’aeroporto. Questi erano gli ordini che gli erano stati impartiti prima di partire dal Gran Sacerdote, preoccupato per la giovane età e l'inesperienza della ragazza.
«Vieni, saliamo al piano di sopra. Ci metteranno molto tempo a controllare i documenti che darò loro, inoltre sono falsi. Non scopriranno l’inganno.»
«Come faranno a non accorgersene, scusa?»
«Quando se ne accorgeranno sarete già in volo. Ho pensato io a fare i biglietti di ritorno per la Grecia. Non preoccuparti. Non correte alcun rischio. Parla solamente francese.»
Akylina annuì.
Sbiancò ed ebbe quasi un mancamento quando realizzò davvero quello che stava per fare. Come avrebbe potuto scappare da un’ambasciata con un bambino? Non poteva fare come nei film. Nei film non si fa mai male nessuno. Non se la sentiva, Galgo e João avevano un cosmo e potevano muoversi molto più velocemente di lei.

Non pensò a Dioskoros, semplicemente, poichè avendo vissuto al Santuario a lungo, sapeva come evitare determinate situazioni e di conseguenza guai con la legge del mondo esterno. Cercò di non cadere eccessivamente preda delle sue paure e seguì silenziosamente Yuri.
 
Cominciarono a salire rampe e rampe di scale. Finché non arrivarono davanti ad una grossa porta di legno lucido. Yuri entrò e lei continuò a seguirlo.
La presentò agli assistenti sociali come una lontana cugina del bambino, puntualizzando la conoscenza del solo francese e si offrì di restare.
Dopo diverse chiacchiere gli assistenti decisero che fosse giunto il momento di mostrare il bambino alla giovane.
La condussero in un'altra stanza, dove era tenuto il bambino.
Camus era seduto su un divano enorme. Giocava svogliatamente con un cuscino, tirandone gli angoli cercando di fargli cambiare forma.
Un’assistente sociale, anziana, sedeva accanto a lui e gli parlava, ma lui non l’ascoltava neppure.
Yuri parlò alla donna che si alzò e si allontanò dalla stanza rivolgendo ad Akylina un sorriso. Akylina ricambiò e prese il posto della donna sul divano.

Camus era un bambino a dir poco affascinante.
Suscitava lo stesso fascino che suscitava Angelo all’osservatore. Il bambino aveva i capelli di un rosso intenso, non come quelli di Galgo, ma se possibile ancora più accesi e vivaci. Il volto era illuminato da due grandi occhi quasi arancioni, con delle sfumature verdi. La pelle bianca e i lineamenti del viso delicati lo rendevano quasi ultraterreno.
Nonostante il fatto che l’anziana donna avesse lasciato il posto ad una ragazza non accennò a distarsi dal suo gioco.
«Salut. [Ciao]» disse Akylina, sperando di riuscire ad attirare l’attenzione del bambino su di se.
Il bambino rispose al saluto senza sollevare lo sguardo.
«Camus, je suis venu te chercher. [Camus, sono venuta a prenderti.]»
Decise di andare dritta al sodo, non avrebbe avuto senso cercare di farci amicizia, non aveva tempo da perdere.
Si apprestava a compiere un rapimento, e doveva farlo prima che all'ambasciata controllassero i documenti per verificarne l'autenticità.
«Où tu m'apportes? [Dove mi porti?]» domandò il bambino sollevando finalmente il volto, schivando il contatto visivo.
«En Grèce.Dans une place où tu trouveras autres enfants comme toi…[In Grecia. in un luogo dove troverai altri bambini come te...]»
Camus si decise ad alzare lo sguardo verso il suo interlocutore. Non aveva ancora cambiato espressione.
«Pourquoi tu m'apportes en Grèce? Je veux revenir à la maison. [Perchè mi porti in Grecia? Voglio andare a casa.]»
Arrivavano i guai. Come dirgli che in Francia non ci sarebbe più tornato perché la sua presenza era richiesta in Grecia? Trovare una spiegazione plausibile almeno per il bambino era un’impresa ardua. Akylina era notevolmente preoccupata per il rapimento che si accingeva a compiere. Invano cercò le parole giuste, finchè non intervenne Yuri.
L'uomo si avvicinò al divano e s'inginocchio all'altezza del bambino, cercò le sue iridi e quando le trovò iniziò a parlare.
«Est-ce que tu ne veux pas devenir un héros comme dans les bandes dessinées? [Non vuoi diventare un eroe come nei fumetti?]»
Il bambino si riscosse. Non si sapeva quale parola in particolare avesse suscitato in lui quella reazione, se fumetti o eroe, ma almeno, ora avevano tutta la sua attenzione.
«Héros? Vraiment?? Est-ce que je peux devenir un héros? [Eroe? Davvero? Posso diventare un eroe?]»
Sì, avevano davvero tutta la sua attenzione. Ora si mostrava interessato e a momenti compariva l’accenno di un sorriso sulle sue labbra.
«Certainement! – continuò Yuri – Vous lutte contre  les mauvais et  sauveras le monde! Mais tu dois faire tout ce qui te dit  Akylina. Elle elle t'apportera en Grèce et tu deviendras là un héros. Tu le sais qu'elle est une guerrière? [Certamente. Combatterai contro i cattivi e salverai il mondo! Ma devi fare tutto quello che ti dice Akylina. Lei ti porterà in Grecia e lì diventerai un eroe. Lo sai che è una guerriera?]»
Camus, attonito, si voltò verso la giovane e le chiese incredulo:
«Est-ce que tu es une guerrière vraiment? Je peux devenir il aussi je? [Sei davvero una guerriera? Posso diventarlo anche io?]»
«Certainement – Akylina era titubante, ma cercò di mostrarsi il più sicura possibile – À Athènes, la ville où je t'apporterai, il y a guerriers beaucoup d'et presque tous mettent des splendides armures. [Sì. Ad Atene, la città dove ti porterò, ci sono dei guerrieri che indossano delle stupende armature.]»
«Je la mettrai aussi si je viens avec toi? [E la indosserò anche io se vengo con te?]»
«Oui – rispose lei – Tu auras une très belle armure! Cependant ne subi pas, nous t'enseignerons à combattre et à battre les mauvais. [Sì. Avrai una bell'armatura! Ma non subito, ti insegneremo a combattere e sconfiggere i cattivi.]»
Si sentiva un po’ stupida a parlare di cattivi e buoni in quel modo, ma non era ancora giunto il momento perché Camus sapesse tutto quello che doveva sapere.
«Est-ce que Camus ira alors en Grèce?[Allora Camus andrà in Grecia?]»
«Oui!» trillò contento il bambino.
«Tres bien Camus, que façon nous? Un bel jeux?[Molto bene Camus,che facciamo? Un bel gioco?]»
«Quel jeux?[Che gioco?]»
«Nous jouons  et se cacher. Mais c'est un cache-cache spécial. Nous devons arriver possible le plus lointain avant qu'ils nous découvrent. Est-ce que tu es bon au cache-cache?[Giochiamo a nascondino. Ma sarà un nascondino speciale. Dobbiamo arrivare il più possibile lontano da qui prima che ci scoprano. Sei bravo a giocare a nascondino?]»
«Certament. Jouons! [Si. Giochiamo!]»

Akylina e Yuri si appartarono per pochi minuti al fine di scegliere il percorso più sicuro per uscire dall’ambasciata.
Yuri suggerì alla donna di prendere il bambino e di chiedere dove fosse il bagno.
Lui li avrebbe raggiunti lì. Non c’era pericolo che la donna e il bambino venissero indirizzati in un altro bagno che non fosse quello designato. Non ve n’erano altri nelle vicinanze. Spiegarono a Camus che doveva dire a tutti quelli che vedeva che doveva fare pipì e che doveva mostrarsi molto impaziente di andare al bagno.
Fino al bagno tutto andò liscio. Camus recitò con maestria la parte che gli era stata assegnata. Una volta in bagno aspettarono Yuri.
Li raggiunse pochi minuti dopo e fece percorrere loro delle scale antincendio.
Dopo aver percorso solo una rampa qualcuno entrò nella tromba delle scale. I tre arrestarono i loro passi di colpo.
«Blyat.» Yuri soffocò un'imprecazione, sporgendosi lentamente per verificare di chi si trattasse.
Sapeva che non sarebbe stato troppo facile uscire dall'ambasciata, ma sperava che i guai non si presentassero.
Aveva dovuto architettare il piano di fuga con troppa fretta, dopotutto Sion lo aveva avvisato solamente due giorni prima.

Non bisognava destare scalpore di alcun genere, nessuno doveva vederli e nessuno doveva domandare dove fossero diretti.
Akylina cercava di trattenere il respiro affannato causatole dal timore di essere scoperta, Yuri era freddo e calcolava già le possibili mosse che avrebbe fatto in caso di scoperta e Camus, semplicemente, partecipava al gioco. I passi rimbombavano in quell’antro angusto. Le scale erano davvero strette e ogni rumore, anche il più lieve, tuonava come una cannonata. Non dovevano fiatare. Nessuno doveva accorgersi della loro presenza lì.
Tutti dovevano continuare a credere che la donna e il bambino fossero in bagno, e che Yuri fosse rimasto nella stanza designata momentaneamente al bambino.
Con un colpo di tosse e il lamentoso scricchiolio dei cardini di una porta, i passi si fecero sempre più lontani. Chiunque fosse quella persona, ormai, non li avrebbe più notati.
Scesero le scale in fretta, dopo aver tirato un sospiro di sollievo.
Le scale li avrebbero condotti ad uno spiazzo che dava su uno dei tanti ingressi secondari dell’ambasciata. Uscirono dall’ingresso riservato ai militari che presidiavano il palazzo. Una macchina li aspettava. Salirono tutti e tre molto rapidamente e vennero condotti all’aeroporto.
Durante il tragitto Camus si guardava intorno parlottando di come fosse divertente quel gioco, Akylina credeva di morire e Yuri, beh, Yuri era tranquillo e discorreva con l’autista.

Arrivarono all’aeroporto e superarono il check-in. Ora erano in salvo. Dovevano solo aspettare un paio d’ore e l’aereo che li avrebbe portati in terra di Grecia sarebbe decollato.
Akylina si tranquillizzò sapendo che, lei e il bambino, erano ormai al sicuro.
«Akylina, j'ai faim. [Akylina, ho fame.]» Camus si teneva con una mano lo stomaco e lo massaggiava, a sottolineare quello che aveva appena detto.
Quasi dal nulla comparve Yuri, che aveva sfruttato qualche conoscenza o qualche tesserino magico, con dei panini e delle bibite. Sembrava che sapesse già quale sarebbe stata la prima richiesta del bambino.
Consegnò le vivande alla donna e le spiegò di non preoccuparsi. Ormai erano in salvo.
«Grazie Yuri, sei stato un aiuto prezioso. Non avrei saputo farmi seguire dal bambino se non fosse stato per te.»
«Non preoccuparti. Dovere. Dovevo un favore a Sion. Ora digli che siamo pari e che ci rivedremo solamente quando torneremo dispari.»
Akylina sorrise conciliante, chiedendosi ancora che razza di rapporto legasse Sion all’uomo che aveva davanti.
Aveva capito che Yuri doveva un favore a Sion. Sicuramente quel favore doveva essere molto grande se Yuri aveva accettato di far fuggire un bambino dalla protezione di un'ambasciata straniera.
Dopo essersi scambiati i saluti di rito, Yuri svanì così come era arrivato.
Fece mangiare il bambino, che assaporò con gusto quel panino che a lei faceva ribrezzo.

Il viaggio di ritorno fu molto più piacevole di quello dell’andata. Quel bambino tanto strano cominciava a sciogliersi.
Sembrava un pezzo di ghiaccio solo qualche ora prima, con un’espressione immutabile come i ghiacci della Siberia sul viso, sembrava osservare tutto con distacco.
Ora parlava e chiedeva alla donna che lo accompagnava della Grecia e di quello che sarebbe stato il suo futuro da guerriero. Akylina rispose volentieri a tutte le domande del bambino e gli spiegò a grandi linee la gerarchia presente al Santuario. Quando parlò dei cavalieri d’oro al bambino si illuminò lo sguardo.
A suo modo aveva già deciso: o cavaliere d’oro o niente. Non avrebbe accettato una sconfitta, non si sarebbe mosso dal Santuario sinché non avesse indossato le splendide vestigia dorate.
Dopo aver mangiato la parca cena che il volo offriva ai passeggeri, il bambino si addormentò, poggiando la testa sulle gambe di Akylina. Lei gli accarezzava delicatamente i capelli vermigli e pensava a quello che doveva aver passato e a quello che il futuro gli riservava. Anche lui, come Shura, Angelo, Tyko, Saga e Kanon, Milo, Aiolos e Aiolia non avrebbe avuto vita facile. Avrebbe dovuto combattere e uccidere, avrebbe dovuto abbandonare l’innocenza che aveva. Aveva solo tre anni Camus, come il piccolo Milo, come il piccolo Aiolia. Come spiegare, anche a lui, che le cose sarebbero state sempre difficili? Come fargli capire che era rimasto solo al mondo perché aveva un futuro nero con piccole striature di luce davanti?
Tra i suoi tristi pensieri perse coscienza, abbandonandosi anche lei al sonno.

Arrivarono ad Atene la mattina seguente.
Leurak li aspettava.
«Ma come facevi a sapere che tornavo oggi?»
«Siccome di te non ci si può fidare, Sion mi ha detto “vai a prendere quella cretina” – gesticolava come un pazzo cercando di imitare un vecchietto – “Donne! Dovrebbero stare in cucina!”»
«Questo l’hai aggiunto tu. Ci scommetto.»
Leurak le rivolse una linguaccia e si concentrò sul piccolo.
Akylina pensò che Yuri avesse contattato Sion per comunicargli la riuscita della missione.
«E questo è il piccolo … il piccolo … il piccolo come si chiama?»
«Camus » rispose lei roteando gli occhi al cielo
«Ciao Camus! Io sono Leurak.»   
«Parla solo francese, non ti capisce.»
«E tu presentami maleducata.»
«Camus, ce garçon est Leurak. Il est un peu sot, ne nous pas faire cas. [Camus, questo ragazzo è Leurak. E' un po' scemo, non farci caso.]»
Camus osservò attentamente il giovane e poi salutò con un semplice «Salut.»

Una volta recuperati i bagagli, i tre si diressero al Santuario. Dovevano presentare Camus al Gran Sacerdote.
I due adulti entrarono nel Tempio “di fortuna” di Sion tenendo il bambino per mano. Lo sollevavano, facendogli credere che avrebbe potuto volare e il bambino si lasciò andare alle risate, ignorando lo strano paesaggio che gli scorreva attorno.
Sion li aspettava sulla soglia e rivolse loro un sorriso di sollievo, considerando la buona riuscita della missione, e tenero allo stesso tempo nel vedere il sorriso splendere sul volto del piccolo francese.
«Buongiorno Sommo Sion»
Leurak e Akylina si inchinarono, volgendo il capo al suolo, senza lasciare le mani del bambino, che per spirito d’imitazione fece la stessa cosa, strappando un altro sorriso a Sion.
«Buon giorno a voi. E così questo bambino è il piccolo Camus. – disse, rivolto a tutti e a nessuno – Akylina, sono lieto del fatto che tu abbia saputo cavartela nonostante la situazione inusuale, ma aspetto comunque un rapporto dettagliato.»
«Agli ordini.» disse la donna con un filo di voce.
Camus seguiva con interesse la conversazione tra i due, curioso di sapere cosa si dicessero. Leurak  si alzò, all’improvviso, e dopo aver salutato si allontanò dalla stanza. Camus seguì con lo sguardo il guerriero, sganciatosi poi dalla stretta di Akylina  gli corse dietro. Lo afferrò per gli abiti e lo trattenne.
Cominciò a parlare, chiedendogli di restare. Leurak tornò sui suoi passi tenendo il bambino in braccio. Non sapeva cosa gli avesse detto, ma aveva intuito quale sarebbe potuta essere la richiesta. Il piccolo francese gli tenne stretto un orecchio tra le dita, mentre diceva ad Akylina che doveva rimanere con loro.
Sion roteò gli occhi al cielo ed affidò il bambino ad i due amici, come aveva già fatto con Angelo, Tyko e Shura.
Leurak ebbe un principio d’infarto nell’udire le parole di Sion, mentre Akylina sembrava sollevata.
Finita la riunione i due si diressero verso la loro abitazione, con Camus ancora tra le braccia di Leurak.
«Ma stiamo scherzando?  - si rivolse il mongolo all’amica - Io non ho la minima idea di come ci si prenda cura di un bambino, soprattutto così piccolo…»
«Stai tranquillo. Me ne occuperò io. Ho fatto la babysitter un sacco di volte prima di venire a vivere qui.»
«Si, ma non verrai pagata e non si tratta di prendersi cura di lui per qualche ora, ma sicuramente almeno sinché non imparerà a parlare greco.»
«Senti, João e Galgo si sono presi cura di tre bambini. Noi possiamo fare lo stesso. E inoltre ne abbiamo solo uno. Siamo in netto vantaggio.»
«Se lo dici tu …» bofonchiò guardandosi i piedi.
Si fermarono un istante, finché Akylina non decise di informarsi sulle condizioni della casa.
«La casa è ancora in piedi, si?»
«Più o meno.» disse accelerando il passo.
«Leurak, cosa hai fatto?»
«Niente! Sono stato bravissimo – si rivolse a Camus che nel frattempo aveva trovato divertimento nel rigirarsi tra le dita un laccetto della maglia di Leurak – vero? Io e te siamo bravi!»
«Je ne comprends pas» disse Camus con un sorriso.
«Che ha detto?»
«Ha detto di stare attento a quello che dici»
«Eh sii seria per una volta in vita tua. Sempre a prendermi in giro.»
«Quello sei tu.»
«Ah già … senti un po’, perché non lo portiamo a conoscere gli altri bambini e i suoi coetanei, l'allegro trio si annoiava in un angolo delle arene, Milo e Aiolia distruggevano uno dei gradini che conducono alle arene. Kanon, Saga e Aiolos lo conosceranno stasera, si stanno allendando. O almeno, prima di venire a prenderti all'aeroporto. Magari sono andati a distruggere qualcos'altro. Milo aveva trovato particolarmente interessante strappare l'erba, ma Aiolia si era fissato col gradino e sai com'è..»
«Sì, sì, mi fai la telecronaca in un altro momento, ma dimmi piuttosto: in che modo dovrebbero capirsi?»
«Li hai visti anche tu i discepoli del gigante e del rosso. Vuoi che lui non sia alla loro altezza. Tsk.  – si rivolse poi al bambino – ti sottovaluta piccolo, dimostrale che si sbaglia.»
«Eh va bene, va bene.»
Akylina ormai si era rassegnata a Leurak e alla sua idea di mostrare il nuovo arrivo subito.

I tre si diressero verso le arene dei giochi. Shura, Tyko e Angelo giocavano per conto loro, separati dal resto dei coetanei. Alla vista dei due volti conosciuti, sfoderarono dei sorrisi stupendi avviandosi, pigramente ad accoglierli.
«Salve bambini!» Leurak era felice di vederli, si era affezionato moltissimo ai tre. Akylina non li vedeva da diversi giorni e si inginocchiò per abbracciarli. Li prese tutti e tre tra la braccia e li strinse forte a sé. L’unico titubante a lasciarsi andare a quel saluto fu Angelo. Non era abituato a quegli slanci d’affetto.
«Ciao» risposero i tre, incuriositi dal nuovo arrivato.
«Lui chi è?» domandò Tyko. Leurak rispose mettendo il bambino a terra.
«Lui è Camus. E’ appena arrivato dalla Russia.»
Nel frattempo il soldato si guardava attorno cercando Milo e Aiolia e di loro neanche l'ombra, come sempre; aveva imparato oramai che la risposta naturale alla ricerca di Milo era non trovarlo.
«Ma dove si saranno cacciati quei due...» disse a bassa voce, continuando a rivolgere lo sguardo per tutta l'arena.

Camus fissava i tre che ricambiavano lo sguardo. Tyko, che fino a quel momento si era dimostrato più propenso ai rapporti sociali con gli altri bambini, alzò una mano in segno di saluto al bambino, che ricambiò. Non proferirono parola. D’altronde non si sarebbero capiti in ogni caso.
Dopo pochi minuti di occhiate intense, Tyko utilizzò l’espediente usato da Shura per estorcergli il nome poco tempo prima. S’indicò dicendo il suo nome. Akylina, intervenne comunicando al piccolo rosso il nome del biondo. Camus sorrise e in uno sprazzo di vergogna, si nascose il volto tra le mani, suscitando l’ilarità di tutti i presenti. Akylina presentò anche Shura e Angelo prima di allontanarsi col francese.
Leurak rimase a giocare con i tre e decise di far fare loro un piccolo allenamento. Cominciò ad insegnargli le posizioni di guardia. I tre imparavano con gioia i nuovi insegnamenti e seguivano con attenzione i consigli e le parole dell’improvvisato maestro.



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Ciao a tutti!! Camus è finalmente arrivato al Santuario e arriverà presto il momento dell'incontro con Milo.
Pochi giorni fa Ricklee ha festeggiato il compleanno, per cui le dedico questo capitolo, anche se dello scorpioncino non v'è traccia! Auguroni!!
Vorrei ringraziare Redstar12 per l'aiuto datomi col francese, e per lo stesso motivo alcuni validi collaboratori esterni che non verranno pagati per i loro servizi.

Grazie mille a tutti i lettori, a Himechan per aver aggiunto la fic tra le preferite e ad araya per averla aggiunta tra le seguite.

Ricklee.
Auguriiiiiiiii!!
Beh, ora che ho fatto il mio dovere, devi aspettare un po' per vedere il primo incontro tra i due terribili bambini, però non ti farò aspettare troppo! Sappiamo già come andrà a finire tra loro, la loro amicizia durerà per sempre, anche se avversari!
Grazie mille di tutto cara, al prossimo! Un bacione :*

miloxcamus.
Qualche scapaccione gliel'avrei allungato sinceramente. Ma in fondo è così tenero e carino che gli perdono tutto, come si può dargli uno sculaccione?
Non si può. No, no.
E finalmente è arrivato Camus. Si, ce l'ho fatta. E' arrivato, e non ti ho fatto neanche aspettare troppissimo!
Un bacione e al prossimo!!

Himechan.
*.*
Oh sante divinità di tutto l'Olimpo!! Ti sei presa la briga di recensire ogni singolo capitolo, grazie mille, di cuore, mi ha fatto un piacere immenso.
Mmm, mi pare di aver percepito una leggera preferenza nei confronti dell'armadio portoghese, come darti torto.
Io amo tutti e quattro i personaggi che ho creato, dal barattolone al tappo, dal levriero alla dama. Sono tutti molto simili nel carattere, ma ognuno di loro si differenzia per la linea di pensiero, o almeno, questa è l'idea di base dal quale sono partita. Poi vedremo se riesco a mantenerla. Anche secondo me tra Leurak e Akylina c'è qualcosa, ma a quanto pare sono troppo presi da altro per capirlo, magari in futuro si decideranno a dichiararsi o almeno a far capire all'altro l'interesse che provano, o magari no. Le vie sono infinite.
Molti dei comportamenti dei piccoli gold sono vergognosamente OOC, ma il tentativo è anche quello di dare una, seppur blanda, spiegazione del motivo che li porterà ad essere come li conosciamo.
Shura nasconde già la fierezza che lo contraddistinguerà e non solo, anche un po' di riservatezza, parla poco ma si fa conoscere attraverso i suoi pensieri, quel delizioso pesciolino che è Tyko, per quanto fragile e tenero, dimostra di avere un caratterino che non va sottovalutato, Angelo è un teppista ancora indeciso se darsi al furto di macchine o passare alle banche, Aiolos è Aiolos, Kanon e Saga sono le "tre" facce della stessa medaglia, Milo è una peste e  Aiolia vive già all'ombra del fratello. Avrà tutto il tempo del mondo per riscattarsi e alla fine, come Kurumada ci insegna tra un buco e l'altro, a cadere dalla padella alla brace per poi saltar fuori dal fuoco. Ho già scritto di amare in particolar modo Shura e Death Mask (Death Mask di più), ma anche Aphrodite. Ah, il terribile trio è il terribile trio. Poi sono particolari assieme. Uno biondo, un moro e un grigio. Direi che sono complementari tra loro. Ma qui li fangirlo alla grande. Li amo e basta.
Passiamo ora ai Mago de Oz: li amo. Con tutta l'anima. Quella dannata Duerme è stata la canzone che ha scatenato il passato di Shura, per tutta la sua durata nel mio cervello si sono susseguite delle immagini, simili a quando, per originalità, ti passa tutta la vita davanti agli occhi. Poi, sarà che cantano una ninna nanna, sarà che la musica è medievale, sarà che cantano in spagnolo, ma erano perfetti.
Ma torniamo ai goldini.
Aiolia è ingenuotto, ma ha solo tre anni. Anche Milo, ma Milo non ha Aiolos. Aiolia sì. Col tempo diventerà come lo conosciamo, e se gli vuoi fare da baby-sitter, il leoncino ti verrà inviato per posta.
Ora, prima di farti il riassunto del capitolo appena pubblicato, risponderò velocemente al tuo quesito.
E' mia intenzione narrare i fatti fino alla "Notte degli Inganni". Però, considerando che metto mano alla fic in continuazione, mai contenta di ciò che scrivo, non so se cambierò idea.
Vorrei delineare al meglio i caratteri dei gold, dare un motivo ad ogni loro comportamento, soprattutto a Death Mask, ma non perchè lo venero, perchè è stato bistrattato dal creatore in modo terrificante. Come lui Aphrodite. Non voglio fare spoiler, anche perchè alla fine potrei cambiare idea come è già successo.
Akylina ha portato a termine la sua missione, nonostante le insicurezze e i timori, Leurak è sempre un gran rompiscatole, ma che mondo sarebbe senza Shur... ehm...Leurak. ^_- [cit.]
Per ora ti saluto e ti ringrazio enormemente per le recensioni, l'appoggio, la gentilezza e la simpatia. Non dovrei farti attendere troppo per il prossimo capitolo, ma meglio che non mi pronunci in merito.
Ancora una valanga di grazie e un bacione!!

whitesary.
Oh mia cara, oh mia cara.
Tu mi sequestri il tavolo? E io sbatto i piedi e ti sequestro tutto Lost Canvas, tutti i numeri in tuo possesso. TUTTI.
Sì. Se li rivuoi devi liberare il tavolo. O ti sequestro anche la statua.
Basta scemenze per almeno un secondo. Momento serietà.
E' stato un discorso difficilissimo da stendere, non volevo farli litigare, anche perchè, senza considerare la presenza o meno del cosmo, Leurak non ha la minima possibilità contro il portoghese. Nessuna, gli basta tendere un braccio e Leurak può colpire l'aria. Ma solo nel considerare il peso dei due, Leurak è morto in partenza.
Lo so, hanno tutti un avvenire un po' nero, ma basta prendere il tutto con filosofia e le cose sembrano meno brutte, qualcuno disse una volta "Alle cose brutte ci si fa l'abitudine", così come al dolore e a tante altre cose. Bisogna riuscire a trovare qualcosa di positivo in tutto e concentrarsi su quello. Col tempo le cose brutte sembrano meno brutte di come erano al momento in cui si sono vissute.
Comunque rivoglio il tavolo anche perchè al momento tendo a sentirmi confusa.

Camus.
Sei sempre gentile e le tue recensioni sono sempre essenziali e vanno dritte al punto. Ah, mi piacciono un sacco.
Come accennato ad Himechan, l'intenzione che mi smuove e mi governa è quella di scrivere fino alla "Notte degli Inganni". Vorrei far prendere loro le armature, farli lottare, allenarsi ognuno a quel paese rispetto all'altro e farli diventare quel che sono. Ma vedremo, potrei sempre cambiare idea, alla fine sono volubile a tendo a farmi trasportare dal vento. Ti ringrazio per i complimenti, sono felice che ti piacciano i primi maestri dei goldini, ma li amo, tanto per ripetermi. Oggi ti ho portato Camus, contenta? Ciao! A presto!

Saruwatari_Asuka.
Finalmente l'irlandese è riuscito ad andare a fare la nanna! Anche io spesso passo le notti in bianco, e quando succede, generalmente le giornate che mi attendono sono paragonabili ad una giornata di lavoro in una miniera di sale. Fortunatamente sembra che per il momento il mio sonno si sia regolarizzato, ma aspetto il prossimo festino sotto casa per lanciare qualche nuova maledizione, non perchè mi tolgano il sonno, ma mi da' fastidio il rumore. Eh, sono strana, lo so.
Ho voluto rendere Leurak eterno insicuro, cosciente di quello che gli accade attorno ma incapace di farsene una ragione.
João e Galgo sono un po' più disillusi, sono coscienti del triste destino dei piccoli, ma cercano di adempiere comunque al loro compito.
Sono felice di essere in grado di mostrarti il loro pensieri e i loro stati d'animo come se fossero reali. Mi piace molto il realismo, il descrivere quello che è e come accade, ma se c'è la fantasia di mezzo non posso essere precisa come vorrei, soprattutto perchè la parte dell'ambasciata è notevolmente campata per aria, ma fa niente!!
Insisto nel ringraziarti. Sempre e comunque. Un bacione e al prossimo!!

   
 
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