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Autore: Mannu    05/10/2009    1 recensioni
Miki è costretta su una stazione spaziale clandestina, La Tana, da un debito che non può pagare. Ilah è obbligata ad abbandonare il suo rifugio su La Tana a causa di un debito che non può pagare. Si può pensare a un accordo?
Nota: Il personaggio di Ilah non è completamente mio ma è stato realizzato in stretta collaborazione con Cassiana. Molte parti di questo racconto sono il frutto del suo lavoro. A Cassiana vanno tutti i miei più sentiti ringraziamenti per le idee, la pazienza e il lavoro fatto. A Cassiana va anche la metà dei complimenti (e delle critiche) che questa storiella dovesse ricevere.
Addendum: il titolo era "Miki & Ilah" ed è stato modificato successivamente in "Ogni debito... è un debito". Di nuovo... grazie a Cassiana! Un altro debito!
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ferraglia spaziale'
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Ogni debito... è un debito - 5
5.

Non fu possibile fermarsi nemmeno per prendere fiato. Il tipo alto e rasato era saltato sul nastro. Se ne accorsero subito perché non esitava a scaraventare giù quelli che non si spostavano abbastanza in fretta. Anche se non si fossero accorte delle grida e delle proteste della gente, avrebbero sentito il fastidioso clacson bitonale. Si trovavano su Apollo, non su La Tana: qualcuno aveva attivato un segnale d'allarme e prima o poi sarebbe intervenuta la polizia.
Correva lungo il nastro cercando ora di dare meno fastidio possibile, con una mano trascinando Ilah che non aveva più fiato per correre, con l'altra la propria sacca da viaggio. Era stata già tentata di abbandonare entrambe, ma aveva resistito. Il loro inseguitore era più veloce e presto le avrebbe raggiunte se non avessero fatto qualcosa. Il nastro trasportatore si biforcava e senza nemmeno dare uno sguardo alla segnaletica saltò per cambiare direzione. La manovra non le aiutò di certo a seminare l'uomo che era deciso a raggiungerle poiché quello le aveva viste cambiare direzione con largo anticipo. Voltandosi per un istante vide che si teneva la mano ferita dalle unghie di Ilah.
Il nastro stava passando ora tra due sponde alte e trasparenti che attirarono la sua attenzione. Gradualmente le sponde si incurvarono sopra la sua testa fino a chiudersi in un tunnel. Guardando attraverso il tubo rinforzato da traverse si rese conto che stavano superando l'ingresso alla zona dello spazioporto. Questa era separata dal resto della stazione da alcune decine di metri di buio punteggiato dalle luci degli altri tunnel e dei sistemi di servizio. Aveva letto che quella zona era fisicamente separata dal resto della stazione, ma vederlo coi propri occhi faceva un altro effetto.
Ma non ebbe il tempo di contemplare oltre il panorama. Avvicinandosi allo spazioporto presto avrebbe avuto altro a cui pensare: servizi di sicurezza, agenzie private al soldo delle compagnie di volo, poliziotti. Nessuno di quelli faceva troppe distinzioni tra inseguitori e inseguiti, né erano famosi per la loro delicatezza.
Continuò a trascinarsi dietro Ilah facendo in modo che il loro determinato inseguitore non riuscisse ad accorciare le distanze troppo in fretta. Il tunnel trasparente circondato dalle lontane luci puntiformi e dagli ondeggianti fari orientabili dei sistemi di sorveglianza automatici lasciò presto il posto alle strutture periferiche dello spazioporto. Banchine di sosta, locali pubblici, attività commerciali, strade carrabili: una piccola città nella città. Apparentemente non c'era alcuna differenza col settore abitativo appena abbandonato. Saltarono più in fretta che poterono su un segmento di nastro a velocità inferiore e da lì alla banchina di attesa, dove c'era molta gente che attendeva di salire. Chiedendo scusa quasi sottovoce Miki, accaldata e sudata per la corsa, cercò immediatamente l'uscita sgusciando tra bagagli e schiene altrui, incassando spallate e qualche protesta quando dovette spingere qualcuno che tardava a spostarsi. Si complimentò con se stessa per il tempismo con cui riuscì a saltare il piede di un tizio che cercò vendetta per uno spintone tentando di sgambettarla come se niente fosse.
Una volta in strada le cose peggiorarono: non c'era più molta folla a proteggerle e si trovò a dover prendere in fretta una decisione importante. Dove nascondersi? Forse la sua incertezza fu percepita da Ilah che la strattonò. Senza nemmeno pensare cominciò a seguirla finché dopo poco si infilò in un affollato e puzzolente locale che offriva collegamenti alla Rete a pagamento. L'interno di quel posto, aperto direttamente sulla strada, sembrava fatto apposta per nascondersi: i terminali erano incastrati dentro alti totem cilindrici alcuni con pannelli piatti, altri con grandi schermi olografici. C'era molta gente che si affollava intorno ai terminali dei giochi di ruolo e ciò diede loro un vantaggio. Si complimentò con Ilah per la bella scelta: in pochi passi avevano abbandonato la strada e potevano cercare di nascondersi in quel posto rumoroso e frequentatissimo. Poteva anche sperare di passare inosservata: davanti alle postazioni dei giochi di ruolo c'erano parecchi giocatori che, appassionati dal cosplay, vestivano nei modi più stravaganti e sfoggiavano le stesse originali, colorate e vaporose pettinature dei loro idoli virtuali.
Appena si furono riprese dalla corsa Ilah si avvicinò a uno dei terminali più costosi e complessi in fondo al locale. Vi girarono intorno in modo da ripararsi dalla vista di chiunque dalla strada avesse guardato dentro. Un commesso in divisa fu subito da loro.
- Posso aiutarvi? - chiese l'uomo, sorridendo cortesemente ma sospettoso.
- Supporta i protocolli H3C3, C4 e le connessioni senza cavo? - chiese Ilah tutto d'un fiato indicando il terminale di ultima generazione. Miki riconobbe l'H3C4, il protocollo di comunicazione tra velivoli: abbonarsi per rendere il Coyote in grado di usare altre navi come relais per le telecomunicazioni le era costato una follia. Aveva poi scoperto con dispiacere che moltissimi capitani non consentivano l'uso della propria nave come relais per motivi di sicurezza.
- Certo – rispose il commesso, stupito per la domanda tecnica. Forse aveva pensato d'avere di fronte una ragazzina sprovveduta che voleva solo giocare on-line. Ilah invece lo investì con una raffica di domande riguardo l'hardware e il software del terminale, che prometteva di essere configurato davvero bene. La tariffa richiesta per il suo utilizzo pareva giustificata.
- Occhei, il terminale può andare. Ho un'interfaccia a piastre Sumo-Hagawara con adattatore Bolonov a banda larga: è un problema se la uso?
Il commesso sgranò gli occhi sorpreso, poi sfiorò l'interfaccia olografica del terminale. Apparve un modulo da compilare.
- È necessario prima riempire questo.
Dette un'occhiata alle prime righe: era scritto nel gergo degli avvocati, nella contorta lingua della legge, ma appariva chiaro che si trattava di una autocertificazione che sollevava da ogni responsabilità il gestore per qualsiasi cosa sarebbe successa durante e dopo il collegamento. Ilah estrasse da una tasca della sua giacca militare il proprio badge identificativo e lo dette in pasto al terminale che lo usò per riempire il modulo. La ragazzina dai capelli viola lo firmò distrattamente, in fretta.
- Dai, adesso sbloccamelo che mi serve – disse rivolta all'uomo.
- Questa classe di terminali richiede il pagamento anticipato.
Vide Ilah voltarsi verso di lei con una silenziosa domanda negli occhi chiarissimi e un poco obliqui. Estratta una card al portatore bagnata di sudore per essere stata a contatto con la pelle, la consegnò al commesso, seccata. Questi dopo averla svuotata del denaro attivò il terminale usando il complesso telecomando che portava al braccio. Ilah si era già attaccata le piastre ai lati della nuca e stava armeggiando col Bolonov per collegarsi al terminale.
- Cosa stai facendo?
- Me ne vado da qui.
- Aspetta, cambio la domanda. Cos'hai intenzione di fare con quel...
Sullo schermo olografico apparvero i siti di alcune agenzie di notizie in tempo reale. Miki non capiva cosa Ilah stesse cercando nelle notizie del giorno.
- Prova a guardare fuori e dimmi se vedi qualche compagnia di volo che ti piace – Ilah sembrava decisa, qualsiasi cosa stesse facendo.
- Vuoi dirmi cosa stai facendo?
Miki le afferrò una spalla e la costrinse a girare la testa verso di lei. Le palpebre erano abbassate e gli occhi mostravano solo una falce del bianco della sclera: Ilah era già dentro il cyberspazio, in profondità.
- Dimmi se vedi qualche compagnia di volo qua fuori – la sua voce pareva quella di una sonnambula. Era impegnata a fare chissà cosa. Anche se la conosceva poco, era certa che si trattasse di qualcosa di illegale.
Guardinga si avvicinò all'uscita. La respirazione era ritornata normale ma temeva che il calore che si sentiva in corpo fosse evidente anche a chi la guardava. Sentiva l'impellente bisogno di lavarsi dalla testa ai piedi. Senza uscire in strada gettò uno sguardo nei dintorni e notò immediatamente l'agenzia della Leo Space. Subito dopo ebbe un tuffo al cuore: l'uomo alto e rasato. Era lì, di spalle, a meno di venti metri da lei. Stava fasciandosi la mano ferita con un fazzoletto già chiazzato di rosso mentre parlava con altre due persone. Nessuno di quelli era il ceffo con la faccia scavata dall'acne. Cercando di non muoversi troppo in fretta e di non tradire la paura che le aveva subito riempito di spine le budella e reso molli le gambe, tornò da Ilah.
- Leo Space... e sbrigati, perché sono in tre adesso e sono già qua fuori – le sussurrò da dietro le spalle. Sullo schermo del terminale ancora siti di notizie on-line e gli orari delle partenze da Apollo.
- Leo Space, sono d'accordo – Ilah era in piena trance da cyberspazio e parlava come nel sonno, masticando le sillabe. Miki la giudicò una irresponsabile. In un posto così affollato lei non avrebbe indossato nemmeno un auricolare. Essere alleggerite da qualche ladruncolo era possibile anche lì in qualsiasi momento e la deprivazione sensoriale, inevitabile per chi col cervello cablato usava i propri impianti per collegarsi, era un invito irresistibile per un gran numero di delinquenti, borsaioli e pervertiti di ogni tipo. Si iniziava con un collegamento al cyberspazio in un locale apparentemente tranquillo e si finiva col riaprire gli occhi nude, abbandonate chissà dove, con buchi di aghi nel braccio e nemmeno uno schifoso ricordo da provare a dimenticare.
- Gradirei sapere cosa stai facendo – le chiese seccata, tenendo d'occhio con ansia la grande entrata del locale. Ma non ottenne risposta. Dopo un lunghissimo minuto vide la ragazza rilassarsi all'improvviso con un profondo sospiro. Poté quasi vedere la tensione della cavalcata nel cyberspazio sciogliersi e fluire via dal suo corpo come se fosse liquida. Ilah si tolse le piastre appiccicate alla pelle nuda del cranio dove era visibile un tatuaggio che scendeva lungo il collo e si nascondeva sotto la giacca. Come se nulla fosse arrotolò i fili delle piastre e si cacciò tutto in una tasca sul petto.
- Stammi bene a sentire – le disse con voce insolitamente ferma. Si era già completamente ripresa dalla trance e la cosa fece avvampare Miki di invidia, com'era già successo. Gli occhi di Ilah erano ora duri e freddi, capaci di gelarla dal di dentro.
“Non so se te ne frega qualcosa, ma io qui non ci voglio più stare. Sono su Apollo da meno di un'ora e già non ne posso più. Non voglio passare la mia vita a scappare per colpa tua. Quindi stai bene attenta: me ne vado. Ho un posto sul primo shuttle in partenza, chiudono l'imbarco fra diciotto minuti. Non ho nemmeno capito dove va, non mi interessa. Quella è gente pericolosa e io sto morendo di paura. Se vuoi c'è un posto anche per te. Vuoi venire?”
- E dove? - chiese Miki, rimandando a dopo l'argomento sollevato da Ilah. Nemmeno a lei piaceva scappare e da un po' di tempo a quella parte non faceva altro che fuggire da qualcuno.
- Cos'è una piattaforma di carico di tipo “doppio-v”? - Miki sgranò gli occhi a quelle parole.
- Occazzo, un vettore verticale atmosferico... i doppio-v fanno la spola con la Terra, sono dei cargo senza equipaggio!
- Vieni, non abbiamo tempo – Ilah si lanciò verso l'uscita.
- Ci sono quelli là fuori! - protestò spaventata sibilando tra i denti per non farsi sentire da tutta quella gente lì intorno, ma Ilah non si fermò. Non poteva fare altro che lasciarla andare o correrle dietro. Sbuffò seccata e, certa di stare scappando da un guaio infilandosi in un guaio più grosso, rincorse Ilah.
- Ci hanno viste – disse la ragazzina dopo aver percorso meno di un centinaio di metri per strada.
- Chissà come hanno fatto – commentò acida Miki guardando la chioma viola adorna di perline tintinnanti della ragazzina alta ed esile.
La folla davanti a loro si aprì all'improvviso per far passare una pattuglia di poliziotti in divisa. Erano in quattro e camminavano affiancati con passo spedito: il tonfa in pugno, l'elmetto e giubbotto anti-sommossa. Sentì le budella sciogliersi: stavano cercando qualcuno e se erano state segnalate sarebbero cominciati i guai veri. Ma i poliziotti non dettero segno di interessarsi minimamente a loro e passarono oltre. Con suo grande disappunto non fermarono nemmeno i tre inseguitori, diverse decine di metri più indietro.
Cercando di non farsi notare le due fuggitive mantennero un'andatura la più elevata possibile. Raggiunsero la zona degli imbarchi grazie a un nastro pedonale riuscendo a mantenere costante la distanza dagli inseguitori, ma quando quelli si resero conto di ciò che stavano per fare, ruppero ogni indugio e cominciarono a rincorrerle.
Miki si vide perduta e toccò il gomito di Ilah per indurla a correre via insieme a lei. Ma Ilah scattò davanti a lei grazie alle sue lunghe gambe e le gridò con tono urgente:
- Corri che lo perdiamo!
La vide puntare dritta verso i due agenti privati in divisa fermi all'ingresso di una zona riservata dell'enorme ambiente antistante i cancelli di imbarco.
- Da che parte il numero venti? - chiese loro trafelata. Una delle guardie indicò con un braccio e Ilah scattò in quella direzione. Miki lasciò un frettoloso ringraziamento agli agenti congratulandosi mentalmente con Ilah per come stava recitando la parte della viaggiatrice in ritardo. Corsero a perdifiato lungo l'infinita serie di cancelli di imbarco finché non riconobbe i colori della Leo Space. Seguì Ilah che era l'unica a conoscere i dettagli dell'imbarco. Passarono tra altre due guardie armate al cancello venti e si precipitarono all'accettazione.
- Vandervelden! - esclamò agitando il proprio badge alla svogliata hostess in divisa, ancora lontana. Le parve chiaro che la donna era seccata perché erano giunte appena in tempo costringendola a riprendere il lavoro che considerava già finito. Quella fece cenno alle guardie di lasciarle passare entrambe.
- Ancora tecnici? Ma cosa sta succedendo su quella povera piattaforma?
- Un vero casino – rispose prontamente Ilah mentre ancora una volta cercava di domare il fiato grosso – speriamo di rimetterlo a posto in fretta.
Vide con terrore che la hostess stava leggendo col terminale il badge di Ilah. I dati sarebbero stati registrati e qualunque pirata informatico da strapazzo avrebbe potuto bucare i server della Leo Space, nota per essere una compagnia di volo economica, per sapere dov'erano andate.
- I suoi documenti, prego – le disse l'attempata hostess, indispettita. Con un po' di imbarazzo Miki estrasse il suo badge, lo asciugò sulla manica della tuta e trattenne il fiato per tutto il tempo che quello rimase sotto l'esame della hostess.
- Appena in tempo – commentò acida la donna della Leo Space restituendo entrambi i badge e spegnendo le luci della postazione. Il cancello d'imbarco era da quel momento ufficialmente chiuso.
- Salve! - salutò lei e seguì Ilah che già si era avviata lungo il corridoio che portava allo shuttle.
- Tecnici? Che cosa cazzo hai combinato?
- Ho salvato il tuo culone – le rispose quella. I loro inseguitori le avevano raggiunte al cancello d'imbarco durante il check-in ma le due guardie private della Leo Space li avevano mantenuti lontani.
- C'è qualcosa che devo sapere? - cercò di essere più sarcastica possibile. Detestava non avere la situazione sotto controllo.
- Per ottenere questo passaggio siamo temporaneamente diventate Helen e Beatrix Vandervelden, due sorelline tecnici informatici di livello tre. Io sono Helen.
- Sorelle? - si meravigliò Miki. Le possibilità che loro due fossero due tecnici di pari livello erano già abbastanza basse. Meno ancora che potessero essere sorelle.
- Con un minuto e mezzo di incursione, è già qualcosa che abbiamo aspettato così poco per salire su uno shuttle – ribatté Ilah – O forse preferivi stare a dare spiegazioni a quelli là?
Dovette riconoscere che stavolta la mocciosa aveva ragione.
   
 
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