THERE’S NO PLACE LIKE LONDON
CAPITOLO IV
Martedì arrivò ancor prima che Juliet si rendesse
conto che mancava solo un giorno all’intervista, e con la stessa velocità finì,
portando con sé le aspettative di Sarah McMiller, la curiosità di Caroline, e
la tensione della giornalista. Nello stesso giorno, Orlando era rimasto nella
sua casa di Londra, rifiutando educatamente l’invito della madre di passare la
giornata a Canterbury. Non se la sentiva di starsene tra persone che avevano creduto
in lui così fortemente; quelle stesse persone che non erano a conoscenza
dell’ultimo periodo della sua vita. O meglio, ne erano a conoscenza, ma non
conoscevano la verità, e questa cosa lo faceva sentire male; prima di tornare a
Londra era convinto che la sua famiglia -sua madre in testa- gli avrebbe fatto
una di quelle ramanzine coi fiocchi al suo ritorno. Era preparato a questa
eventualità. Ma non era successo: era stato riaccolto a braccia aperte, e se
questa situazione non lo aveva impensierito all’inizio, ora gli riempiva la
mente. E i suoi pensieri andarono a sua sorella prima, e alla sua migliore
amica poi: entrambe si erano fatte in quattro per far sì che niente e nessuno
potesse rovinargli la vita nella sua terra natia, e lui non si era nemmeno
fatto sentire.
Poco prima di pranzo di quel martedì, vigilia
dell’intervista, ricevette la telefonata della sua agente stampa, che lo
informò che l’intervista si sarebbe fatta in quella casa; la giornalista non
aveva voluto dire all’agente le domande che aveva preparato e lei voleva far sì
che la donna si trovasse con il minor vantaggio possibile. Temeva che quello
sarebbe stato il colpo di grazia per la carriera di Orlando, e quindi dovevano
giocare in contropiede, cercando qualsiasi appiglio a cui aggrapparsi. L’attore
per parte sua, era sì un poco agitato e nervoso, ma non tanto per l’intervista
in sé per sé, quanto per la singolarità di quella situazione: non si sentiva
pronto per quell’incontro. Avrebbe dovuto fingere di essere uno sconosciuto
agli occhi di Juliet. Comportarsi e muoversi in modo che la sua agente non
avesse nemmeno il minimo sospetto che i due si fossero anche solo visti per un
minimo secondo. Doveva temere la sua migliore amica. Doveva essere ciò che non
era; e questo lo intimoriva più di ogni altra cosa. Conosceva abbastanza bene
la donna da sapere come si sarebbe comportata, ma sapeva bene di non conoscerne
il lato professionale, e quindi non era certo di riuscire a gestire al meglio
la situazione; ma di una cosa era certo. Juliet Wollstonecraft non aveva
nessuna intenzione di fregarlo in qualche subdolo modo. Glielo aveva ormai
ripetuto più di una volta in quei giorni, e per questo non aveva di che temere,
se si sarebbe fidato di lei e l’avesse seguita.
Il mercoledì mattina si presentò assolato e
fresco; una giornata perfetta, almeno dal punto di vista climatico. Juliet si
svegliò come suo solito alle 6.30, per poi arrivare al lavoro alle 8.00 precise,
spaccando il secondo. Passò il mattino in ufficio, navigando tra i pensieri ed
i ricordi, che si intervallarono alla visita del suo capo e della sua
segretaria. La giornalista però era già con la testa a quel pomeriggio: si
impose di non pensarvi troppo, che doveva mantenere il suo comportamento
professionale e obbiettivo; Orlando stesso si sarebbe rialzato praticamente da
solo…tutto quello che lei doveva fare era rimanere concentrata e comportarsi in
maniera ineccepibile. Aveva inoltre notato dalla telefonata con Mrs. Baum, che quella donna la riteneva un pericolo che minava
la carriera del suo cliente, e presentarsi all’intervista nel modo sbagliato
l’avrebbe insospettita. Non poteva permettersi passi falsi, né farsi intimorire
dalla situazione; conosceva bene Orlando e il rispetto e il timore che la gente
portava per lei. Sapeva tutto e niente poteva diventare un tranello teso per
fregarla; era forte e non si sarebbe lasciata distrarre da niente e nessuno.
Verso le 11.30 ricevette la chiamata dell’agente dell’attore che l’avvisava che
l’intervista si sarebbe fatta nella casa del suo cliente, e le diede
l’indirizzo. Juliet, mentre le veniva detto il luogo dell’incontro, sorrise
divertita. Non avrebbero potuto scegliere luogo migliore: poteva sembrare una
mossa per metterla a disagio, e sicuro lo era per Mrs. Baum,
ma per lei era come giocare in casa. A mezzogiorno uscì dall’ufficio, salutata
da Caroline con un occhiolino, poi andò a casa, portò un poco a spasso Tink, approfittandone per mangiare un boccone in un bar.
Riportò Tink a casa, e guardò l’orologio: le 13.30.
Mezz’ora e si sarebbe trovata davanti a casa di Orlando. Sorrise tra sé, e con
leggerezza, mise in borsa un block notes in cui aveva appuntato le domande, la
penna, e si avviò verso l’uscita di casa sua, direzione casa della sua prossima
vittima.
Orlando, invece, si era svegliato alle 8, si era
fatto una doccia per calmarsi, ed aveva atteso l’arrivo di Aileen. Anche se il
servizio l’avrebbe fatto sua cugino Sebastian, al quale era particolarmente
affezionato e legato, la sua manager insisteva nell’accompagnarlo dovunque
andasse, specialmente negli ultimi tempi. Stava ancora facendo colazione,
mentre Sidi lo guardava curioso, quando suonò il campanello. L’attore, ancora
in boxer, andò ad aprire: sicuramente era la sua manager, ma ebbe una piacevole
sorpresa. Si trovò davanti sua sorella, che gli sorrideva radiosa.
“Buongiorno!” esclamò lei, raggiante. “Visto che
meravigliosa giornata?”
Orlando la guardò stupito e accigliato. Cosa ci
faceva Samantha lì a quell’ora? “Buongiorno a te. Sicura di stare bene?”
“Certo. Allora, hai intenzione di lasciarmi sulla
porta per molto così che i paparazzi ti vedano, o entriamo in casa?”
“Avanti, entra.” le rispose piatto.
La donna entrò nella casa, notando come fosse in
ordine. “Bene, bene. Ti sei dato alle pulizie?” chiese, mentre scompigliava il
pelo di Sidi, arrivato a prendersi un po’ di coccole.
“Jules viene qui.”
“Cosa?”
“Faremo l’intervista qui. Robin la vuole prendere
in contropiede… ha paura di lei.” le rispose, sedendosi sul divano.
Sam sorrise, per poi sedersi accanto al fratello.
“E tu? Hai paura?”
“No, è la mia migliore amica…” fece una pausa.
“Sì, perché voglio farmi valere ai suoi occhi. Voglio dimostrarle che valgo.”
“Per lei vali…e tanto. Non farti abbattere, ti
aiuterà. Credo che abbia iniziato il lavoro di giornalista principalmente a
causa tua…o meglio. Avrebbe potuto lavorare in altri campi, e le erano arrivate
proposte importanti dopo un anno a Vogue,
ma non ha accettato. È voluta restare lì, e nessuno ne ha capito il perché.” e
ridacchiò. “Che sciocchi! Noi che pensavamo fosse per quell’editore…”
“Editore?”
Samantha annuì. “Christian Johnston.
Sono stati insieme per un po’ di tempo. Eravamo convinti che si sarebbero
sposati…” alzò gli occhi al cielo. “In effetti, lui è sposato…ma non con lei.
Juliet l’ha presa bene; è pure andata al matrimonio e ai battesimi dei figli.”
Orlando abbassò il capo. “…ho perso così tanto…”
“Forza e coraggio, fratellino. Hai tutto il tempo
del mondo ora. Certo, quando arriverà Miranda sarà un po’ più difficile, ma
vedrai che lei ci sarà comunque. Hai detto che viene qui a Londra, tornata
dall’Australia, vero?”
Orlando la guardò: prima o poi avrebbe dovuto
affrontare pure quella sconfitta, avrebbe dovuto dirlo a tutti… Juliet
compresa. Ma non in quel momento. Così sorrise alla sorella. “Credo di sì. Ci
dobbiamo organizzare ancora.”
“Perfetto. Ora vai a vestirti; alla cucina penso
io.” e dopo avergli dato un bacio sulla guancia, la donna si diresse in cucina,
mentre il fratello andò al piano di sopra a cambiarsi: optò per un paio di
jeans scoloriti, t-shirt grigia e capelli spettinati. Ai piedi gli inossidabili
stivaletti. Guardandosi allo specchio, sorrise alla sua immagine riflessa, per
poi scendere tranquillo. Ma quando arrivò nella sala, la sorpresa era tripla.
Oltre a sua sorella, c’erano anche entrambi i suoi genitori e suo cugino,
comodamente seduti sul divano a chiacchierare serenamente.
“Bast?” lo chiamò
Orlando.
“Il solo e unico.”
“Pensavo di dovere venire io da te.”
“Cambio di programma. Il servizio è spostato di
qualche giorno…” si giustificò, lui, alzando le spalle. “Tranquillo, Aileen lo
sa.”
“Domani io non posso per nulla al mondo.” gli
ricordò.
“Me lo ricordo, Gibbo.”
“Cosa fai domani, caro?” chiese Sonia al figlio.
“Stasera esco con alcuni amici, quindi immagino
che farò tardi…” le spiegò, vago.
“Eddai, diglielo…” lo incoraggiò Sam.
“Che devo sapere?” chiese Sonia.
“Esce con Viola, Hugh, Conrad, Sylvia e Juliet!”
le rispose sua figlia, prima che Orlando la potesse fermare. “Si trovano a casa
di Sophie, visto che lei e Jack sono ancora in Francia.”
“Ma è meraviglioso!” esclamò la madre.
Colin sorrise soddisfatto ad Orlando.
“Io vado un attimo di là in cucina a farmi un
caffè.” interruppe la discussione Sebastian.
“Vuoi una mano?” chiese il cugino.
“Sono capacissimo da solo, grazie.” e con un
occhiolino sparì dietro la porta.
Orlando passò così tutta la mattinata assieme alla
sua famiglia ed il suo cane. Si spostarono in giardino, dove più di una volta
l’attore si mise a giocare con il suo cane, a cui era davvero affezionato. Si
rotolarono nell’erba parecchie volte, causando le lamentele di Sonia, che
veniva ripresa da Colin, il quale cercava di tenerla calma. Samantha guardava
il fratello raggiante, stupita di come lui potesse essere rimasto così,
nonostante tutto quello che era accaduto. Aveva pensato di averlo perso per
sempre, ma si sbagliava di grosso. Ogni tanto, la donna lanciava qualche
occhiata alla finestra della casa, o tra i cespugli. Quell’idea era stata
semplicemente geniale, e non aveva richiesto niente di particolare, e cosa
ancora più incredibile, suo fratello ne era totalmente ignaro, non
insospettendosi nemmeno.
Alle 11.30, la famiglia Bloom/Copeland si mise a
tavola per consumare il pranzo, cucinato da Sonia, poi Orlando si mise sul
divano a leggere un copione, mentre Sonia, Colin, Samantha e Sebastian, dopo
aver riordinato la casa -specialmente la cucina-, si congedarono da lui,
augurandogli buona fortuna e facendogli gesti di vittoria. L’ultima fu la
sorella, che lo salutò con un bacio ed un occhiolino. “Fidati di lei, e credi
in te stesso…” e detto ciò uscì dalla casa, lasciandolo solo.
Trovandosi in quella casa così grande, solo con i
suoi pensieri, decise di tornare al suo copione, stravaccandosi sul divano.
Erano le 13.30 quando Robin Baum fece la sua comparsa
nella casa. Trovando il suo cliente sdraiato sul divano intento a leggere un
copione e con i vestiti sporchi d’erba, lo guardò parecchio stupita: doveva
essere completamente impazzito.
“Orlando!” lo chiamò. “Ma ti sembra intelligente
presentarti davanti alla Wollstonecraft conciato così? Sei impazzito del tutto
per caso?”
L’attore si mise a sedere e la guardò, riponendo
il copione sul tavolino di fronte a lui. “Robin sta calma.” le rispose.
“Vogliamo stupirla o no?” osservò, alzando un sopracciglio.
“Ma questa è pazzia! Non puoi presentarti sporco
d’erba.”
“Eccome che posso.” le disse, poi le si avvicinò,
posandole una mano sulla spalla. “Fidati.” e con un occhiolino si diresse in
cucina. Arrivato lì, sorrise. Quella volta avrebbe seguito il consiglio di sua
sorella e avrebbe fatto di testa sua; e nessuno avrebbe interferito. Con questi
pensieri tirò fuori il bollitore e tutto l’occorrente per preparare il tè.
Qualche minuto e versò l’acqua calda nella teiera, vi infilò la bustina del tè,
mentre preparava tre tazze, posando tutto su un vassoio, mettendoci anche lo
zucchero. Mentre attendeva che il tè si finisse di preparare, aprì il frigo per
bersi un bicchiere d’acqua, trovandosi davanti una torta al cioccolato fatta da
sua madre. Se non si comporta come si
deve, corrompila con la torta recitava il biglietto con la calligrafia di
Sonia. Orlando sorride divertito, poi preparò tre piatti in cui mise tre fette
di torta, tolse la bustina dalla teiera, e se ne tornò nella sala, in cui posò
tutto ciò che aveva preparato, facendo un paio di giri da una stanza all’altra.
Robin lo guardava sempre più stupita e
sconcertata; non capiva i piani dell’attore e gli sembrava sempre più di avere
a che fare con un pazzo scatenato uscito dal manicomio. Non avrebbe di certo
corrotto una giornalista come quella con una torta al cioccolato e del tè.
Orlando doveva avere qualcosa, ma non riuscì a scoprirlo, perché pochi attimi dopo
il campanello suonò. La donna sobbalzò sul divano, mentre l’attore, con una
strana calma, andò alla porta, aprendola e trovandosi davanti Juliet
Wollstonecraft, che lo guardava dal cancello della villa.
“Porta Sidi di sopra, per favore.” chiese a Robin
gentilmente, la quale seguì l’indicazione del suo cliente. Dopo di ché, alzò il
citofono.
“Sono Miss Wollstonecraft, Mr. Bloom.” lo
raggiunse la voce di Jules. Orlando azionò il cancello e l’attese all porta
sorridente. Pochi secondi e i due si trovarono di fronte. La giornalista gli
sorrise professionalmente, e lui ricambiò.
“Mr. Bloom, è un piacere per me conoscerla.”
“Il piacere è tutto mio, Miss Wollstonecraft.
Ormai non si fa che parlare di lei…” le rispose, facendola accomodare.
Percorsero insieme il corridoio che conduceva
nella sala, dove trovarono l’agente stampa che si presentò alla giornalista,
stringendole la mano cordialmente. Poi tutti e tre si accomodarono, e Juliet
tirò fuori il block notes e la penna dalla borsa, mentre Orlando le serviva il
tè e Robin studiava entrambi. Mentre stava riponendo la borsa, la giornalista
si rese conto di un messaggio ricevuto nel cellulare; si scusò con i presenti e
lo lesse.
Se ti chiede
qualcosa del servizio interrompilo prima che possa dire troppo dicendogli che
sai tutto. Per lui l’abbiamo posticipato, mentre per l’entourage l’abbiamo
fatto oggi. Doveva venire Aileen a sovrintendere ma Sam è riuscita a offrirsi
per accompagnarlo. In realtà siamo restati a casa sua… gli ho scattato le foto
a tradimento durante tutta la mattinata. Non dirgli niente. E con questo il mio
sporco lavoro l’ho fatto al meglio. Ora tocca a te! Ci sentiamo presto ;)!
Bastian.
Leggendo quel messaggio, Juliet sorrise malefica.
Sebastian era stato a dir poco grandioso: aveva adempiuto al suo compito
egregiamente e osservando con la coda dell’occhio l’abbigliamento dell’attore
fu ancora più curiosa di vedere quel servizio. In quattro e quattr’otto mandò
il messaggio di risposta al fotografo.
Ottimo! Sei
un genio, Bast! Hai superato te stesso. Ora lo metto
un po’ io sotto i ferri… Grazie per l’aiuto; senza di te e Sam non ci sarei mai
riuscita. Vi sono debitrice. A presto!
Dopo di ché, ripose il telefono nella borsa e
guardò i presenti. “Vogliamo cominciare?” chiese, riprendendo un tono
professionale, mentre apriva il block notes e la penna.
“Non volete finire prima il tè ed assaggiare un
po’ di torta?” la invitò Robin.
Juliet le lanciò un’occhiata indagatoria. “State
cercando di rabbonirmi, Mrs. Baum?” chiese lei,
alzando un sopracciglio, e facendo arrossire copiosamente l’agente. Orlando
trattenne una risata, mostrandosi serio e tranquillo. Era un atteggiamento
tipico di Jules quello.
“No, assolutamente no, Miss Wollstonecraft.”
balbettò l’altra donna.
“Bene, allora se non vi sono problemi, io
inizierei.” constatò la giornalista. “Ho un impegno serale, ed immagino che Mr.
Bloom voglia finire al più presto. Oggi è stata una giornata impegnativa per
lui.” concluse, guardando direttamente negli occhi la sua preda.
“Non si preoccupi per me.” le rispose lui. “Ma non
voglio trattenervi a lungo, visto che avete degli impegni. Quindi direi di
procedere…”
Juliet sorseggiò il suo tè, ripose la tazzina,
riprese la penna tra le mani, e con un sorriso, pose la sua prima domanda.
“Mr. Bloom, è passato parecchio tempo dalla sua
ultima comparsa sugli schermi dei cinema. L’ultima volta è stato nel 2007 con
l’ultimo capitolo di Pirates of the Caribbean
al fianco di Johnny Depp. Dopo di ché c’è stato il teatro con In Celebration,
e la piccola comparsa nel film uscito solo per il commercio digitale New York I love you,
in cui recita accanto a Christina Ricci. Che effetto le fa tornare davanti ai
riflettori del cinema dopo così tanto tempo?”
Robin impallidì sempre di più, mano a mano che la
domanda prendeva corpo mentre Orlando non faceva una piega. Era una domanda
talmente ovvia che sorrise alla giornalista, prese fiato e rispose.
“È come tornare in sella ad una bici dopo anni che
non ci sali. Il teatro mi ha molto aiutato e avevo deciso di prendermi un pausa
per poter scegliere con più cura i progetti a cui partecipare. Avrei voluto
tornare prima sul grande palco del cinema, ma non mi è stato permesso per varie
ragioni, anche a causa dell’attuale commercio, in cui si predilige fare uscire
alcune pellicole solamente in DVD.”
“E tra le cause
possiamo anche annoverare la sua storia con la modella Miranda Kerr che ormai
va avanti da più di un anno?”
Orlando sorrise provocatorio. Sperava che ci
avrebbe messo più tempo prima di arrivare a quel tipo di domanda. Robin invece,
fulminò la giornalista, e stava per ricordarle dell’assicurazione che lei
stessa le aveva fatto per telefono, ma l’attore la fulminò con lo sguardo
facendola tacere.
“Sì, ma come ben vedete, continuo a lavorare
tutt’ora.” fu la semplice risposta di lui.
“Così sembrerebbe…” osservò la giornalista a denti
stretti, mentre scribacchiava qualcosa sul suo block notes. Robin aveva quasi
raggiunto l’apice; era furiosa e non nascondeva i suoi sentimenti verso la
giornalista. Orlando invece era quasi divertito da quell’atteggiamento; si
trovava bene, a suo agio, e le reazioni di Robin lo divertivano parecchio.
Juliet prese un forchettata di torta, prima di
porre un’altra domanda. “Tornando al film,” iniziò, “questa per lei è una parte
un po’ diversa dal solito. Certo, la figura del sex symbol rimane intatta, ma questa
volta il personaggio è più negativo rispetto ai precedenti. Dev’essere stata
un’esperienza quantomeno particolare…” osservò, provocatoria.
E fu così che l’intervista andò avanti per circa
un paio d’ore, dilungandosi a causa di Robin che di quanto in quanto si
assentava, andando a sbollire la rabbia al piano di sopra, mentre Orlando e la
giornalista rimanevano a studiarsi in silenzio. Inizialmente le domande erano state
abbastanza provocatorie, e tutte miravano non solo al carattere dell’agente
stampa, ma anche a quello dell’attore. Dopo un po’ però il tipo di domanda era
cambiato, e pure l’atteggiamento della giornalista; sembrava quasi avere una
sorta di ammirazione verso di lui, andando a toccare temi tra i più disparati.
Passò dal suo ultimo progetto, al compito di ambasciatore per l’Unicef, alla
sua battaglia per l’ambiente assieme al cugino, per poi tornare di nuovo al suo
lavoro, lasciando campo libero ad Orlando per poter esprimere appieno le sue
sensazioni e gli ideali per cui faceva quel mestiere.
Robin non poteva credere alle sue orecchie, nel
sentire le parole del suo cliente; non le sembrava nemmeno lui per certi versi.
Ed era ancora più stupita dalla giornalista; qualcosa durante le prime domande
doveva averle fatto cambiare idea sul suo conto, e ne rimase notevolmente
colpita. Normalmente i giornalisti di certe riviste non erano certo inclini a
cambiare idea sulla visione che avevano di certi personaggi; e si chiese se
forse era per questo che quella donna veniva temuta. Era talmente imprevedibile
nei suoi giudizi che non si poteva pensare di fregarla in una qualsiasi
maniera: era lei a fregare gli altri, mostrando al mondo la vera natura della
persona a cui si trovava di fronte. Nessuno era mai riuscito a tirare fuori
tanto da Orlando Bloom, e lei l’aveva fatto con un eleganza tale, che sembrava
sapere benissimo cosa si nascondeva dietro quel viso.
Ormai Juliet era arrivata alla fine della sua
lista di domande. Il block notes era pieno e lei era soddisfatta del suo
lavoro…ma c’era una domanda che le ronzava per la testa dall’inizio
dell’intervista, così prese un bel respiro e puntò i suoi occhi castani in
quelli color nocciola dell’attore.
“Progetti per il futuro?”
“Recuperare il tempo perso; diventare un vero
attore, anche a costo di dover passare in rassegna ogni misero teatro di questa
città. Non mi do per vinto. La mia famiglia crede in me, e ho ritrovato amici
che non pensavo credessero ancora in me con una tale forza. Questo mestiere è
ciò che di più bello mi è stato donato, e non posso vivere senza di esso…
perché i grandi amori durano una vita intera.” gli uscì di getto, senza nemmeno
soppesare prima quelle parole. Erano uscite direttamente dal cuore, e
attraverso i suoi occhi la giornalista colse l’immensa sincerità di quell’ultima
risposta, e sorrise, cercando di contenere l’immensa gioia che quelle parole le
avevano provocato dentro. Non scrisse nulla sul foglio; avrebbe ricordato quei
momenti per molto tempo…erano stati impressi nella sua mente come una
bruciatura fatta con il ferro caldo sulla pelle.
“E con questo, direi che abbiamo finito.” concluse
lei, sorridendo. “Non so come ringraziarla per il tempo che mi ha dedicato
durante questa giornata.”
“Il piacere è stato solo mio, Miss
Wollstonecraft.” le rispose lui, seguendola mentre si alzava per riporre le sue
cose nella borsa.
“E grazie per il tè e la torta… fate i complimenti
alla cuoca.”
“Sarà fatto.”
Tutti e tre si ritrovarono così sulla porta di
casa. Robin che finalmente sorrideva per la fine di quella strana situazione;
Orlando che guardava la giornalista sereno, come se fosse andato a fare due
passi al parco; ed infine Juliet, orgogliosa non solo del suo lavoro, ma anche
del suo migliore amico. Era stato perfetto e quelle ultime parole erano state
il tocco finale…aveva concluso con un botto splendido, un vero colpo da
maestro.
“Vi farò avere un’anteprima dell’articolo prima
della pubblicazione.” li informò Jules.
“Perfetto.” rispose l’agente.
“Bene…Mrs. Baum…Mr.
Bloom…” e sorrise. “Buona serata…”
“Buona serata anche a lei.” la salutò Orlando,
guardandola percorrere il vialetto fino al cancello da cui uscì.
L’attore e la sua agente rimasero un poco ad
osservare quella scena, poi Robin si congedò, lasciandolo solo con i suoi
pensieri. Per prima cosa andò a recuperare Sidi al piano di sopra, lo liberò e
tornò a distendersi sul divano dove si rimise a leggere il copione di prima.
Juliet, invece, se ne tornò a casa con il sorriso
sulle labbra. Quando arrivò coccolò un poco Tink, per
poi andarsi a fare una doccia, trascorrendo in bagno una mezz’oretta. Arrivata
poi davanti al suo armadio lo aprì e lo guardò come se non l’avesse mai visto
prima: era pieno di eleganti completi, tailleur, pantaloni gessati, camicie
impeccabilmente bianche e una caterva di scarpe dai tacchi vertiginosamente
alti. Sembrava quasi il guardaroba di una snob, e ne rise di questo. Era
incredibile per lei che quella trasformazione fosse avvenuta; non se ne era
resa nemmeno conto, e da ragazzina scatenata si era trasformata in una
elegantissima donna in carriera. Forse sua madre aveva davvero ragione: non
aveva niente se non la sua carriera. La famiglia la vedeva di rado, e con gli
amici non si vedevano tutti insieme più di una volta al mese, e tutto ciò che
riuscivano a dirsi era riversare le loro frustrazioni sul lavoro addosso agli
altri. In poche parole, erano diventati l’ombra di quello che erano, e questa
non era maturità. Il diventare adulto non significava diventare i fantasmi di
sé stessi; trasformarsi in persone tristi, lamentose e piatte.
Spinta da una forza a lei sconosciuta, forse una
sorta di voce interiore, Jules alzò lo sguardo, trovandosi a guardare una
scatola trasparente posta sopra l’armadio. Sorrise, poi prese una sedia su cui
salì per tirare giù la scatola. Dalla polvere che si sparse nella stanza da
letto, la donna si chiese quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che
l’aveva tirata giù. Dentro c’erano jeans scoloriti, magliette dei più svariati
colori…tutte cose che sarebbero state un colpo agli occhi per qualunque persona
che avesse conosciuto la giornalista dopo la sua ascesa nella redazione di Vogue. Rise divertita pensando che
nemmeno Christian l’aveva mai vista con quella roba addosso; solo vestiti
eleganti e tacchi alti con lui. Lo riteneva un uomo raffinato, elegante, a cui
piacevano le donne con una certa postura, un certo modo di comportarsi; e
quando si prende una sbandata si fanno le cose più assurde, persino quella di
cambiare completamente il guardaroba.
Dalla scatola, Juliet tirò fuori un paio di jeans
e una maglietta gialla con un fiore al centro, per poi andare ad aprire un
cassetto del comò, che era stipato di gioielli, tutti molto standard, tranne
alcuni, racchiusi in una scatola di camicie. Da lì estrasse un paio di
orecchini tondi regalatigli da Samantha e l’orologio di acciaio da uomo che,
incredibile ma vero, funzionava ancora. Legò i capelli in una coda alta, si
infilò le scarpe da tennis, e la giacca di pelle nera che usava da adolescente.
Era appartenuta ad Orlando e lei l’adorava talmente tanto che lui a 16 anni
gliel’aveva regalata… a quel tempo le maniche erano lunghe e ci navigava
dentro. Ora invece le maniche avevano bisogno solo di un risvolto, ma la taglia
rimaneva comunque un po’ più grande rispetto alla sua corporatura. Infine
sostituì alla borsa della mattina una tracolla vecchia nera, a cui erano
attaccate due spille. La sua tracolla dell’università. Ci mise dentro il
portatile, il block notes, cellulare e tutto il necessario, poi se la mise
sulla spalla.
Quando passò davanti allo specchio e si voltò, l’immagine
riflessa davanti a lei era quella di un’altra persona: vedeva una giovane
donna, serena, felice, che nonostante il nero della giacca di pelle emanava una
luminosità ed una luce incredibile. Sorrise a quell’immagine ed ammiccò. Passò
dalla cucina a salutare Tink, le preparò la cena, e
dopo qualche coccola scese le scale per andare ai garage. Lì, dove solitamente
si trovava la sua macchina, vi trovò la moto di suo padre, che aveva
parcheggiato lì ormai anni prima, e non l’aveva più spostata se non per
portarla dal meccanico una volta l’anno. Di corsa infilò la borsa a tracolla,
prese un casco dalla mensola, lo infilò e montò in sella alla moto, facendolo
uscire dal garage con tutta calma. Dopo averlo richiuso, rimontò in sella e
dopo aver dato gas, uscì mentre la brezza serale della capitale le carezzava il
viso, dirigendosi verso Canterbury.
Arrivò lì verso le 18.30; parcheggiò la moto nel
garage ed entrò nella villetta. Era piccola e un po’ fuori dalla cittadina, ma
ci aveva vissuto tutta la sua vita e nulla le sembrava più bello e accogliente.
Visto che l’appuntamento era per le 19.30, Juliet decise di iniziare a
preparare la tavola e la cena. Viola, che aveva una copia delle chiavi, era
andata a fare la spesa tra un turno e l’altro, prendendo le cose che gli
sarebbero servite e la riserva per ciò che avrebbero usato di già presente
nella casa. Infondo, non potevano far trovare il frigo vuoto a Sophie e Jack.
Così, spulciando nel frigorifero, la giornalista vi trovò l’occorrente per fare
un condimento fresco e, a suo parere, allegro. Tirò fuori mozzarella e
pomodorini che tagliò a cubetti, prese due foglie di basilico dalla pianta
sulla finestra, mise tutto in padella, poi si occupò dell’acqua per la pasta.
Riempì la pentola e cominciò a pensare al tipo di pasta da usare, guardando
nella dispensa. Nulla era meglio di un bel piatto di spaghetti. Per il secondo
non si prodigò in ricette particolari: patate al forno e carne alla griglia,
dalla salsiccia alle braciole. Preparò tutto in modo da essere pronto per la
cottura non appena arrivati gli altri, poi apparecchiò la tavola, aggiungendo
al centro di essa un bel mazzo di fiori colorati. Erano le 19.00 quando tutto
fu pronto.
Sorridendo a sé stessa, la donna si diresse poi
sul divano, dove, accesso il pc, iniziò a scrivere l’introduzione all’articolo.
L’intervista era ancora fresca, e preferiva mettersi al lavoro il prima
possibile o certe sensazioni sarebbero risultate offuscate più avanti nel
tempo. Improvvisamente, però, dal piano di sopra giunsero dei rumori. Jules smise
di battere i tasti del computer, facendo piombare la casa nel silenzio.
Nuovamente dei lievi rumori si udirono. Sicuramente provenivano dal piano di
sopra. Così la giornalista si tolse le scarpe, e salì le scale lentamente,
facendo attenzione a non fare alcun tipo di rumore; per fortuna il parquet
attutiva i suoi passi abbastanza bene. Arrivata al piano superiore di fermò, in
attesa di captare meglio quei suoni. Una finestra si chiuse. La finestra della
sua camera. In quattro e quattr’otto, senza nemmeno pensarci su un secondo,
Juliet piombò nella sua vecchia stanza, spalancando la porta e accendendo la
luce, convinta che chiunque fosse entrato nella stanza, se n’era già andato. Ma
fu piuttosto sorpresa: davanti a lei, con una mano sul cuore per lo spavento,
c’era Orlando, che si trovava proprio di fronte alla finestra.
“Jules, per l’amor di Dio, mi vuoi far prendere un
infarto a 30 anni!” esclamò.
“32 anni, se vogliamo essere precisi.” lo
rimbeccò. “E poi non sono io quella che entra in casa dalle finestre come un
ladro. Sai, hanno inventato le porte.”
“A che servono le porte se hai le finestre che
continuando ad aprirsi dall’esterno con una semplice pressione? Se un ladro
arrivasse per davvero, entrerebbe in un attimo.”
“Allora presumo che devo avvisare i miei, quando
torneranno dalla Francia, che la finestra della mia camera è danneggiata visto
che all’età di 13 anni tu e Sebastian avete cambiato gli infissi, mentre i miei
erano al mare, pur di far sì che voi due poteste entrare in casa a vostro
piacimento; Sebastian perché era il mio ragazzo, e tu per farmi le tue
confessioni.” osservò lei, con un ghigno.
Orlando rise. “Non pensavo Sophie e Jack sapessero
che Bastian era il tuo ragazzo.”
“Infatti non lo sanno, ma di certo ora non mi
sgrideranno se glielo dico.”
Entrambi scoppiarono a ridere di gusto.
“Mi chiedo cosa ci vedevi in lui.”
“Me lo chiedo pure io…”
“Allora siamo messi bene…”
“Eddai! A quei tempi era un pazzo scatenato…
quello trasgressivo e scapestrato. Era più grande di me, e mi sembrava il tipo
giusto.”
“Anch’io ero scapestrato…” protestò Orlando.
“No.” puntualizzò lei. “Tu non eri scapestrato. Né
un pericolo pubblico. Eri il ricercatore di disastri più grande della contea.
Ti rompevi ogni tre giorni! Cosa ti sei pure rotto mentre salivi dalla mia
finestra?”
“La testa per la seconda volta.” le ricordò.
“Giusto! E per tutti eri caduto in bicicletta…”
sorrise. “Poi tu eri sempre circondato da ragazzine in adorazione…” e alzò un
sopracciglio. “Non che la cosa sia molto cambiata ora che sei adulto…”
“Ma sentila questa brutta civetta bastarda e
scorbutica!” esclamò l’attore, per poi scaraventarla sul letto e iniziarle a
fare il solletico, mentre lei si dimenava come una pazza e rideva a crepapelle.
“Rimangiati tutto quello che hai detto. Devi dire Orlando Bloom è il più bello, il più magnifico, il più fantasmagorico
degli uomini e degli attori.”
“E il più
paraculo, vanitoso ed egocentrico degli uomini con sindrome da Peter Pan
incurabile, dove lo metti?” riuscì a dire tra una risata e l’altra.
“Vuoi la guerra, eh?” la minacciò, riprendendo a
farle il solletico, mentre lei cercava in vano di sottrarsi a quella tortura,
che la faceva ridere di cuore.
Improvvisamente suonò il campanello. Entrambi si
fermarono. Juliet lanciò un’occhiata all’orologio: le 19.20.
“Sarà sicuramente Viola.” constatò lei. Orlando si
alzò, tirandola su con un braccio.
“Vai, o chissà che va a pensare quando mi vede.”
“Non lo farà. Sa che non sono il tipo.”
“E perché?”
“Ti conosco troppo bene…” concluse, per poi dargli
un veloce bacio sulla guancia ed andare alla porta.
Orlando invece, rimase lì fermo per qualche
secondo, sfiorandosi la guancia: non gli sembrava vero che potesse essere tutto
davvero tornato come lo aveva lasciato. Erano passati anni dal giorno che aveva
deciso che quella ragazzina sarebbe stata la sua migliore amica, erano entrambi
diventati adulti, ed avevano avuto le loro vite, così diverse ma così simili
per certi versi. Si erano allontanati l’uno dall’altra, ma qualcosa li aveva
tornati ad unire. Nelle loro vite -specialmente in quella di Orlando- erano
passate donne e uomini che erano stati tutti importanti; per Orlando c’erano
state le storie di una notte, e quelle importanti che gli avevano fatto capire
tante cose. Ma quel mercoledì sera, nella stanza che Juliet aveva occupato per buona
parte della sua vita, lui si rese conto che non c’erano altre possibilità, non
c’erano alternative per lui. Quella giovane donna che quel pomeriggio l’aveva
intervistato tirando fuori la sua anima, e che ora si trovava nel salotto della
casa dei suoi a conversare con la sua migliore amica, sarebbe stata per sempre
il suo unico ed impossibile grande amore.
Allora, eccoci qua al quarto capitolo…
ringrazio le lettrici che continuano a seguire la storia…davvero, non pensavo
che qualcuno la leggesse…
Il quinto capitolo è appena stato
concluso, e già il sesto è in lavorazione…spero di andare avanti così…
Besitos
Klood