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Autore: PaolaDP    08/10/2009    1 recensioni
"Il piccolo abbassò lo sguardo su Lena, stesa a terra. Il suo sguardo era... ormai non riusciva nemmeno più a piangere: aveva le guance rigate di lacrime e gli occhi lucidi, continuava a fissarla con aria inespressiva e rassegnata. Quello non era un nemico: era un povero bambino indifeso, un innocente. La ragazza avvertì di nuovo un movimento all'altezza dello stomaco, ma non erano le fitte di prima: era pietà, era vergogna. Una lacrima scivolò lungo la guancia del bimbo, che si strinse alla madre e chiuse gli occhi. 'D'accordo, ve la siete cercata!'
Perché anche i Saiyan sono in grado di provare buoni sentimenti...
Perché una di loro sarà una madre a tutti gli effetti.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bardack, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Fine

UNA MADRE

Lena affrettò l'andatura. Le scale erano ripide e buie, ma non aveva tempo da perdere, doveva trovare Bardack. Le avevano detto che era andato di là... Arrivò sino in cima alla torre. Dannazione! Aveva cercato ovunque, ma non era nemmeno lì! Doveva vederci chiaro, in quella faccenda... Cos'era questa storia di Freezer? Cosa ne era stato di Toma e degli altri?! Iniziò a frugare la torre con lo sguardo, nervosamente, consapevole che, comunque, non avrebbe trovato suo marito.

Cosa poteva essere successo?

Freezer...

Saiyan...

Distruggere...

Le parole chiave della vita di ogni Saiyan, in pratica! Ma aveva imparato a disprezzarla, quella vita.

Non c'era niente da fare, lì, Bardack non c'era.

Tornò sui suoi passi avvilita, senza sapere cosa fare. Ormai era in preda al panico, non sapeva cosa stava succedendo. Che gli fosse successo qualcosa?

Si maledisse per aver formulato un pensiero del genere. Dannazione! Non doveva neanche immaginarla, una cosa simile!

Scosse il capo, cercando di allontanare quell'idea, e prese a scendere lentamente le scale, un gradino dopo l'altro. C'era buio, c'era freddo. L'unica luce proveniva da alcune strette finestre poste lungo le pareti di metallo, che lasciavano intravedere il cielo rossastro. Perché Bardack non era andato a cercarla? Perché non aveva pensato a lei?

Qualunque cosa stesse accadendo, Radish era al sicuro, era partito diversi giorni prima... Ma loro? E poi... cosa stava accadendo realmente?

Sentì il bisogno di piangere, non ce la faceva più. Si sedette, afflitta, su un gradino ed iniziò a singhiozzare silenziosamente. Che cosa stava succedendo? Dov'era finito suo marito? Che ne sarebbe stato di loro?

Non aveva mai avuto più paura in tutta la sua vita, nemmeno su Cebren... Lì, almeno, aveva degli avversari in carne ed ossa di fronte, nemici da affrontare, nemici che era possibile sconfiggere. Ma adesso? Quale era il suo nemico? Freezer? Perché avrebbe dovuto volere la morte dei Saiyan? Che cosa era successo a Bardack?

Non si era mai sentita così sola. Nemmeno quando suo marito e suo figlio erano in missione, e lei era abbandonata a sé stessa, all'ottavo mese di gravidanza, sola se non per la compagnia di una madre che, ormai, non sopportava più. Il suo punto di riferimento, in quei momenti di solitudine, era stato Tohan. Ma anche lui, come lei, era tormentato da dubbi sulle ragioni della loro stirpe, e le sue perplessità avevano certo interessato Lena, ma non erano servite a rispondere alle sue domande. A cosa era servito scoprire la sua storia? Non sarebbe riuscita a cambiare il mondo, nemmeno assieme al venerabile Tohan. La sua storia non aveva fatto altro che accrescere la sua malinconia... Però, in fondo, le aveva fatto bene capire di non essere la sola a farsi delle domande...

Le sembrava tutto così inutile, adesso! Gli allenamenti, i combattimenti, le discussioni... Tutto l'aveva portata a quella scala a chiocciola, raggomitolata su un gradino freddo a piangere disperatamente.

Era tutto così deprimente...

Thum

La terra tremò ed iniziò a vibrare.

Lena alzò il capo, spalancando gli occhi.

Thum

Ci fu un'altra scossa, come se una zolla si stesse assestando, scontrandosi con un'altra. A cosa potevano essere dovuti quei fenomeni? Sentì delle urla provenire dal piano inferiore. Si sporse da una delle finestre, piccole e squallide: alcune persone, a terra, erano evidentemente in preda al panico, stavano scappando verso ogni parte. Guardavano qualcosa in cielo...

Lena alzò lo sguardo. Il poco di colore che aveva, le sparì in un istante...

Una sfera.

Un'enorme sfera di energia rosso fuoco, che si stava ingrandendo sempre di più, stava raggiungendo dimensioni gigantesche, e poteva solo immaginare la potenza che doveva avere. Chi poteva essere? Le parve di scorgere qualcosa, alla base, ma non riuscì a capire esattamente, sembrava una navicella, ma era molto lontana.

Le zolle iniziarono a sollevarsi, alzandosi verso il cielo. La terra continuava a tremare. Proprio come Lena.

Ecco cosa stava succedendo... Bardack aveva ragione, era Freezer: voleva risolvere il problema 'Saiyan' alla radice: avrebbe fatto saltare in aria Vegeta, con tutti i suoi abitanti.

Un massacro.

Si voltò, gli occhi spalancati, ed iniziò a correre verso il basso: doveva mettersi in salvo. Ma, prima di pensare a sé stessa, doveva trovare Kaaròt.

Si librò in aria, acquisendo via via maggior velocità. Arrivata alla base della torre, si ritrovò nel corridoio, pieno di Saiyan terrorizzati. Per un attimo, le fecero schifo. Dove era finito tutto il loro orgoglio? I 'mitici' Saiyan, i combattenti più potenti dell'universo, stavano fuggendo disordinatamente come topi in trappola... come le loro vittime. Forse c'era davvero una forma di giustizia, a questo mondo... Ma questo pensiero non riuscì a confortarla. In ogni caso, una creatura malata come Freezer non avrebbe mai potuto incarnarla, la Giustizia...

Iniziò a correre il più velocemente possibile. Il corridoio non le era mai sembrato così lungo: era colmo di persone terrorizzate, che correvano di qua e di là, senza una meta precisa, senza sapere cosa fare. Lei, invece, una meta ce l'aveva: andare da Kaaròt e portarlo via da quell'inferno.

Loro si erano sempre accaparrati la possibilità di giudicare chi fosse degno di vivere e chi di morire. Era giusto?

Cadde a terra, scontrandosi con un uomo alto e robusto che correva nella direzione opposta. Si rialzò, cercando di superare la corrente, che andava nell'altra direzione: tutti stavano fuggendo dai sotterranei, che erano proprio il suo obbiettivo.

Chi aveva il potere di decidere chi doveva vivere o morire? I Saiyan? Freezer? Oppure c'era un qualcosa al di sopra di loro?

Perché questo 'qualcosa' non aveva fatto nulla, per fermarli? Perché questa creatura straordinaria non interveniva per salvare la stirpe più potente della galassia? Se lo erano meritati?

In effetti, doveva essere così: lei stessa si era macchiata di sangue le mani fin da piccola. Ma ora il predatore era diventato preda. Preda del capo-branco. Che gerarchia c'era, al mondo?

Il cielo si stava lentamente oscurando, tanto che sembrava notte. Era scosso da tuoni e fulmini, scatenati dalla potenza della sfera: mancava poco, l'avrebbe lanciata presto.

Lena, invece, era scossa da tremiti inconsulti. Paura? Sì, decisamente. Terrore.

Non riusciva a pensare.

Accelerò, procedeva velocissimamente...

Ma non abbastanza...

Finalmente riuscì a scorgere le scale. Si fiondò giù, volando. Arrivò così in un corridoio buio. Girò a destra e procedette. La porta era lì, a un centinaio di metri da lei... Una parte del soffitto crollò proprio di fronte a lei, incendiando la galleria. Non poteva fermarsi proprio adesso... Prese la rincorsa e saltò, oltrepassando le fiamme, che stavano dilagando lungo il corridoio. Arrivò alla porta, tese in avanti le braccia e colpì con un'onda di energia, polverizzandola. Entrò di corsa, la stanza era piena di lettini freddi, ognuno dei quali avrebbe dovuto ospitare un neonato, ma... erano vuoti. Com'era possibile?! Che fine aveva fatto Kaaròt?!

Non riuscì a trattenersi dal piangere. Aveva il viso inondato di lacrime, ma non poteva rimanere lì, doveva risalire, doveva cercarlo... Tornò sui suoi passi e proseguì lungo la galleria. Ancora qualche chilometro e sarebbe arrivata ad un'uscita...

Le scosse del terreno erano sempre più frequenti e potenti, il palazzo stava crollando: polvere, fiamme e detriti erano ovunque, ormai nessuno aveva via di scampo. Ma doveva trovarlo.

Poco dopo riuscì a vedere altri Saiyan che stavano risalendo in superficie, Saiyan e medici. Loro dovevano sapere per forza dove erano finiti tutti i neonati! Il suo sguardo si soffermò su un alieno...

Dottor Guip!” urlò, disperata. Non la degnò di uno sguardo e continuò a premere nella calca, cercando di farsi strada lungo le scale: non era in grado di volare.

Dottor Guip...”

Niente. La ignorò, aveva perso la ragione. Il dottore, così calmo e meditativo, era diventato una bestia, di fronte alla prospettiva di morire...

Lena si posizionò vicino ai due, cercando di richiamare la loro attenzione in tutti i modi.

Dottore!” esclamò, esasperata.

NON E' IL MOMENTO, LENA! DOBBIAMO USCIRE DI QUI!”

Dove sono i bambini?! Io sono scesa, ma non li ho trovati... Dov'è Kaaròt?!”

Il medico non rispose, ma continuò a colpire i suoi vicini.

Lena... provò rabbia. Possibile che avessero perso il controllo a quel modo? Possibile che avessero perso dignità?! Il mito dei Saiyan... “invincibili, orgogliosi, superiori a chiunque altro...”

Erano quelli, i valorosi Saiyan? Non l'avevano forse vista in faccia tante volte, la morte? Non ne erano stati portatori?

Lena li capiva benissimo: lei aveva letto il terrore negli occhi delle sue vittime, lei aveva pensato alla loro sorte, lei gliela aveva inflitta, lei si era chiesta dove sarebbero andati a finire. E' terribile quando un vecchio amico ti si ritorce contro, no? Non era forse loro compagna e alleata, la Morte?

Ora, stavano per divenire sue vittime.

Non poteva più perdere tempo. Quello sciocco medico...

Lo afferrò per il colletto della divisa e lo sollevò in aria con espressione minacciosa. L'alieno iniziò a rantolare, faticando a respirare, ma Lena non si lasciò commuovere. Una parola rimbombava nella sua mente: Kaaròt... Kaaròt...

DOVE SONO I BAMBINI? DOV'E' KAAROT?!” urlò, in preda alla disperazione.

Guip strinse le dita attorno alla mano di Lena, tentando di allentare la presa, che gli stava impedendo di respirare.

Io...” sussurrò con un filo di voce.

DOV'E'?!”

Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, cercando di raccogliere il fiato necessario per dirglielo. Della polvere proveniente dal soffitto, dovuta al crollo del piano superiore, gli cadde sulla testa.

Non lo so...”

DIMMELO!”

Ormai rosso per l'apnea, il medico fece appello a tutte le sue ultime energie.

Nell'ala Ovest... stanza 423...”

Lena lo lasciò andare, steso a terra, si voltò ed iniziò a correre.

Guip, massaggiandosi il collo, alzò il capo, guardando un punto non definito nella direzione che lei aveva preso.

Ma non so se lo troverai...”


Lena stava piangendo. A cosa erano serviti i suoi sforzi degli ultimi mesi, i suoi tentativi di redenzione? Aveva aggredito il povero Guip, comprensibilmente in preda al panico. Si sentiva un verme...

Ci fu un'altra scossa, molto più violenta delle altre, e lei fu colpita da una trave, che le crollò addosso.

Cadde miseramente a terra, schiacciata dal peso, mentre le fiamme, attorno a a lei, aumentavano: la sfera, ormai, doveva star per essere lanciata.

Facendo appello alle sue ultime forze, sollevo la trave e si liberò, riuscendo così a rimettersi in marcia, la sua frenetica fuga. Cosa avrebbe fatto, una volta trovato Kaaròt?

No, non poteva e non doveva pensarci in quel momento... ora doveva pensare a raggiungerlo...

Svoltò a destra, volando sempre più velocemente.

Ancora poco, e sarebbe arrivata...

Le urla di prima avevano lasciato il posto a un silenzio desolato, disturbato solo dall'eco lontano delle scosse. La galleria, ora, era deserta, tutti quelli che si trovavano lì erano risaliti per mettersi in salvo. E i loro figli?

I suoi passi sembravano quasi attutiti, tanto la sua mente era lontana da quel luogo di desolazione... Bardack. Dov'era? Morto? Chissà perché credeva che l'avrebbe saputo, credeva che l'avrebbe sentito. Era ancora vivo, ma per quanto, ancora?

La terra iniziò a tremare quando vide la porta. 423... era quella.

La sfondò con facilità ed entrò. L'ambiente era enorme e buio, non riusciva a vedere di fronte a sé. C'erano delle file di colonne bianche altissime, ma non riusciva a scorgere il soffitto.

Avanzò lentamente, senza sapere dove andare in quell'oscurità.

C'è nessuno?” chiamò, esitante.

Improvvisamente, cadde a terra, fatta crollare da una scossa violenta, di una potenza inimmaginabile. Presa dal panico, si rialzò, schivando i pezzi di soffitto che si stavano schiantando a terra, scavando con lo sguardo quel buio impenetrabile.

NESSUNO MI SENTE?!”

Continuò a correre, mentre la terra tremava, sentendo ora, più forti che mai, le urla lontane dei suoi compagni.

Improvvisamente, le parve di scorgere una fioca luce rossa. Era una porta socchiusa...

Si scagliò dentro. L'ambiente, questa volta, era piccolo, ed una parete era occupata interamente da un enorme computer. Ecco come scoprire dove si trovava Kaaròt.

Le urla straziate dei Saiyan erano forti e chiare. Lena sentì le lacrime sgorgarle a dirotto dagli occhi, lungo le guance. Stava tremando, così fece fatica ad accendere l'apparecchio. Era lento.

Si passò esasperatamente una mano sulla fronte, imperlata di sudore, cercando di respirare profondamente per riprendere fiato, in preda al panico. C'era freddo.

All'improvviso, sentì qualcuno gemere alle sue spalle. Si voltò: il dottor Uasman era a terra, ed era moribondo, mezzo schiacciato da una trave crollata.

Gli si accostò velocemente e gli premette un dito sul collo: il battito era debole.

Dottore?” sussurrò.

Il silenzio era rotto solo dai rimbombi dovuti alle scosse e dalle urla straziate. Ormai, il piano stava andando a fuoco.

L'uomo socchiuse gli occhi. Ci mise qualche istante per mettere a fuoco e capire chi fosse.

Lena?” chiamò con un filo di voce.

Dottore, la supplico, mi dica dov'è Kaaròt!”

Non aveva più molto tempo, lo sapeva bene...

Il dottore chiuse gli occhi, respirando profondamente.

Non lo so.” bisbigliò. “Guarda il computer... 'Partenze'”

Lena fece per allontanarsi, ma lui la bloccò trattenendola per il polso.

Addio, Lena...”


Lena abbandonò il cadavere del dottor Uasman a terra. Ormai poteva sentire, oltre alle urla dei suoi simili, il bruciare delle fiamme, nella stanza attigua. Doveva sbrigarsi. Uasman aveva detto 'Partenze'...

Scrisse sulla tastiera il nome di suo figlio. Iniziò a tremare, temendo il peggio. Le mani le tremavano, fece fatica a trovare i tasti corretti. Scossa da tremori inconsulti, si appoggiò al piano del computer, tentando di farsi forza. L'apparecchio, nel frattempo, aprì la cartella.

Le urla erano sempre più intense. Lena si concentrò su un monitor: inquadrava il cielo... la sfera era stata lanciata, e le parve di scorgere un puntolino in controluce... Spalancò gli occhi e non riuscì a trattenere una nuova ondata di lacrime di disperazione.

Il computer diede i risultati della ricerca.


'Kaaròt. Figlio di Bardack. Livello: Infimo. PARTITO Pianeta di Destinazione: Terra.'


Rimase immobile a fissare quella scritta. 'Partito'...

Le sue labbra si arricciarono e non poté fare a meno di emettere una risatina, un riso privo di gioia. 'Partito'... Era stato tutto inutile. La sua fuga, la sua ricerca, la sua disperazione... Kaaròt era già in salvo. Era stato mandato su un pianeta per conquistarlo, il suo basso livello gli era servito a qualcosa. Anche lui, adesso, sarebbe diventato un assassino.

Lena sentì gli occhi inondarsi di lacrime. Tutto inutile...

All'improvviso sentì una fitta al cuore.

Tornò a concentrarsi sul monitor che inquadrava il cielo: la sfera si stava scontrando con quel puntino, disintegrandolo. Improvvisamente fu colta da una terribile verità: Bardack era morto.

Era morto.

Era lui, quel punto.

Freezer ce l'aveva fatta.

L'altro monitor, quello concentrato su Kaaròt, inquadrò una capsula: era la sua, in viaggio verso la Galassia del Nord.

Lena lo guardò per qualche istante, poi le gambe non riuscirono a reggerla, e si accasciò lentamente, scorrendo lungo la superficie fredda del computer.

Si rannicchiò a terra, premendo la spalla contro il tavolo, e si mise in posizione fetale.

Bardack era morto... Radish era vivo...

Kaaròt era salvo.

Sorrise, gli occhi colmi di lacrime, inespressiva, esausta... rassegnata.

Sarebbe morta. Era chiaro come la luce, ormai.

Ma lui, Kaaròt... era vivo. Era vivo!

Spalancò ancora di più il sorriso, mentre le lacrime le colavano lungo le guance senza alcun pudore.

La terra tremava sempre più forte, i rombi e i boati erano potentissimi, le urla stavano diminuendo: i Saiyan stavano morendo.

Le fiamme arrivarono alla porta.

La sfera stava entrando in collisione con il pianeta, era la fine.

Ma Kaaròt... Kaaròt era vivo.

Sorrise ancora, senza badare alle lacrime... Ma il suo sorriso si contrasse in una smorfia di dolore e di disperazione e iniziò a singhiozzare senza ritegno, senza freni, sola, se non per la compagnia del cadavere di Uasman, dall'altra parte della stanza.

Strinse con le mani una sporgenza del piano.

Kaaròt...”

Le scosse avevano una potenza inaudita, sentiva il pavimento sotto di lei farsi instabile. Il computer si spense, le luci svanirono e si ritrovò nella più completa oscurità. Ma c'erano le fiamme, a farle luce...

Urlò.

Urlò perché sentiva il bisogno di farlo, perché voleva dar sfogo alla sua rabbia, alla sua disperazione, alla sua rassegnazione. Urlò perché sapeva che non avrebbe avuto un'altra occasione per farlo, perché stava per morire, lo sapeva bene.

Urlò il nome di suo marito, di sua sorella, di suo figlio...

Del suo bambino.

La terra fu scossa con maggiore potenza, le piastrelle del pavimento si disfecero, lasciando vedere fiamme e magma..

Urlò il nome del suo bambino. Poi lo bisbigliò...


Kaaròt...”


Fu la sua ultima parola.








...




Il vecchio Gohan si aggiustò la cesta sulle spalle e affrettò l'andatura: era prima mattina, ma non aveva intenzione di perdere tempo, doveva raccogliere la legna in fretta. Dopo un'abbondante colazione, quella mattina era uscito dalla sua capanna come al solito. Ultimamente, stava cominciando a mettere da parte il necessario per superare l'inverno, che, quell'anno, si annunciava più terribile che mai.

La foresta di bambù era poco distante. Avrebbe raccolto quello: era più leggero del legno normale, ma bruciava facilmente, era perfetto.

Scavalcò una roccia con facilità e finalmente la vide: le canne si piegavano flessuose, accarezzate dal vento, lasciando intendere la qualità del legno. Perfetto...

Il vecchio affrettò il passo. Ormai, poteva già sentire l'acqua del torrente infrangersi placidamente sulle rocce. Sorrise pensando che avrebbe potuto farsi un bel bagno rilassante e, magari, cercare di pescare qualcosa per il pranzo, non ne poteva più di patate!

Tirò fuori il falcetto ed iniziò a tagliare le canne fin dalla radice, tentando di sprecare meno legno possibile, e ne raccolse alcune cadute spontaneamente.

Ormai erano quasi le dieci, era ora di tornare a casa. Aveva preparato il suo bel mucchio di legname, ma ora lo doveva riporre nella cesta. Si inginocchiò a terra ed iniziò ad armeggiare con mani esperte, quando gli parve di udire qualcosa...

Si voltò di scatto.

Silenzio.

Doveva essersi sbagliato... in effetti, era impossibile...

Afferrò una canna e la spezzò a metà con decisione. Decisamente, l'età cominciava a farsi sentire... aveva quasi ottant'anni, dopotutto, era anche ora!

Di nuovo!

Si voltò nuovamente. Non poteva essersi sbagliato... quello era un vagito, poco ma sicuro!

Si alzò e prese in spalla la cesta. Iniziò ad avanzare lentamente nella direzione da cui proveniva il rumore,

scostò con una mano alcune foglie e... lo vide.

Un bambino, un neonato con capelli e occhi scurissimi, completamente nudo. Stava piangendo, poverino! Magari aveva freddo!

Gohan si chinò su di lui e lo sollevò. Che strano... cosa ci poteva fare un bimbo piccolo come quello da solo nella foresta?! Va beh, non aveva alcuna importanza... ora doveva pensare a scaldarlo. Quando lo sollevò, notò una cosa curiosa, anzi, una cosa strana: c'era un qualcosa che penzolava... Non era possibile! Quel bambino aveva una coda identica a quella di una scimmia! Come?!

Aveva sentito parlare di bimbi diabolici, bimbi con poteri straordinari, con la coda di pesce, il corpo di cavallo, ma... la coda da scimmia?! Che assurdità!

Dove poteva essere sua madre?

Iniziò a chiamare, chiedendo se c'era qualcuno, ma non rispose nessuno.

Strano...

Ti va di venire con me?”

Il bimbo, come se avesse capito la sua proposta, smise di piangere, lo osservò con espressione curiosa e, in meno che non si dica, iniziò a ridere a crepapelle, allungando le manine in sua direzione e agitando i piedini. Gohan non poté fare a meno di sorridere. Si tolse la giacca e vi avvolse il bimbo.

Come posso chiamarti, eh? Mh...”

Aggrottò la fronte, alzando gli occhi al cielo. Che nome scegliere? Era maschio, quindi...

Goku! Ho deciso! Ti piace?”

Il piccolo rise ancora di più.

Gohan lo strinse fra le braccia e tornò sui suoi passi, quando qualcosa attirò la sua attenzione: c'era una fossa, una ventina di metri più in là. Si avvicinò. Era un buco enorme, circolare, sul cui fondo, al centro, c'era... somigliava moltissimo a una pallina da baseball, solo che avrebbe potuto contenere un uomo. Aveva un grande oblò, e...

Il vecchio depose Goku nella cesta, che lasciò al limitare della fossa, e si avvicinò lentamente ma con decisione. Dentro, quell'affare era pieno di circuiti e di apparecchi tecnologici. Da una piccola cassa proveniva una voce fredda, una voce maschile che continuava a ripetere la stessa frase...


Svegliati, Kaaròt.”


Kaaròt?

Gohan si voltò verso Goku, che si era sporto dalla cesta e lo stava osservando con interesse.

Quel bambino... Da dove veniva? Forse era pericoloso tenerlo, forse avrebbe dovuto farlo fuori. La cosa, la navicella... che fosse un alieno?

Iniziò a procedere con decisione in sua direzione. Sbarazzarsi di lui. Sì, era la cosa migliore da fare. Certo, prendersela con un neonato andava contro i suoi principi, però... quello non era un bimbo normale, era un extraterrestre!

Goku, intanto, stava osservando un pettirosso posato su una canna di bambù.

Gohan afferrò la cesta e ne estrasse il bambino senza dire una parola. Il piccolo si raggomitolò contro il suo torace, sbadigliò beatamente e si addormentò, stringendo con la manina un lembo della sua tunica.

L'espressione dura del vecchio si intenerì. No, non avrebbe mai potuto ucciderlo... Basta! Goku sarebbe diventato il suo nipotino adottivo! Sarebbe cresciuto con lui, e gli avrebbe insegnato le Arti Marziali! Sì, gli avrebbe fatto solo bene fare un po' di esercizio...

Il piccolo si mosse nel sonno e bisbigliò qualcosa in una lingua sconosciuta. Gohan gli diede una carezza, lo strinse e poggiò il mento sul suo capo.

Goku... ci penserò io a te...

Detto questo, si mise la cesta in spalla e si avviò verso casa. Sì, doveva avere ancora qualche giocattolo, da qualche parte...


Fine

Che dire? Spero che vi sia piaciuta, io ho fatto del mio meglio. Lo ammetto: l'avevo finita un bel po' di tempo fa, ma mi sono decisa a pubblicarla solo adesso..

Alla prossima!

  
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