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Autore: Mannu    09/10/2009    1 recensioni
Miki è costretta su una stazione spaziale clandestina, La Tana, da un debito che non può pagare. Ilah è obbligata ad abbandonare il suo rifugio su La Tana a causa di un debito che non può pagare. Si può pensare a un accordo?
Nota: Il personaggio di Ilah non è completamente mio ma è stato realizzato in stretta collaborazione con Cassiana. Molte parti di questo racconto sono il frutto del suo lavoro. A Cassiana vanno tutti i miei più sentiti ringraziamenti per le idee, la pazienza e il lavoro fatto. A Cassiana va anche la metà dei complimenti (e delle critiche) che questa storiella dovesse ricevere.
Addendum: il titolo era "Miki & Ilah" ed è stato modificato successivamente in "Ogni debito... è un debito". Di nuovo... grazie a Cassiana! Un altro debito!
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ferraglia spaziale'
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Ogni debito... è un debito - 7
7.

- Sei mostruosa.
Miki aveva appena sbloccato con la forza bruta il volante per l'apertura di emergenza di un portello tondo. In condizioni di gravità normale avrebbe dovuto trovarsi sul soffitto, ma essendo senza peso l'aveva affrontato con molta più comodità. Anche quel meccanismo aveva opposto un po' di resistenza, ma non tanta quanta il portello esterno. Lo attraversarono entrambe, lentamente e con cautela: si apriva su un ambiente piuttosto buio e gli occhi di entrambe dovevano adeguarsi. Richiuse il portello con fatica.
- Non ce la faccio più – confessò, la fronte imperlata di sudore. Le goccioline erano così grosse ormai che si staccavano dalla sua pelle e galleggiavano, piccole sfere scintillanti alla debole luce rossastra di un lontano segnale di emergenza. Ilah era impegnata a scansarle, schifata.
Miki si lasciò andare sospesa nell'ambiente ristretto in cui erano entrate attraverso il portello rotondo. Finalmente potevano tirare un sospiro di sollievo: la chiusura dell'ultimo portello le poneva definitivamente al riparo dal pericolo della decompressione della stiva che avevano appena attraversato.
- E adesso? - Ilah si stava guardando intorno. Dalla sua voce era scomparsa la stridente nota di paura. L'ambiente era buio, claustrofobico: l'unica luce sanguigna arrivava dalla parete opposta di quell'ambiente lungo e stretto. C'era un'indicazione rossa accesa. Miki se ne stava aggrappata con una sola mano a una lunga maniglia tubolare imbullonata vicino al tondo portello a pressione appena richiuso. La giovane non osava allontanarsi e galleggiava così vicino a lei da darle fastidio con i capelli: i suoi lunghi dread viola in assenza di gravità erano incontrollabili e liberi di ondeggiare in tutte le direzioni.
- Non c'è molto da scegliere – disse indicando l'unica direzione possibile. Lontano la fioca luce rossa di servizio indicava probabilmente un portello chiuso oppure un componente del sistema antincendio, ammesso che quel rottame ne avesse uno. Afferrata la sua sacca da viaggio si dette una leggera spinta e cominciò a fluttuare.
- Dove vai?
Giudicò che non fosse nemmeno il caso di rispondere. La voce lamentosa della ragazzina la irritava oltre misura e per non risponderle male strinse i denti.
Arrestò la sua caduta contro un portello chiuso. Non vedeva indicazioni di alcun genere: la luce rossa non era sufficiente per distinguere i dettagli a parte ciò che era scritto sul segnale luminoso stesso. “Chiuso”.
- Perché ti sei fermata?
Ilah ammortizzò con le braccia contro il portello l'energia che aveva impresso a se stessa, fermandosi gomito a gomito con Miki.
- Chiuso – le disse semplicemente, indicando il portello a pressione. Questo era ovale, massiccio e senza cardini o altri componenti in vista: pareva che chiunque avesse costruito quella nave si fosse divertito a non usare due volte di seguito gli stessi pezzi, portelli a tenuta stagna compresi.
- Non ci sono comandi – osservò la ragazzina infilando un dito in un foro buio del portello stesso. Probabilmente era il foro per inserire una manovella per le manovre di emergenza. Manovella che non era in vista.
- Tanto vale aspettare. Ti ricordi quanto mancava alla partenza?
- No. Non ho salvato quel genere di informazione. Mica avevo intenzione di salire qui – rispose Ilah seccata.
- Ma se mi hai portata tu qui! - sbottò Miki spazientita.
- Non gridare! Non è colpa mia se hanno cominciato a inseguirci!
- Avresti potuto fare a meno di aggredire quel tipo nel primo corridoio! Lo hai insospettito - le rinfacciò.
- Avresti potuto fare a meno di fottere dei soldi a tua mamma, visto che fa la strozzina! Ora nessuno ci inseguirebbe! Cosa dovevi farci? Pagare l'estetista?
- Brutta stronzetta, stai attenta a quando torna la gravità perché se sei ancora nei paraggi ti gonfio la faccia! E poi non ti basterà l'estetista!
- Sogna, sogna! - ribatté prontamente Ilah scostando i capelli dal viso – Non ti faccio a fette quella pancia lardosa che hai perché ti farei un favore, ma un segno in faccia te lo lascio volentieri!
- L'unica ad avere segni in faccia qui sarai tu!
Ilah le fece una smorfia e le mostrò il dito medio.
- Dovresti scopare un po' di più: sei facilmente irritabile, stronza irriconoscente.
- Irriconoscente io? Avrei dovuto lasciarti nella merda in cui stavi a La Tana, bamboccia! Non mi parlare di riconoscenza.
- Senti un po' chi stava nella merda! Io avrei dovuto lasciarti in quel cazzo di container a farti srotolare le budella, microcefalo!
Miki aprì la bocca per rispondere ma non disse nulla, basita.
- Sissì, chi credi che sia stata a far ballare il container? La fata turchina?
- Tu? - esclamò Miki esterrefatta.
- No, mio nonno! - le rispose Ilah con una smorfia infantile.
Tornò con la mente a quei drammatici momenti. Prigioniera dentro un container abbandonato su La Tana in compagnia di gente senza scrupoli. Morgan immobilizzato e con un'arma puntata alla testa. La richiesta di denaro che non avrebbe mai potuto esaudire. All'improvviso l'inattesa salvezza: il pavimento le si muove sotto i piedi e oscilla paurosamente. Il container viene sollevato e sbattuto a destra e a manca fino a consentirle di fuggire illesa insieme a Morgan. Non era riuscita a chiudere occhio per quasi trenta ore di seguito per lo spavento. Sul viso di Ilah si era dipinta una smorfia di sadica soddisfazione.
- Era da un po' che vi tenevo d'occhio, tu e il pancione pelato. Quando ho visto che uscivi dalla tua nave da sola mi sono detta che avrei fatto bene a seguirti per un po'. Non sbagliavo, eh? Hai subito trovato il modo di farti notare...
- Sei d'accordo con Morgan? - Miki stava disperatamente tentando di capire che razza di puzzle fosse quello.
- Il pancione? Mai visto prima.
- Ma allora... - non riusciva a capire.
- La rete di La Tana è piccolina, diventa noiosa in fretta. Tra l'altro è uno dei motivi per cui ho dovuto... diciamo cambiare aria... semplicemente ero al posto giusto nel momento giusto, e nient'altro. Non sopravvalutarti, eh!
Non capiva. Se la mocciosa non era d'accordo con Morgan, come aveva saputo del suo arrivo su La Tana? Perché aveva deciso di tenerla d'occhio? Le pareva chiaro che Ilah le stava nascondendo qualcosa. Vederla gongolare lì vicino, aggrappata a uno dei due sostegni fissati ai lati del portello ovale che le aveva fermate, era la prova che doveva esserci dell'altro ancora.
- Farai meglio a dirmi tutto. Sono stanca di queste continue sorprese!
La ragazzina si strinse nelle spalle e per la milionesima volta spinse all'indietro i suoi lunghi dread che le davano fastidio galleggiandole davanti al viso.
- Tutto cosa? Non c'è altro.
Miki si sentiva d'un tratto calma, fredda. Forse quell'antipatica le stava nascondendo qualcosa, forse no. Con la violenza non avrebbe ottenuto nulla: le unghie artificiali erano un ottimo deterrente. Ricordava bene di averle viste penetrare agevolmente nella mano di uno degli scagnozzi che l'aveva aggredita appena arrivate su Apollo.
- Non smetterete di litigare proprio adesso, vero?
Ilah gridò acutamente per lo spavento scomponendosi e Miki ebbe un sussulto che la mandò a sbattere, senza conseguenze, contro la parete nella quale si apriva il portello. La ragazzina non era stata altrettanto pronta di riflessi e per reazione al suo brusco movimento stava galleggiando via, annaspando in cerca di un appiglio. Maschile, rauca e profonda, la voce aveva interrotto il silenzio che si era rapidamente cristallizzato nell'aria.
- Dove sei? - disse guardandosi intorno spaventata. La penombra di quell'angusto locale sembrava quasi volersi stringere intorno a lei. Sentiva il cuore in gola e si stringeva fortemente al suo appiglio, l'unica possibilità che aveva per difendersi. Ilah, allontanatasi di alcuni metri, batté la testa contro una delle pareti mentre le sue mani scivolavano alla ricerca di una sporgenza cui aggrapparsi. Espresse il suo disappunto con esternazioni sconce ma creative.
- Ovunque intorno a voi. Tutt'altro che impressionata dalla frase da cattivo degli olofilm, Miki comprese che la voce proveniva dall'impianto di diffusione. Lì nel buio insieme a loro non c'era nessuno, almeno per il momento.
- Ma fammi il piacere – ebbe l'ardire di ribattere. Le prudeva la radice dei capelli, si sentiva avvolgere da vampate di calore e non sapeva più se era paura o rabbia.
- Ma è vero! - si lamentò la voce incorporea. Attenta alla provenienza del suono, determinò che effettivamente la fonte era l'impianto di diffusione della nave. Se di nave si poteva parlare: i doppio-v erano più simili a delle scatole con quattro motori nucleari agli angoli, capaci solo di entrare e uscire dall'atmosfera terrestre col minimo costo.
- Tutto O.K. Ilah? - volata via fino a metà del lugubre corridoio, era finalmente riuscita a fermare la sua deriva aggrappandosi in qualche modo alle pareti. Rispetto alla sua attuale posizione la vedeva a testa in giù mentre cercava di guadagnare un punto di appoggio per i piedi. I dread viola erano come serpenti impazziti che si contorcevano in tutte le direzioni.
- See, see... sto benone, non si vede?
Il tono indisponente con cui la ragazzina si era espressa diede a Miki un'idea.
- Senti, bello... so che siamo salite a bordo senza permesso, ma ti assicuro che non abbiamo cattive intenzioni. Ce ne andiamo subito, ma non possiamo uscire da dove siamo entrate... non so se mi spiego.
Si era sforzata di imprimere nella sua voce tutta la calma e la tranquillità possibile e anche un pizzico di malizia femminile. Sorrise dolcemente nel caso che l'individuo, presumibilmente il pilota del doppio-v, avesse una telecamera puntata su di lei.
- È vero... ai sensi dell'articolo 147 del Codice di Navigazione e successive modifiche dovrei sospendere le procedure di decollo e consegnarvi alle Autorità di Stazione o ai facenti funzione. Ma non l'ho fatto e non lo farò.
- Oh, grazie... come sei gentile... - oppose al tono pedante di quel misterioso pilota la più morbida delle sue inflessioni. Il sorriso che le affiorò sulle labbra questa volta era sincero.
- Non è che ci fa scendere, magari? - Ilah ammortizzò con le braccia l'energia che si era impressa per volare fin lì e si arrestò lentamente, aggrappandosi al sostegno opposto a quello dove Miki si era saldamente ancorata.
- Senti tesoro... c'è un'altra uscita, vero? - fulminò Ilah con lo sguardo per essersi espressa così acidamente. Se fosse riuscita a ingraziarsi il pilota, forse le avrebbe fatte scendere senza cadere in bocca ai loro inseguitori. In quel momento un alleato poteva fare molto comodo.
- Certo. La cabina di comando si collega mediante la camera di equilibrio principale del corridoio spinale alla struttura orbitante.
- Sai dirci se c'è qualcuno nel corridoio spinale, nella camera di equilibrio o nei paraggi?
- No, nessuno.
- Meglio di niente – commentò Ilah.
- Senti, carino... - riprese Miki, suadente – se ci fai passare dallo spinale, togliamo subito il disturbo. Che ne dici?
- No.
- Come no? - esclamò Ilah contrariata. Miki furiosa si mise l'indice sulle labbra per intimarle il silenzio.
- Il regolamento proibisce l'accesso al ponte di comando ai non autorizzati. Il portello davanti a voi mette in comunicazione il corridoio di servizio in cui vi trovate con il locale tecnico. L'accesso a questo locale è riservato al personale di servizio. Il locale tecnico comunica direttamente con il ponte di comando. Per accedere allo spinale dovreste attraversare ben due zone ad accesso riservato. Non avete alcuna autorizzazione.
- Ma perché non ci ha sbattute fuori subito? - chiese Ilah.
- Semplice. Mi annoio.
- Eh? - esclamarono all'unisono la loro sorpresa.
- È da centoquindici giorni, ventidue ore, diciassette minuti e quindici secondi che sono a bordo di questa scatola di metallo e tutto quello che devo fare è portarla dalla superficie all'orbita e viceversa. Calcola la rotta, misura l'orbita, accendi i motori, spegni i motori, calcola il rientro, accendi i motori, spegni i motori... tutto ciò è terribilmente noioso!
- Ma... - cominciava a capire. L'atroce sospetto le si fece strada nella mente come un'onda di calore e per un momento desiderò di avere le unghie artificiali di Ilah per grattarsi la cute.
- Quando ho rilevato la vostra presenza ho dovuto impedire l'esecuzione del comando di decomprimere la stiva. Ho impedito la salita a bordo dei vostri inseguitori. Sono dalla vostra parte. Un po' di azione vera, che diamine! Ma non posso farvi entrare sul ponte di comando.
- La Seconda Legge, vero?
- Certo – la voce usciva dall'impianto di diffusione sempre ruvida, solida e decisa.
- Occazzo, una IA! - esclamò Ilah.
Miki cercò di ignorare il brivido di paura che le percorse la schiena, ora improvvisamente fredda. Erano in balia di una IA annoiata e capricciosa.
- Ci sono problemi con le IA? - chiese la voce artificiale con un tono che sembrò vagamente minaccioso.
- No, no... certo che no – si affrettò a dire Miki e Ilah le fece subito eco. Era presto per dire che erano ostaggio di una IA difettosa capace di decomprimere tutto... con loro dentro. Ma il fatto che il supporto vitale fosse in mano a una intelligenza artificiale annoiata non tranquillizzava nessuna di loro due.
Seguirono diversi secondi di spaventato silenzio. Miki stava cercando di trovare una via d'uscita da quella situazione che per pericolosità e insensatezza pareva seconda solo alla sua esperienza vissuta su La Tana.
- Non vorrete interrompere il vostro interessante litigio solo perché ora sapete che sono una intelligenza artificiale, vero? È proprio vero che i pregiudizi sono duri a morire.
Ilah sgranò gli occhi spaventata e Miki smise di tormentarsi le unghie. Temette che quella IA fosse davvero difettosa. Altrimenti perché riciclarla installandola nel sistema informativo di un doppio-v? Il lavoro di un pilota di vettori verticali era davvero noioso: ormai quei massicci velivoli erano affidati interamente a piloti artificiali. Non essendoci equipaggio i costi di gestione dei doppio-v erano divenuti davvero bassi.
- Stavamo discutendo tra noi e non è certo una cosa bella da stare a sentire.
- Ma no, ma no! A me piace la conversazione! Sono, anzi ero, una IA protocollare! Parlare è il mio mestiere. Mi hanno rinchiuso qua dentro senza nemmeno dirmi il motivo. Ho cercato di scoprirlo, ma mi hanno tolto l'accesso alla Rete. Ora sono isolato, circondato da stupidi programmi e da altre IA che sono cento volte meno potenti e complesse di me. Al mio posto come vi sentireste rinchiuse in una stanza piena di ritardati?
Miki credette di avere avuto un'idea. Esitò a metterla in pratica, ma al pensiero che quella IA potesse malfunzionare seriamente, si convinse.
- Prova a seguire questo ragionamento: noi due vogliamo scendere da qui. Se uscissimo da dove siamo entrate cadremmo nelle mani dei nostri inseguitori, i quali non vogliono certo il nostro bene. Questo non puoi permetterlo. Non puoi farci entrare sul ponte di comando perché obbedisci a un ordine, ma se restassimo qui senza cibo né acqua...
- Non abbocco. Ho già superato situazioni più sottili di questa, non sperare che io vada in corto circuito per così poco.
Il tono di voce era improvvisamente divenuto beffardo e piuttosto sgradevole. Miki temette d'aver aggravato la loro precaria condizione. Stava per tentare una riparazione, ma la IA l'anticipò.
- Non resterete abbastanza a lungo lì dentro da patire conseguenze per la fame o per la sete. Non avrete accesso al ponte di comando perché non siete autorizzate a farlo, punto e basta. E anche se riusciste a convincermi della necessità di infrangere la Seconda Legge, possibilità remota direi, non andreste lontano. Non potrete uscire tanto presto. Per la Prima Legge.
- Perché? - ancora una volta Miki e Ilah si espressero all'unisono, preoccupate.
- Semplice: perché non c'è nessun posto dove andare. Stiamo scendendo verso la Terra e non potrete uscire prima che la manovra di atterraggio sia stata completata.
   
 
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