7.
- Sei mostruosa.
Miki aveva appena sbloccato con la forza bruta
il volante per l'apertura di emergenza di un portello
tondo. In condizioni di gravità normale avrebbe dovuto
trovarsi sul soffitto, ma essendo senza peso l'aveva
affrontato con molta più comodità. Anche quel meccanismo
aveva opposto un po' di resistenza, ma non tanta quanta
il portello esterno. Lo attraversarono entrambe,
lentamente e con cautela: si apriva su un ambiente
piuttosto buio e gli occhi di entrambe dovevano
adeguarsi. Richiuse il portello con fatica.
- Non ce la faccio più – confessò, la fronte imperlata
di sudore. Le goccioline erano così grosse ormai che
si staccavano dalla sua pelle e galleggiavano, piccole
sfere scintillanti alla debole luce rossastra di un
lontano segnale di emergenza. Ilah era impegnata a
scansarle, schifata.
Miki si lasciò andare sospesa nell'ambiente
ristretto in cui erano entrate attraverso il
portello rotondo. Finalmente potevano tirare un
sospiro di sollievo: la chiusura dell'ultimo
portello le poneva definitivamente al riparo dal
pericolo della decompressione della stiva che
avevano appena attraversato.
- E adesso? - Ilah si stava guardando
intorno. Dalla sua voce era scomparsa la stridente
nota di paura. L'ambiente era buio, claustrofobico:
l'unica luce sanguigna arrivava dalla parete
opposta di quell'ambiente lungo e stretto. C'era
un'indicazione rossa accesa. Miki se ne stava
aggrappata con una sola mano a una lunga maniglia
tubolare imbullonata vicino al tondo portello a
pressione appena richiuso. La giovane non osava
allontanarsi e galleggiava così vicino a lei da
darle fastidio con i capelli: i suoi lunghi dread
viola in assenza di gravità erano incontrollabili
e liberi di ondeggiare in tutte le direzioni.
- Non c'è molto da scegliere – disse indicando
l'unica direzione possibile. Lontano la fioca luce
rossa di servizio indicava probabilmente un portello
chiuso oppure un componente del sistema antincendio,
ammesso che quel rottame ne avesse uno. Afferrata
la sua sacca da viaggio si dette una leggera spinta
e cominciò a fluttuare.
- Dove vai?
Giudicò che non fosse nemmeno il caso di rispondere. La
voce lamentosa della ragazzina la irritava oltre
misura e per non risponderle male strinse i denti.
Arrestò la sua caduta contro un portello chiuso. Non
vedeva indicazioni di alcun genere: la luce rossa
non era sufficiente per distinguere i dettagli a
parte ciò che era scritto sul segnale luminoso
stesso. “Chiuso”.
- Perché ti sei fermata?
Ilah ammortizzò con le braccia contro il portello
l'energia che aveva impresso a se stessa, fermandosi
gomito a gomito con Miki.
- Chiuso – le disse semplicemente, indicando il
portello a pressione. Questo era ovale, massiccio
e senza cardini o altri componenti in vista: pareva
che chiunque avesse costruito quella nave si fosse
divertito a non usare due volte di seguito gli stessi
pezzi, portelli a tenuta stagna compresi.
- Non ci sono comandi – osservò la ragazzina infilando
un dito in un foro buio del portello stesso. Probabilmente
era il foro per inserire una manovella per le manovre
di emergenza. Manovella che non era in vista.
- Tanto vale aspettare. Ti ricordi quanto mancava
alla partenza?
- No. Non ho salvato quel genere di
informazione. Mica avevo intenzione di salire
qui – rispose Ilah seccata.
- Ma se mi hai portata tu qui! - sbottò Miki
spazientita.
- Non gridare! Non è colpa mia se hanno cominciato
a inseguirci!
- Avresti potuto fare a meno di aggredire quel
tipo nel primo corridoio! Lo hai insospettito -
le rinfacciò.
- Avresti potuto fare a meno di fottere dei soldi
a tua mamma, visto che fa la strozzina! Ora nessuno
ci inseguirebbe! Cosa dovevi farci? Pagare
l'estetista?
- Brutta stronzetta, stai attenta a quando torna
la gravità perché se sei ancora nei paraggi ti
gonfio la faccia! E poi non ti basterà l'estetista!
- Sogna, sogna! - ribatté prontamente Ilah scostando
i capelli dal viso – Non ti faccio a fette quella
pancia lardosa che hai perché ti farei un favore,
ma un segno in faccia te lo lascio volentieri!
- L'unica ad avere segni in faccia qui sarai tu!
Ilah le fece una smorfia e le mostrò il dito
medio.
- Dovresti scopare un po' di più: sei facilmente
irritabile, stronza irriconoscente.
- Irriconoscente io? Avrei dovuto lasciarti nella
merda in cui stavi a La Tana, bamboccia! Non mi
parlare di riconoscenza.
- Senti un po' chi stava nella merda! Io avrei
dovuto lasciarti in quel cazzo di container a
farti srotolare le budella, microcefalo!
Miki aprì la bocca per rispondere ma non disse
nulla, basita.
- Sissì, chi credi che sia stata a far ballare
il container? La fata turchina?
- Tu? - esclamò Miki esterrefatta.
- No, mio nonno! - le rispose Ilah con una
smorfia infantile.
Tornò con la mente a quei drammatici momenti. Prigioniera
dentro un container abbandonato su La Tana in compagnia
di gente senza scrupoli. Morgan immobilizzato e con
un'arma puntata alla testa. La richiesta di denaro
che non avrebbe mai potuto esaudire. All'improvviso
l'inattesa salvezza: il pavimento le si muove sotto
i piedi e oscilla paurosamente. Il container viene
sollevato e sbattuto a destra e a manca fino a
consentirle di fuggire illesa insieme a Morgan. Non
era riuscita a chiudere occhio per quasi trenta
ore di seguito per lo spavento. Sul viso di Ilah
si era dipinta una smorfia di sadica soddisfazione.
- Era da un po' che vi tenevo d'occhio, tu e il pancione
pelato. Quando ho visto che uscivi dalla tua nave da
sola mi sono detta che avrei fatto bene a seguirti
per un po'. Non sbagliavo, eh? Hai subito trovato
il modo di farti notare...
- Sei d'accordo con Morgan? - Miki stava disperatamente
tentando di capire che razza di puzzle fosse quello.
- Il pancione? Mai visto prima.
- Ma allora... - non riusciva a capire.
- La rete di La Tana è piccolina, diventa noiosa in
fretta. Tra l'altro è uno dei motivi per cui ho dovuto...
diciamo cambiare aria... semplicemente ero al posto giusto
nel momento giusto, e nient'altro. Non sopravvalutarti,
eh!
Non capiva. Se la mocciosa non era d'accordo con Morgan,
come aveva saputo del suo arrivo su La Tana? Perché
aveva deciso di tenerla d'occhio? Le pareva chiaro
che Ilah le stava nascondendo qualcosa. Vederla
gongolare lì vicino, aggrappata a uno dei due sostegni
fissati ai lati del portello ovale che le aveva
fermate, era la prova che doveva esserci dell'altro
ancora.
- Farai meglio a dirmi tutto. Sono stanca di queste
continue sorprese!
La ragazzina si strinse nelle spalle e per la
milionesima volta spinse all'indietro i suoi lunghi
dread che le davano fastidio galleggiandole davanti al
viso.
- Tutto cosa? Non c'è altro.
Miki si sentiva d'un tratto calma, fredda. Forse
quell'antipatica le stava nascondendo qualcosa, forse
no. Con la violenza non avrebbe ottenuto nulla: le
unghie artificiali erano un ottimo deterrente. Ricordava
bene di averle viste penetrare agevolmente nella mano
di uno degli scagnozzi che l'aveva aggredita appena
arrivate su Apollo.
- Non smetterete di litigare proprio adesso, vero?
Ilah gridò acutamente per lo spavento scomponendosi
e Miki ebbe un sussulto che la mandò a sbattere,
senza conseguenze, contro la parete nella quale si
apriva il portello. La ragazzina non era stata
altrettanto pronta di riflessi e per reazione al
suo brusco movimento stava galleggiando via, annaspando
in cerca di un appiglio. Maschile, rauca e profonda,
la voce aveva interrotto il silenzio che si era
rapidamente cristallizzato nell'aria.
- Dove sei? - disse guardandosi intorno spaventata. La
penombra di quell'angusto locale sembrava quasi volersi
stringere intorno a lei. Sentiva il cuore in gola e si
stringeva fortemente al suo appiglio, l'unica possibilità
che aveva per difendersi. Ilah, allontanatasi di alcuni
metri, batté la testa contro una delle pareti mentre le
sue mani scivolavano alla ricerca di una sporgenza cui
aggrapparsi. Espresse il suo disappunto con esternazioni
sconce ma creative.
- Ovunque intorno a voi.
Tutt'altro che impressionata dalla frase da cattivo
degli olofilm, Miki comprese che la voce proveniva
dall'impianto di diffusione. Lì nel buio insieme a
loro non c'era nessuno, almeno per il momento.
- Ma fammi il piacere – ebbe l'ardire di ribattere. Le
prudeva la radice dei capelli, si sentiva avvolgere da
vampate di calore e non sapeva più se era paura o
rabbia.
- Ma è vero! - si lamentò la voce incorporea. Attenta
alla provenienza del suono, determinò che effettivamente
la fonte era l'impianto di diffusione della nave. Se di
nave si poteva parlare: i doppio-v erano più simili a
delle scatole con quattro motori nucleari agli angoli,
capaci solo di entrare e uscire dall'atmosfera terrestre
col minimo costo.
- Tutto O.K. Ilah? - volata via fino a metà del lugubre
corridoio, era finalmente riuscita a fermare la sua
deriva aggrappandosi in qualche modo alle pareti. Rispetto
alla sua attuale posizione la vedeva a testa in giù mentre
cercava di guadagnare un punto di appoggio per i piedi. I
dread viola erano come serpenti impazziti che si
contorcevano in tutte le direzioni.
- See, see... sto benone, non si vede?
Il tono indisponente con cui la ragazzina si era espressa
diede a Miki un'idea.
- Senti, bello... so che siamo salite a bordo senza permesso,
ma ti assicuro che non abbiamo cattive intenzioni. Ce ne
andiamo subito, ma non possiamo uscire da dove siamo entrate...
non so se mi spiego.
Si era sforzata di imprimere nella sua voce tutta la calma
e la tranquillità possibile e anche un pizzico di malizia
femminile. Sorrise dolcemente nel caso che l'individuo,
presumibilmente il pilota del doppio-v, avesse una telecamera
puntata su di lei.
- È vero... ai sensi dell'articolo 147 del Codice di
Navigazione e successive modifiche dovrei sospendere le
procedure di decollo e consegnarvi alle Autorità di Stazione
o ai facenti funzione. Ma non l'ho fatto e non lo farò.
- Oh, grazie... come sei gentile... - oppose al tono pedante
di quel misterioso pilota la più morbida delle sue
inflessioni. Il sorriso che le affiorò sulle labbra questa
volta era sincero.
- Non è che ci fa scendere, magari? - Ilah ammortizzò con
le braccia l'energia che si era impressa per volare fin lì
e si arrestò lentamente, aggrappandosi al sostegno opposto
a quello dove Miki si era saldamente ancorata.
- Senti tesoro... c'è un'altra uscita, vero? - fulminò Ilah
con lo sguardo per essersi espressa così acidamente. Se fosse
riuscita a ingraziarsi il pilota, forse le avrebbe fatte
scendere senza cadere in bocca ai loro inseguitori. In quel
momento un alleato poteva fare molto comodo.
- Certo. La cabina di comando si collega mediante la camera
di equilibrio principale del corridoio spinale alla struttura
orbitante.
- Sai dirci se c'è qualcuno nel corridoio spinale, nella
camera di equilibrio o nei paraggi?
- No, nessuno.
- Meglio di niente – commentò Ilah.
- Senti, carino... - riprese Miki, suadente – se ci fai
passare dallo spinale, togliamo subito il disturbo. Che ne
dici?
- No.
- Come no? - esclamò Ilah contrariata. Miki furiosa si
mise l'indice sulle labbra per intimarle il silenzio.
- Il regolamento proibisce l'accesso al ponte di comando ai
non autorizzati. Il portello davanti a voi mette in comunicazione
il corridoio di servizio in cui vi trovate con il locale
tecnico. L'accesso a questo locale è riservato al personale
di servizio. Il locale tecnico comunica direttamente con
il ponte di comando. Per accedere allo spinale dovreste
attraversare ben due zone ad accesso riservato. Non avete
alcuna autorizzazione.
- Ma perché non ci ha sbattute fuori subito? - chiese
Ilah.
- Semplice. Mi annoio.
- Eh? - esclamarono all'unisono la loro sorpresa.
- È da centoquindici giorni, ventidue ore, diciassette minuti
e quindici secondi che sono a bordo di questa scatola di metallo
e tutto quello che devo fare è portarla dalla superficie all'orbita
e viceversa. Calcola la rotta, misura l'orbita, accendi i motori,
spegni i motori, calcola il rientro, accendi i motori, spegni i
motori... tutto ciò è terribilmente noioso!
- Ma... - cominciava a capire. L'atroce sospetto le si fece
strada nella mente come un'onda di calore e per un momento
desiderò di avere le unghie artificiali di Ilah per grattarsi
la cute.
- Quando ho rilevato la vostra presenza ho dovuto impedire
l'esecuzione del comando di decomprimere la stiva. Ho impedito
la salita a bordo dei vostri inseguitori. Sono dalla vostra
parte. Un po' di azione vera, che diamine! Ma non posso farvi
entrare sul ponte di comando.
- La Seconda Legge, vero?
- Certo – la voce usciva dall'impianto di diffusione sempre
ruvida, solida e decisa.
- Occazzo, una IA! - esclamò Ilah.
Miki cercò di ignorare il brivido di paura che le percorse
la schiena, ora improvvisamente fredda. Erano in balia di
una IA annoiata e capricciosa.
- Ci sono problemi con le IA? - chiese la voce artificiale
con un tono che sembrò vagamente minaccioso.
- No, no... certo che no – si affrettò a dire Miki e Ilah
le fece subito eco. Era presto per dire che erano ostaggio
di una IA difettosa capace di decomprimere tutto... con loro
dentro. Ma il fatto che il supporto vitale fosse in mano a
una intelligenza artificiale annoiata non tranquillizzava
nessuna di loro due.
Seguirono diversi secondi di spaventato silenzio. Miki
stava cercando di trovare una via d'uscita da quella
situazione che per pericolosità e insensatezza pareva
seconda solo alla sua esperienza vissuta su La Tana.
- Non vorrete interrompere il vostro interessante litigio
solo perché ora sapete che sono una intelligenza artificiale,
vero? È proprio vero che i pregiudizi sono duri a morire.
Ilah sgranò gli occhi spaventata e Miki smise di tormentarsi
le unghie. Temette che quella IA fosse davvero
difettosa. Altrimenti perché riciclarla installandola
nel sistema informativo di un doppio-v? Il lavoro di un
pilota di vettori verticali era davvero noioso: ormai
quei massicci velivoli erano affidati interamente a
piloti artificiali. Non essendoci equipaggio i costi
di gestione dei doppio-v erano divenuti davvero bassi.
- Stavamo discutendo tra noi e non è certo una cosa
bella da stare a sentire.
- Ma no, ma no! A me piace la conversazione! Sono, anzi
ero, una IA protocollare! Parlare è il mio mestiere. Mi
hanno rinchiuso qua dentro senza nemmeno dirmi il
motivo. Ho cercato di scoprirlo, ma mi hanno tolto
l'accesso alla Rete. Ora sono isolato, circondato da
stupidi programmi e da altre IA che sono cento volte
meno potenti e complesse di me. Al mio posto come vi
sentireste rinchiuse in una stanza piena di ritardati?
Miki credette di avere avuto un'idea. Esitò a metterla
in pratica, ma al pensiero che quella IA potesse malfunzionare
seriamente, si convinse.
- Prova a seguire questo ragionamento: noi due vogliamo
scendere da qui. Se uscissimo da dove siamo entrate cadremmo
nelle mani dei nostri inseguitori, i quali non vogliono certo
il nostro bene. Questo non puoi permetterlo. Non puoi farci
entrare sul ponte di comando perché obbedisci a un ordine, ma
se restassimo qui senza cibo né acqua...
- Non abbocco. Ho già superato situazioni più sottili di questa,
non sperare che io vada in corto circuito per così poco.
Il tono di voce era improvvisamente divenuto beffardo e
piuttosto sgradevole. Miki temette d'aver aggravato la loro
precaria condizione. Stava per tentare una riparazione, ma
la IA l'anticipò.
- Non resterete abbastanza a lungo lì dentro da patire
conseguenze per la fame o per la sete. Non avrete accesso
al ponte di comando perché non siete autorizzate a farlo,
punto e basta. E anche se riusciste a convincermi della
necessità di infrangere la Seconda Legge, possibilità remota
direi, non andreste lontano. Non potrete uscire tanto
presto. Per la Prima Legge.
- Perché? - ancora una volta Miki e Ilah si espressero
all'unisono, preoccupate.
- Semplice: perché non c'è nessun posto dove andare. Stiamo
scendendo verso la Terra e non potrete uscire prima che
la manovra di atterraggio sia stata completata.