9.
L'uomo chiamato Jerrylex guidò ancora a lungo,
rispettoso dei limiti di velocità e attento a non
destare l'attenzione. Si era tolto la giacca col
logo dell'azienda, probabilmente rubata anche
quella, e ora sembrava proprio una persona
qualunque. Ilah cicalò instancabilmente con lui
per tutto il tempo, assillandolo con sua nonna e
con mille domande: in questo modo Miki venne a
sapere cose interessanti sul conto di quell'individuo
altrimenti per lei inclassificabile. Era un hacker
e un pirata della Rete, diventato famoso anni
prima per diversi clamorosi crimini informatici
e soprattutto per non essere mai stato
preso. Divenuto una leggenda per quelli come
Ilah, era scomparso d'un tratto senza lasciare
tracce. Per la sua libertà e la sua reputazione
di imprendibile asso informatico aveva dovuto
pagare un prezzo abbastanza salato, troppo per
i gusti di Miki: l'esilio. Se Jerrylex avesse
tentato di mettere piede su una qualsiasi stazione
orbitante o se avesse tentato di accedere alla
grande Rete che le collegava tutte, sarebbe stato
scoperto e incarcerato. Ammesso che non l'avessero
trovato prima i vendicativi scagnozzi di coloro
che aveva truffato.
Si trovò subito a riflettere sulla propria condizione:
tutto sommato non si sentiva troppo diversa da quel
Jerrylex. Certo, lei non aveva commesso crimini e
stava ben attenta a non finire nei guai con la
legge; cosa che a quel furbastro dai capelli
grigi pareva non interessare minimamente. Ma
anche lei era come esiliata: allontanatasi
dalla lussuosa casa materna, privata dell'affetto
pur distorto e grottesco della madre, se si
fosse fatta viva da quelle parti, lì sulla
Terra, avrebbe rischiato grosso. Sua madre
la stava facendo inseguire per tutto il sistema
solare: se avesse saputo che stava a meno
di duecento chilometri dalla porta di casa,
avrebbe fatto fuoco e fiamme pur di
acciuffarla. Ne era certa. Pensandoci bene,
era piuttosto probabile che lo sapesse. I
doppio-v non avevano altra destinazione che
il pianeta e le zone abitate non erano poi
moltissime. Ai suoi inseguitori sarebbe costato
davvero poco scoprire il punto di atterraggio
e poi riferire al loro capo, cioè sua madre. Miki
si ripromise di fare molta attenzione: al-Qahira
era una città molto grande, di certo molto oltre
i due milioni di abitanti: nascondersi sarebbe
stato facile. Ma quella consapevolezza non
la faceva stare tranquilla.
- Mollala, si è persa...
Per un istante la voce di Ilah emerse sopra
l'ipnotico ronzio del motore e sovrastò a fatica
anche i rumori della strada. Spostò lo sguardo
dalla striscia di grigio asfalto che le scorreva
vicino, appena fuori della cabina del camion,
alla ragazzina. Il sorrisetto impertinente, il
naso leggermente all'insù e gli occhi obliqui e
contornati di scuro che giocavano a nascondino
con i dread viola. Stava parlando di lei.
- Dorme? - la voce dell'uomo, resa vagamente
robotica dal rumore del veicolo in movimento a
velocità costante, accompagnò un breve movimento
della testa. Miki, seduta dietro di lui, colse al
volo gli occhi brillanti dentro lo specchietto
retrovisore interno reso inutile dall'ingombrante
container caricato sul pianale. Durò un solo
istante ma se li sentì dentro, in profondità. Un'onda
di calore le montò nel petto, ma si spense
subito. Infastidita, cercò una nuova posizione
sulla scomoda panca posteriore.
- Nah... fa finta di niente... - il sorrisetto
di Ilah divenne un ghigno insopportabile. Volse
di nuovo lo sguardo allo specchietto, ma ora
rifletteva solo i lunghi capelli grigi e disordinati
di Jerrylex.
- Posso chiamarti Miki o preferisci Beatrix
Vandervelden?
Miki si fece un appunto mentale: strangolare
Ilah appena fosse possibile occultare bene il
cadavere.
- Puoi chiamarmi Miki... ma a un patto.
- Sentiamo.
- Risponderai alle mie domande – disse con
tono deciso, certa di stare dando l'idea di
una che sa quello che vuole. Quel tale le
dava la sensazione di essere uno squalo e
in quel momento era visibile solo la pinna
dorsale.
- Va bene... - si è arreso subito, pensò. È
sicuro di se stesso o non ha nulla da perdere...
o entrambe le cose. Cambiò nuovamente posizione
sul sedile: si sentiva sempre più a disagio.
- Come sapevi che eravamo a bordo? Come sapevi
qual'era il container giusto da caricare?
L'uomo chiamato Jerrylex si fece una breve,
sonora risata. Non poteva vederlo bene in viso
perché le dava le spalle e stava concentrato
sulla strada, ma lo immaginò sorridente.
- Diciamo pure che io sono... amico di una
certa IA.
- Credevo che non potesse comunicare
con l'esterno.
- Balle. Non si pilota un doppio-v senza
poter comunicare.
- I canali di Controllo sono riservati –
obiettò Miki. Nessuno poteva ascoltare le
comunicazioni tra una singola astronave e
Controllo, se non l'astronave cui le comunicazioni
erano dirette.
- Saranno riservati per te, ma non per me –
per un istante il sorriso beffardo sul volto
abbronzato e segnato dall'età ma risparmiato
dalla vecchiaia fu visibile nello specchietto.
- Hey, ma hai capito con chi stai parlando? - si
intromise Ilah. La interruppe prima che potesse
riprendere l'infantile tiritera sulle imprese di
Jerrylex.
- Con un criminale informatico, giusto?
- Con colui che ha salvato il tuo bel didietro.
- Il tuo grosso didietro, direi – l'insolente dai
dread viola sta guadagnandosi un pugno in faccia,
pensò Miki. Ma dovette riconoscere che l'uomo aveva
ragione. Aveva ancora una carta da giocare e decise di
farlo subito.
- Perché l'hai fatto? - chiese con tono acido.
- Fatto cosa?
- Il mio didietro, nonché quello della tua appassionata
ammiratrice. Li hai salvati entrambi. Per quale motivo?
Neanche ci conosci.
- Vero – disse Jerrylex dopo un paio di secondi di
silenzio, impiegati per dare uno sguardo agli specchietti
esterni – Non vi conoscevo. Ma ora vi conosco. E voi
conoscete me. Potete darmi del tu, eh!
Stava prendendo tempo e glielo fece notare con un
tono sempre più aspro.
- Non essere così acida, rilassati... stiamo
andando in città, ho un posticino o due a
disposizione dove potrete rinfrescarvi un
poco. Tutto sembrerà diverso, dopo. E non
ti preoccupare: arriverà per voi anche il
momento per sdebitarsi.
- Non metterti strane idee in testa – replicò
gelida Miki.
- Per chi mi hai preso? Sono una persona per bene io
– rise di nuovo, pacatamente e lei non poté fare a
meno di trovarlo attraente.