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Autore: Tsukuyomi    16/10/2009    7 recensioni
Salve a tutti! Finalmente prendo coraggio e pubblico.
Questa fanfic mi ronza in testa da tanto di quel tempo che ormai si scrive da sola.
Per il momento avrete sotto agli occhi dei futuri Gold Saint, ancora bambini e innocenti (più o meno), alcuni ancora non si conoscono e altri sì, alcuni sono nati nel Santuario e altri no, alcuni dovranno imparare il greco e, di qualcuno, non si sa per quale recondito motivo, non si conosce il nome. Spero che apprezziate. La storia è ambientata ai nostri giorni, per cui, le vicende conosciute avranno luogo nel futuro.
Genere: Comico, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Les enfants terribles Leurak aveva deciso di restare assieme all'annoiato trio per insegnare loro qualcosa.
Mostrò loro le prime mosse che avrebbero comunque imparato nei giorni a seguire, concentrandosi principalmente sulle parate e iniziando a ripetere le frasi che avrebbero sentito per molto tempo, come: “la guardia è la prima cosa che si inizia ad imparare e l’ultima cosa che s’impara”, “sposta quel piede”, “solleva quel braccio”, “ruota la mano”.
I bambini lo seguivano nei movimenti, rapiti dai gesti che col tempo avrebbero imparato a padroneggiare e
dalla fluidità necessaria ad effettuarli.
«Fantastico!» esclamò Shura, felice di muoversi dopo la malattia e  l’immobilità alla quale erano stati sottoposti dal momento che abbandonarono l’abitazione dei due ragazzi che si erano presi cura di loro. Seguiva con interesse le parole e i movimenti del soldato, imitandolo in ogni movimento.
Tyko sembrava più interessato alla forma delle posizioni che all’effettiva correttezza dei gesti. Si muoveva con leggerezza e con calma, benché concentrato ad imitare al meglio le pose che gli venivano mostrate.
Angelo sorrideva seguendo ogni movimento e riproponendolo il più fedele possibile.
Dopo pochi minuti, Leurak mostrò loro qualcosa di diverso, sicuro che avrebbe catturato completamente la loro attenzione.
«Questo è un combattimento simulato.» disse mentre recuperava un calcio frontale con precisione e velocità, dopo aver tirato una serie di pugni.
«Sarebbe?» chiese Angelo inarcando un sopracciglio.
Il soldato sorrise e spiegò con calma.
«Ahhh, fai finta di combattere con qualcuno ma invece sei solo. Potevi dirlo subito.» replicò il bambino girando la testa di lato con fare offeso.
Tyko si lasciò andare ad una risatina, mentre Shura bramava di sapere di più, ignorando il comportamento dell'amico.

«Cercate di seguire i miei movimenti, non vi riusciranno subito forse, però sono le mosse più semplici che conosco.»
Voltò le spalle ai bambini e si mise in guardia, alzando le braccia a proteggere volto e torace e divaricando le gambe.
Si assicurò che i bambini si posizionassero al meglio e poi si mise perfettamente davanti a loro, e quando fu certo di avere tutta l’attenzione del trio, spostò in avanti un piede e con l’altro sferrò un calcio, diretto al fianco dell’ipotetico avversario. Riprese la posizione e mimò una serie di pugni veloci indirizzati all’addome, al torace ed infine al collo dell’invisibile fantoccio. Mentre agiva spiegava ai bambini cosa stesse facendo, in modo che per loro sarebbe stato più facile imitarli.
Ripetè nuovamente i movimenti, questa volta seguito dai bambini.
Simularono il combattimento alcune volte.
«E se il tizio è più alto?» proruppe  Angelo fermando la corsa del pugno e lasciando Leurak con gli occhi sgranati. Non sapeva come rispondere.
«Più alto?» domandò fissando gli occhi scarlatti del piccolo italiano.
«Più alto, come tu sei più alto di me.»
Il siciliano si avvicinò minaccioso a Leurak e mimò al meglio i gesti, colpendolo prima sulla coscia e poi sull’inguine.
Leurak non fu in grado di parare o controbattere.
Non si aspettava una “risposta” del genere.
S’inginocchiò a terra, col fiato spezzato dal pugno in una zona troppo delicata e al momento non protetta dai consueti abiti. Aveva gli occhi spalancati, sentiva il respiro mancare e una forte nausea iniziare a manifestarsi.
«A-angelo – rantolò – avverti prima di colpire…lì…»
«Perché?» domandò il bambino incuriosito.
Shura e Tyko si avvicinarono a Leurak che si accasciava lentamente a terra, preoccupati.
«Stai bene?» domandarono.
Angelo, dal canto suo, a braccia conserte, attendeva  che l’improvvisato maestro si riavesse e gli desse una risposta.
«Ehi, che succede se l’avversario è più alto?»
«Angelo, lo hai appena visto…vinci in un secondo se il tuo avversario è tanto idiota da non pararsi e non prevedere un pugno sulle p… sull’inguine.»
Angelo sorrise beffardo, si guardò il pugno e annuì soddisfatto. Aveva appena sconfitto un adulto.
Dopo pochi secondi un altro dubbio gli sfiorò la mente ed espose il suo problema.
«E se è più basso?»
Leurak, nell’udire la terra calpestata dal piccolo guerriero che si avvicinava nuovamente, scattò in piedi e gli rispose.
«Lo colpisci sui denti, glieli fai saltare e non potrà mai più masticare.»
Shura e Tyko si guardavano curiosi di capire le intenzioni dell’amico.
Dopo alcuni minuti si riebbe, si ricompose e sorrise al bambino.
«Sei forte, piccolo!» gli disse mentre gli scompigliava i capelli d’argento.
«Forte…» ripetè flebilmente osservandosi i pugni serrati.

La lezione fu interrotta da uno scarmigliato e sbadigliante Galgo.
«Che si fa qui?» chiese grattandosi la testa, per poi passare al mento, maledicendo la ricrescita della barba.
«Non dirmi che ti sei appena svegliato.» gli domandò Leurak con un tono da presa in giro.
«Eh, la notte in bianco non ci voleva, ci rimetterò un po’ a ricordarmi come si dorma di notte. Basta non dormire una sola volta per stravolgere le abitudini di anni.» gli rispose con un sorriso atto a mascherare un piccolo moto di vergogna.
«Bravo, tu a dormire e io a lavorare.» insistette Leurak nella sua presa in giro.
«Tu che lavori e non fai svolazzare struzzi!? Tu!? Non ci credo.»
«Gli struzzi non volano, ignorante!»
«Ma tu pur di non lavorare saresti in grado di farli volare. Ma che fate? »
«Mi faccio prendere a pugni da un bambino di cinque-»
«Sei.» intervenne immediatamente Angelo per puntualizzare.
Leurak gli rivolse uno sguardo omicida per poi rivolgersi di nuovo al compagno d’arme.
«Sei anni.»
Angelo, sovraeccitato raccontò a Galgo tutto quello che era accaduto, partendo dall’arrivo del piccolo Camus all’allenamento, concludendo infine con il mirabolante racconto dei colpi assestati all’improvvisato maestro.
«E ha detto che sono forte!!»
Gli brillavano gli occhi mentre raccontava, e il viso brillava di una luce che ancora non aveva visto illuminargli il volto.
L’irlandese scoppiò a ridere, soddisfatto della bravura del proprio allievo.
Parlarono per qualche minuto, sinché non videro Kanon, Saga e Aiolos fare ritorno dalle arene in cui si svolgeva il proprio allenamento. Non molto lontano gli altri ragazzi, visibilmente stanchi e affamati, li seguivano, capeggiati da Ankel.

I due adulti li salutarono con gioia prima di domandar loro come stesse andando l’addestramento.
«Bene.» risposero Saga e Kanon assieme.
«João ci ha insegnato diverse cose nuove.» continuò Saga.
Aiolos si avvicinò a Shura, che ancora ripeteva i pochi colpi imparati.
«Ruota il pugno quando pari.» gli disse, distraendolo dal combattimento.
Lo spagnolo rimase interdetto per un istante e fissò il compagno con fare interrogativo.
Il giovane greco mostrò quello che intendeva, ruotando il polso mentre sollevava il braccio che avrebbe parato un colpo proveniente dall’alto.
«Con la rotazione, fai in modo che il braccio dell’avversario subisca la vibrazione dell’impatto. In questo modo, dopo pochi colpi non sarà più in grado di insistere. Fa troppo male.»
Gli sorrise. Forse era riuscito a sciogliere il mutismo dello spagnolo.
«Grazie.» gli rispose Shura, un po’ imbarazzato e cercando di riprendere l’allenamento.
«Se vuoi dopo cena possiamo allenarci assieme.» propose Aiolos con uno sguardo conciliante.
«Va bene.»
Shura si dimostrava sempre più un bambino di poche parole, esprimendosi spesso con un solo sguardo.
Il greco fu soddisfatto dalla risposta affermativa e si diresse placidamente verso i templi che ospitavano i dormitori e la mensa.
«A più tardi allora.» disse, salutando lo spagnolo con un gesto della mano, senza voltarsi.

Galgo osservò Kanon mentre gli raccontava l’allenamento e tutti i progressi fatti in due giorni.
Sembrava fosse più sereno, ma era ovvio a suo avviso, il leggero complesso d’inferiorità che aveva nei confronti del fratello.
Benché entrambi venissero trattati allo stesso modo, e come loro tutti gli altri ragazzi, sembrava che Kanon sapesse o in qualche modo sentisse quanto fosse speciale il gemello.
Saga aveva meno difficoltà nell’apprendere le nuove tecniche con cui venivano bombardati tutti i giorni, ma quello che maggiormente lo faceva sentire piccolo e inetto era la grande bontà che dimostrava avere nei confronti di tutti.
Kanon stesso più di una volta non aveva esitato nell’estorcere qualcosa agli altri con qualche piccola prepotenza, mentre Saga, esattamente a suo contrario, era solito privarsi per dare agli altri. Fosse un pezzo di pane alla mensa o un consiglio.
Sembrava non fare nessuna preferenza verso i ragazzi che si affiancavano loro nel cammino, mentre lui aveva costruito un leggero cerchio di amicizia nel quale alcuni potevano usufruire di tutti i suoi favori, mentre chi ne era fuori sarebbe potuto morire sotto il suo sguardo che lui non si sarebbe mosso.
L’irlandese scattò nel vedere l’occhiata di disprezzo che Kanon rivolse ad Ankel al momento del suo passaggio. Non era possibile che due ragazzini provassero un tale odio nei confronti dell’altro senza un motivo apparente.
Ankel aveva dimostrato più volte di avere un carattere forte, ma mai aveva visto un tale atteggiamento palesarsi in quel modo. Lo sguardo sprezzante di Kanon fu ricambiato completamente e senza indugio.
Non si dissero una parola, solo un rapido scambio di sguardi per niente rassicurante.
Galgo cominciò a sentirsi di troppo, erano tangibili le scariche di elettricità tra i due bambini, si chiedeva solo se un’antipatia a pelle potesse degenerare fino a quel punto.
I suoi pensieri vennero interrotti dalle nutrici che si avvicinarono a richiamare i ragazzi e a riprendere tutti i più piccoli. L’ora della cena si avvicinava.
Galgo e Leurak rimasero soli e in silenzio nel guardare i ragazzi che, parlottando tra loro, seguivano le giovani donne.
«E quindi ti sei fatto prendere alla sprovvista da Angelo. Vergognati.»
«Vergognarmi? Non credevo che avrebbe fatto così come ha fatto. Io non mi ero mai posto il problema dell’altezza dell’uomo invisibile che picchio.»
«Questo dovrebbe farti capire quanto sono speciali questi bambini.»
«Lo so che sono speciali, ed è stato dolorosissimo apprenderlo. Molto doloroso. Moltissimo.»
Il cavaliere d’argento dei Cani da Caccia si lasciò andare ad una risata, per poi chiedere al compagno come fosse andata la missione di Akylina.
«Bene, ora ho un figlio di tre anni che si chiama Camus e parla solo francese. Prima che me lo chieda tu: sì, vivrà con me e Akylina finché non saprà parlare il greco, grazie. E’colpa tua.»
Spostava i ciottoli dell'arena con un piede mentre parlava, fissando la terra ocra.
«Di che ti lamenti? Non dirmi che non sei in grado di prendertene cura? Stai sempre con i piccoli.»
«Sì, ma non devo preoccuparmi che mangi, che non scarti le verdure, non devo imparare a dirgli “non fare così” in francese.  – trasse un sospiro – Non so come comportarmi. Non ci so fare con i bambini in queste condizioni e ora, grazie alle curiosità di Angelo, probabilmente non potrò averne e quindi non scoprirò mai cosa significa avere un figlio e resta colpa tua perchè Angelo ce lo hai portato tu, qui.»
Galgo si lasciò andare ad un'altra risata, sapeva già che sarebbe stata colpa sua qualunque cosa quel giorno, ma indirizzò di nuovo il discorso verso Akylina.
«Non essere ridicolo. Piuttosto, dove posso trovarla?»
«Non lo so, volevo che il piccolo facesse subito amicizia, o che almeno ci provasse, con gli altri monelli, ma non so cosa siano andati a distruggere Milo e Aiolia.»
«Sempre in moto quei due.» sorrise immaginando a quale passatempo poco costruttivo si fossero dati quella sera.
«Magari è a casa, mi è sembrata provata dal viaggio. Fai un tentativo. Se la trovi è lì, altrimenti spargeremo il Santuario di manifesti promettendo una ricompensa a chi li trova. Ad esempio una serata in mia compagnia sarebbe un premio molto ambito.»
«Wow! Scommetto che tutti si darebbero da fare. Piuttosto vai a farti un impacco freddo, non vorrei che tu non possa riprodurti davvero, che mondo sarebbe senza tuoi discendenti?»
«Non ne ho il coraggio, poi non lo ritroverò mai più...» disse sconsolato, dirigendosi verso la mensa per farsi dare un po’ di ghiaccio. Galgo lo guardò allontanarsi e s'incamminò alla ricerca di Akylina e del nuovo arrivato.

-

Mentre Leurak rimase con Shura, Tyko e Angelo, Akylina fece fare un giro per il Santuario al piccolo francese, speranzosa di trovare i suoi coetanei.
Li vide tutti seduti per terra con le orecchie tese attorno ad una nutrice intenta a raccontare loro una storia.
Sorrise nel vedere che Milo e Aiolia avevano smesso di distruggere il Santuario e ascoltavano tranquilli quello che la giovane raccontava loro.
Quasi nessuno si rese conto del loro arrivo e solo in pochi si voltarono; solo uno si alzò per accogliergli.
La nutrice sgridò il bambino che si era alzato ignorando totalmente le regole che erano state enunciate all’inizio del racconto, ma non ottenne l’attenzione desiderata.
Milo si diresse di corsa, con un sorriso dolce e spensierato, verso il nuovo arrivato e lo salutò calorosamente rovesciandogli sopra una marea di parole.
«Ciao! Io sono Milo, starai bene qui, siamo in tanti e ci trattano bene. Diventiamo amici?»
Akylina, a malincuore, dovette bloccare l’impetuosità del piccolo greco.
«Milo, non ti capisce, parla solo francese.»
«E insegnagli il greco. Cos’è il francese?»
«La lingua che si parla in Francia. »
«E la Francia cos’è?»
«Uno stato. Milo, facciamo così: tu mi dici quello che vuoi dire a lui e io glielo traduco. Ci stai?»
Il bambino annuì contento e cominciò a bombardare di frasi e parole la giovane donna, che lo fermò nuovamente, rimproverandolo.
«Una frase per volta Milo.»
Il bimbo non accettò il rimbrotto e sbuffò sonoramente, incrociando le braccia al petto e mettendo su il broncio.
Si era offeso. Lui si stava solo dimostrando ospitale e gentile nei confronti del nuovo arrivato, non meritava quella strigliata. Girò la testa per sottolineare il suo disappunto e serrò gli occhi con forza. Camus nel frattempo osservava divertito il comportamento di quel bambino allegro e vivace. Sorrideva nel vedere le buffe espressioni e le smorfie che il greco cambiava in continuazione.
Quando Milo decise di esse rimasto oltraggiato per un arco di tempo sufficientemente lungo, girò piano la testa, aprendo solo un occhio, per poter scrutare le reazioni del nuovo arrivato. Gongolò nel vederlo divertito dal suo comportamento.
«Akylina – proruppe impetuoso come suo solito - Digli il mio nome!»
La donna levò gli occhi al cielo chiedendosi quale male avesse fatto per meritarsi tutte le pantomime di Milo e lo accontentò. Si accucciò accanto al francese e parlò.
«Camus, il est Milo [Camus, lui è Milo].»
Il rosso francese annuì e sollevò la mano trillando un allegro «Hé![Ciao!]».
Milo accolse quel gesto di saluto con rinnovato entusiasmo  e iniziò nuovamente a tempestare Akylina di parole da tradurre, quando si rese conto di non aver afferrato il nome del bambino.
«Akylina, come si chiama?»
«Camus»
«Mi insegni il francese? Così posso parlare con lui. Mi piace, ha dei bei capelli.»
Akylina rise alla richiesta di Milo e la accettò annuendo col capo.
Si era accorta che anche Camus era attratto da Milo così come Milo lo era da Camus. Sicuramente sarebbe nata una bella amicizia.
«Se ci tieni si – rispose semplicemente – ma tra qualche tempo lui imparerà il greco. Non c’è bisogno che impari il francese.»
«Ma io voglio parlargli ora» Milo mise nuovamente su il broncio, offeso. Voleva parlare subito a quel bambino e voleva farlo in francese.
Niente gliel’avrebbe impedito.
«Dai Milo, torna dagli altri e segui il racconto. Noi andiamo a fare il bagno e a riposare. Siamo appena tornati e siamo stanchi. Ok? »
«Ok – fece sconsolato  il piccolo greco – ma poi possiamo giocare assieme? Così lo conosce anche Aiolia e giardiniamo tutto. Abbiamo strappato tanta erba e si è rotto un gradino.»
La giovane sorrise e scosse la testa, era arrivato il momento in cui Milo, come ogni volta che lo incontrava, le raccontava le sue mirabolanti gesta. Aiolia, volente o nolente, si ritrovava sempre coinvolto nelle sue malefatte, sebbene anche lui fosse un piccolo tornado. Ma niente in confronto a Milo.
«Milo, come si è rotto il gradino?» chiese, sicura che avrebbe ascoltato una storia incredibile.
«Stavo strappando l’erba ed è venuto via. Aiolia lo ha fermato così – mimò l’impresa erculea dell’altro greco, sottolineando quanto fosse pesante il pezzo di marmo che sosteneva – e io mi sono salvato.»
Il futuro guerriero era convinto che chiunque prendesse per veritieri i suoi racconti e non mancava mai di esagerare un po’.
«No! – esclamò la ragazza – Per fortuna che Aiolia ti ha salvato!»
Non si era reso conto che esagerando in quel modo avrebbe sottolineato la forza di Aiolia e non la sua, ma cambiò rapidamente versione.
«Ma io ho salvato Aiolia! Il gradino lo stava schiacciando e io l’ho preso e tirato via.»
Camus ascoltava senza capire e guardava il piccolo attore mimare l’accaduto. Rideva, tenendo stretta la mano di Akylina, che dopo poco rimandò Milo dagli altri.
«Certo, Milo! Ora vai a sentire il resto della storia.»
Obbedì di buon grado e corse a riprendere posto sul pavimento.
Akylina poté finalmente avviarsi verso casa. Camus non parlava tanto dopo le mille domande che le aveva fatto in aereo, si limitava a commentare le cose che lo incuriosivano.
Quando furono arrivati  nella casetta che la ospitava assieme a Leurak, condusse il bambino nella sua stanza da letto e gli mostrò il letto che avrebbero diviso per mancanza di spazio.
Il bambino storse il naso. Era abituato a dormire da solo e non sembrava ben’intenzionato a dover dividere il giaciglio.
« Pourquoi il y a seulement un lit? Où je dors? [Perché c’è solo un letto? Dove dormo?]»
« Nous dormirons ensemble. - gli disse Akylina con tono tenero – Est-ce que tu ne veux pas dormir avec moi? [Dormiremo assieme. Non vuoi dormire con me?]»
«Non. Je veux dormir tout seul. [No. Voglio dormire da solo.]»
Non sapeva davvero come accontentarlo. Avrebbe potuto sfrattare Leurak dalla sua stanza, ma poi probabilmente, avrebbero dovuto dividere la stessa stanza. Già le battutine su una loro presunta storia d’amore fioccavano numerose al Santuario, non le sembrava il caso di dare ai compagni pettegoli l’ennesimo spunto. Avrebbe potuto chiedere a Leurak di trasferirsi per un po’ da João e Miach, ma c’erano buone possibilità che l’amico rifiutasse di disturbare gli altri.
Non aveva scelta, doveva convincere il bambino ad accettare quella situazione.
«Camus n'est pas place pour mettre un autre lit et je ne saurais pas où en chercher un autre. Allors sois bon et tu résistes pour quelque jour. [Camu, non c’è abbastanza spazio per mettere un altro letto e non saprei dove trovarlo. Sii buono e resisti per qualche giorno.]»
«Non . Je veux dormir tout seul. [No. Voglio dormire da solo.]»
«Plus tard nous en parlons. Maintenant nous allons nous faire le bain.[Ne parleremo più tardi. Ora andiamo a fare il bagno.]»
«Bien!»
Il piccolo francese era contento di lavarsi, sembrava che gli piacesse l’acqua e passò diversi minuti a giocare col liquido trasparente.
Subito dopo la doccia, Akylina lo mise a letto e si sedette su un bordo. Gli fece qualche carezza e aspettò che si addormentasse per poi coricarsi accanto a lui e riposare.
Nel momento esatto in cui il sonno s’impossessava del bambino la donna lo sentì chiaramente sussurrare «Milo est où? [Dov’è Milo?]»
Sorrise nel sentirlo parlare del bambino conosciuto poco prima, sembrava davvero che si fossero trovati. In quell’istante ebbe la certezza che tra quei due bambini si sarebbe instaurata una bella amicizia, speranzosa che potesse durare nel tempo, si abbandonò anche lei sul materasso, raggiungendo in poco tempo il bambino nel regno del dio del sonno.

Dormirono per tutta la sera e la notte; il rapimento, la fuga e il viaggio avevano tolto loro ogni energia e il riposo durante il viaggio non era stato rinvigorente. Si svegliarono alle prime luci dell’alba. Tirava un venticello leggero e fresco che impose loro di coprirsi. Si avvicinarono nel letto senza alzarsi. Rimasero un po’ a crogiolarsi nel tepore delle lenzuola, finché Leurak non fece il suo ingresso nella camera della compagna come un uragano. Portava in mano un vassoio sul quale aveva messo due tazze di latte e dei biscotti.
«Bonjour! – trillò contento – Giù dal letto dormiglioni. Mi avete fatto cenare solo come un cane pulcioso e malato ieri sera, non ve lo perdonerò. Ho dovuto chiedere asilo politico a Galgo e João.»
«Allora non hai mangiato da solo, ilithie.» rispose allungando la mano per prendere la maschera e avvicinarsela, pronta ad indossarla appena mangiato. Durante la giornata precedente non l’aveva indossata, reduce dal viaggio.
Sion si era dimostrato benevolo e non l’aveva redarguita per la mancanza. Benché il Gran Sacerdote tenesse particolarmente che ogni regola venisse rispettata, le aveva tacitamente fatto quella piccola concessione, forse per premiarla per la buona riuscita della missione.
«Sempre acidina appena sveglia, eh? Comunque, che avete fatto ieri pomeriggio mentre mi facevo castrare dai discepoli del rosso e del portoghese?»
«Ho seguito il tuo consiglio e ho portato il piccolo a conoscere gli altri bimbi. Castrare?»
«E’ una storia lunga che forse un giorno ti racconterò. Ma piuttosto, hai visto Galgo ieri? Ti cercava, credo che volesse conoscere il nuovo acquisto del Santuario.»
«No, non l’ho visto. Però ho trovato Milo.» finita la frase Akylina si stiracchiò imitata dal piccolo francese che nonostante i capricci del giorno prima non sembrava disturbato dal fatto di aver diviso il letto.
Leurak porse il vassoio ai due che iniziarono a mangiare con  gusto.
Mentre il piccolo francese si lamentava della temperatura del latte, troppo caldo per i suoi gusti, Akylina e Leurak parlarono dell’incontro tra Camus e Milo e raccontò lui l’impresa del gradino.
«Adoro Milo – disse Leurak – è così spigliato! Inoltre appena sarà un po’ più grande lo prenderò sotto la mia ala e metteremo a ferro e fuoco il Santuario. Oh dèi, ci sarà da divertirsi.»
I pensieri del mongolo già erravano pensando agli scherzi che avrebbero fatto. Venne riportato con i piedi per terra da Akylina, che gli fece notare che Milo si era rivelato uno dei prescelti dalla dea. Avrebbe indossato un’armatura in futuro.
«Quindi? – Leurak le rivolse uno sguardo superbo – Non pensare che chi indossi un’armatura non possa essere amante degli scherzi. Tu sarai la nostra prima vittima. Non dimenticarlo.»
Finita la frase si alzò dal letto, e un salto fu  fuori dalla porta. Akylina tirò un cuscino all’amico, che facendo capolino tra gli stipiti esortò la donna e il piccolo a finire la colazione.

Dopo pochi minuti, i tre erano pronti a recarsi dal Gran Sacerdote, in modo che la giovane avesse modo di raccontare tutti gli avvenimenti per filo e per segno e, forse, domandare a Sion chi fosse Yuri. Leurak aveva deciso di far fare un giro turistico al piccolo prima che il sole autunnale s’imponesse completamente su quello estivo.
Mentre si dirigevano verso il tempio scelto per accogliere i nuovi arrivati, s’imbatterono in una carovana di bambini, in fila a due a due. Camus osservò con curiosità i suoi coetanei e cercò con lo sguardo il bambino che gli aveva fatto le feste il giorno prima.
Non c’era. Chiamò Akylina strattonandole la mano e disse:
«Milo est où? [Dov’è Milo?]»
«Je ne sais pas, il devrait être ici [Non lo so, dovrebbe essere qui.]» gli rispose con tenerezza per poi guardarsi intorno ad osservare tutte le testoline che le sfilavano davanti, coinvolgendo poi anche Leurak nella ricerca.
Sembrava che il piccolo greco non fosse presente.
Fermarono una delle nutrici e le chiesero  dove stavano conducendo i piccoli.
« Li portiamo a fare una passeggiata per il Santuario – rispose la nutrice che accolse per prima Shura, Angelo e Tyko – il Sommo Sacerdote desidera che comincino a seguire qualche lezione dalla settimana prossima e prima che inizino avevamo intenzione di farli svagare un po’.»
La nutrice parlava con un tono di voce tanto dolce che Camus si ritrovò a pendere dalle sue labbra, senza capire neanche una parola. Esordì rivolgendosi alla giovane:
«Où il est Milo? Est-ce que tu le sais?[Dov’è Milo? Tu lo sai?]»
La nutrice si guardò intorno con aria smarrita, ma Akylina fu rapida nel tradurre le parole del piccolo.
«Vuole sapere dov’è Milo. Si sono conosciuti ieri.»
«Oh, Milo! » la giovane scrutò attentamente i bambini e sbiancò non trovandolo. Cominciò a chiamarlo, sperando che il bambino si facesse vivo. Amava sparire e farsi trovare, ma non era il momento migliore per fare scherzi.
La donna greca informò Akylina della mancanza di Milo all’appello e il piccolo Camus si lasciò andare ad un sorriso divertito  nel vedere tutto quello scompiglio. Altre nutrici si misero a cercare il bambino, coinvolgendo alla fine anche Leurak.
Aiolia si guardava intorno, poco interessato all’ennesima sparizione dell’amico, sicuro che sarebbe saltato fuori da lì a poco.
Rivolse una leggera occhiata a Camus, chiedendosi se quel bambino fosse quello che aveva rapito le attenzioni di Milo.
La sera prima gli aveva parlato tanto del nuovo arrivato e dei suoi capelli; rossi come il fuoco e belli.
Il giovane soldato fece una rapida corsa tra alcune rovine e trovò il piccolo intento a correre dietro ad un gattino che si era avventurato nel Santuario.
«Milo! Ti cercano tutti! Che stai combinando?»
«Guarda! Un gatto!»
Leurak si avvicinò al piccolo e si accovacciò al suo fianco.
«E’ molto carino, ma ora dobbiamo tornare dagli altri, sono tutti preoccupati. Devi avvertire quando ti allontani.» il mongolo cercò di rimproverarlo con dolcezza, era normale che un bambino di tre anni si facesse rapire da tutto quello che vedeva. Milo si voltò a guardare l’adulto e abbassando la testa sussurrò con un filo di voce «Sinchòrame. [Perdonami.]»
«Fa nulla, ma ora andiamo.» il soldato scompigliò i capelli della piccola peste e cercò di afferrargli la mano per riportarlo dagli altri. Milo, però, fu lesto nel gettarsi a rincorrere il micio. Non si sarebbe mosso di lì sinché non fosse riuscito a fargli una carezza. Il mongolo prese per lui il gattino e glielo affidò, chiedendogli espressamente di trattarlo bene. Il bambino lo stritolò tra le braccia e schioccò un sonoro bacio sulla testa del cucciolo. Lo rimise a terra e si avviò, in solitaria, verso il luogo da cui era venuto.









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Ed ecco qui il quattordicesimo capitolo!!
Grazie mille a tutti i lettori e a chi ha voluto lasciare una recensione. Oggi sono di poche parole, approfittatene.

Ricklee.
Dai che non ti ho fatto aspettare troppo! Forse è il primo capitolo dove tutti i personaggi vengono nominati TUTTI! Mi faccio i complimenti da sola.
Tesoro, grazie mille per la recensione e tutto! Alla prossima!
Un bacione!

miloxcamus.
Ma poveri piccoli sculacciati! Però quando ci vuole ci vuole, ma non troppo forte!
L'idea è quella di farli diventare cavalieri all'età decisa da Kurumada, anche se per Shura ho qualche problema visto che l'autore afferma che sia diventato cavaliere all'età di dieci anni, ma nella side-story a lui dedicata si parla di otto anni. Ma credo che seguirò le parole di Masami. Grazie mille e alla prossima, un bacione!!

Himechan.
Tanto per spoilerarti un po' di cose: Yuri si farà nuovamente vivo, ma non ti dico come, dove, quando e perchè. A suo tempo ricomparirà.
Grazie mille per i complimenti, le bacchettate e le immagini *.*! Sei semplicemente e adorabilmente folle!! Voglio Nemo-Jem!
Un bacione!

nikkith.
Eh, cara. Non so se Leurak è innamorato di Akylina, ma direi che sicuramente è molto interessato e anche lei sembra non sdegnare la presenza del giovane scemotto. Ogni cosa a suo tempo!
La pseudo-coppia e Galgo e Jo
ão ti sono grati, e sperano che continuerai a seguirli. Dopotutto ormai il Santuario è quasi al completo. Grazie mille per il commento e alla prossima! Un bacione!

Gufo_Tave.
Grazie mille, i tuoi commenti sono sempre preziosi!
Hai ragione, avrei potuto indugiare un po' di più sulla fuga dalla Russia ma direi che ormai il danno è fatto.
Sono felice che ti sia piaciuto il capitolo. A presto e grazie ancora!!

whitesary.
Le petit Camus, per te il francese è morto e sepolto, per me non è mai nato.
Ti restituisco tutti i numeri di Lost Canvas, e finalmente posso riavere il mio adorato tavolo, però, ahem, non so come dirtelo...ti ho colorato El Cid, in verde e rosa, come se fosse un namecciano.
Non si fa, vergogna. Mi autopunisco.

Saruwatari_Asuka.
Vedi che Death Mask ha un buon motivo per avercela con i computer? Eh, non sbaglia mai lui.
Coraggio su col morale e pensa a quel povero giovine che è Leurak, forse non potrà mai riprodursi, e il mondo senza di lui sarebbe triste. Voglio dire, avremo un idiota in meno, ma avremo in meno un idiota simpatico, il che è vero peccato. Per curiosità, a chi hai associato Yuri? Stai tranquilla e ti spedisco Leurak con un paio di corvacci a casa. Mi raccomando, mai buttarsi giù e sempre a testa alta! Grazie per la tua stupenda onnipresenza!!
^_^
Un bacione! 






   
 
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