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Autore: Novelist Nemesi    21/10/2009    1 recensioni
-Di solito la polizia concede la grazia alle persone come lei. Dopotutto, lei è una vittima… Ciò significa che forse anche nella polizia c’è qualche persona che collabora con questa gente. Non può fidarsi di nessuno, e l’esapserazione l’ha portata qui…- L si trova di fronte a un nuovo caso. Con questa storia Nemesi torna nell'universo di EFP, affrontando un tema diverso. Sperando di riuscire a colpirvi, Nemesi vi augura buona lettura come sempre!
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Watari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Vi avviso sin da subito che questo capitolo è leggermente diverso dagli altri!

Quella fu una delle poche volte in cui riuscì a prendere sonno. Sentiva un bisogno impellente di chiudere gli occhi, e lasciarsi andare per un po’ all’incertezza. Il vedere tutto nero, a volte, gli dava un senso di pace. Vedeva in quel nero la curiosità che lo aveva sempre pervaso, che l’aveva portato a divenire il più grande detective del mondo intero, quello che aveva sempre risposte a tutto, con tanto di prove.
Eppure, davanti a quel buio, persino lui si sentiva piccolo, come qualunque essere umano.
A volte si ritrovava a pensare cosa ne sarebbe stato di lui se avesse condotto una vita normale. Frequentare un normale liceo, diplomarsi, uscire con qualche amico, avere un lavoro tutto sommato come tutti.
Più ci pensava e più si convinceva che quella vita gli sarebbe stata stretta, banale. Sin da piccolo non voleva ridursi così. Pochissima gente al mondo si poneva le stesse domande che si poneva lui, quasi nessuno vedeva le cose così come stavano, quasi nessuno era interessato a cercare qualcosa. Delle risposte, ad esempio, su qualunque cosa.
Forse era proprio per questo che era diventato detective. Si avvicinava molto allo “scoprire tutto”.
Caroline disse che la curiosità uccideva. Fino a che punto, dunque, si poteva essere curiosi? Perché la voglia di sapere era spesso vista come un qualcosa di negativo?
Dunque lui era il peccato?
Non vedeva mai nulla di male nel voler smascherare, rendere tutto più chiaro, come la sua pelle. Era sicurissimo che Caroline si sbagliava, non c’era nulla di male in quello che faceva.
Non si sentiva nemmeno ficcanaso. Difatti, andava a scavare solo in cose che lo interessavano a tal punto da provocargli quasi un ossessione.
La domanda che sorgeva dunque era: perché si era talmente incuriosito (a lui fa comodo pensarla così, come una semplicissima curiosità) da quelle prostitute? Certo, era un caso mai affrontato finora. Eppure, non era un caso così complicato, senza neanche farsi pagare come suo solito, o meglio, con una somma molto minore rispetto al suo standard del milione di dollari.
Provava forse compassione per loro, ma di solito quei sentimenti li lasciava nel mondo fuori dal suo lavoro, quello che era diventato una ragione di vita. Una ragione di vita che nessuno capiva, nessuno lo incoraggiava, a parte Watari indirettamente. Nessuno si congratulava con lui ogni volta che portava a termine qualche difficile caso. Però a lui andava bene così. Non cercava riconoscimenti, per quello che gli importava poteva anche lasciare che la polizia o chicchessia si prendesse tutti i meriti. A lui bastava aver risolto il caso, così si sentiva in pace con sé stesso. a lui bastava saziare, anche se per poco, quella curiosità che lo rendeva particolare agli occhi degli altri.
Lasciandosi trasportare da quelle convinzioni, non passò molto tempo che dal buio passò a tante immagini che scorrevano veloci nella sua testa. Vedeva distintamente Caroline con il figlio in braccio, e quelle persone nella fotografia. Queste persone però parlavano, attraverso la foto, e ridevano anche. Parlavano proprio di Caroline e delle altre ragazze, deridendole per quello che facevano tutto il santo giorno. Che tristezza, per quelle ragazze, sottostare ai capricci di quelle persone e farsi anche sottovalutare così!
Lui si aggirava tranquillamente tra quelle immagini, come un fantasma, finchè non capitò nella stanza di Caroline. Non riusciva a riflettersi allo specchio, mentre la figura di Caroline era ben distinta, si pettinava i capelli, li avvolgeva in una treccia e la disfava subito dopo, ricominciando il rito. Quel gesto gli ricordo un libro italiano, in cui la protagonista era dannatamente simile a Caroline. Solo che nel libro questa ragazza lo faceva per scelta, almeno inizialmente. La pratica di pettinarsi i capelli*, però, era tale e quale, ma in quel momento non sapeva dire se per Caroline aveva la stessa funzione.
Anche chiamandola, non riceveva risposta. Decise di lasciarla alle sue beghe e andare avanti per la sua strada, arrivando di fronte alla figura di Erin senza però un volto.
Cercava di toccare quel viso senza espressioni, ma la sagoma gli sfuggiva tra le dita come fumo. Stavolta era contrariato, frustrato nel non riuscire a raggiungere qualcosa, nel raggiungere la verità. Voleva sapere.
Riaprì gli occhi stanchi, con l’incertezza nel cuore, così come si era addormentato. Senza nemmeno pensarci si alzò dalla poltrona, grattandosi la testa, per precipitarsi poi al computer con tutti i dati raccolti finora.
A L non piaceva molto stare a dormire, o almeno non troppo. In primis perché per lui era una perdita di tempo, e poi perché dormire, e quindi sognare, il più delle volte, rendeva ancora più insaziabile la voglia di soddisfare la propria curiosità.

Non riuscì a combinare appuntamenti con altre donne, così dovette tornare da Caroline. Quando entrò, imbacuccato fino al midollo, la trovò davanti allo specchio a pettinarsi i capelli, proprio com’era nel sogno.
Lei si girò sorridente, lo raggiunse prima che lui potesse levarsi l’impermeabile, e gli afferrò la testa.
-Bentornato, signor Lewis…- sussurrò lei con voce sensuale
-Cosa…- ma non ebbe il tempo di replicare che le labbra di Caroline si fecero vicinissime al suo collo, posando le mani all’interno dell’impermeabile, dove giaceva addormentata la testolina di Nathan.
-Il tempo è prezioso, signor Lewis. Vogliamo continuare quello che stavamo facendo l’altra volta?- per non rischiare di ritrovarsi spintonata cercò di sussurrare come meglio poteva –Hanno installato delle telecamere-
Merda, questo sì che era un guaio! E adesso? I casi erano due: o lo facevano davvero, o trovavano in qualche rocambolesco modo una soluzione. Fare finta, magari. Ma se c’erano davvero delle telecamere allora L on poteva togliersi il cappotto, costretto a tenere il bambino per tutto il tempo. E se nathan si svegliava? No, no, doveva andarsene, immediatamente!
-D’accordo…- rispose L avvicinando le labbra all’orecchio di lei. Caroline ne approfittò subito, simulando qualche respiro.
-In che direzione?-
Lei fece finta di farsi trasportare, e lo portò vicino al muro dello specchio –Mi sono messa di spalle-
-Perfetto, resta così- facendo qualche passo indietro fece in modo di trovare qualche muro per appoggiarsi. Sbottonò di pochissimo il cappotto, in modo che lei potesse vedere il piccolo.
-Oggi però le devo dare una brutta notizia. Ho un impegno importante e non potrò trattenermi a lungo-
-Allora non faremo fino in fondo- lei fece per abbassarsi, verso il piccolo, assicurandosi che non pianga. Nel frattempo faceva finta di accarezzarlo qua e là, e lui non poteva che fingere di provare piacere.
Dopo un po’ lei si riappoggiò al suo orecchio. Lei era di spalle, lui aveva il cappotto, bastava muovere le vesti di poco per far credere a qualunque che lì dentro una prostituta stesse lavorando.
-Non venire più qui- sussurrò lei –Non farti più vedere in volto-
-Ovvio che no… Lo terrò a mente-
Quando lo ritennero necessario, fecero finta che fosse tutto finito, ed L era già pronto ad andarsene. Non prima di aver ottenuto qualche altra informazione
-Hanno deciso all’improvviso di mettere le telecamere. Se ci ribelliamo ci ammazzano. I clienti non si accorgono che ci sono. E poi, devo ringraziarti…-
-Di cosa?- L guardava di tanto in tanto il punto dove doveva essere la telecamera, assicurandosi che sussurrava abbastanza piano.
-Tu sei l’unico che viene qui senza quelle intenzioni-
-Figurati… Fai attenzione tu. Vi tirerò tutte fuori di qui, tra non molto-
Se ne andò, con un brivido che lo percorreva su tutto il corpo. Aveva forse fatto lui qualche passo falso? Eppure non trovava angoli ciechi nelle sue strategie. Che fosse stato un po’ avventato a mostrarsi così e venire di persona forse sì, ma cosa li aveva spinti ad agire? Forse watari aveva destato qualche sospetto?
Di colpo pensò che solo Erin poteva intralciare notevolmente la sua strada.

* Il libro in questione è Cento Colpi Di Spazzola Prima Di Andare A Dormire, da cui è stato tratto il film Melissa P. Spero che vi sia piaciuto! grazie a tutti voi che leggete, ci vediamo al prossimo capitolo!
  
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