Insisteva
per un incontro, della massima urgenza e in gran segreto, durante il
quale gli
avrebbe comunicato le conclusioni concernenti il caso.
-Avete
già trovato una soluzione?-
L
riattaccò senza rispondere. Esauriente, non
c’è che dire.
Non
la salutò nemmeno quando arrivò nella stanza,
indicandole la poltrona di
fronte. Erin si sedette un po’ preoccupata.
-Erin,
non ha niente da dirmi?- disse L che giocherellava con delle zollette
di
zucchero, senza neanche guardarla in faccia.
Erin,
in tutta risposta, fece una faccia stupita.
-E’
sempre stata a casa? È mai stata in posti isolati,
pericolosi, sospetti? Si è
mai sentita osservata, in questi giorni?-
-No…
Sono sempre stata a casa, e quando uscivo ero con Watari-
-Ha
tenuto contatti con familiari o conoscenti?-
-Cosa
significa tutto questo…?- la voce le tremava un
po’ –Sembra che improvvisamente
sospettiate di me…-
-Non
ho detto questo- ma lo stava pensando.
Erin
non faceva che guardarlo con occhi pieni di stupore e paura.
-Erin,
sa che sono state installate delle telecamere negli appartamenti delle
sue
colleghe?-
-Perché?!-
chiese lei alzandosi dalla poltrona
L
la esortò a riaccomodarsi –Speravo che questa
risposta me la deste voi-
-Allora
sospettate davvero di me!- non riusciva a stare ferma, si
rialzò di scatto
dalla poltrona –Come potete?! Io sono venuta a pregarvi in
ginocchio di
aiutarmi, io vi ho portato il bambino qui, io ho cercato
l’aiuto di qualcuno!
Come potrei essere così meschina da fingere, proprio io che
mi trovo nella
stessa situazione?!-
L
continuava a non guardarla in faccia, sbriciolando con le mani le
zollette
–L’unica spiegazione allora è che vi
siete fatta seguire o che qualcosa nel
vostro comportamento vi ha tradito…-
-Io
sono stata attenta! Se davvero mi hanno spiata devono essere stati
proprio
furbi!-
-E
va bene. Torni a casa, e cerchi di non farne parola con nessuno di
quanto sta
accadendo. Anzi, già che ci siamo, lasci qui il cellulare e
qualunque
apparecchio con cui può essere rintracciata. Se deve
chiamare qualcuno, lo faccia
sapere a Watari, che farà in modo di usare un numero cifrato-
-Ma…-
-E’
tutto- si limitò a dire L.
Osservava
da diverso tempo il cellulare di Erin, posato sul tavolino. Era
piuttosto
rovinato, di un rosa spento, a cui era attaccato un coniglietto come
strap. Il
display esterno mostrava la batteria quasi scarica, lampeggiava di una
lucetta
rossa e segnava l’ora in caratteri grandi. Prese il
telefonino, con cautela, e
velocemente premette dei tasti in modo da vedere i messaggi. Nessuno
salvato,
nessuno tenuto come bozza e nessuno inviato. Anche il registro delle
chiamate
era quasi vuoto. C’erano parecchie chiamate ricevute della
voce “Mamma” e altri
numeri non salvati, risalenti comunque a parecchio tempo fa.
-Che
ingenua…- disse L sorridendo. Poi si rivolse a Watari,
appena tornato –Watari,
esiste un modo per recuperare i messaggi o le chiamate cancellati dalla
memoria
di un telefono?-
-Certo.
È possibile anche sentire le conversazioni-
-Perfetto.
Questo è il telefono di Erin. Mi raccomando a te-
E
se erano fortunati riuscivano a ritrovare il numero di qualche persona
importante. in particolare, L ripensava a quel Christopher
improvvisamente
scoparso. Caroline l’aveva descritto come un uomo rude, un
vile, disgustoso. ma
aveva anche altro a cui pensare.
Le
telecamere, maledette… Perché le avevano messe? E
soprattutto, come faceva
adesso a vedere caroline e le altre ragazze, semmai ce ne fosse stata
occasione? Addio scambio di informazioni, addio tutto. Nel frattempo
quelli
potevano far sparire tutte le prove compromettenti e lui tornava al
punto di
partenza.
Poteva
far finta di accorgersi per caso delle telecamere sotto le spoglie di
Lewis e
protestare. Ma coe, e con quale scusa?
Non
poteva mica fingere all’infinito di fare sconcezze! Prima o
poi se ne sarebbero
accorti. E se invece se ne erano accorti già da allora?
-L,
alcuni numeri appartengono a degli uomini rispettabili di mezza
età, molto
probabilmente clienti di Erin-
-Ottimo
lavoro, Watari-
-In
particolare, c’è il numero di questa persona-
Quando
L vide la foto, restò inizialmente sorpreso, ma poi la sua
faccia si fece
compiaciuta: era uno degli uomini nella foto!
-Quand’è
che ha chiamato?-
-Si
fa sentire spesso. Ieri risulta che abbia chiamato sedici volte, quasi
tutte
della durata di cinque secondi ciascuno. L’unica chiamata che
dura ben un
minuto è dell’altro ieri-
-Significa
che Erin non gli ha riattaccato il telefono in faccia…-
mordicchiandosi il
pollice, si mise ad osservare un punto vuoto della parete. Cosa
nascondeva
Erin? Cosa aveva a che fare con quell’uomo, e
perché lui la chiamava così
spesso? Spia? Però era effettivamente strano che lei, corsa
disparatamente a
cercare aiuto, potesse vendersi così. E con Caroline? Ora
che ci pensava, non
gli era passato per la testa di chiedere della loro
“amicizia”, aveva altro per
la testa.
Più
che mai aveva bisogno di incontrarla, ma con le telecamere?