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Autore: Lovy91    31/10/2009    3 recensioni
La storia è ambientata nel 2009, a Los Angeles. Alisha Moore aveva una vita normale come tutte le adolescenti: un ragazzo, un'amica che considera come una sorella, andava bene a scuola e una famiglia al di sopra della media. Fino a una mattina in cui le hanno fatto notare che era pallida... Da quel momento, una terribile verità la sommerge. Sta cambiando... Sta per diventare una Different... Una persona dotata di capacità al di fuori della norma. Così, viene mandata al Collegio, una scuola dove adolescenti come lei vengono aiutati a gestire le proprie capacità. Però, lei ha qualcosa di diverso... perfino per la sua nuova razza...
Genere: Romantico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chiedo scusa tantissimo per avervi fatto aspettare ma l'ultimo anno di liceo chiama al dovere e in più il mio PC ha un virus che me lo impalla un giorno si e uno no e perciò sono costretta ad adeguarmi! Ringrazio chi legge, commenta e l'ha messa nelle preferite e nelle seguite!



17. Una cosa sola prima della fine


Lasciammo la camera che in teoria era mia. Ero andata lì alla ricerca di qualcosa di cui solo Sullivan era a conoscenza e non si erano premurato di dirmelo. Aveva avuto solo due visioni neanche molto d'aiuto, devo dire.
Si, ma in fondo io cosa volevo? Cosa cercavo?
<< Alisha >> mi chiamò Kristen.
Mi voltai. << Si? >>.
<< Dovremo cercare altro. Non possiamo andarcene così >>. Sospirai e vidi che anche gli altri erano d'accordo e ricominciammo a camminare per il corridoio. Le altre porte erano chiuse e io e Liliane ci accertammo che fossero “pulite”. Scoraggiati, arrivammo all fine del corridoio. Ero veramente giù per non essere riuscita a concludere niente. Con la coda nell'occhio, vidi Cameron tastare la parete alla mia destra.
<< Che fai? >> gli domandai, avvicinandomi con gli altri anche loro con un punto interrogativo nella testa. Lui non rispose e continuò a tastare la parete. Si allontanò di tre passi dal muro e mosse di scatto la mano verso destra. Sentimmo chiaramente un cigolio.
<< Una porta segreta! >> esclamò Justin.
<< È chiusa a chiave quindi dovremo esercitare più forza >>. Cameron mi fece segno di avvicinarmi. La prima volta non avemmo successo. La seconda idem. Alla terza riuscimmo a esercitare la telecinesi contemporaneamente e la porta si spalancò. Ne uscì un odore di muffa orribile unito a una nube di polvere che svanì subito. Delle scale apparvero davanti a noi, color bianche e ripide.
Alan fece un passo indietro. << Scordatevelo! Io lì non ci metto piede! >>.
Alzai gli occhi al cielo. << Andiamo! >>. Lo trascinai agitando la mano destra appena e ignorai le sue proteste. Quando anche Kristen ebbe varcato la soglia, una folata di vento chiuse la porta. Peccato che non ci fossero finestre.
<< Visto?! >> esclamò Alan. Lo liberai dalla mia presa mentale e lui si irritò parecchio. Justin tentò di aprire la porta ma quella non cedette.
<< Cazzo! >> bisbigliai e gli altri sorrisero: sapevano che non era da me dire parolacce. Cameron mi strinse una mano e cominciammo a camminare per il corridoio buio.
<< Non si vede nulla! >> si lamentò con un gemito di dolore Cassi dopo essere inciampata per la seconda volta. Ero già in testa a tutti e mi venne un idea. Alzai i palmi delle mani in all'insù e li infiammai. Una brillante luce illuminò il corridoio nel raggio di un metro.
<> disse Liliane con una risatina.
Sbuffai. <>.
<< Okay capo! >> dissero in coro, sull'attenti, Cameron compreso.
Resistetti all'impulso di dare fuoco a tutti (si, anche al mio ragazzo. Sono aggressiva quando mi ci metto) e tornammo sui nostri passi e dopo un centinaio di metri eravamo alla fine. Dovevo ammettere di avere una certa ansia. Io cuore cominciò ad accelerare la sua corsa.
Attorno a me sentivo la stessa ansia e agitazione. In Liliane panico. Cameron si offrì di aprire la porta. Lentamente cigolò. Noi tenevamo il respiro fermo, quasi ci fosse un odore terribile nell'aria. L'ansia cominciò a crescere sempre di più e io ne fui immersa, sopportando anche il loro e Alan non era messo meglio. Il panico degli altri mi attanagliò e le fiamme si spensero nel buio. Le urla di Liliane e Kristen terrorizzate mi fecero venire un infarto assurdo.
La porta si era aperta ed era una stanza. C'era una finestra, la debole luce del giorno illuminava i nostri volti. Le mie amiche erano morte di paura. Liliane si stringeva ad Alan e lo lasciò subito. Con la coda dell'occhio vidi Kristen tra le braccia di Justin. A differenza di Liliane lei non si scostò. Justin non sembrava neanche sorpreso. Le sensazioni erano positive in mezzo alla paura che cominciava a diminuire.
Da quando era un Different e li avevo conosciuti ero certa di non averli mai visti in atteggiamenti del genere. Li vedevo sempre come amici. Cos'era successo quell'estate? Il che mi portò a chiedermi anche...
Ma non c'era tempo. Dovevano fare una cosa importante e non era il tempo di perdesi in gossip (ma Kristen poteva stare certa che non appena l'avrei pescata da sola l'avrei tormentata di domande!).
Eravamo andati lì per me quindi io dovevo entrare in quella stanza. Non era niente di che. Solo una stanza.
In tre passi ero dentro.
Era quadrata con le pareti spoglie. Due sedie sbilenche e una vecchia scrivania rotta in più punti.
<< Ma non c'è niente qui! >>.
Non appena finii la rase la porta si chiuse di botto e senza darmi il tempo di rendermene conto. Fece appena in tempo ad accorgermi dei miei amici e del mio ragazzo lanciarsi verso la porta in chiusura, urlando il mio nome.
Io impallidii.
La sua voce.
<< Ciao Alisha. Bentornata a casa nostra >>.
Mi voltai così lentamente da vedere ogni dettaglio della stanza.
Melinda era seduta sulle sedia e da chissà quanto tempo era lì. Ci avrei messo la mano sul fuoco (anche se non mi sarei fatta nulla) che poteva rendersi invisibile. E io stupida non ci aveva pensato.
Charlie non c'era. Non sentivo le sue emozioni e la sua presenza. Dentro la stanza avvertivo solo quella di Melinda. Fuori quella dei miei amici ma non c'era bisogno: le loro voci erano inconfondibili. Charlie era lì con qualche “amico”.
Il mio sguardo si puntò nel suo.
<< Come facevi a saperlo che sarei venuta qui? >>.
Scoppiò a ridere. Una risata fredda che mi fece accapponare la pelle. Affilò lo sguardo. << Alisha... La scuola è la mia piccola distributrice di visioni su di te. Proprio come questa casa lo è per te >>.
Ero in panico totale. Era un gesto da codarda e ne ero consapevole: corsi verso la porta e cercai di aprirla ma quella era chiusa come a chiave. Ci battei le mani e mi ricordai di essere intangibile. Però non passavo. Mi appiattii contro il muro.
<< Charlie blocca la porta >> disse, leggendomi nel pensiero. << I tuoi amici sono al sicuro... Per ora >>
<< Lasciali andare! >> protestai. << Tu vuoi me! >> aggiunsi, posando una mano sul petto per rendere il concetto più chiaro.
<< Si, è vero >> ammise. << Però i testimoni sono scomodi >>.
<< Da quando ti preoccupi di questi problemi? Io l'ho visto! >>. Non c'era bisogno che le dicessi cosa. Lo capiva benissimo da sola e senza leggermi nel pensiero.
Non batté ciglio come se non le riguardasse. << Bella scena? >>.
Era fredda, insensibile. Un mostro. Non le importava di niente. Il valore della vita per lei non c'era. Ricordai il sorriso di quella bambina nel video: dov'era finita? Era questo che comportava essere geni? Si diventava come lei?
Se ci fossi stata in casa quella sera, avrebbe ucciso anche me. Scossi la testa. Come potevo condividere dei geni con lei? Come?
<< Son che anche tu eri una bambina indaco! >> dissi, ricordandomene.
<< Alisha, temporeggiare non ti servirà >> disse, inarcando un sopracciglio biondo.
<< Non ho mai detto di volerlo fare >>. Ero paralizzata, come se un veleno m fosse stato iniettato e bloccata.
<< Vuoi uccidermi? >> mi domandò. Sorrise.
<< Si>> dissi con voce tremante.
Rise ancora. << Uccidere non è lontanamente facile come credono gli innocenti >> storse le labbra sull'ultima parola, acido nella sua bocca.
<< Stronzate! >> urlai contro di lei. << Avevi dieci anni! Eppure hai ucciso! >>.
<< Ho detto innocenti: io non lo sono mai stata >>.
<< Senza dubbio >> dissi. Sentii lo stomaco contorcersi. Era d'accordo con lei. Maledizione.
<< Ti è piaciuta casa nostra? >>.
<>.
<< Oh, Alisha! >> disse con un tono tragico. << Smettila con questo muro. Sei mia sorella >>. Sillabò l'ultima parola.
<< No! >> la contraddissi con forza.
Ormai era una sfida di sguardi reciproci che io non ero intenzionata a perdere. Melinda incrociò le braccia e mi fissò.
<< Allora... perché non mi rendi le cose semplici e ti fai uccidere? Potrei anche farti meno male così >>.
Le feci un gestaccio esplicito che non facevo mai. L'avevo fatto solo una volta a un tipo a quattordici anni che aveva osato sfiorarmi il sedere in un bar con gli amici. << Indovina dove te lo devi mettere il tuo buonismo? >>.
Quella parole non dovevano esserle piaciute e il gestaccio aveva aiutato perché sparì dalla mia vista, pronta ad attaccarmi. Io mi misi sull'attenti, certa che il cuore mi sarebbe scoppiato al battito successivo. Un secondo trascorso lento e torturatore, con la sensazione di poter vedere di colpo tutto buio e spegnermi, come quando qualcuno spegne la luce in una stanza. Solo che io non avrei potuto riaccenderla se fosse successo.
Se era la resa dei conti, volevo portare almeno lei con me.
Una bruciatura dolorosa all'altezza del gomito mi fece lacrimare e gemere di dolore. Faceva malissimo e io mi intontì per pochi attimi sufficienti a mandarmi contro un muro. Reagì fortunatamente, coprendo la bruciatura che mi diede un sollievo incredibile e mi staccai dal muro. Evitai abbassandomi qualcosa di affilato che andò a conficcarsi nel muro per poi sparire. Doveva possedere lo stesso potere di Cassie.
In un momento di lucidità mi preoccupai anche dei miei amici. Le presenze erano attive, vive. Voleva dire che stavano bene anche se erano pieni di paura e contro qualche amico di Melinda e Charlie.
Lei seguitava a restare invisibile e mi stufai alquanto. Con del ghiaccio, lanciai delle piccole sfere per colpirla e cercare di vederla. Al quinto tentativo ci riuscì e la sbalzai contro i resti della scrivania. Un tonfo sordo e un gran rumore e lei riapparì con una guancia graffiata e un livido al braccio destro. Mi avvicinai però lei si rialzò e prima che potessi accorgermene mi ritrovai con le sue mani alla gola e sbattuta contro un muro.
Come diavolo aveva fatto?
<< Dovresti studiarti un po' di poteri>> disse tra le risate. << Mai sentiva la super velocità? >>.
Agitai le gambe nel tentativo di darle un calcio ma le forze fisiche stavano venendo meno. Era come se l'energia dei muscoli stesse svanendo mentre il cervello rimaneva perfettamente attivo. Quant'era sadica.
<< Ultime parole? >>.
<< Tre: vai al diavolo! >>. Ottenni un unico risultato ovvero un doloroso livido sulla testa per il colpo ricevuto scontrandomi con il muro.
Scosse la testa. << Non dovresti dire cose tipo... Cameron mi mancherai... Cameron mi manchi... >>.
<< Non osare pronunciare il suo nome! >> sbottai piena di rabbia. Evitai di pensare a quello che Melinda aveva in mente per lui. Anche se non leggevo nel pensiero non ci voleva un genio.
<< A questo punto... addio >>. In perfetta coincidenza, le sue dita serrarono la mia gola ancora di più, togliendomi il respiro. Bel modo di morire.
Fino a pochi mesi prima, non avrei mai immaginato di finire così. La mia vita era qualcosa di lontano a quello che vivevo (e stava per finire oltretutto) attuale. Anzi, ragionandoci meglio, era solo una farsa. In quel momento tragico venni attraversata dalla consapevolezza che la mia vita era finta.
I miei genitori: non erano quelli biologici. I veri erano morti.
Mia sorella Serenity: non era lei. La mia vera sorella, per quanto detestassi ammetterlo, era Melinda. Una pazza assassina, ex bimba prodigio. E aveva ucciso i nostri genitori.
La mia condizione umana: era finta anche quella. Dentro di me c'era quell'alta possibilità di diventare quello che ero realmente.
Dylan: sotto era un vero idiota.
E il resto andava a unirsi a quella vita che adesso consideravo falsa. Una sorta di copertura per celare la realtà.
Era stata forse più felice da Different che in quasi sedici anni da umana.
Altro ossigeno che andava via.
Avevo ancora poco tempo per pensare, quindi era meglio sfruttarlo al meglio.
Chissà cosa avrebbero fatto i miei dopo la mia morte... Che domanda stupida mi ero fatta. Ero stata la loro speranza di crescere un figlio anche se poi era arrivata Serenity. E i miei amici? Janet?
E... Cameron?
Abbassai lo sguardo, ormai il cervello annebbiato. Notai un particolare. Nell'enfasi di volermi uccidere, Melinda mi aveva lasciato le mani libere. Potevo annullare i poteri e renderla normale. Quella regola che mi aveva spiegato.
Le alzai con la poca forza rimasta e stavo per toccarla. Lei sgranò gli occhi e tentò di fermarmi ma non lo feci per lei. Un botto e la porta era aperta. In qualche modo, erano riusciti a deconcentrare Charlie. Cameron fissava la scena, gli occhi terrorizzati.
<< No Cameron! >> riuscì a farfugliare. Volevo salvare lui e fermare lei. Ma Cameron non mi diede retta: Melinda venne scaraventata contro la parete opposta della stanza e io caddi a terra, una gran botta. Tossicchiai, riprendendo ossigeno a circolare nei polmoni e l'annebbiamento stava sparendo. Cameron mi abbracciò, stringendomi.
<< Stai bene? >>.
<< Si >> sussurrai, alzandomi. Melinda era livida di rabbia. Charlie entrò nella stanza, due graffi sul viso. Sbirciai oltre la soglia e i loro “amici” erano a terra o scappavano. I miei, erano salvi. Sospirai di sollievo.
Cameron strinse la mia mano e mi trascinò dietro di lui in una corsa folle oltre la porta. Charlie tentò di fermarci però si scontrò con delle lingue di fuoco che lo fecero retrocedere. Le mia amiche sembravano intenzionate a darmi abbracci e compagnia ma non c'era tempo.
<< Prendetevi per mano! >> strillai, prendendo quella di Cameron e Justin.
<< Non andrai da nessuna parte! >> urlò Melinda e Charlie le fece eco.
Urlai di sbrigarsi. Kristen e Cassie stavano per prendersi per mano quando gli occhi di tutti andarono a me. Due risate invasero l'aria.
Quelli delle mie amiche si impegnarono di lacrime e dei miei amici di incredulità. Cameron strinse la mia mano quasi a volermela staccare. Mi fissava con gli occhi sbarrati e colmi di lacrime.
Li guardai uno ad uno prima di abbassare lo sguardo e guardare la lama che mi aveva trapassato lo stomaco da parte a parte. Subito il cuore rallentò la sua corsa, il sangue a scorrere più lento e addensarsi il quello squarcio, colando a terra.
Non potevo morire in quel momento. Dovevo morire, ormai era chiaro. Ma prima dovevo salvare i miei amici.
La lama sparì: era una proiezione mentale. Ma non la ferita.
<< Le mani... >> riuscì a dire. << Prendetele, non lasciatevi >>. Dovevo trovare la forza in quell'oceano di dolore fisico e mentale per portarli via.
Le mani di Cameron e Justin tremavano e io anche. Ormai le immagini cominciavano a diventare sfocate minuto dopo minuto e dovevo muovermi. Il buio ci inghiottì tutti, un urlo arrivò alle mie orecchie ma anche un'altra risata: era felice.
Il pavimento di pietra del castello toccò le suole delle mie scarpe e la luce dorata che filtrava dalla finestre i miei occhi quasi spenti. Le mani del mio ragazzo e di Justin lasciarono le mie. Le voci del preside e le urla disperate di mia madre straziarono le mie orecchie e sembravano provenire da lontano.
Le persone a cui volevo bene erano la sicuro.
Caddi a terra.
Ora potevo morire.

   
 
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