Chiedo scusa tantissimo per avervi fatto aspettare ma l'ultimo anno di liceo chiama al dovere e in più il mio PC ha un virus che me lo impalla un giorno si e uno no e perciò sono costretta ad adeguarmi! Ringrazio chi legge, commenta e l'ha messa nelle preferite e nelle seguite!
17. Una cosa sola prima della fine
Lasciammo
la camera che in teoria era mia. Ero andata lì alla ricerca di
qualcosa di cui solo Sullivan era a conoscenza e non si erano
premurato di dirmelo. Aveva avuto solo due visioni neanche molto
d'aiuto, devo dire.
Si, ma
in fondo io cosa volevo? Cosa cercavo?
<<
Alisha >> mi chiamò Kristen.
Mi
voltai. << Si? >>.
<<
Dovremo cercare altro. Non possiamo andarcene così >>.
Sospirai e vidi che anche gli altri erano d'accordo e ricominciammo a
camminare per il corridoio. Le altre porte erano chiuse e io e
Liliane ci accertammo che fossero “pulite”. Scoraggiati,
arrivammo all fine del corridoio. Ero veramente giù per non essere
riuscita a concludere niente. Con la coda nell'occhio, vidi Cameron
tastare la parete alla mia destra.
<<
Che fai? >> gli domandai, avvicinandomi con gli altri anche
loro con un punto interrogativo nella testa. Lui non rispose e
continuò a tastare la parete. Si allontanò di tre passi dal muro e
mosse di scatto la mano verso destra. Sentimmo chiaramente un
cigolio.
<<
Una porta segreta! >> esclamò Justin.
<<
È chiusa a chiave quindi dovremo esercitare più forza >>.
Cameron mi fece segno di avvicinarmi. La prima volta non avemmo
successo. La seconda idem. Alla terza riuscimmo a esercitare la
telecinesi contemporaneamente e la porta si spalancò. Ne uscì un
odore di muffa orribile unito a una nube di polvere che svanì
subito. Delle scale apparvero davanti a noi, color bianche e ripide.
Alan
fece un passo indietro. << Scordatevelo! Io lì non ci metto
piede! >>.
Alzai
gli occhi al cielo. << Andiamo! >>. Lo trascinai agitando
la mano destra appena e ignorai le sue proteste. Quando anche Kristen
ebbe varcato la soglia, una folata di vento chiuse la porta. Peccato
che non ci fossero finestre.
<<
Visto?! >> esclamò Alan. Lo liberai dalla mia presa mentale e
lui si irritò parecchio. Justin tentò di aprire la porta ma quella
non cedette.
<<
Cazzo! >> bisbigliai e gli altri sorrisero: sapevano che non
era da me dire parolacce. Cameron mi strinse una mano e cominciammo a
camminare per il corridoio buio.
<<
Non si vede nulla! >> si lamentò con un gemito di dolore Cassi
dopo essere inciampata per la seconda volta. Ero già in testa a
tutti e mi venne un idea. Alzai i palmi delle mani in all'insù e li
infiammai. Una brillante luce illuminò il corridoio nel raggio di un
metro.
<
Sbuffai.
<
<<
Okay capo! >> dissero in coro, sull'attenti, Cameron compreso.
Resistetti
all'impulso di dare fuoco a tutti (si, anche al mio ragazzo. Sono
aggressiva quando mi ci metto) e tornammo sui nostri passi e dopo un
centinaio di metri eravamo alla fine. Dovevo ammettere di avere una
certa ansia. Io cuore cominciò ad accelerare la sua corsa.
Attorno
a me sentivo la stessa ansia e agitazione. In Liliane panico. Cameron
si offrì di aprire la porta. Lentamente cigolò. Noi tenevamo il
respiro fermo, quasi ci fosse un odore terribile nell'aria. L'ansia
cominciò a crescere sempre di più e io ne fui immersa, sopportando
anche il loro e Alan non era messo meglio. Il panico degli altri mi
attanagliò e le fiamme si spensero nel buio. Le urla di Liliane e
Kristen terrorizzate mi fecero venire un infarto assurdo.
La porta
si era aperta ed era una stanza. C'era una finestra, la debole luce
del giorno illuminava i nostri volti. Le mie amiche erano morte di
paura. Liliane si stringeva ad Alan e lo lasciò subito. Con la coda
dell'occhio vidi Kristen tra le braccia di Justin. A differenza di
Liliane lei non si scostò. Justin non sembrava neanche sorpreso. Le
sensazioni erano positive in mezzo alla paura che cominciava a
diminuire.
Da
quando era un Different e li avevo conosciuti ero certa di non averli
mai visti in atteggiamenti del genere. Li vedevo sempre come amici.
Cos'era successo quell'estate? Il che mi portò a chiedermi anche...
Ma non
c'era tempo. Dovevano fare una cosa importante e non era il tempo di
perdesi in gossip (ma Kristen poteva stare certa che non appena
l'avrei pescata da sola l'avrei tormentata di domande!).
Eravamo
andati lì per me quindi io dovevo entrare in quella stanza. Non era
niente di che. Solo una stanza.
In tre
passi ero dentro.
Era
quadrata con le pareti spoglie. Due sedie sbilenche e una vecchia
scrivania rotta in più punti.
<<
Ma non c'è niente qui! >>.
Non
appena finii la rase la porta si chiuse di botto e senza darmi il
tempo di rendermene conto. Fece appena in tempo ad accorgermi dei
miei amici e del mio ragazzo lanciarsi verso la porta in chiusura,
urlando il mio nome.
Io impallidii.
La sua
voce.
<<
Ciao Alisha. Bentornata a casa nostra >>.
Mi
voltai così lentamente da vedere ogni dettaglio della stanza.
Melinda
era seduta sulle sedia e da chissà quanto tempo era lì. Ci avrei
messo la mano sul fuoco (anche se non mi sarei fatta nulla) che
poteva rendersi invisibile. E io stupida non ci aveva pensato.
Charlie
non c'era. Non sentivo le sue emozioni e la sua presenza. Dentro la
stanza avvertivo solo quella di Melinda. Fuori quella dei miei amici
ma non c'era bisogno: le loro voci erano inconfondibili. Charlie era
lì con qualche “amico”.
Il mio
sguardo si puntò nel suo.
<<
Come facevi a saperlo che sarei venuta qui? >>.
Scoppiò
a ridere. Una risata fredda che mi fece accapponare la pelle. Affilò
lo sguardo. << Alisha... La scuola è la mia piccola
distributrice di visioni su di te. Proprio come questa casa lo è per
te >>.
Ero in
panico totale. Era un gesto da codarda e ne ero consapevole: corsi
verso la porta e cercai di aprirla ma quella era chiusa come a
chiave. Ci battei le mani e mi ricordai di essere intangibile. Però
non passavo. Mi appiattii contro il muro.
<<
Charlie blocca la porta >> disse, leggendomi nel pensiero.
<<
I tuoi amici sono al sicuro... Per ora >>
<<
Lasciali andare! >> protestai. << Tu vuoi me! >>
aggiunsi, posando una mano sul petto per rendere il concetto più
chiaro.
<<
Si, è vero >> ammise. << Però i testimoni sono scomodi
>>.
<<
Da quando ti preoccupi di questi problemi? Io l'ho visto! >>.
Non c'era bisogno che le dicessi cosa. Lo capiva benissimo da sola e
senza leggermi nel pensiero.
Non
batté ciglio come se non le riguardasse. << Bella scena? >>.
Era
fredda, insensibile. Un mostro. Non le importava di niente. Il valore
della vita per lei non c'era. Ricordai il sorriso di quella bambina
nel video: dov'era finita? Era questo che comportava essere geni? Si
diventava come lei?
Se ci fossi stata in casa quella sera, avrebbe
ucciso anche me. Scossi la testa. Come potevo condividere dei geni
con lei? Come?
<<
Son che anche tu eri una bambina indaco! >> dissi,
ricordandomene.
<<
Alisha, temporeggiare non ti servirà >> disse, inarcando un
sopracciglio biondo.
<<
Non ho mai detto di volerlo fare >>. Ero paralizzata, come se
un veleno m fosse stato iniettato e bloccata.
<<
Vuoi uccidermi? >> mi domandò. Sorrise.
<<
Si>> dissi con voce tremante.
Rise
ancora. << Uccidere non è lontanamente facile come credono gli
innocenti >> storse le labbra sull'ultima parola, acido nella
sua bocca.
<<
Stronzate! >> urlai contro di lei. << Avevi dieci anni!
Eppure hai ucciso! >>.
<<
Ho detto innocenti: io non lo sono mai stata >>.
<<
Senza dubbio >> dissi. Sentii lo stomaco contorcersi. Era
d'accordo con lei. Maledizione.
<<
Ti è piaciuta casa nostra? >>.
<
<<
Oh, Alisha! >> disse con un tono tragico. << Smettila con
questo muro. Sei mia sorella >>. Sillabò l'ultima parola.
<<
No! >> la contraddissi con forza.
Ormai
era una sfida di sguardi reciproci che io non ero intenzionata a
perdere. Melinda incrociò le braccia e mi fissò.
<<
Allora... perché non mi rendi le cose semplici e ti fai uccidere?
Potrei anche farti meno male così >>.
Le feci
un gestaccio esplicito che non facevo mai. L'avevo fatto solo una
volta a un tipo a quattordici anni che aveva osato sfiorarmi il
sedere in un bar con gli amici. << Indovina dove te lo devi
mettere il tuo buonismo? >>.
Quella
parole non dovevano esserle piaciute e il gestaccio aveva aiutato
perché sparì dalla mia vista, pronta ad attaccarmi. Io mi misi
sull'attenti, certa che il cuore mi sarebbe scoppiato al battito
successivo. Un secondo trascorso lento e torturatore, con la
sensazione di poter vedere di colpo tutto buio e spegnermi, come
quando qualcuno spegne la luce in una stanza. Solo che io non avrei
potuto riaccenderla se fosse successo.
Se era
la resa dei conti, volevo portare almeno lei con me.
Una
bruciatura dolorosa all'altezza del gomito mi fece lacrimare e gemere
di dolore. Faceva malissimo e io mi intontì per pochi attimi
sufficienti a mandarmi contro un muro. Reagì fortunatamente,
coprendo la bruciatura che mi diede un sollievo incredibile e mi
staccai dal muro. Evitai abbassandomi qualcosa di affilato che andò
a conficcarsi nel muro per poi sparire. Doveva possedere lo stesso
potere di Cassie.
In un
momento di lucidità mi preoccupai anche dei miei amici. Le presenze
erano attive, vive. Voleva dire che stavano bene anche se erano pieni
di paura e contro qualche amico di Melinda e Charlie.
Lei
seguitava a restare invisibile e mi stufai alquanto. Con del
ghiaccio, lanciai delle piccole sfere per colpirla e cercare di
vederla. Al quinto tentativo ci riuscì e la sbalzai contro i resti
della scrivania. Un tonfo sordo e un gran rumore e lei riapparì con
una guancia graffiata e un livido al braccio destro. Mi avvicinai
però lei si rialzò e prima che potessi accorgermene mi ritrovai con
le sue mani alla gola e sbattuta contro un muro.
Come
diavolo aveva fatto?
<<
Dovresti studiarti un po' di poteri>> disse tra le risate.
<<
Mai sentiva la super velocità? >>.
Agitai
le gambe nel tentativo di darle un calcio ma le forze fisiche stavano
venendo meno. Era come se l'energia dei muscoli stesse svanendo
mentre il cervello rimaneva perfettamente attivo. Quant'era sadica.
<<
Ultime parole? >>.
<<
Tre: vai al diavolo! >>. Ottenni un unico risultato ovvero un
doloroso livido sulla testa per il colpo ricevuto scontrandomi con il
muro.
Scosse
la testa. << Non dovresti dire cose tipo... Cameron mi
mancherai... Cameron mi manchi... >>.
<<
Non osare pronunciare il suo nome! >> sbottai piena di rabbia.
Evitai di pensare a quello che Melinda aveva in mente per lui. Anche
se non leggevo nel pensiero non ci voleva un genio.
<<
A questo punto... addio >>. In perfetta coincidenza, le sue
dita serrarono la mia gola ancora di più, togliendomi il respiro.
Bel modo di morire.
Fino a
pochi mesi prima, non avrei mai immaginato di finire così. La mia
vita era qualcosa di lontano a quello che vivevo (e stava per finire
oltretutto) attuale. Anzi, ragionandoci meglio, era solo una farsa.
In quel momento tragico venni attraversata dalla consapevolezza che
la mia vita era finta.
I miei
genitori: non erano quelli biologici. I veri erano morti.
Mia
sorella Serenity: non era lei. La mia vera sorella, per quanto
detestassi ammetterlo, era Melinda. Una pazza assassina, ex bimba
prodigio. E aveva ucciso i nostri genitori.
La mia
condizione umana: era finta anche quella. Dentro di me c'era
quell'alta possibilità di diventare quello che ero realmente.
Dylan:
sotto era un vero idiota.
E il
resto andava a unirsi a quella vita che adesso consideravo falsa. Una
sorta di copertura per celare la realtà.
Era
stata forse più felice da Different che in quasi sedici anni da
umana.
Altro
ossigeno che andava via.
Avevo
ancora poco tempo per pensare, quindi era meglio sfruttarlo al
meglio.
Chissà
cosa avrebbero fatto i miei dopo la mia morte... Che domanda stupida
mi ero fatta. Ero stata la loro speranza di crescere un figlio anche
se poi era arrivata Serenity. E i miei amici? Janet?
E...
Cameron?
Abbassai
lo sguardo, ormai il cervello annebbiato. Notai un particolare.
Nell'enfasi di volermi uccidere, Melinda mi aveva lasciato le mani
libere. Potevo annullare i poteri e renderla normale. Quella regola
che mi aveva spiegato.
Le alzai
con la poca forza rimasta e stavo per toccarla. Lei sgranò gli occhi
e tentò di fermarmi ma non lo feci per lei. Un botto e la porta era
aperta. In qualche modo, erano riusciti a deconcentrare Charlie.
Cameron fissava la scena, gli occhi terrorizzati.
<<
No Cameron! >> riuscì a farfugliare. Volevo salvare lui e
fermare lei. Ma Cameron non mi diede retta: Melinda venne
scaraventata contro la parete opposta della stanza e io caddi a terra,
una gran botta. Tossicchiai, riprendendo ossigeno a circolare nei
polmoni e l'annebbiamento stava sparendo. Cameron mi abbracciò,
stringendomi.
<<
Stai bene? >>.
<<
Si >> sussurrai, alzandomi. Melinda era livida di rabbia.
Charlie entrò nella stanza, due graffi sul viso. Sbirciai oltre la
soglia e i loro “amici” erano a terra o scappavano. I miei, erano
salvi. Sospirai di sollievo.
Cameron
strinse la mia mano e mi trascinò dietro di lui in una corsa folle
oltre la porta. Charlie tentò di fermarci però si scontrò con
delle lingue di fuoco che lo fecero retrocedere. Le mia amiche
sembravano intenzionate a darmi abbracci e compagnia ma non c'era
tempo.
<<
Prendetevi per mano! >> strillai, prendendo quella di Cameron e
Justin.
<<
Non andrai da nessuna parte! >> urlò Melinda e Charlie le fece
eco.
Urlai di
sbrigarsi. Kristen e Cassie stavano per prendersi per mano quando gli
occhi di tutti andarono a me. Due risate invasero l'aria.
Quelli
delle mie amiche si impegnarono di lacrime e dei miei amici di
incredulità. Cameron strinse la mia mano quasi a volermela staccare.
Mi fissava con gli occhi sbarrati e colmi di lacrime.
Li
guardai uno ad uno prima di abbassare lo sguardo e guardare la lama
che mi aveva trapassato lo stomaco da parte a parte. Subito il cuore
rallentò la sua corsa, il sangue a scorrere più lento e addensarsi
il quello squarcio, colando a terra.
Non
potevo morire in quel momento. Dovevo morire, ormai era chiaro. Ma
prima dovevo salvare i miei amici.
La lama
sparì: era una proiezione mentale. Ma non la ferita.
<<
Le mani... >> riuscì a dire. << Prendetele, non
lasciatevi >>. Dovevo trovare la forza in quell'oceano di
dolore fisico e mentale per portarli via.
Le mani
di Cameron e Justin tremavano e io anche. Ormai le immagini
cominciavano a diventare sfocate minuto dopo minuto e dovevo
muovermi. Il buio ci inghiottì tutti, un urlo arrivò alle mie
orecchie ma anche un'altra risata: era felice.
Il
pavimento di pietra del castello toccò le suole delle mie scarpe e
la luce dorata che filtrava dalla finestre i miei occhi quasi spenti.
Le mani del mio ragazzo e di Justin lasciarono le mie. Le voci del
preside e le urla disperate di mia madre straziarono le mie orecchie
e sembravano provenire da lontano.
Le
persone a cui volevo bene erano la sicuro.
Caddi a
terra.
Ora
potevo morire.